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F.F.S.S.| Fatti Forte Super Sommelier

28 gennaio 2013

Non ho tanto da aggiungere alle solite tante raccomandazioni¤ che vale la pena ripetere a chi voglia avvicinarsi alla professione di sommelier, un ruolo sempre più al centro dell’attenzione nella ristorazione di qualità come in altri ambiti, anche diversi, ma ad essa magari correlata, come ad esempio la comunicazione o la consulenza. Studiare è la parola d’ordine, conoscere la chiave di volta.

Resistenza - fonte web

Questi invece alcuni aspetti – certi anche nuovi ed insoliti, altri un po’ meno -, che mi sento però di sottolineare in funzione di una figura professionale all’avanguardia, moderna e sempre più votata alla qualificazione di un sommelier-comunicatore per eccellenza. O giù di lì.

1- La chimica, non solo quella più chiara e comprensibile: atomi, molecole, ossido-riduzioni, reazioni acido-base, decomposizioni, reazioni organiche, cose del genere insomma; appaiono argomenti sempre più utili da trattare con padronanza, per stare in scioltezza dinanzi ai clienti. 

2- Lo slogan può apparire nuovo ma è estremamente contemporaneo: Dire, Fare, Potare. 

3- Scriverci articoli sobri dei vini che piacciono di più, incuriosiscono o si vendono. Pochi possono oggi permettersi una carta dei vini senza Minutolo, Verdicchio o Pignoletto. 

4- Sui cosiddetti Vini Naturali, puzzette e sfighe varie a parte, lascia dire, fare agli altri, per il momento. C’è in atto una guerra¤ e il fronte non è ancora cosa tua, almeno sino a che non decidono quali armi di distrazione di massa sono ammesse! Mettici su un bel cartello “Lavori in corso”¤. 

5- Archeologia della vite, la vecchia nuova frontiera sempre di moda di tanto in tanto; non ancora del tutto sondata vanta però almeno un centinaio di trattati inediti ed inesplorati che non possono mancare nella biblioteca di un sommelier moderno esperto ed attento. Che prima o poi sarà utile rispolverare. 

6- O sei “con” oppure “contro”. Un poco per i caxxi tuoi nemmeno a pensarci! Non suona bene, anzi, mi sa tanto di una trama già letta. Ma quel sangue lì sulle maniche della camicia sembra dire qualcos’altro. 

7- Quanti vini hai bevuto nell’anno? Quanti ne hai capiti? Quanti ti hanno parlato al cuore? E che cavolo! Un po’ di francese però ti tocca, se continui a scrivere cru con l’accento perché lui ti si presenta così, con la r un po’ moscia e col naso all’insù non va bene, non va mica bene. 

8- Dieci aziende, ne dovresti aver visitate durante l’anno almeno dieci. Solo un paio di prescrizioni: attenzione alle quota rosa, molta attenzione alle quote rosa; e buttaci dentro quantomeno uno o due di quelle proprio piccole, tipo scantinato e, mi raccomando, col torchio ben in vista nelle foto. Non serve a nulla sciorinare immagini d’ordinanza con alle spalle l’opera ultima del Mago di Oz se poi t’ha sbancato la collina e l’ha trafitta con tubi e cemento a go go: è roba vecchia! 

9- I.C.R.F.. Cos’è? Beh, se pensavi di saper tutto di quell’azienda sappi che ti sbagli di grosso; è questa la vera carta d’identità del vino italiano, quella tracciabilità che tutti vomitano come un valore ma che in molti preferiscono nascondere dietro un codice. Impara a riconoscerlo ed avrai il 30% delle risposte di cui hai bisogno. 

10- Alla fine, se ci riesci, migliora il tuo servizio, a stare in sala, in una brigata magari, ad avere a che fare con gli ospiti. A fare il tuo lavoro insomma. E’ vero, le associazioni che dovrebbero sostenere e far crescere queste qualità di un sommelier hanno altro per la testa soprattutto in questo momento di magra: nuovi iscritti, corsi, diplomi, guide; più ne fai e più sei ricco, pensano. Come se fosse quello l’unico scopo di tutto: una tessera, una bevuta, un pezzo di carta, l’ennesimo catalogo. I soldi.

