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Giro di vite a Montalcino, Podere Sanlorenzo

2 marzo 2011

Quando arriviamo a Podere Sanlorenzo è più o meno ora di pranzo, la mattinata spesa in cantina dalla famiglia Martini ci ha fatto per un attimo perdere la bussola oltre che la cognizione del tempo; gli assaggi, tanti, forse troppi contando che alla fine erano praticamente tutte le scorse vendemmie, sin dalla 2004, han fatto il resto.

Così, profittando della disponibilità di Luciano Ciolfi gli chiediamo di fare quattro passi in vigna per respirare un poco e rinsavire. Luciano è una persona deliziosa, l’ho conosciuto più o meno tre anni fa attraverso il web – lui è uno che con la comunicazione on line ci sa fare e come – e dopo l’incontro “de visu” allo scorso Vinitaly ho avuto modo anche di testare l’alto gradimento del suo Brunello da parte di molti miei clienti a cui l’ho proposto, non senza particolare entusiasmo. Se date un’occhiata al suo sito¤ troverete, tra le tante informazioni offerte, una frase, che a me ha colpito molto tanto da spingermi subito a conoscere lui ed i suoi vini, convinto, non so dirvi nemmeno perché, che non fosse solo l’ennesima trovata pubblicitaria; dice: “arrivò in punta di piedi, osservando il lavoro del nonno e del padre, acquisendo i loro valori, il loro bagaglio di esperienza e tutta la tradizione che portavano con sé. Ma a Luciano fare un buon vino non bastava: cercava l’eccellenza”. Ecco, se vai affermando cose del genere e non sei un tipo in gamba, e non fai le cose per bene, sei finito; per questo Luciano val la pena conoscerlo, i suoi vini di essere bevuti almeno una volta appena possibile.

Vignaiolo giovane – è tra gli ultimi arrivati sul panorama ilcinese – ha saputo però immediatamente cogliere quale fosse la strada da seguire per affermare la sua idea di sangiovese; l’azienda conta una proprietà di circa 60 ettari, appena quattro e mezzo a vite, a regime dal duemilatre; pochi esercizi di stile, sul Rosso di Montalcino¤ dove il rischio è sempre grosso – a mia recente memoria, tutte le annate tirate fuori a Sanlorenzo godono costantemente di buona e nobile nerbatura -, giocato su un frutto integro e ben ammantato di una mineralità pregnante ma sempre in discreta evidenza; nessuna nota boisè, anzi, il legno è ben dosato e tutt’altro che scontato; il Brunello poi ogni anno che passa matura in finezza ed eleganza senza mai ostentare grassezze inutili e, alla lunga, stancanti.

Il Bramante 2006 per esempio, conferma, oltre un annata qui certamente di ottima levatura, tant’è che anche Luciano uscirà l’anno prossimo – per la prima volta – con un Brunello Riserva, una impostazione di base dell’idea vino a Podere Sanlorenzo che trova modelli cui ispirarsi nel lontano, lontanissimo passato pur mantenendo una pulizia (soprattutto olfattiva) certamente figlia della moderna dotazione tecnologica in cantina, dove c’è acciaio prima che legno. “l’uva portata in cantina quell’anno era perfetta e sin dai primi assaggi effettuati ci siamo convinti di poterci mettere alla prova, e  pensa te, che il 2006 è appena il nostro terzo anno di raccolta…”. L’assaggiamo, la Riserva, dopo un’attenta ossigenazione, e al netto delle spigolature del legno ancora in evidenza parrebbe proprio un gran bel bere, soprattutto per l’eleganza e la finezza che ne caratterizza la trama gusto-olfattiva; non ci resta quindi che aspettarlo un anno ancora!

