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Brochon, di Philippe Charlopin-Parizot e non solo

24 giugno 2010


A pochi chilometri da Morey St Denis, appena lasciato Gevrey-Chambertin verso nord, sempre sulla “Route des Grands Crus”, c’è Brochon, un piccolo borgo di appena 691 anime ma che nasconde nei dintorni, circoscritto alla “zone artisanale” (sarebbe la nostrana zona industriale, ndr) uno scrigno di tesori imperdibili.

Il primo che ci capita a tiro, appena usciti dal centro storico del paese è Gaugry, una delle fromagerie più famose di Borgogna, custode dell’antico formaggio Epoisses ma senza ombra di dubbio il riferimento assoluto di tutti gli allevatori locali vista la capacità di lavorare durante l’anno almeno un milione e settecentomila litri di latte. Oltre al fornitissimo negozio dove è possibile assaggiare gran parte dei formaggi prodotti e distribuiti (700.000 circa!) vi è anche un’area di accesso ai laboratori di lavorazione per i visitatori che possono, due giorni alla settimana, di solito il mercoledì ed il venerdì, visitare il piccolo museo aziendale nonchè ammirare come si producono i famosi formaggi di casa Gaugry.

Proprio alle spalle della Fromagerie vi sono alcuni capannoni scuri, ognuno con un gradevole giardino in fiore all’ingresso ma nessuna insegna, citofono, indicazione. Il primo è il Negoce des Grands Bourgognes, in pratica uno dei più forti distributori del posto, con un catalogo prodotti non profondissimo ma decisamente appetibile. Molti, soprattutto i piccoli Domaine, si affidano a loro anche per la distribuzione locale, e quasi nessuno di questi, scopriremo poi, è propenso alla vendita diretta in azienda, preferisce di gran lunga delegare le cosiddette enoteche locali alla promozione e alla vendita dei loro vini: economia sociale, garanzia della filiera? Ci piace, e non poco, e se fosse replicata anche a casa nostra..?

Proprio di fronte al Negoce des Grands Bourgognes c’è il Domaine Charlopin-Parizot, nulla di trascendentale, suggestivo, emozionale: un capannone, nero, anonimo che Philippe Charlopin ha voluto come casa del suo genio, del suo estro, della sua più totale anarchia pur rimanendo fortemente legato al suo territorio. E’ vero, genio è una parola delle più abusate, spesso utilizzata più per spiegare l’inspiegabile che per altro, eppure in questo personaggio, nerboluto, tarchiato, anche un po’ goffo per come si è presentato dinanzi a noi, in pantofole e camicia “astratta”, con una pettinatura anch’essa quantomeno esotica si coglie una forza incredibile, precisa, non confondibile, e più che dalle sue (poche) parole è dalle idee messe in campo, incredibile “la tratta delle appellations”, (“ogni mio vino nasce come e con un debito, con il territorio e con le banche!”) dai suoi vini superlativi, dai quali si trae l’impressione, il punto di forza di un vero gioiello della viticultura borgognona.

Queste in sintesi le impressioni ricevute a caldo dall’assaggio in cantina dei vini del Domaine Charlopin-Parizot che vanta, oltre che diversi Negoce in quasi tutte le appellations della Cote de Beaune (e più a nord Chablis) anche eccellenti proprietà come nel caso di un bel appezzamento nei Grand Cru Clos di Vougeot e Charmes-Chambertin.

N.B.: per comodità viene replicata solo l’etichetta dello Gevrey-Chambertin Vieilles Vignes di cui abbiamo bevuto il ’08, a tutti gli effetti, nonostante la giovanissima età, il miglior vino assaggiato assieme al Grand Cru Charmes-Chambertin, sempre ’08 di cui però racconteremo in un prossimo post.

Pernand Vergelesses 2007 appellations village che offre vini, innanzitutto bianchi, piuttosto godibili, e rossi come questo più interessanti al palato che puliti al naso, comunque estremamente digeribili. Di colore rubino finissimo, abbastanza vivace, esprime un ventaglio olfattivo maturo e terziario, soprattutto su nuances di catrame e note tostate. In bocca è asciutto, sottile, corroborante, una bella beva fresca e di sostanza. Ideale sui formaggi vaccini, austeri, del luogo.

Morey St Denis 2007, ottimo, arcigno, dal naso complesso di una misticanza di frutti neri e rossi e note tostate e caramellate. Probabilmente tra qualche anno, due, tre minimo, concederà un ventaglio olfattivo più interessante ancora. Al momento si lascia scoprire ma non del tutto, è infatti in bocca che quasi allontana, asciutto, austero, tannico, profondamente minerale: “non dovrei nemmeno farvelo assaggiare, ma siete qui quindi sappiate valutarne il dono”. Impeccabile la schiettezza di Philippe, vera.

