Mi ci sono imbattuto già in passato, per la verità si è tentato pure di dare il via libera ad un possibile confronto su questo che risulta essere un argomento ancora abbastanza controverso. Quantomeno qui in Italia. Troppo complicato da comprendere? Forse, o no, però non è semplice discernere cosa è umami da cosa che è… altra cosa. Insomma, la strada è sicuramente tracciata, ma ancora lunga da percorrere.
Nel frattempo, Alessandro Morichetti di Intravino.com intervista il Master of Wine Tim Hanni che all’umami ha dedicato parecchi anni di studi, divenendo nel frattempo un riferimento assoluto sull’argomento; Ne riporto qui un breve passaggio con l’invito a leggere poi tutto l’articolo che credo particolarmente interessante per chi ne volesse sapere di più sul cosiddetto quinto gusto.
L’umami è un gusto primario che percepiamo a partire da glutammato e nucleotidi presenti in alimenti e bevande. E’ un gusto saporito, ricco, maturo e con una correlata “fluidità” o “cremosità”, sensazione tattile secondaria – derivante dal gusto umami associato ad una diminuzione dell’amaro. Carne, pesce, pollame, selvaggina, verdura, cereali, prodotti lattiero-caseari e anche cibi dolci come la frutta fresca hanno quasi sempre l’umami. Anche il latte materno ne ha (10 volte la quantità di glutammato presente nel latte di mucca) ed è giusto dire che siamo svezzati dal sapore umami – lo stesso che poi ricerchiamo nel cibo.
Il glutammato può essere considerato gusto “generativo”, poiché l’acido glutammico è un elemento essenziale per la divisione e la crescita cellulari. L’acido glutammico viene poi convertito in glutammato quando viene cucinato o quando subisce l’invecchiamento (aging nel testo originale, ndr), l’essiccazione e altri metodi di conservazione e preparazione degli alimenti. Si consideri il gusto di un semplice fungo: piacevole si, ma insoddisfacente. Quando si cuoce, anche solo con un passaggio in forno a microonde per 30 secondi, si verifica qualcosa che rende il fungo molto più ricco e delizioso. Questo è il gusto umami creato convertendo l’acido glutammico in glutammato. I nucleotidi, invece, sono il gusto della “decomposizione”, in un certo senso. L’acido ribonucleico può essere idrolizzato dal calore o da enzimi per creare 5′-ribonucleotidi, piuttosto insipidi di per sé ma capaci di moltiplicare x 10 l’intensità del gusto in combinazione con il glutammato.
In una patata c’è glutammato, con la cottura aumentano i nucleotidi ed è questo a renderla squisita. Ma noi vogliamo sempre più umami: pancetta, burro, formaggio, panna acida, prosciutto crudo, crauti, bacon. Tutte queste sono fonti molto ricche di gusto umami, contenendo sia glutammato che nucleotidi. Il pensiero attuale è che la ricerca di quel gusto ci porti a combinare gli alimenti (riso e fagioli, acciughe e parmigiano).
Continua a leggere su Intravino.com
Tag: degustazione, glutammato, gusto del vino, intravino, PROFESSION SOMMELIER, tim hanni, umami
7 dicembre 2010 alle 09:49 |
Ottima scoperta..gustosa direi! E partendo dal fatto che non se ne sapeva nulla, il web sembra impazzire per l’umami, ci sono anche i sondaggi: http://dipen.de/dip/listLivePoll?catId=379656
"Mi piace""Mi piace"
7 dicembre 2010 alle 09:51 |
Io sto cercando di capirne sempre di pù anche se non è così semplice da fissare bene cosa è umami e cosa è altro. L’esperienza come sempre rimane fondamentale, continuare a studiare anche… 😉
"Mi piace""Mi piace"