Non ho tanto da aggiungere alle solite tante raccomandazioni¤ che vale la pena ripetere a chi voglia avvicinarsi alla professione di sommelier, un ruolo sempre più al centro dell’attenzione nella ristorazione di qualità come in altri ambiti, anche diversi, ma ad essa magari correlata, come ad esempio la comunicazione o la consulenza. Studiare è la parola d’ordine, conoscere la chiave di volta.
Questi invece alcuni aspetti – certi anche nuovi ed insoliti, altri un po’ meno -, che mi sento però di sottolineare in funzione di una figura professionale all’avanguardia, moderna e sempre più votata alla qualificazione di un sommelier-comunicatore per eccellenza. O giù di lì.
1- La chimica, non solo quella più chiara e comprensibile: atomi, molecole, ossido-riduzioni, reazioni acido-base, decomposizioni, reazioni organiche, cose del genere insomma; appaiono argomenti sempre più utili da trattare con padronanza, per stare in scioltezza dinanzi ai clienti.
2- Lo slogan può apparire nuovo ma è estremamente contemporaneo: Dire, Fare, Potare.
3- Scriverci articoli sobri dei vini che piacciono di più, incuriosiscono o si vendono. Pochi possono oggi permettersi una carta dei vini senza Minutolo, Verdicchio o Pignoletto.
4- Sui cosiddetti Vini Naturali, puzzette e sfighe varie a parte, lascia dire, fare agli altri, per il momento. C’è in atto una guerra¤ e il fronte non è ancora cosa tua, almeno sino a che non decidono quali armi di distrazione di massa sono ammesse! Mettici su un bel cartello “Lavori in corso”¤.
5- Archeologia della vite, la vecchia nuova frontiera sempre di moda di tanto in tanto; non ancora del tutto sondata vanta però almeno un centinaio di trattati inediti ed inesplorati che non possono mancare nella biblioteca di un sommelier moderno esperto ed attento. Che prima o poi sarà utile rispolverare.
6- O sei “con” oppure “contro”. Un poco per i caxxi tuoi nemmeno a pensarci! Non suona bene, anzi, mi sa tanto di una trama già letta. Ma quel sangue lì sulle maniche della camicia sembra dire qualcos’altro.
7- Quanti vini hai bevuto nell’anno? Quanti ne hai capiti? Quanti ti hanno parlato al cuore? E che cavolo! Un po’ di francese però ti tocca, se continui a scrivere cru con l’accento perché lui ti si presenta così, con la r un po’ moscia e col naso all’insù non va bene, non va mica bene.
8- Dieci aziende, ne dovresti aver visitate durante l’anno almeno dieci. Solo un paio di prescrizioni: attenzione alle quota rosa, molta attenzione alle quote rosa; e buttaci dentro quantomeno uno o due di quelle proprio piccole, tipo scantinato e, mi raccomando, col torchio ben in vista nelle foto. Non serve a nulla sciorinare immagini d’ordinanza con alle spalle l’opera ultima del Mago di Oz se poi t’ha sbancato la collina e l’ha trafitta con tubi e cemento a go go: è roba vecchia!
9- I.C.R.F.. Cos’è? Beh, se pensavi di saper tutto di quell’azienda sappi che ti sbagli di grosso; è questa la vera carta d’identità del vino italiano, quella tracciabilità che tutti vomitano come un valore ma che in molti preferiscono nascondere dietro un codice. Impara a riconoscerlo ed avrai il 30% delle risposte di cui hai bisogno.
10- Alla fine, se ci riesci, migliora il tuo servizio, a stare in sala, in una brigata magari, ad avere a che fare con gli ospiti. A fare il tuo lavoro insomma. E’ vero, le associazioni che dovrebbero sostenere e far crescere queste qualità di un sommelier hanno altro per la testa soprattutto in questo momento di magra: nuovi iscritti, corsi, diplomi, guide; più ne fai e più sei ricco, pensano. Come se fosse quello l’unico scopo di tutto: una tessera, una bevuta, un pezzo di carta, l’ennesimo catalogo. I soldi.
L’Arcante – riproduzione riservata ©
Tag: associazione sommelier, big picture, brigata di sala, cantina, chimica dei vini, corsi di sommelier, l'arcante, professione sommelier, sommelier moderno, sommelier professionista, vini naturali
28 gennaio 2013 alle 16:38 |
Ho letto in ritardo, ma mi piace.
Non si finisce mica col corso Ais, o Fisar-Onav-Wset ecc.o magari si inizia proprio senza fare corso o senza mai finirlo,partendo dalla passione che e’ un’altra qualita’ fondamentale.
Bisogna assaggiare,visitare,viaggiare,confrontarsi con i produttori e gli appasssionati ,e purtroppo (cosa che ho sempre trascurato) pure studiare.
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28 gennaio 2013 alle 16:41 |
Minchia,mi accorgo solo ora che il post e’ di stamane.
Scusate ma ho un po di arretrati da smaltire. Prosit.
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28 gennaio 2013 alle 19:41 |
Alberto la vita sommelier sembra diventar sempre più cosa ardua. Ma quante cose bisogna sapere per poter dire la propria… 🙂
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28 gennaio 2013 alle 20:57 |
Hai toccato un punto molto importante, Angelo!!!
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29 gennaio 2013 alle 09:59 |
Parliamone.
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28 gennaio 2013 alle 22:54 |
Non so quanti vini ho bevuto, o libri ho letto,quante persone incontrato,territori visitato ecc. ecc, non sembra mai abbastanza.
Mi sarei gia preso altre due lauree oltre a quella il cui corso non ho terminato, per mancanza di tempo (e di vero interesse per la materia).Il sommelier da molti e’ visto solo come un versavini e portabicchieri,ma la colpa oltre che individuale e’ anche di chi li forma o ci prova.
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29 gennaio 2013 alle 15:09 |
Trovo imbarazzante certi tipi che al ristorante tentano di sembrare tutto tranne che sommelier. Talvolta un po’ anchor man, altre comici veri e propri, ci starei pure ma proprio non posso vedere quelli che fanno i professorini e mettono in crisi i clienti.
Il mese scorso in un ristorante importante di Milano mi hanno fatto assaggiare un bianco friulano naturale molto buono, Lis Neris: l’ho apprezzato però non ho trovato nulla di così diverso da uno normale, forse era solo un po’ più forte. Trovo infatti che il cameriere che ce l’ha proposto se lo sia venduto per quello che non è, come poi ho avuto modo di constatare via internet.
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29 gennaio 2013 alle 15:35 |
Diciamo che le hanno tirato un mezzo pacco. Lis Neris è comunque un’azienda molto attenta a certi valori e fa vini del resto molto buoni.
Cme credo che alla fine abbia riscontrato anche lei…
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