Dinamicità, evoluzione, crescita. Termini affascinanti comuni a molti trattati di gestione e marketing aziendale, parole che divengono dogmi se ben supportati, argomentati e comunicati.
I professori universitari fanno a gara ad imporre il proprio modello, a definire una teoria vincente vestibile ad ogni realtà manageriale, che sia allocata in una delle grandi metropoli mondiali o nel cuore della campagna irpina, che si facciano zip o che si pestino uve, che si giochi nell’immobiliare o che si metta un’altra pietra sopra la porta o un’altra barrique della propria cantina. Ecco Feudi di San Gregorio, azienda nata nel 1986 e da allora in continua crescita, evoluzione inarrestabile, dinamicità incontrollabile. Osannata ed odiata, premiata ed interdetta, schivata e ricercata ma sempre e soltanto se stessa, una coscienza moderna apparentemente senza passato fortemente votata al futuro; una stella caduta nel cuore dell’Irpinia non per terminare il proprio viaggio, la propria vita scintillante ma per stravolgere, sconvolgere, soverchiare una viticoltura, appunto, statica e racchiusa su stessa, su quello che è stato e su quello che aveva difficoltà di esprimere e di essere: un valore aggiunto al patrimonio enologico italiano.
Feudi osannata, dicevamo, dai distributori, “vini che si vendono da soli” ed odiata dai facinorosi terroiristi del vino “quale identità territoriale?” , Feudi premiata da tutte le guide possibili ed immaginabili “…persino in Lapponia” ed interdetta su tutti i fronti per il primo Merlot 100% campano, schivata così dai “grandi” talent scout cronisti del piccolo è bello ma sempre più ricercata – mah …stranezza tutta italiana – quando ci si rende conto che alla fine si hanno davvero pochi argomenti su cui trattare la materia in regione o elargire consensi e prestigiosi riconoscimenti. Feudi di San Gregorio a poco più di vent’anni dalla sua fondazione è già tutto questo, incredibile!
Il Taurasi 1993 può in qualche modo rappresentare tutto quanto scritto di questo percorso nella sua disarmante liquidità, al di là dell’essere la prima annata prodotta con la fascetta d.o.c.g. e di avere una veste quasi felliniana sacrificata al tempo in divenire; Un vino nato dalle mani sapienti di un’allora astro nascente dell’enologia campana, quel Luigi Moio giramondo ma fortemente attratto, già allora, dall’austerità dell’aglianico di queste terre ancora poco conosciuto ai più, un vino perfettamente integro, evoluto sì, risoluto pure ma espressivo di un Taurasi lontano nel tempo ma vicino nel gusto di chi vuole e vede nell’aglianico il Barolo del sud, il fratello, senza minore, dei grandi vini italiani e non l’imitazione spudorata e caricaturale dei cugini d’oltralpe.
Il colore è rosso rubino con tendenza al granata e con evanescenti venature aranciate sull’unghia, mediamente consistente e poco trasparente. Il naso è subito terziario, elegante, intenso e complesso, si riconoscono nitidamente cuoio, polvere di cacao, pepe, cannella; alla lunga è il frutto a ritornare deciso, piccoli frutti rossi disidratati, frutti secchi, noci. In bocca è secco, abbastanza caldo, il tannino è nobilmente assopito, ben legato ad una acidità sommessa ed in armonia con una intensa sapidità che accompagna tutta la beva.
Un vino certamente franco, espressione conclusiva di un percorso temporale giunto al suo apice, un vino frutto che è stato un piacere ritrovare, tanto caro alla mia memoria: proprio le bottiglie dei Feudi assieme a quelle di Mastroberardino sono state le prime a passare tra le mie mani di apprendista sommelier, erano tempi di duro lavoro, di mille coperti alla settimana e di tanta ma tanta carne alla brace, e di molte, tantissime bottiglie aperte ed assaggiate per accrescere il mio palato. Una esperienza, questa bevuta, che per qualcuno può fare o non fare notizia, per me ha solo confermato che la dinamicità, l’evoluzione, la crescita sono valori più che termini che se gestiti bene non possono che migliorare la storia, di un’azienda come di un vino e di un territorio!!
Tag: aglianico, big picture, feudi di san gregorio, luigi moio, red wines from campania, sorbo serpico, taurasi, vino
8 luglio 2013 alle 23:27 |
[…] Felicia¤, Galardi¤, Alepa¤, Villa Matilde¤, Cantine Astroni¤, Joaquin¤, Feudi di San Gregorio¤, Antiche Cantine Migliaccio¤. Il biglietto d’ingresso costa di 10 euro. Si parte alle 19. […]
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1 gennaio 2014 alle 10:32 |
[…] Pochi vini campani sanno essere evocativi di una così antica tradizione ma al contempo moderni e capaci di attraversare i nostri giorni con la stessa forza del Serpico dei Feudi di San Gregorio¤. […]
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27 dicembre 2019 alle 12:53 |
[…] qualche anno più tardi questo Syriacus ’97 di Feudi di San Gregorio¤ debutta sul mercato è subito un successo. E’ un vino prezioso, viene prodotto in quantità […]
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