Puoi pensare di stare bevendo un gran bel vino, e sorso dopo sorso rimanervi affascinato sino ad esserne definitivamente rapito; Puoi convincerti che questo vino avrà la stessa facilità di attraversare il tempo come il coltellino che impugni di stendere il burro sulla tua prossima fetta di pane. Puoi magari rallegrarti dell’intuito del sommelier che te l’ha – tra i tanti – appena consigliato, o immaginare quanto sia stato bravo il produttore a pensarlo e l’enologo a forgiarlo, ma solo se vieni qui, a Rampaniùci, in questo luogo lontano da tutto ed immerso nei boschi di querce, ad un tiro di schioppo dal burbero Monte Massico che domina l’orizzonte, puoi godere appieno del fascino antico della sua terra, l’Ager Falernus, che questo vino riesce ad evocare con grande slancio di modernità!
Siamo a Casale di Carinola, dove la famiglia Migliozzi è da sempre occupata in agricoltura, non a caso in zona sono conosciuti e riconosciuti come frutticoltori di un certo spessore. Parallelamente però, papà Lorenzo, con l’idea di diversificare gli interessi familiari ha sempre guardato con un certo appiglio al mercato dell’estrazione della pozzolana, di cui il circondario ne è ricco in giacimenti, occupandosene in prima persona lasciando così la conduzione delle proprietà agricole ai figli. Così quando a fine anni novanta, con le prime avvisaglie della crisi economica – che non ha certo risparmiato il mercato della frutticoltura – si dovette pensare cosa fare a Rampaniùci, allora votata principalmente alla coltura di albicocche più che alla vigna ormai logora, si fece avanti Giovanni che già da tempo aveva immaginato proprio qui la possibilità di realizzare il suo sogno di sempre, fare su questa collina un grande vino rosso, un Falerno da consegnare agli annali.
Rampaniùci, mai nome fu più approriato, è celata da una trama di fitta boscaglia apparentemente ineludibile, dove arrivarci significa attraversare un labirinto di anfratti sterrati che scorrono paralleli alla strada comunale – ancor più sterrata – che dalla località “le Forme”, all’improvviso, sbuca proprio ai piedi della collina. Ecco, arrampicarti su per la collina, in certi punti piuttosto ripida, ed affacciarti tutto intorno, ti fa avere finalmente ben chiaro il quadro emozionale che sino all’assaggio, magari sostenuto anche dal bel racconto del sommelier, hai potuto solo immaginare; Perché questo Falerno del Massico, sarà il prossimo punto di riferimento per questa denominazione, e per questo pezzo di Campania Felix, assolutamente inespresso rispetto al suo enorme valore vitivinicolo a cui, personalmente, invito a guardare con sempre maggiore rispetto ed occhi lucidi di aspettative.
Il reimpianto della vigna è stato completato nel 2005, cinque ettari praticamente a corpo unico – una vera rarità per l’areale – perfettamente integrati nel paesaggio e che nulla hanno tolto allo splendore del fittissimo bosco di querce che li circonda tutto intorno. Lo scenario, per chi sa leggere il vigneto, il suo impianto, è incomparabile, di una suggestione unica. Lungo la risalita, in alcuni punti decisamente ardua, dimorano le piante di primitivo, nella parte più bassa di Rampaniùci, un ettaro pari pari di terra tufacea ricca di scheletro e rocce affioranti. Poi, più su, l’aglianico ed il piedirosso, il primo con una bella parte in esposizione a sud, il secondo, che occupa però una densità inferiore dei quattro ettari rimanenti dell’impianto, guarda il Monte Massico, quindi a nord/nord-est. Qui il terreno è più frammisto, composto comunque in gran parte da tufo e rocce minerali.
Aglianico per il 70%, piedirosso al 20% e primitivo per il restante 10%, un blend questo, più o meno invariato negli anni, che vuole il Rampaniùci come l’unico Falerno a puntare alla valorizzazione di tutte e tre le varietà maggiormente presenti sul territorio. Il vigneto è condotto integralmente seguendo i parametri dettati dall’agricoltura biologica – tanto cari a Giovanni quanto a Fortunato Sebastiano, l’enologo che lo segue – laddove in vigna non vengono usati prodotti di sintesi, quindi solo rame e zolfo (per le tignole per esempio si usano solo prodotti naturali come il bacillus e la confusione sessuale, ndr) mentre in cantina si punta a stare quanto più bassi possibile con l’aggiunta di anidride solforosa (meno di 50 mg/l) e ad eliminare, ove possibile, alcuni interventi di prassi come per esempio non utilizzare gomma arabica o usare acido metatartarico per stabilizzare il vino da eventuali precipitazioni tartariche in bottiglia. Le uve, ognuna lavorata seguendo un percorso proprio prima del blending, dopo la pigiadiraspatura e l’ammostamento, appena dopo la fermentazione alcolica subiscono macerazioni piuttosto lunghe – sino ai 40/50 giorni – lasciando quindi svolgere anche la fermentazione malolattica con le bucce. Dopo alcuni tentativi, per la verità poco convincenti, si è scelto di non utilizzare barriques per l’invecchiamento ma solo botti grandi, in questo caso tonneau, dove il vino resta per almeno un anno, prima di finire in bottiglia dove ci rimane per un affinamento di almeno un’altro anno ancora. Con Giovanni Migliozzi, nella piccola cantina ricavata praticamente nel garage di casa, scevra da ogni orpello, ci siamo lasciati andare nella degustazione di tutte le annate prodotte sino ad oggi, delle quali qui troverete un rendiconto delle precedenti 2005-2006-2007, mentre vi invito a seguirci prossimamente per leggere del 2008 di prossima uscita e del 2009 ancora in elevazione in legno. Ricordate quindi, si scrive Rampaniùci, si legge Falerno del Massico, e si beve con lo stesso amore profuso da Giovanni Migliozzi, come Maria Felicia Brini, Antonio Papa e Tony Rossetti, per la loro stupenda, incomparabile terra!
Tag: aglianico, angelo di costanzo, antonio papa, casale di carinola, falerno del massico, fortunato sebastiano, giovanni migliozzi, l'arcante, le forme, maria felicia brini, migliozzi, piedirosso, primitivo, rampaniuci, tony rossetty, viticoltori migliozzi
22 novembre 2010 alle 12:43 |
la confusione sessuale…ce n’è tanta in giro ultimamente (^_^)
"Mi piace""Mi piace"
22 novembre 2010 alle 12:48 |
🙂
"Mi piace""Mi piace"
22 novembre 2010 alle 14:36 |
Interessante Doc, bene saperlo. Grazie e complimenti.
"Mi piace""Mi piace"
12 marzo 2011 alle 08:03 |
[…] cucina di Luisa e Laura Iodice nonchè dei vini di Masseria Felicia, Papa, Bianchini Rossetti, Migliozzi e Cantina […]
"Mi piace""Mi piace"
8 dicembre 2011 alle 00:20 |
[…] nella trama fitta di questo Cupersito il compagno di banco del Falerno Rampaniuci di Migliozzi; come dire “qual valore e merito” al provetto Sebastiano. L’ho bevuto con tanto piacere su […]
"Mi piace""Mi piace"
1 ottobre 2016 alle 15:19 |
[…] Rampaniùci, la terra promessa al Falerno¤. […]
"Mi piace""Mi piace"
1 ottobre 2016 alle 15:24 |
[…] Rampaniùci, la terra promessa al Falerno¤. […]
"Mi piace""Mi piace"