Posts Tagged ‘romanée conti’

Firenze, dell’Enoteca Pinchiorri e Le Roi Giorgio

20 ottobre 2013

Enoteca Pinchiorri, Sala Degustazione - foto L'Arcante

Per chi come me è cresciuto nel mito di Giorgio Pinchiorri potergli fare visita e stringergli la mano è stato un momento memorabile, da consegnare agli annali. Ho approfittato della salita¤ a Firenze per strappare un appuntamento per fare un giro in cantina all’Enoteca in via Ghibellina¤.

Borgogna da Pinchiorri - foto L'Arcante

Pinchiorri¤ è ‘il’ posto dei sogni, manco a dirlo. E al di là del valore che credo incalcolabile delle preziose bottiglie nonché di certe etichette introvabili ciò che affascina qui, sopra tutto, è quella particolare atmosfera che si respira passando da una stanza all’altra della cantina, assolutamente fuori dal tempo.

Centinaia di migliaia di bottiglie stipate con una cura a dir poco maniacale – proprio come piace a me! – con ognuna delle bottiglie al suo posto, tutte chiaramente identificabili e a portata di mano. Un lavoro immane che non sfugge nemmeno ai meno attenti, curato in ogni minimo particolare da uno staff (!) di sommelier chiaramente di primissimo livello.

N.1 - foto L'Arcante

Trovo quasi scontato soffermarmi sull’unicità di certe etichette, basta dare un’occhiata ai preziosissimi ‘vuoti’ sparsi qua e là a testimoniare passaggi che sicuramente avranno fatto storia per coloro che l’hanno stappate: Bordeaux e Borgognoni di annate rarissime, millesimi addirittura dei primi del novecento e bottiglie ‘uniche’ (ormai introvabili) di Petrus, Jayer, Coche-Dury, Romanée Conti e tutti quanti quelli che vi potrebbero venire in mente da qui a un’ora.

Sono qui, e in larga parte anche con formati speciali che recano in etichetta il fatidico N.1: un particolare che deve necessariamente far riflettere su quanto quest’uomo e questo luogo rappresentino nel campo una icona di altissima levatura della professionalità italiana riconosciutaci in tutto il mondo.

Romanée Conti 1985, bott. N.1 - foto L'Arcante

Mi riprendo con in mano un sorso di La Mission Haut Brion (credo 2009), mi porto via così un bellissimo momento, di grande intensità e valore, indimenticabile; un bagno di umiltà essenziale per capire quanta strada c’è sempre da fare e che in sostanza, per quanto sia duro il nostro mestiere sa però regalarti dei momenti davvero indimenticabili. Applausi per Giorgio Pinchiorri¤.

Enoteca Pinchiorri
Via Ghibellina 87 50122 Firenze
Tel.+39.055.242757 / +39.055.242777
Fax +39.055.244983
http://www.enotecapinchiorri.it
ristorante@enotecapinchiorri.com
 

Savigny-les-Beaune 2005 Leroy

24 novembre 2012

Savigny-les-Beaune (in italiano suonerebbe Savigny “vicino” Beaune, ndr) è un grande villaggio nella Cote de Beaune, sul versante della Cote d’Or in Borgogna, regno incontrastato del pinot noir.

Qui si fa tanto vino, il villaggio infatti sembrerebbe essere terzo solo a Mersault (che fa essenzialmente bianchi) e Gevrey Chambertin (rossi) per le quantità negoziate ogni anno. E l’appellation trae senz’altro giovamento dal più ampio e riconosciuto successo dei nobili vicini, pur garantendo – al di là di questa blasonata etichetta di Leroy che sembra piovuta dal cielo -, pinot noir sempre abbastanza netti, anche quando sgraziati, e molto vicini alla qualità dei più ricercati rossi di Beaune; dato poi mai trascurabile quando si va per questi mari, con un rapporto prezzo-qualità davvero affidabile, almeno nel 90% dei casi. 

Di Leroy, per chi non ne sapesse, val bene ribadire solo un paio di cose. Oltre a possedere il 50% del Domaine de la Romanée-Conti è anche tra i più ricercati ed affermati Negotiàns di Borgogna con, tra l’altro, vigne di proprietà un po’ ovunque, sia Grand Cru che Premier Cru e tutte a conduzione biodinamica certificata, compreso il climat les Narbantons a Savigny-les-Beaune da dove nasce l’omonimo primo vino e, nelle annate più floride come la duemilacinque, anche questa seconda etichetta. E poi c’è lei, M.me Lalou Bize-Leroy, molto più di una semplice icona, un mito vero e proprio che, per dirla con Michel Bettane “Leroy ricorda puntualmente a tutti quale sia la sostanziale differenza tra un vino molto buono ed uno invece semplicemente grande”.