Ecco, si conclude, ma solo per ora, questo breve ma intenso viaggio per le terre montalcinesi. Un percorso che a noi ci è apparso affascinante, suggestivo, che ci ha condotto a toccare con mano realtà che a torto o a ragione rappresentano la storia, non solo vitivinicola, di Montalcino e della Toscana tutta e che nel tempo, il loro tempo, hanno segnato o segneranno indiscutibilmente quella del Brunello. Luoghi, vini, tante memorie che siamo felici di aver incrociato sulla nostra strada e persone che possiamo solo ringraziare per l’estrema cordialità e sensibilità mostrata nell’accoglierci; ognuno, a suo modo, ci ha raccontato una storia, il suo Brunello, ci ha indicato una direzione da seguire, la loro; a noi adesso, a ragion veduta, la capacità di scegliere quale di queste strade seguire, quale Brunello proporre e mettere nel bicchiere, quale consacrare alla storia e quale invece lasciare consegnata alle algide pagine degli almanacchi o dell’accesa critica enologica, che spesso, ancora in questi giorni, continua a dire di amare Montalcino ed il Brunello ma non smette, inesorabilmente, di picchiare duro!

Qui la passeggiata tra le vigne de Il Paradiso di Manfredi;

Qui la spassosa ed indimenticabile visita a Diego e Nora Molinari a Cerbaiona;

Qui la visita del pomeriggio da Gianfranco Soldera a Case Basse;

Qui la visita a Pian dell’Orino di Caroline Pobitzer e Jan Hendrik Erbach;

Qui la straordinaria visita in Biondi Santi e l’incursione da Casanova di Neri;

Salvare il Natale da bevute sconsiderate, si può…

20 dicembre 2010

Salvare il Natale, almeno quello, non è una missione impossibile. Quante magre figure si rischiano, e quanti dubbi ci assalgono: avrò scelto bene? Gli piacerà? E  c-o-s-a  c-i  a-b-b-i-n-o  m-a-i al cenone? Sono queste domandone dalle risposte critiche, lo so, quantomeno però cerchiamo di non scegliere a caso cosa bere, tanto più quando si spendono cifre blu per carni e pesci che quasi sempre rischiano di rimanerci sullo stomaco tanto la colpa, si sa, andrà al vino (magari da due euro o poco più) “forse troppo acido o alcolico”; E che ne dite poi di quelle costosissime bottiglie – e credetemi che ne ho viste delle belle – il cui destino, quasi certo, è quello di finire riciclate perchè per niente capite, apprezzate quasi sempre solo per la forma sinuosa della bottiglia o per la preziosa confezione-cofanetto. No, quest’anno l’invito è a bere bene, superando alcuni stupidi pregiudizi e cercando magari di scoprire pure nuovi riferimenti.  

Partiamo dallo scongiurare il più grosso dei pregiudizi insistenti tra “i più” su uno degli champagne più venduto e – non a caso – più apprezzato mai prodotti, la mitica etichetta arancione di Veuve Clicquot-Ponsardin, giusto per andare controcorrente e non finire col rifilarvi l’ultima bufala biodinamica in circolazione. Seguono altre cinque referenze, alcune conosciute, altre meno, che definire interessanti è dire davvero poco, con le quali potete giocare a costruire il vostro abbinamento ideale sia per il cenone della vigilia che per il lungo, a volte infinito, pranzo di Natale.

Champagne carte jaune s.a. brut Veuve Clicquot Ponsardin, un classico di sempre, checchè se ne dica, un piacere sottile e – se la smetteste di abbinarlo solo ai frutti di mare crudi – decisamente sorprendente a tutto pasto! Perchè la vedova aveva palato fine tanto quanto il cervello e ha saputo mettere in fila tanti sapientoni e maghi assoluti dell’assemblage affermando uno stile inconfondibile che non è solo perenne sospensione tra prestigio e dannazione. Per i meno, mettiamola così: è arrivato il momento di farla smettere di girare tra i regali riciclati ovvero di tirarla via – volesse il cielo – dalla dispensa una volta per tutte, non solo per la foto di rito per l’ultimo compleanno della figlia, ma per tirarle, finalmente, il collo! Con il fritto misto di gamberi e calamari per esempio, o col pane, burro salato ed acciuga.

Asprinio d’Aversa spumante Grotta del Sole, perchè a voler scegliere lo spumante più tradizionale che abbiamo in Campania non si può che passare per queste bollicine. La storica azienda flegrea della famiglia Martusciello produce anche una deliziosa versione charmat, più fresca e leggera ed assai indicata per innaffiare senza troppe preoccupazioni le vostre serate natalizie, ma se volete colpire dritto al cuore dei vostri accoliti, correte subito in enoteca – o meglio in cantina a Quarto – a comprare questa preziosa versione metodo classico che esce solo quando dio comanda ed in quantità piuttosto limitata, sembra infatti che proprio in questi giorni si riaffacci di nuovo sul mercato dopo una assenza di almeno tre anni. Presto che è già tardi, poi mi direte magari come è andato abbinato al tradizionale baccalà fritto, e quanto d’amore e d’accordo con le tartine con burro e salmone affumicato.

