Era più o meno febbraio 2005 quando incontrai sulla mia strada uno dei primi Barolo davvero appassionanti, era il vino “base” di Elio Altare, annata millenovecentonovantanove; Ne rimasi rapito, affascinato dalla setosità dei suoi tannini e dalla freschezza di quello che oggi chiamo continuativamente “frutto” ma che allora era più semplicemente vino. Prima di allora avevo aperto alcune altre bottiglie del più famoso vino delle langhe, qualcuna di più semplice cognizione, qualcun’altra di altissimo lignaggio, eppure quasi sempre assolutamente incomprensibili, quasi sicuramente non per colpa loro, ma la pensavo così, trovavo le prime indegne di cotanta denominazione, le ultime bottiglie troppo austere e “nervose”, Barolo sì, ma perchè così difficili da comprendere?
In verità la risposta mi era già chiara da tempo, non era tutto oro ciò che luccicava o più semplicemente, come nel caso di taluni più preziosi, bisognava aspettarli quei vini, che sarebbero stati di lì a qualche anno dei gran fuoriclasse: necessitavano di un giusto affinamento, non di un provetto sommelier all’affannosa ricerca di sorpendere l’avventore di turno o più semplicemente di imparare e capire, bere, valutare. Quel Barolo ’99 seppe indicarmi la via, così più che ricordare Mauro Veglio, Mascarello, Scavino, Voerzio solo per citarni alcuni, imparai a cercare tra questi i loro migliori cru e a ragionare opportunamente in termini di Bric e Cascine, Vigne e Coste.
Dell’azienda agricola Altare opportuno ricordare che l’impresa ha avuto una storia abbastanza comune sin dalla sua fondazione nei primi anni del dopoguerra; Solo dopo il viaggio in Borgogna di Elio nel 1976 a poco più di 26 anni si decise di imbroccare la via della specializzazione dei pochi ettari, appena 5, sino ad allora coltivati ad uva e frutta, quali pesche, mele, nocciole, nonchè grano e granturco. Oggi a quei primi cinque ettari di proprietà se ne sono aggiunti altri cinque in conduzione, ovunque il lavoro in vigna è maniacale, i filari appaiono come un giardino curatissimo e non di meno è attentissima la fase di lavorazione in cantina: le uve vengono trattate con i guanti al fine di preservarne al meglio le qualità e l’integrità di frutto, che stando a questa degustazione non potrebbe essere meglio interpretata.
Il Barolo 2004 è di colore rosso rubino cristallino con accenni granata, appena trasparente. Il naso è superbo, pulito, perfettamente calibrato su sentori floreali passiti e fruttati maturi, spezie e corteccia, frutta secca e armonie balsamiche, dolci sul finale: una sequenza impressionante come l’eleganza con la quale tali sensazioni non smettono di persuadere i sensi. In bocca è secco, caldo ed abbastanza morbido, è puro come il piacere sublime del secondo e del terzo bicchiere, avvolgente, intrigante, al di sopra di ogni premessa-aspettativa, il tannino c’è ma è perfettamente celato dal frutto, spesso quanto basta, fuso nello spirito del corpo del vino non certo inosservato ma sostenuto da parvente contrappunto acido. Un delizioso Barolo da consigliare e consumare con estrema nonchalance, da provare, assolutamente, su di uno stinco di vitello brasato; con quale vino prepararlo? Se vi riesce di non bere tutta la bottiglia mentre preparate le verdure, Barolo 2004 Altare naturalmente!
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