A proposito di aglianico e Taurasi cominciano a venire fuori spunti sempre molto interessanti anche dalle piccole cantine sparse qua e là in Irpinia.
Grazie all’esperienza magistrale della famiglia Mastroberardino¤ sappiamo di poter contare su grandi bottiglie e siamo convinti, più o meno tutti definitivamente, del grande valore dell’aglianico e del Taurasi, vino che attraversa il tempo con lentezza senza cedere però un solo grammo di personalità ed autenticità. Anzi.
Una sicurezza talvolta vacillata dinanzi a bottiglie un poco fuorvianti, sono piene le cronache di Anteprime¤ dove gli assaggi spesso rivelavano puntualmente mani poco esperte se non addirittura un eccesso di sicurezza sfociato però in bottiglie banali senz’anima e futuro. Vi è tuttavia una schiera di produttori di riferimento ormai consolidata ed affidabile, per storia, tradizione, capacità, impronta: Colli di Lapio¤ ad esempio.
Il fiano di Avellino¤ di Clelia Romano ce l’abbiamo tutti sulla bocca, da almeno tre lustri tra i più autentici e fedeli rappresentanti di questo meraviglioso bianco ma soprattutto del terroir lapiano. Non tutti sanno però che queste terre, oggi gettonatissime per il fiano un tempo erano perlopiù votate all’aglianico che ricopriva buona parte della superficie vitata dell’area prima di venire lentamente soppiantato dal fiano, che aveva, con il greco di Tufo, più appeal e mercato soprattutto sul vicino mercato napoletano.
Lapio terra di Taurasi quindi. L’altitudine, il suolo argilloso, le escursioni termiche, elementi fondamentali che uniti alla tradizione familiare ed alla capacità di un grande enologo esperto come Angelo Pizzi hanno consegnato agli annali sempre buone bottiglie di rosso; certo vini austeri, da aspettare, caratterizzati da grande tensione gustativa più che piacevolezza del frutto, per questo forse un po’ fuori tema soprattutto con certe mode e tendenze contemporanee.
Il tempo però riequilibra tutto, rende onore alle scelte, premia la lungimiranza, esalta il manico; così anche in annate ‘minori’ consente di tirare fuori il meglio. Un Taurasi il 2002 di Colli di Lapio dove a predominare è la terra, le note balsamiche, la liquirizia, la menta. Il sorso è teso, carico di energia ma senza ammiccamenti, non una piega, elegante e severo. Il frutto è un po’ diluito ma rimane di grande eleganza, anima autentica, con la tipica chiusura sferzante amarognola dell’aglianico sul finale di bocca. Sospeso nel tempo, ce ne fossero di bottiglie così!
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