Greco di Tufo Giallo d’Arles 2008 Quintodecimo. Dovrete pur concedervela una uscita di senno per le spese di natale: vorrete il polpo più fresco tanto da appostarvi per ore dinanzi ai cancelli del mercato, non batterete ciglio sul prezzo dell’agognata spigola di mare o dell’astice blu del mediterraneo, quindi, non rompete le balle se è il greco di Tufo più caro che troverete in enoteca! Lasciatevi quindi conquistare da uno dei migliori vini prodotti in questo millesimo nell’areale nonchè dal fascino di una delle aziende più belle e suggestive d’Irpinia: complessità ed opulenza gustativa fuori da ogni schema precorso, di rara eleganza e profondità minerale. E vi prego, se pensate di regalarlo, fatevene uno pure voi, magari vi viene poi voglia di fare una capatina a trovare Laura e Luigi Moio nella splendida tenuta a Mirabella Eclano. Superbo con il pesce al forno, ma soprattutto con la pizza di scarola e alici della mattina della vigilia.

Costa d’Amalfi Tramonti bianco Per Eva 2008 Azienda Agricola San Francesco. E’ il bianco più ricercato e letto su questo blog, è il vino che al momento – dopo anche i vari assaggi di quest’anno – reputo migliore della comunque ottima offerta dell’azienda di Gaetano Bove in quel di Tramonti. Un bianco di rara eleganza e verticalità olfattiva, un vino da spendere a tutto pasto per esclusivo piacere delle papille gustative, che per’altro mai si stancheranno di lasciarsi andare all’adagio minerale che si diffonde ad ogni sorso. Dopo il Fiorduva, un altro capolavoro della divin costiera che però costa almeno tre volte meno del soave bianco di Andrea Ferraioli e Marisa Cuomo. Una bottiglia da non perdere insomma, bevetela pure bella fresca e sposatela per interesse, tanto, potete starne certi, finirà sicuramente lei prima di voi! Qui la recensione. Con il primo piatto ai frutti di mare, con il polpo all’insalata ma anche con la zuppetta di lumachine di mare.

Campania Aglianico Le Fole 2008 Cantina Giardino, perchè quando avrete voglia di tagliarvi la lingua con il tannino potete pure scegliervi uno qualunque dei Taurasi tanto reclamizzati ultimamente; Ma se invece, con tutto il ben di dio che c’è in menu per le prossime feste, punterete alla leggerezza, ecco il vino, la chicca che fa per voi. Perchè? Ci sono almeno tre ragioni: la prima – una figata pazzesca giocarvela con gli amici più colti – è che l’azienda, di Ariano Irpino, è una delle più alternative del momento, che fa viticultura sana e totalmente vocata alla naturalità degli interventi in vigna come in cantina; La seconda è che questo vino si lascia bere con una piacevolezza estrema senza confondervi mai le idee su ciò che state bevendo tanto è espressivo ed integro il frutto, e la terza – forse la ragione più importante – è che, almeno per quanto mi riguarda, l’ho trovato estremamente digeribile, cioè tanto piacevole da bere quanto da sostenere di pancia. Con la “pizza ripiena” della mattina della vigilia, con il primo piatto con ragù di polpo del cenone ma anche con la parmigiana di melanzane del pranzo di Natale.

Brunello di Montalcino Bramante 2005 Podere Sanlorenzo. Questo è davvero da non perdere se si ha voglia di mettere in tavola un grande rosso, pagando – in riferimento alla tipologia – un prezzo piccolo piccolo e che conserva tra le maglie del suo bel frutto tutto l’eccellente lavoro di un giovane e validissimo viticoltore ilcinese, Luciano Ciolfi, destinato ad un grande futuro. Trovate su queste pagine alcune tracce dell’azienda, e non mi nego di segnalarvi anche dove cercarlo poichè dalle nostre parti è un tantino difficile scovarlo. Un vino dal colore ciliegia che offre tutte le trasparenze del rosso più tradizionale di Montalcino, dal variegato ventaglio olfattivo e dal sapore asciutto, austero ma finissimo come pochi. Io ho subito avuto ben chiaro, tra le due o tre bottiglie destinate, cosa conservarmi come ultimo desiderio enoico dell’anno! Con il ragù di carne del pranzo di Natale ma non è osar troppo provarlo anche con la minestra maritata del pranzo del 26.