L’Arcante – riproduzione riservata ©

Chiacchiere distintive, Giovanni Piezzo

6 Maggio 2010

Un sorriso splendente, che riflette l’amore per il proprio lavoro, ecco una delle qualità imprenscindibili di un buon sommelier;

E’ così che ci accoglie Giovanni Piezzo, sommelier napoletano di lungo corso da poco più di un lustro alla corte di quello che per molti è oggigiorno l’ineccepibile custode della tradizione gastronomica campana, e se non il più illustre di sempre, di certo il massimo esponente attuale; Eh sì, perchè Gennarino Esposito pur ancora giovanissimo, da almeno un decennio a questa parte ha stravolto e non poco certi equilibri, per così dire, epocali, cavalcando intelligemente e meritatamente il lento defilarsi del mitico “Don” Alfonso Iaccarino, deciso a dedicarsi più all’etichetta di rappresentanza che ai fornelli, lasciandoli (infuocati più che mai, ndr) nelle talentuose ma pur giovanissime mani del figlio Ernesto, dopo oltre trent’anni di onorata avanguardia culinaria.

Ma torniamo al post di quest’oggi, dedicato al bravo collega sommelier che opera tra i tavoli del rinomato ristorante di Vico Equense,  Torre del Saracino; Con Giovanni Piezzo ci siamo spesso incrociati, godiamo di tante buone amicizie comuni, ma come spesso capita è oggi la prima volta che riusciamo a fermarci e chiacchierare distintamente sul lavoro che ci accomuna, ci appassiona, ci delizia, un momento di confronto per capire come va in questo pezzo di costiera tanto amata quanto distratta.

Quasi trent’anni di onorata carriera, ne hai visto delle belle? Eh sì, ne ho visto proprio tante, ascoltate forse di più, per non parlare di quelle bevute! Però c’è sempre qualcosa di nuovo da scoprire, imparare, capire.

Qualcuno ha idee strane del sommelier, del suo lavoro ricorda più o meno solo il servizio ai tavoli, cosa puoi dire in proposito? Beh, come sempre ci si ricorda solo dell’aspetto più immediato: opportuno rimarcare le ore che trascorri a relazionarti per gli acquisti, alle mille arrabiature per le mancate consegne e per gli ordini errati o mal gestiti, al tempo dedicato a caricare e scaricare le bottiglie in cantina, alla sua organizzazione in generale. Ogni tanto avremmo bisogno di giornate da trenta ore, così quelle 6 o 7 per il riposo ci entrano facili!

Entriamo subito in argomento, come si lavora alla Torre del Saracino? Bene, molto bene, c’è tanto da fare e tanto altro da pensare, ma si lavora in armonia. Arrivavo da una esperienza ultradecennale alla Cantinella di Napoli, dove ho imparato tanto e lavorato sodo, l’impatto qui a Seiano non mi è pesato più di tanto. Forse più ha potuto la lontananza da casa, ma alla lunga ci si abitua.

Quali sono le principali caratteristiche della tua carta dei vini? Originalità innanzitutto, ed una proposta quanto più fedele alle proprie idee. Lavorare in un ristorante come questo, tu mi comprenderai, significa ascoltare le esigenze di una clientela molto eterogenea e particolarmente esigente; Certi vini, anche se comuni, non possono mancare, ma non può mancare nemmeno la ricerca e la spinta verso le novità del mercato; Sia chiaro, nessuna fisima, però l’attenzione è necessaria.

Ecco, dove rivolgi la tua attenzione in quest’ultimo periodo? Devo fare una premessa, che può apparire banale ma non lo è: un buon sommelier deve avere curiosità e coraggio, mettersi in gioco, ma ha bisogno che l’azienda lì dove lavora lo sostenga, ed in questo mi reputo piuttosto fortunato. Guardo con molte aspettative ad alcune regioni e vini emergenti della Spagna, ma anche all’Austria e alla Germania. Ultimamente dedico molti assaggi ai vini di Bierzo e Valdeorras, che trovo piuttosto sorprendenti, della Stiria e della Mosella. Difficilmente trovo vini banali, quasi sempre bottiglie imperdibili.

Vini banali, argomento interessante, quali quelli da evitare assolutamente? Non si può stilare una mappa dei vini da evitare, me ne guarderei bene dal farlo, però è chiaro che certi standard sono ormai obsoleti. Il “super vino” per esempio è un fenomeno dichiaratamente passato di moda, chi si ostina a pensarla diversamente sbaglia, certi vini finiscono per essere souvenir polverosi da cantina.

