Certi post(i) non hanno bisogno di parole per essere compresi, buttare giù centinaia di melense parole, anche ben legate tra loro, di trama e grammatica, potrebbero aiutare a capire quanto amore si possa profondere per alcuni luoghi, non cosa significhi per un appassionato camminarli, viverli!
Vosne-Romanée è appena fuori Nuits St Georges, appena prima di Vougeot sulla strada per Gevrey Chambertin e la capitale della Borgogna, Digione. Il terreno del vigneto è piuttosto eterogeneo ma poggia tutto su una roccia calcarea abbastanza solida che arriva ad avere, in cima alla collina che abbraccia i Grands Crus, uno spessore piuttosto importante lasciando invece in superficie, a vari substrati, altri conglomerati di natura sedimentaria frammista ad argilla. L’Appellation Village Vosne-Romanée è estesa su oltre cento ettari circostanti il comune omonimo è possono fregiarsi di tale denominazione anche parcelle allocate in altri comuni o ricadenti in appellations locali come per esempio alcune vigne della vicina Flagey a nord o Nuits St Georges a sud.
Benvenuti nel cuore della Borgogna più ambita, ricercata, apprezzata; Vosne è sinonimo di rara eleganza, di preziosa finezza, ne sono testimoni i grandissimi e costosissimi vini che nascono nelle vigne a La Tache, Richebourg, Romanée Conti, La Romanée, ma non di meno nella Romanée St Vivant ed Echezeaux. Se la grandezza di questi ultimi è spesso offuscata (ma non più di tanto) dall’immensità dei primi, i vini che vengono fuori nella vigna de La Grande-Rue, divisa da La Tache proprio da una minuscola stradina sterrata poco asfaltata, esprimono di quest’ultimo l’alter-ego, naso empireumatico e palato, ci raccontano, marcato da una nerbatura acido-tannica molto lontana dalla voluttà del pur confinante La Tache.
La Romanée è uno dei Grands Crus di Pinot Noir più ricercati al mondo eppure rappresenta la più piccola delle appellation di Francia, pensate meno di un ettaro di vigna, caratterizzato anche qui da un terreno marnoso-calcareo frammisto ad argilla. Confina a sud con parte della vigna de La Grand Rue ed in parte con Aux Champs Perdrix (Village), poco più in la spostato verso est con il mitico vigneto de La Romanée Conti e a nord con Romanée St Vivant e Richebourg.
La Romanée Conti è anch’esso un piccolo giardino al sole di Vosne-Romanée, il Grand Cru per eccellenza, consacrato al mito grazie a vini di una longevità impressionante, di una finezza e costante pulizia olfattiva incredibili ed una opulenza insindacabile. Meno di due ettari nel cuore di Vosne, proprio a due passi dal centro del borgo cittadino, appena voltato l’angolo del “Mairie”, il palazzo comunale. Una curiosità del momento mi è saltata agli occhi, un manipolo di corridori sudati ed affannati presi dalla loro corsa antistress lungo le viuzze di campagna, proprio dai filari dei grands crus: che fortunati, mi è venuto da pensare, a pensare a chi è costretto a fare jogging sui marciapiedi di periferie grigie e fumose di città…
In conclusione, per chi si appassiona alle cifre piuttosto che alle sensazioni, sono circa 225 gli ettari a vigneto di tutto l’areale, per una produzione annuale che varia a seconda della qualità della vendemmia dai novemila ai novemilacinquecento ettolitri l’anno. Come già accennato possono richiedere hanno diritto all’appellation Vosne-Romanée anche alcune parcelle che allignano nei comuni confinanti di Vosne, come per esempio Flagey-Echezeaux; il quadro che ne viene fuori è un “vignoble” di 8 Grands Crus e 15 Premiers Crus, praticamente dei più conosciuti ed apprezzati di tutta la produzione vitivinicola francese. Qui ogni pianta è un piccolo gioiello donato all’uomo dalla terra, gelosamente custodito, non è difficile tra l’altro trovare lungo i filari continui inviti a non invadere il vigneto, non disturbare l’equilibrio naturale instaurato…
E questo perchè puntualmente, più che preoccuparsi dei numeri è proprio camminare le vigne il più emozionante dei passatempi borgognoni…
Tag: angelo di costanzo, beaune, big picture, borgogna, digione, francia, la romanée, pinot noir, romanée conti, route des grands crus, scatti in vigna, vosne romanée
26 giugno 2010 alle 11:30 |
Ciao Angelo, mi puoi togliere una curiosità? Premesso che non sono mai stato nelle vigne francesi, come fanno a tenere questi sesti d’impianto così stretti? La scarsa vigoria delle viti da cosa dipende? Dal portinnesto, dalla cultivar oppure dal terroir(inteso in senso pedoclimatico) ?
Grazie, un abbraccio.
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26 giugno 2010 alle 12:11 |
Ciao Lello, bella domanda la tua, ne dovremmo scrivere, credo, un intero post, ma cercherò di trasferirti ciò che ho compreso in pochi giorni sul campo e tante domande a cui credimi non è stato facile avere risposte.
