Si avvicina il Natale, periodo nel quale si concentra gran parte del fatturato di molte aziende che orbitano intorno all’enogastronomia (penso ad alcune cantine specializzate, enoteche e distribuzioni a vario titolo).
Mi tornano in mente giornate intense e frenetiche, infinite, giornate durante le quali l’agente di commercio, il rappresentante, diviene il bersaglio preferito di clienti e di aziende: i primi perché la merce non arriva, i secondi perché non parte. Nel mezzo i corrieri, che fanno dannare l’anima perché incapaci di lavorare 30 ore al giorno (come minimo) e di consegnare la merce prima… a te!
Dicevo del ruolo del rappresentante¤ laddove questa professione viene ancora considerata cruciale nei rapporti che intercorrono tra azienda e cliente. Inutile nascondere che anche qui un mare magnum di improvvisati ha sbiadito un po’ la figura ma rimangono esempi di tutto rispetto a difesa di una categoria che ha contribuito e che contribuisce non poco a salvaguardare quel poco di buono che rimane, soprattutto nella tessitura delle relazioni nel nostro lavoro. Gente che ha fatto della strada il suo ufficio, delle persone il primo capitale sociale.
Detto questo, fatta tutta sta premessa mi domando* se non sia un tantino sovraesposta la figura di certi produttori di vino (ma non solo) che soprattutto attraverso i social network si lanciano in pubbliche relazioni dal sapore un po’ avventuriero un po’ adolescenziale, talvolta puntando incoscientemente (voglio sperare) ben oltre l’operato del suo stesso agente di zona. Pretese di conoscere senza vedere, di sapere senza vivere certe realtà; così i listini vengono lanciati su facebook senza uno straccio di riferimento, si ‘uozzappa’ invece di fare, almeno, un colpo di telefono. Certo, tutto gira più veloce al giorno d’oggi, ma temo che anche chi scappa col malloppo abbia imparato a correre veloce.
*Ascoltavo involontariamente al telefono: ‘Ma perché lì non ci siamo, eppure ci stanno in molti?’ Beh, sarà che il loro Babbo non è ancora morto. E il rappresentante?
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