La ricerca dello champagne preferito non ha fine, ci sono esempi storici, camei indimenticabili di imperatori e re follemente innamorati di questo o di quello champagne; governatori, papi e starlettes capricciosi sino all’inverosimile tanto da meritarsi dediche di intere cuvèe.
Perché stupirsi allora quando a marcare il visibilio più totale è l’annata del cuore, quella da non far mai mancare nella propria cantina, quel vezzo tanto prezioso che caratterizzava tanto la molto beneamata Madame Pompadour, fiera devota al suo Moet del 1746 quanto l’ineffabile James Bond, vinto solo dal fascino del suo Bollinger RD. Il Clos des Goisses è il gioiello di casa Philipponat, uno champagne molto particolare, non per tutti o almeno per coloro che pensano e credono che le bollicine d’oltralpe siano solo un vezzo per viziati e sedicenti imbonitori. Questo cru Nasce a Mareuil sur Ay, in un vigneto-giardino bellissimo che costeggia gli argini del fiume Marna, un climat da cartolina, una veduta da perderci il fiato. Il ’96 come molte delle precedenti annate è stato prodotto con un blend di pinot noir e chardonnay, con il principe dei vitigni a baca rossa prevalere per il 70% e solo in minima parte affinato il legno.
Il 1996 è uno champagne di rara personalità, ha un colore paglierino brillante, scintillante, possiede una trama di bollicine fitte ed eleganti, persistenti, infinite, cloni a se stesse. Il primo naso è una spruzzata di agrumi, di spezie orientali: buccia limone, pompelmo, poi ginger, foglia di thè e cannella. Un ventaglio assai fine e fitto, complesso e persuasivo, avvincente, inebriante; il gusto è secco, intenso, abbastanza caldo, per niente morbido, spiccatamente citrino: taglia il palato in profondità, una volta mandato giù il primo sorso, per 3,4,5 secondi hai solo il piacere di chiudere gli occhi ed immaginare bevute simili, un confronto decente, una prospettiva futura, così ti convinci di berne ancora, di ricercare altre sensazioni. Ti accorgi così di navigare a vista, speri in un punto di riferimento che non c’è, torni a metterci il naso dentro, lo riassaggi, esprimi una doverosa contropinione sulla sua fittezza di acidità, gli concedi più o meno un ventennio per smussarla e per goderne ancora: cavolo ma è il Clos des Goisses di Philipponnat, punto e basta!
A questo punto sarebbe opportuno buttare giù un paio di piatti adatti ad avvicinare cotanta ricchezza organolettica, ecco allora che mi vengono a mente un paio di esperienze, una recentissima che è la lasagnetta di lingua di vitello in guazzetto di Tartufi di mare di Marianna Vitale del ristorante Sud di Quarto, l’altra mi appartiene per convenzione: la scacchiera di mare di Oliver Glowig (qui), forse il piatto più emozionante (qui conta poco essere di parte) mangiato nel 2009 assieme alla creme brulée di baccalà di Francesco Sposito di Taverna Estia.
Tag: bollicine, champagne, clos de goisses, marianna vitale, oliver glowig, philipponnat, sud ristorante, taverna estia
18 dicembre 2009 alle 12:14 |
[…] e persistenti, è questo il marchio di fabbrica dei grandi spumanti italiani e dei migliori Champagne, quando per spumanti italiani s’intendono quelli che hanno una storia, una tradizione, una […]
"Mi piace""Mi piace"
12 settembre 2010 alle 22:13 |
[…] assaggi da non perdere, in qualche caso consigliando vini memorabili, esperienze uniche e piccole ma interessanti novità sul mercato italiano. Oggi invece è tempo di celebrazione, […]
"Mi piace""Mi piace"