E con il dolce? Vi chiederete… beh, non v’è dubbio che siete degli insaziabili perfezionisti, ma vi tocca aspettare la prossima puntata. 😉

Montalcino, il Rosso 2007 di Podere Sanlorenzo

22 aprile 2010

Ho conosciuto Luciano Ciolfi attraverso il web, ci siamo spesso incrociati sulla piattaforma di Vinix ideata e sviluppata dal buon Filippo Ronco, già motore indomito di Tigullio Vino ed alcuni altri canali internet dedicati al mondo del vino. Spesso abbiamo condiviso opinioni, altrettanto ci siamo promessi un incontro, una bevuta, quattro chiacchiere. Nel frattempo sono capitato a Montalcino almeno un paio di volte ma ahimè mai un momento per ricordarmi della promessa fatta, pertanto, di passaggio allo scorso Vinitaly, non potevo mancare almeno una sosta in Toscana per salutarlo e finalmente parlarci a quattr’occhi!

Ci salutiamo con affetto, da vecchi amici nonostante non ci siamo mai visti prima, grandezza del web, decidiamo di berci su, calmi e tranquilli ci accomodiamo e lui con il savoir faire tutto suo, da gran comunicatore ci apre le porte di Podere Sanlorenzo. Assaggiamo i due Rossi di Montalcino che ha portato con se, il 2008 e poche bottiglie del 2007 in esaurimento. Poi il Brunello 2005, appena sul mercato e che non disdegna di rapire il nostro palato. Prendo appunti, lui racconta ed io ascolto, lui beve ed io pure, lui si espone ed io anche:  cavolo Luciano quanto è buono questo Rosso duemilasette! Mi sorride, l’avessi ancora, mi dice…

L’annata 2007 è stata caratterizzata da un andamento stagionale anomalo. L’inverno è stato mite, la primavera calda e un luglio torrido hanno messo a rischio siccità la vite, mentre le piogge del mese di agosto e i giorni caldi di settembre hanno ristabilito l’equilibrio idrico delle piante e permesso un’invaiatura buona seppur la vite abbia avuto uno sviluppo diverso dagli altri anni con i primi germogli e la fioritura usciti prematuramente di almeno 20-25 giorni. La vendemmia si è svolta in linea con gli ultimi anni (1-2 ottobre) e l’uva una volta in cantina si è presentata con una percentuale zuccherina sopra la media  mentre l’acidità si è mantenuta buona.

Il Rosso di Montalcino 2007 di Sanlorenzo è ottenuto dai vigneti piu giovani dell’azienda che si aprono come un anfiteatro sulla valle dell’Orcia e verso il mare. Il terreno qui è mediamente argilloso e ricco di pietre, e il particolare microclima degli oltre 400 metri di altitudine, rendono particolarmente delicato il gusto del Sangiovese Grosso coltivato in questi vigneti. Viene vinificato in vasche di acciaio a temperatura controllata e posto successivamente in legni di varie dimensioni per circa 12 mesi. Ha un colore rubino molto invitante, abbastanza trasparente; Il primo naso è particolarmente affascinante, immediato, intenso e complesso, coniuga freschezza fruttata a delicate note tostate, ciliegia in primo piano e corteccia sul finale. In bocca è secco, abbastanza caldo, la bevuta è vellutata ed equilibrata, particolarmente armonica, avvincente, assolutamente al di sopra della media Ilcinese, grande materia prima per un vino troppo spesso relegato a figliol povero del grande fratello famoso in tutto il mondo. Un Rosso di Montalcino, il 2007 di Luciano Ciolfi, da ricordare e da riproporre senza tempo, ad avercene ancora!

Vinitaly, alcune buone ragioni per esserci stato

10 aprile 2010

Di ritorno a Verona dopo quattro anni. Ho raccolto queste impressioni, del tutto personali.