Gevrey-Chambertin Vieilles Vigne 2008. Chambertin è certamente il più celebre tra i crus di Gevrey, tredici ettari circa ed un paesaggio mozzafiato che scompare sulle colline delle Hautes Cotes. Un vero e proprio fuoriclasse questo vino, purosangue, sembra parafrasare il suo stesso mentore, tal quale. Il primo naso è sgraziato, offre inizialmente di tutto un po, sovrappone note vinose a note di caffè tostato, cipria ad erbe officinali, poi ancora cassis maturo e polposo: “è il gioco delle parti, la terra bruna, la pietra calcarea, un vitigno autentico, legni dei più diversi, con il tempo, solo il tempo ne definirà l’eleganza”. In bocca è asciutto, secco, la bocca, una volta deglutito, quasi s’incolla, eppure rimane piacevolmente sedotta, avvinghiata ad un piacere sublime, lunghissimo. Un vino per i prossimi trent’anni.

Clos de Vougeot 2008,  altro cru di gran fascino, ovvero il fascino del Grand Cru!  La storia ci consegna uno dei vigneti più belli e suggestivi della Borgogna, che deve la sua destinazione d’uso ai monaci cirstercensi che qui decisero di piantare vigne piuttosto che patate e ovviamente alle generazione che di lì a qualche centinaio di anni pur modificandone drasticamente la mappatura ne hanno saputo valorizzare, enomermente, la vocazione . Inizialmente di proprietà di Julien-Jules Ouvrard, già proprietario di altri grand crus nella Côte de Nuits tra cui La Romanée Conti, il Clos de Vougeot divenne prima pane di sei commercianti-negotiants e successivamente continuamente frazionato sino agli attuali oltre centottanta parcelle in mano a ben oltre novanta proprietari, tra questi anche Philippe Charlopin-Parizot. Di colore rubino-granata, vestito di una bella vivacità; Naso intrigante, chiuso, sbuffi fruttati concentrici a note quasi animali, si sente per parecchio tempo cuoio, poi una netta sensazione di cipria. In bocca mi sento di definirlo ad oggi ingiudicabile, quantomeno è insostenibile delinearne un profilo gustativo esaustivo, forse tra 5-6 anni, ha tanta materia da lasciar maturare, succosa e nerboluta.

Ci è piaciuto, moltissimo, il paesaggio; Le vigne sono allevate come giardini, tutti i filari si estendono da ovest ad est seguendo il declivio collinare lungo la route des grands crus, quest’ultima mai noiosa nonostante la monotonia del paesaggio che attraversa.

Non ci è piaciuto, non poter assaggiare vini di annate più mature, ma a quanto pare così funziona, nel senso che nemmeno i produttori ne dispongono avendole il più delle volte già tutte vendute, ça va sans dire…

da segnare in agenda: 
– Grands Bourgognes
ZA Le Saule, 21220 Brochon
Tel +33 380792990
Fax +33 380792990
www.grandsbourgognes.com
– Fromagerie Gaugry
RN 74 – BP 40
ZA Le Saule,
21220 Brochon
Tel +33 380340000
www.fromageriegaugry.fr 
 – Au Clos Napoléon
Restaurant Bar à Vin
4 et 6 rue de La Perrière
21220 Fixin
Tel +33 380524563

Morey St Denis, Domaine Dujac

23 giugno 2010

“Noi non crediamo nella grandeur dei vini di Borgogna, di certo non l’abbiamo mai percepita come un alibi, e sinceramente ne faremmo davvero a meno..!”

E’ quanto meno inaspettata, per non dire disarmante, una rivelazione del genere, una frase così esplicita, per niente malcelata e costantemente presente nell’aria in ogni momento successivo all’aver varcato la soglia del Domaine Dujac a Morey St Denis. Ma come? Verrebbe da chiedersi, e noi che almeno tremila chilometri più in là ci lasciamo scaldare l’anima e sbattere il cuore non appena ne sentiamo parlare, di Pinot Noir, di Borgogna, di Clos e di “pippe” varie ed eventuali sulla loro unicità, storia, fascino per di più sostenute da una bio-dinamicità-naturale che tanto significato ha in un mondo del vino in profonda conversione; In realtà, scusatemi il gioco di parole, è la pura e nuda realtà, definiamola pure cruda e mal servita, (praticamente sbattuta in faccia) ma che ci piaccia o no, questo è!

