L’azienda, va ricordato, mi appassiona soprattutto per i suoi rossi¤, in continua crescita, come tra l’altro ho avuto modo di raccontare in più occasioni su queste pagine. Come spesso accade però, per certe piccole realtà in particolar modo, non si fa mai a meno di mettere in carnet uno o due bianchi per meglio navigare le maglie del mercato.
Per la verità l’idea di base dei Romano¤ rimane puntare col tempo a circoscrivere il loro impegno, anche coi vini bianchi, all’interno del territorio taurasino, sino ad arrivare magari a produrre vini con sole uve di proprietà; ne è testimonianza il nuovo impianto a coda di volpe di circa due ettari proprio dinanzi alla casa di famiglia a Montemarano, poco distante da contrada Torre, di fronte le coste dei colli di Castelfranci. Frattanto però, grazie anche ai buoni consigli dell’enologo che li segue, Carmine Valentino, tra i più validi e bravi tecnici che lavorano sul territorio, si è cominciato a mettere in bottiglia fiano di Avellino e greco di Tufo conferiti rispettamente dalle zone classiche di Lapio il primo e Santa Paolina il secondo.
L’impronta di questo greco duemilaundici è quella di un vino in forma e pronto da bere: abbastanza ricco nel colore paglierino, dal naso di ginestra e pera matura con candidi richiami di fresca camomilla. Il sorso è piuttosto sapido, colpisce per la ricca struttura sostenuta però da una discreta acidità che gli dona una beva confortevole, fluida, rotonda. Tra l’altro, manco a farlo apposta, l’ho messo in tavola con delle Pappardelle al sugo di carne e funghi champignon, un primo piatto non proprio di richiamo bianchista sul quale però se l’è cavata davvero alla grande. Uno smart buy che in cantina viene via a poco più di 6 euro.
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