Morey St Denis, Domaine Dujac

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“Noi non crediamo nella grandeur dei vini di Borgogna, di certo non l’abbiamo mai percepita come un alibi, e sinceramente ne faremmo davvero a meno..!”

E’ quanto meno inaspettata, per non dire disarmante, una rivelazione del genere, una frase così esplicita, per niente malcelata e costantemente presente nell’aria in ogni momento successivo all’aver varcato la soglia del Domaine Dujac a Morey St Denis. Ma come? Verrebbe da chiedersi, e noi che almeno tremila chilometri più in là ci lasciamo scaldare l’anima e sbattere il cuore non appena ne sentiamo parlare, di Pinot Noir, di Borgogna, di Clos e di “pippe” varie ed eventuali sulla loro unicità, storia, fascino per di più sostenute da una bio-dinamicità-naturale che tanto significato ha in un mondo del vino in profonda conversione; In realtà, scusatemi il gioco di parole, è la pura e nuda realtà, definiamola pure cruda e mal servita, (praticamente sbattuta in faccia) ma che ci piaccia o no, questo è!

Questa è l’impressione che ci portiamo a casa dall’incontro con il giovanissimo Alec Seysses, figliol prodigo in quel di Morey St Denis, cuore dell’Haute Cotes de Nuits, che con il fratello ed il papà-winemaker Jacques si occupa a tempo pieno dei 16 ettari del domaine dislocati in circa 18 appellations tra i vari villages, premier e grand cru dell’areale. Come sempre la smentita è dietro l’angolo, della quale in verità ne saremmo davvero felici, per questo (e non solo) ci siamo ripromessi un nuovo passaggio da quelle parti ( 🙂 ). Stando ai fatti però, non è stato un buon approccio con il territorio, quello desiderato, auspicato, nonostante i vini serviti, evidentemente mal volentieri, ci hanno impressionato non poco, aiutandoci a capire che l’anima controversa del terroir borgognone è più marcata di quanto si possa pensare e che alcuni dei suoi interpreti più autentici per essere tali hanno necessità di privilegiare il dato emotivo della realtà rispetto a quello percepibile oggettivamente, da veri e propri “espressionisti” del vino piuttosto che commercianti delle proprie emozioni. Queste, in sintesi, le impressioni sui vini più interessanti degustati, tutti prodotti seguendo il più austero dei protocolli biodinamici, dettato cioè da uno stile di vita piuttosto che dalla moda o la richiesta del mercato.

Marsannay 2008, appellation communale disposta a nord di Morey St Denis, sulla strada di Digione, dove dimorano i due ettari e mezzo di proprietà del Domaine votati perlopiù a chardonnay. Un vino bianco molto fresco, cioè asciutto e minerale, dal colore paglierino tenue e di media consistenza. Il naso è incentrato su note erbacee e floreali, fine ed elegante seppur non lunghissimo, in bocca è, come detto, secco e piuttosto sapido, molto gradevole la chiusura quasi citrina che riporta alla mente agrumi ed al palato una picevolissima sensazione di pulizia. Alla stessa stregua, per intenderci, di un ottimo Fiano del Cilento in tenera età.

Morey St Denis 2008, dalle vigne più o meno prospicenti il Domaine più altri conferimenti del circondario; naturalmente da uve Pinot Nero in purezza, viene vinificato, fermentato ed affinato esclusivamente in “pieces” di secondo e terzo passaggio. Il Colore è piuttosto scarico, rubino/granata con accennatiflessi aranciati, un naso decisamente empireumatico, che offre cioè un ven ritaglio olfattivo organico piuttosto accentuato: note tostate, secche, pungenti, per certi versi affumicate. In bocca è poco carezzevole, in effetti sappiamo benissimo che vini del genere hanno bisogno di almeno un lustro per venire fuori al palato, per rivelare cioè quella voluttà al palato tanto frequentemente espressa in certi Pinot Nero nostrani, ma non dunque di queste terre, di questi interpreti. Bel nerbo, acidità da vendere, finale di bocca lunghissimo, waiting for the glory.