Le tue opzioni si condensano e le ritengo sistematicamente indispensabili. C’è innanzitutto un grandissimo lavoro, continuo, costante, in vigna. Alla base tanta ricerca, selezione clonale e soprattutto grande conoscenza del terroir (hai presente la parola zonazione?) incentivata in particolar modo nei primissimi anni settanta. Pensa che in Francia sono stati riconosciuti ufficialmente ben 46 cloni di Pinot Noir, e il fatto che anche in Champagne questo vitigno la faccia da padrone ha contribuito non poco a migliorare la selezione clonale e la conoscenza di quello che è universalmente riconosciuto come il più difficile dei vitigni da “gestire”, innanzitutto in vigna.
Il terreno poi, in particolar modo in certi Grands Crus è unico nel suo genere, il suolo è ricco di ferro e di calcare su una base di roccia marnosa e ciò, oltre che a contribuire a conferire grande tipicità ai vini prodotti, favorisce un perfetto drenaggio del terreno.
Saranno stati pure fortunati sti’ francesi ma ne hanno saputo trarre da subito grandi impulsi per crescere e migliorare.
Spero sia stato abbastanza esaustivo… 🙂
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28 giugno 2010 alle 11:19 |
Concordo in modo particolare con l’ultimo concetto da te espresso nella risposta. Ed essendo la mia domanda “tendenziosa”(nel senso buono del termine), cosa facciamo noi del mondo del vino campano per spiegare ai nostri produttori che la strada per il successo dei nostri vini passa attraverso tali pratiche?
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28 giugno 2010 alle 15:48 |
“cosa facciamo noi del mondo del vino campano per spiegare ai nostri produttori che la strada per il successo dei nostri vini passa attraverso tali pratiche?”.
Caro Lello, ho 34 anni e da almeno 10 (!) mi ritengo fortunato nel fare il mio lavoro ad un buon livello di credenziali. Posso affermare che purtroppo molti hanno rincorso sirene per il solo scopo di specchiarsi e compiacersi, oggi per tanti di questi è già tardi.
Sinceramente ne ho pure di ben donde di chiacchiere, qua tutti parlano parlano parlano e la sola scusante che parlarne faccia comunque del bene al “nostro” mondo del vino ha creato dei “mostri” mediatici incontrollabili, peggio ancora della stessa vanità dei produttori.
Lavorare la terra ed usare la testa è sempre il miglior modo per uscirsene, ma molti preferiscono la seconda alla prima, qualcuno sa fare solo la prima, qualcun altro senza nemmeno avere la terra crede di fare di testa propria.
Spero sia chiaro anche questo concetto, e perdonami un pizzico di autoreferenzialità ma nel frattempo mentre il mondo del vino campano decide cosa fare io ritorno al mio lavoro: ho appena stampato la prima pagina della mia carta dei vini che per queste due prossime settimane dedicherò al Taurasi Terzotratto 2005 de I Favati; Molti coglioni credono Capri “l’internazionale” alla mercè del Merlot, Chardonnay e del Cabernet mentre io levo al cielo ogni settimana centinaia di sugheri di Pallagrello, Falanghina, Casavecchia, Piedirosso, Tintore solo per citarne alcuni.
Solo il lavoro potrà farci smuovere, e la cultura, la professionalità. Qua tutti pensano a pettinarsi le proprie bambole e poi come dice l’amico comune Luciano Pignataro, tendono la mano con la speranza che la Regione offra loro i pochi spiccioli rimasti dalla spartizione politica..!
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18 luglio 2010 alle 13:12 |
[…] in Francia, a La Bussiere, 45 chilometri da Vosne-Romanée, quanranticinque km di curve e saliscendi tra i boschi di querce e distese di grano e pascolo […]
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19 luglio 2010 alle 08:56 |
[…] Trasferimento aeroporto Torino/hotel Le Richebourg a Vosne-Romanée […]
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6 agosto 2010 alle 10:37 |
[…] in Borgogna ho potuto camminare vigne di una suggestione unica e potuto vivere realtà solo immaginabili sino a pochi minuti prima aver varcato il primo centimentro della Route des […]
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12 ottobre 2010 alle 02:04 |
[…] di nutrire, conservare gelosamente, raccontare con infinito trasporto. Camminare le vigne di Vosne Romanée poi è una esperienza indimenticabile, pestare ogni singolo decimetro quadrato di quella terra […]
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1 gennaio 2011 alle 22:40 |
[…] del vino straordinariamente ricco di cultura enoica. Così l’approccio dello scorso giugno al sogno borgognone diviene solo l’appetizer di una sì forte motivazione di cominciare quel viaggio fantastico che […]
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11 luglio 2011 alle 00:17 |
[…] partecipano al cosiddetto terroir; la Borgogna, è stranoto, rimane la regione per elezione, certe vigne poi irraggiungibili per equilibrio pedoclimatico, e non è un caso che proprio qui vengono […]
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23 ottobre 2015 alle 14:04 |
[…] mai? Perché la Borgogna¤ è una sola e di terra quella buona buona per il pinot nero¤ c’è n’è meno di quanto si pensa; e provare a ripetere certi vini¤ in altre aree viticole del […]
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8 febbraio 2019 alle 09:50 |
[…] Leggi anche Viaggio in Borgogna, Vosne-Romanée Qui. […]
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