Questo Savigny-les-Beaune 2005 di Leroy ci mette un poco a venire fuori, ma quando comincia ad aprirsi offre veramente una bella esperienza degustativa; ci tengo infatti a sottolineare che non è affatto una banalità approcciarsi a bottiglie come queste con una certa attenzione, dalla loro conservazione al servizio, dalla ricerca della giusta temperatura allo stappo definitivo. Che poi proprio questa ricordavo avesse passato pure un paio d’anni non proprio facilissimi nella mia cantina di casa, tanto che infatti ne portava evidenti alcuni segni: il tappo sembrava aver ceduto leggermente così il vino aveva cominciato a sfuggirgli lievemente, sino a bagnarne praticamente tutto il sughero. Pensandoci un po’ su l’avevo riposta per qualche ora in frigo, tenendola intorno ai 14 gradi prima di stapparla; nel servirla poi ho preferito non caraffarla, per berla lentamente, condividendola e seguirne così l’evoluzione sorso dopo sorso: un rosso che alla fine s’è rivelato decisamente coivolgente!

All’approccio subito una nota animale, quel sentore che di solito si definisce “foxy”, quindi note di sottobosco, poi di tabacco biondo e pietra bagnata. Ma il bello sembrava dovesse ancora venire: cominciava infatti a rivelarsi il frutto, maturo e di spessore, che sapeva di amarena e susina, quasi dolci, mentre sul finale di bocca tendeva a sferzare il palato con gran nerbo e un tannino vispo e anche un po’ rude. Non certo un vino “facile” questo Savigny, nel senso che va aspettato (non in eterno però) e “letto” con molta attenzione. Ma che sia buono lo capisci sin da subito, e che, nonostante venga fuori da un’appellation sicuramente minore, si comporta da gran vino, pure. In fondo, non è tutto qui lo spread enoico tra Francia e Italia?

Vosne-Romanée, qui pulsa l’anima del Pinot Noir

7 luglio 2010

Certi post(i) non hanno bisogno di parole per essere compresi, buttare giù centinaia di melense parole, anche ben legate tra loro, di trama e grammatica, potrebbero aiutare a capire quanto amore si possa profondere per alcuni luoghi, non cosa significhi per un appassionato camminarli, viverli!

Vosne-Romanée è appena fuori Nuits St Georges, appena prima di Vougeot sulla strada per Gevrey Chambertin e la capitale della Borgogna, Digione. Il terreno del vigneto è piuttosto eterogeneo ma poggia tutto su una roccia calcarea abbastanza solida che arriva ad avere, in cima alla collina che abbraccia i Grands Crus, uno spessore piuttosto importante lasciando invece in superficie, a vari substrati, altri conglomerati di natura sedimentaria frammista ad argilla. L’Appellation Village Vosne-Romanée è estesa su oltre cento ettari circostanti il comune omonimo è possono fregiarsi di tale denominazione anche parcelle allocate in altri comuni o ricadenti in appellations locali come per esempio alcune vigne della vicina Flagey a nord o Nuits St Georges a sud.

Benvenuti nel cuore della Borgogna più ambita, ricercata, apprezzata; Vosne è sinonimo di rara eleganza, di preziosa finezza, ne sono testimoni i grandissimi e costosissimi vini che nascono nelle vigne a La Tache, Richebourg, Romanée Conti, La Romanée, ma non di meno nella Romanée St Vivant ed Echezeaux. Se la grandezza di questi ultimi è spesso offuscata (ma non più di tanto) dall’immensità dei primi, i vini che vengono fuori nella vigna de La Grande-Rue, divisa da La Tache proprio da una minuscola stradina sterrata poco asfaltata, esprimono di quest’ultimo l’alter-ego, naso empireumatico e palato, ci raccontano, marcato da una nerbatura acido-tannica molto lontana dalla voluttà del pur confinante La Tache.

La Romanée è uno dei Grands Crus di Pinot Noir più ricercati al mondo eppure rappresenta la più piccola delle appellation di Francia, pensate meno di un ettaro di vigna, caratterizzato anche qui da un terreno marnoso-calcareo frammisto ad argilla. Confina a sud con parte della vigna de La Grand Rue ed in parte con Aux Champs Perdrix (Village), poco più in la spostato verso est con il mitico vigneto de La Romanée Conti e a nord con Romanée St Vivant e Richebourg.