Clos St Denis 1966, il cuore batte ancora mi verrebe da dire. Probabilmente, ripensandoci, il freddo Alec avrebbe voluto riservarci una accoglienza migliore, magari condensata da una manciata di sorrisi in più, non di circostanza, e offerto un panorama delle proprie attività nel Domaine un tantino più esaustivo. Eravamo lì per ascoltare, imparare, non certo per rubare, tempo e spazio. Si salva in “zona Cesarini”, tirando fuori dal caveau, assolutamente non visitabile questo Grand Cru che al tempo, ci dice, Grand Cru non era: “era il vino che circolava in casa, per gli amici, per i parenti”. Sfogliando gli annali scopriremo poi (mannaggia li sommelier!) che non si tratta della migliore delle annate in casa Dujac, e nemmeno della migliore tra le peggiori, un vino insomma del quale certamente non si va fieri. Invece il bicchiere svela una bella esperienza visiva e degustativa, non segnata da clamore e sospiri ma certamente degna di nota. Il colore è praticamente integro, le sfumature aranciate sono appena più marcate del precedente, e la trasparenza pure. Il naso offre un ventaglio olfattivo molto interessante, addirittura ancora spiritoso di frutta, ma balsamico, caramellato, speziato innanzitutto. In bocca è asciutto, austero, lineare sul finale di bocca, equilibrato e minerale.

Ci è piaciuto Morey St Denis, davvero un bel borgo, a misura d’uomo, come del resto tutti quelli visitati durante questo viaggio; La pioggia ed il grigiore del tempo non hanno intaccato più di tanto i colori e il fascino di una terra bellissima.

Non ci è piaciuto, unanimamente, la freddezza con la quale siamo stati accolti, soprattutto contando sul fatto che dai numerosi precedenti contatti non fosse assolutamente trasparita, decisamente una giornata no!

Non ci è piaciuta, l’abitudine del padrone di casa, dichiarata con estrema nonchalance, di recuperare il vino lasciato nei calici dai convenuti, utilizzato a suo dire, successivamente, per colmare le botti in affinamento: “è nettare prezioso, perchè sprecarlo!”

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10 Risposte to “Morey St Denis, Domaine Dujac”

  1. Alessandro Marra Says:

    Nemmeno un goccio di ‘Clos De La Roche’?!? Ah, sti francesi…

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  2. Angelo Di Costanzo Says:

    Credo che ci sia andata di lusso, gli altri vini bevuti, tutti 2008, erano piuttosto indietro con una maturazione plausibile.
    Il Clos de La Roche? Credo che semmai ne avessimo potuto godere, appena una goccia sulla lingua… 🙂

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  3. Stefano Says:

    E dei vini dell’annata dalla botte niente ?

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  4. Angelo Di Costanzo Says:

    @Ste: quantomeno sconcertante, sarei curioso di sapere se in effetti possa essere considerata una consuetudine. Tu che ne pensi, ne avrai certamente viste di tante più di me..?

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  5. Stefano Says:

    Ti posso dire che è quasi una tradizione l’assaggio “sur fut”, sono pochissimi quelli che non l’anno permesso. Chi non lo ha fatto ci ha perlomeno stappato tutte le bottiglie. Da Dujac non ci siamo mai stati, non so’ se è stata una scelta sbagliata o se il fatto di andarci con un gruppo + numeroso cambi qualche cosa.

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  6. Angelo Di Costanzo Says:

    Beh, successivamente, se ne leggerà, siamo stati in diversi altri posti; E’ vero, essere in gruppo è un problema, lo sapevamo ma lo sapevano anche le aziende visto che comunque tutte le visite sono state ampiamente concordate, e poi si parla di tutti sommelier e quindi gente che era lì per imparare non per vacanza.

    Sull’assaggio sur fut c’avrei sperato, molto bello, a patto che non fossero il futs rabboccati di cui sopra! 🙂

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  7. Stefano Says:

    Già novembre abbiamo avuto la possibilità di assaggiare i 2008 appena imbottiglia e alcuni 2009 dalla botte. Comunque sai che da noi avresti potuto avere qualche dritta 😉

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  8. Angelo Di Costanzo Says:

    Il Tour era già organizzato, e devo dire molto bene. Credo siano stati provati altri contatti che gentilmente non hanno voluto ospitarci, ervamo, ne sono consapevole, in troppi. Alla prossima, magari sotto braccio…

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  9. Gevrey-Chambertin, Trapet Pere et Fils « L’ A r c a n t e Says:

    […] appena poco fuori Nuits St Georges e, andando verso nord, proprio ad un tiro di schioppo da Morey St. Denis, altro luogo d’elezione per il Pinot Noir; Sono in tutto appena 13 ettari di vigna, suddivisi […]

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  10. Neumarkt, Pinot Nero Riserva ’10 Brunnenhof | L’ A r c a n t e Says:

    […] riserva 2010 mi ha riportato alla mente l’impressionante timbrica di alcuni Morey-Saint-Denis¤, dove il frutto è solo uno degli elementi perfettamente coniugati. Il vino ha bisogno di un […]

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