Come ti difendi da certi stereotipi, ci riesci? E cosa proponi in alternativa? Non si può mica aspettare che sia solo il cliente a chiederti di bere qualcosa di nuovo; Io lancio un idea, una proposta, il più delle volte mi seguono, mi lasciano fare, così creo il precedente.

Di questi vini, curi tu i rapporti con le aziende, sei tu a cercarle o te le propongono? Certi rapporti nascono anche e soprattutto per amicizie comuni, il cosiddetto passaparola, e pensiamo a curarli noi in prima persona. Questa forse è un’altra sfida, spesso l’intermediazione è necessaria ed utile, molto più spesso no, addirittura può risultare deleteria.

Cosa propone di interessante in questi giorni la cantina della Torre del Saracino? C’è tanto, ed in generale a prezzi molto convenienti. Pensa che spesso vecchi clienti si portano via intere casse di alcuni vini che qui custodiamo in millesimi ormai impossibili da ritrovare in giro, ti dico per esempio de Le Pergole Torte di Montevertine…

Uno dei Super di cui sopra? (ride) No dai, era solo per darti un nome tra i i più blasonati vini dell’amata Toscana.

Grazie Giovanni, il pranzo alla tavola di Gennarino rimarrà sicuramente nella memoria tra i più buoni di sempre, la nostra piacevole chiacchierata invece mi ha aperto ad uno straordinario professionista quale sei e con il quale spero in futuro di condividere esperienze e confronti, complimenti sinceri!

Il Sommelier, tecnico professionista del vino

7 gennaio 2010

Il sommelier professionista è una figura professionale altamente qualificata che non può mancare nei ristoranti di alto livello, nelle enoteche e in genere in tutti quei locali dove si offre una qualità di food&beverage e servizi di categoria elevata. Si occupa innanzitutto di selezionare i vini, acquistando quelli che più ritiene più idonei da proporre ai clienti tenendo conto di diversi fattori decisivi: la qualità dell’ambiente in cui opera e la sua clientela, l’originalità e l’autenticità dei prodotti selezionati, e di questi ultimi, la loro bontà espressiva e possibile commercializzazione, l’interazione con la propria offerta di food, la profonda conoscenza del mercato e dei suoi andamenti; mai assoggettando in maniera autarchica le richieste dei clienti alle proprie fisse o ai soli fini della sterile vendita.

I vini prescelti, eventualmente con i distillati ed i vini speciali, vengono descritti in modo dettagliato sulla carta, che deve risultare chiara, articolata in maniera risoluta e di facile consultazione. Da evitare enciclopedie, peggio a volumi, e sfoggio di personalismi altamente (banalmente) didattici, quasi sempre indigesti ai fini di un giusto risultato e che spesso non fanno altro che complicare la vita (la giusta scelta) all’avventore di turno. Piuttosto pensare di aggiornarla continuamente o magari stupire il proprio cliente con proposte di vini fuori carta da raccomandare e raccontare in maniera appassionata e convincente.   

Tutto ciò necessita da parte del sommelier professionista una profonda ed articolata conoscenza del proprio lavoro e del mondo in cui opera, sia esso enologico che gastronomico. Questi ha basi di conoscenza enologica e merceologica di spessore, consolidate in anni di studio e specializzazione, in viaggi alla scoperta di realtà nuove ed avvincenti e confronti in aziende, fiere ed eventi; quindi, degusta continuativamente i vini ed è sempre costantemente aggiornato sulle novità di mercato, sia esso locale che internazionale, carpendo e magari anticipandone le tendenze.

Pertanto oltre a confrontarsi costantemente con gli altri reparti interni alla struttura dove opera, (cucina, bar ecc…) sia esso un ristorante, winebar, albergo, enoteca, deve saper gestire il settore beverage anche interagendo al meglio con gli input che gli arrivano dall’esterno, gestendo i rapporti con i produttori o suoi rappresentanti e con gli stessi professionisti del settore in cui opera (colleghi sommeliers, ristoratori, manager), in entrambi i casi la sua competenza deve essere tecnica, puntuale e precisa. Continua…

© L’Arcante – riproduzione riservata


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