La Romanée Conti è anch’esso un piccolo giardino al sole di Vosne-Romanée, il Grand Cru per eccellenza, consacrato al mito grazie a vini di una longevità impressionante, di una finezza e costante pulizia olfattiva incredibili ed una opulenza insindacabile. Meno di due ettari nel cuore di Vosne, proprio a due passi dal centro del borgo cittadino, appena voltato l’angolo del “Mairie”, il palazzo comunale. Una curiosità del momento mi è saltata agli occhi, un manipolo di corridori sudati ed affannati presi dalla loro corsa antistress lungo le viuzze di campagna, proprio dai filari dei grands crus: che fortunati, mi è venuto da pensare, a pensare a chi è costretto a fare jogging sui marciapiedi di periferie grigie e fumose di città… 

In conclusione, per chi si appassiona alle cifre piuttosto che alle sensazioni, sono circa 225 gli ettari a vigneto di tutto l’areale, per una produzione annuale che varia a seconda della qualità della vendemmia dai novemila ai novemilacinquecento ettolitri l’anno. Come già accennato possono richiedere hanno diritto all’appellation Vosne-Romanée anche alcune parcelle che allignano nei comuni confinanti di Vosne, come per esempio Flagey-Echezeaux; il quadro che ne viene fuori è un “vignoble” di 8 Grands Crus e 15 Premiers Crus, praticamente dei più conosciuti ed apprezzati di tutta la produzione vitivinicola francese. Qui ogni pianta è un piccolo gioiello donato all’uomo dalla terra, gelosamente custodito, non è difficile tra l’altro trovare lungo i filari continui inviti a non invadere il vigneto, non disturbare l’equilibrio naturale instaurato…

E questo perchè puntualmente, più che preoccuparsi dei numeri è proprio camminare le vigne il più emozionante dei passatempi borgognoni…

Il sogno di mezza estate, la mia Borgogna

19 giugno 2010

“E’ la sottile immensità del Pinot Nero  il solo racconto della bianca pietra della mia terra; il solo capace di scaldare gli animi e di frenare i sussulti.”

Prologo: è appena l’alba, l’aria è tersa e l’aereoporto di Capodichino comincia ad animarsi, il check in è abbastanza veloce, siamo fortunati, ci dicono, l’aereo è già li che ci attende, un Bombardier crj900 (!) puntato in direzione Torino: Borgogna stiamo arrivando!

Il volo è sempre una emozione stupenda, lasciarsi alle spalle la terra e varcare le nuvole provoca sempre un certo brivido; da qui l’azzurro del cielo in lontananza sembra più azzurro e la stessa luce che rimbalza sui flap delle ali dell’aereo prima di svanire nel nulla mi appare più limpida, luccicante. Nemmeno il tempo di raggiungere quota e la velocità di crociera (850 Km/h!) che sorvoliamo in un soffio le isole Pontine: adesso l’aria è chiarissima, Palmarola, con le sue rocce bianche, un graffio nel mare laziale; pochi minuti dopo ci lasciamo l’Elba alla nostra destra, adesso lì davanti, sotto le nuvole appena più dense, appare la costa ligure. Le nuvole d’un tratto si infittiscono, poi divengono grigie, gonfie, sul vetro passa sottile un rivolo d’acqua, è l’annuncio di un temporale: benvenuti a Torino!

Inizia da qui il sogno di mezza estate, la mia Borgogna, cronaca di una passione infinita, di un desiderio realizzato. Dopo poco ci riuniamo nel pullmann che attraverso il traforo del Frejus ci accompagna in terra di Francia attraverso la statale italo-francese costeggiata da un paesaggio ancora grigio sullo sfondo ma molto suggestivo, fatto di foreste di abeti, corsi d’acqua rocciosi e pontili sull’ignoto. 

Dopo un centinaio di chilometri ed una melanconica pausa caffé in un bislacco Café l’Arche (pessima interpretazione di un nostro Autogrill) ci immettiamo sulla dipartimentale che ci condurrà a Tournus, un piccolo borgo del 1100, avamposto della cristianità (testimonianza ne è la bellissima abbazia romanica di St. Philibert¤) ed oggi importante centro turistico-culturale dedito soprattutto ad una sopraffina offerta di artigianato locale, di tessuti impreziositi da ricami artistici in particolar modo, di rara bellezza. Più in là a poche decine di chilomentri, Chalon sur Saone,  praticamente la nostra porta sulla Borgogna… (continua)


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