Aglianico del Taburno Fidelis 1999, Cantina del Taburno

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Il 1999 è un anno davvero ricco di accadimenti, storici, culturali, umanistici ma anche di grandi sofferenze, imprese, sorprese e delusioni. E’ ufficialmente l’anno di nascita dell’euro, la Polonia, l’Ungheria e la Repubblica Ceca entrano nella Nato superando del tutto quella cortina di ferro che sino a dieci anni prima li teneva uniti nel cosiddetto blocco sovietico, quella stessa Nato che il 24 Marzo inizierà i bombardamenti sulla Jugoslavia per fermare il visionario presidente nazionalista serbo Slobodan Milosevic. A Torino muore l’editore Giulio Einaudi, a Roma l’intramontabile Corrado, a Pantani viene scippata l’ultima maglia rosa mentre di lì a pochi giorni Lens Armstrong vincerà il primo dei suoi sette Tour De France.

Immagine9A volte trovo quasi inopportune certe perifrasi a delle belle bevute come questa, ma a guardare un millesimo così importante mi sono venuti in mente più che le elucubrazioni etiliche di autorevoli degustatori subito grandi ricordi che meritavano di essere spolverati e verificati. Adesso però spazio a questo stupendo vino, davvero una notevole e piacevole sorpresa, nella sua essenza, nella sua netta e schietta espressione gusto-olfattiva: invitante, avvolgente, sbalorditivo, pura esibizione di freschezza e godibilità quanto meno inaspettate. Certi vini riescono ad essere una grande esperienza, e non perchè rari o introvabili, ma perchè sorprendenti e come tali si guadagnano il loro spazio nel mio personale Diario di una Bevuta. Innanzitutto le premesse, tutto fuorchè appetibili: etichetta rovinata dal tempo e dall’umidità, capsula poco meno che ammuffita, sughero abbastanza malconcio con annesso rischio di rottura. Tutti elementi che mi insinuano forti dubbi sulla tenuta del vino e non ultimo sulla qualità della sua conservazione, direi non proprio da manuale e che rischiano di svilire anche le flebili aspettative di un delizioso amarcord. Superata questa fase, eccolo questo Fidelis ‘99 che scorre via nel calice imperante, lasciandogli il tempo necessario per dissipare le prime evidenti inibizioni, soprattutto olfattive: il colore è bellissimo, integro, un rosso rubino ancora vivace con nerbature granata appena accennate, di buona concentrazione materica, poco trasparente e molto invitante.

picturesIl primo naso è slanciato, dieci anni tra botte e bottiglia sembrano aver condensato solo il meglio di questo vino, che ricordiamo non essere 100% aglianico ma un vinaggio di quest’ultimo con sangiovese e merlot. Gli aromi, intensi, si aprono su note di amarena e lampone in confettura, prugna, un frutto maturo e compatto, costante, che fa posto successivamente a riconoscimenti terziari nient’affatto banali, lignite e tabacco. La sorpresa maggiore arriva in bocca, perchè superate le premesse di cui sopra ed una affascinante rivelazione olfattiva a questo punto mi aspetto il colpo ad effetto, che non tarda un attimo ad arrivare. L’attacco, se così si può dire, è lievemente tannico (!) ma assolutamente equilibrato, fuso compiutamente ad acidità e glicerina che gli rendono una beva esemplare, intensa, avvolgente, sinuosa, spudoratamente vellutata ed ammantata da un finale rotondo e deliziosamente fruttato di amarena. L’ho immaginato eccezionale sulla minestra maritata di Laura e Luisa Iodice di Fenesta Verde a Giugliano, di cui sento grande mancanza ma non solo per questa una delle prossime tappe autunnali da non far mancare nel personale calendario gourmet.

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