Prologo: in verità Vinitaly e la partecipazione all’evento è stata una scusante, nel senso di un buon motivo per ritornare nella fatal Verona; Venire al Vinitaly è stato per alcuni anni un grande entusiasmante viaggio alla scoperta ed alla ricerca di tante buone bevute, da condividere con amici, sommeliers, compagni, amori. Rifuggire tra gli stands dei padiglioni scaligeri era un divertimento ed una goduria (apparentemente) incredibilmente costruttiva: all’epoca. Poi è divenuto quasi un lavoro, a dire il vero una faticaccia, ed ecco che mi ci sono un tantino allontanato. Quest’anno il ritorno, dopo quattro vendemmie, di striscio ma non spocchioso, ho preferito approfondire prima alcuni altri argomenti da sempre a me cari, come per esempio camminare le vigne, quelle del Trento doc e del Franciacorta, Trentino quindi e Lombardia, ma comunque fermo e convinto a portare il risultato a casa: buone nuove, conferme, smentite. Nessuno slogan, ne snobismo, solo tempi più giusti ed obiettivi mirati. Questo in pillole, in ordine assolutamente sparso dovuto al continuo passaggio tra un padiglione e l’altro, il resoconto di alcuni assaggi meritevoli di attenzione che non mancherò di approfondire su queste pagine nei prossimi giorni.

Fiano di Avellino Vino della Stella 2009 di Raffaele Pagano-Joaquin, l’unico vino campano in questa batteria ma solo perchè è veramente l’unico che ho bevuto appena prima di partire nel mentre ero già sulla via del ritorno: Raffaele, forse, è un matto, ma la stima che ho di lui e per il suo alacre impegno si rinnova ogni volta di più; E’ un gran bel vino, da attenzionare nei prossimi mesi. In uscita ad Ottobre, forse. I Vermentino, tutti, della famiglia Isoni di Pedra Majore, in particolare il Vermentino di Gallura Superiore Hysony 2008 e il passito dolce Mjuru, eccellente il primo, stratosferico il secondo. Cannonau di Sardegna Jerzu Riserva 2005 di Alberto Loi e dello stesso produttore l’isola dei Nuraghi rosso Tùvara 2005, blend di Carignano, Cannonau e Muristeddu, davvero impressionante per tipicità e complessità. Poi, un vino raccomandato la sera prima dal bravo patron e sommelier Massimiliano Peterlana dell’Osteria “a le due spade” di Trento, il Vallagarina Marzemino 2007 di Eugenio Rosi, grande frutto ed equilibrio gustativo. Poi, il Veltliner 2008 di Nossing, il Sauvignon 2008 di Falkenstein, il Sauvignon Voglar di Dipoli, il 2007 più del 2008, ancora in divenire. Stupendo il passaggio in Colterenzio, 14 vini, più di un’ora di degustazione, in privato, con il disponibilissimo Martin che solo alla fine ci rivela di essere l’enologo dell’azienda: che esperienza conoscitiva! A parte i Lafòa ormai sulla bocca di tutti, ho molto apprezzato il Pinot Bianco Cornell 2007, estremamente varietale, quasi didattico e giovanissimo, poi lo Chardonnay Cornell 2007, il Sauvignon Prail 2009, il sempre amato Lagrein Riserva Sigis Mundus versione 2006 ed il sempre difficilissimo Blauburgunder che proprio non ne vuole sapere di moderare la possenza, anche nel base Mantsch 2007! Un breve passaggio in Toscana, per salutare alcuni amici ed in particolare Luciano Ciolfi di Podere Sanlorenzo che sta facendo un gran bel lavoro in quel di Montalcino: da provare il Brunello Bramante, ancora il 2004 nonostante sia già fuori con il 2005. Buonissimo il Rosso di Montalcino 2007, ad avercene ancora, uno dei più gradevoli assaggiati in fiera. E la Campania? beh, quella la porto nel cuore, non devo mica arrivare a Verona per berne il nettare; Poi ancora bollicine, quelle buone, vigne e cantine stratosferiche e cucine e piatti creativi (maddechè!); Rimanete collegati, ne leggerete delle belle.

Sarà che Vinitaly è ormai un gran carrozzone, ma a quanto pare non si smette mai di salirci sopra, a torto o a ragione?