Questa è l’impressione che ci portiamo a casa dall’incontro con il giovanissimo Alec Seysses, figliol prodigo in quel di Morey St Denis, cuore dell’Haute Cotes de Nuits, che con il fratello ed il papà-winemaker Jacques si occupa a tempo pieno dei 16 ettari del domaine dislocati in circa 18 appellations tra i vari villages, premier e grand cru dell’areale. Come sempre la smentita è dietro l’angolo, della quale in verità ne saremmo davvero felici, per questo (e non solo) ci siamo ripromessi un nuovo passaggio da quelle parti ( 🙂 ). Stando ai fatti però, non è stato un buon approccio con il territorio, quello desiderato, auspicato, nonostante i vini serviti, evidentemente mal volentieri, ci hanno impressionato non poco, aiutandoci a capire che l’anima controversa del terroir borgognone è più marcata di quanto si possa pensare e che alcuni dei suoi interpreti più autentici per essere tali hanno necessità di privilegiare il dato emotivo della realtà rispetto a quello percepibile oggettivamente, da veri e propri “espressionisti” del vino piuttosto che commercianti delle proprie emozioni. Queste, in sintesi, le impressioni sui vini più interessanti degustati, tutti prodotti seguendo il più austero dei protocolli biodinamici, dettato cioè da uno stile di vita piuttosto che dalla moda o la richiesta del mercato.

Marsannay 2008, appellation communale disposta a nord di Morey St Denis, sulla strada di Digione, dove dimorano i due ettari e mezzo di proprietà del Domaine votati perlopiù a chardonnay. Un vino bianco molto fresco, cioè asciutto e minerale, dal colore paglierino tenue e di media consistenza. Il naso è incentrato su note erbacee e floreali, fine ed elegante seppur non lunghissimo, in bocca è, come detto, secco e piuttosto sapido, molto gradevole la chiusura quasi citrina che riporta alla mente agrumi ed al palato una picevolissima sensazione di pulizia. Alla stessa stregua, per intenderci, di un ottimo Fiano del Cilento in tenera età.

Morey St Denis 2008, dalle vigne più o meno prospicenti il Domaine più altri conferimenti del circondario; naturalmente da uve Pinot Nero in purezza, viene vinificato, fermentato ed affinato esclusivamente in “pieces” di secondo e terzo passaggio. Il Colore è piuttosto scarico, rubino/granata con accennatiflessi aranciati, un naso decisamente empireumatico, che offre cioè un ven ritaglio olfattivo organico piuttosto accentuato: note tostate, secche, pungenti, per certi versi affumicate. In bocca è poco carezzevole, in effetti sappiamo benissimo che vini del genere hanno bisogno di almeno un lustro per venire fuori al palato, per rivelare cioè quella voluttà al palato tanto frequentemente espressa in certi Pinot Nero nostrani, ma non dunque di queste terre, di questi interpreti. Bel nerbo, acidità da vendere, finale di bocca lunghissimo, waiting for the glory.

Clos St Denis 1966, il cuore batte ancora mi verrebe da dire. Probabilmente, ripensandoci, il freddo Alec avrebbe voluto riservarci una accoglienza migliore, magari condensata da una manciata di sorrisi in più, non di circostanza, e offerto un panorama delle proprie attività nel Domaine un tantino più esaustivo. Eravamo lì per ascoltare, imparare, non certo per rubare, tempo e spazio. Si salva in “zona Cesarini”, tirando fuori dal caveau, assolutamente non visitabile questo Grand Cru che al tempo, ci dice, Grand Cru non era: “era il vino che circolava in casa, per gli amici, per i parenti”. Sfogliando gli annali scopriremo poi (mannaggia li sommelier!) che non si tratta della migliore delle annate in casa Dujac, e nemmeno della migliore tra le peggiori, un vino insomma del quale certamente non si va fieri. Invece il bicchiere svela una bella esperienza visiva e degustativa, non segnata da clamore e sospiri ma certamente degna di nota. Il colore è praticamente integro, le sfumature aranciate sono appena più marcate del precedente, e la trasparenza pure. Il naso offre un ventaglio olfattivo molto interessante, addirittura ancora spiritoso di frutta, ma balsamico, caramellato, speziato innanzitutto. In bocca è asciutto, austero, lineare sul finale di bocca, equilibrato e minerale.

Ci è piaciuto Morey St Denis, davvero un bel borgo, a misura d’uomo, come del resto tutti quelli visitati durante questo viaggio; La pioggia ed il grigiore del tempo non hanno intaccato più di tanto i colori e il fascino di una terra bellissima.

Non ci è piaciuto, unanimamente, la freddezza con la quale siamo stati accolti, soprattutto contando sul fatto che dai numerosi precedenti contatti non fosse assolutamente trasparita, decisamente una giornata no!

Non ci è piaciuta, l’abitudine del padrone di casa, dichiarata con estrema nonchalance, di recuperare il vino lasciato nei calici dai convenuti, utilizzato a suo dire, successivamente, per colmare le botti in affinamento: “è nettare prezioso, perchè sprecarlo!”


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