Azienda parecchio chiacchierata quella dei Feudi di San Gregorio; criticata, talvolta sino all’inverosimile, tale dall’essere addirittura demonizzata; per contro, come smentirlo, ci sono centinaia di migliaia di professionisti e consumatori che ne hanno fatto una icona, un riferimento assoluto ed indiscusso per i loro acquisti.
La verità, come sempre sta nel mezzo: i Feudi hanno tracciato la storia contemporanea del vino campano in maniera indelebile, sino agli anni novanta senza protagonisti di rilievo fatto salvo i soli Mastroberardino e giusto uno o due nomi in più. C’è stato, come negarlo, una Campania del vino prima dei Feudi, dal sapore romantico, quasi nostalgico ma mai incisiva e persuasiva sul mercato del vino; e una dopo e con loro: attenzionata, rivisitata, finalmente considerata, rivalutata e rispettata, lanciata come non mai; un lavoro ai fianchi che per vent’anni ha visto l’azienda di Sorbo Serpico protagonista indiscussa sulla scena italiana e internazionale, a far da apripista, e in molti casi da traino, a centinaia di nuovi piccoli e audaci produttori.
Al centro di un circo mediatico tanto utile e funzionale al progetto di crescita quanto talvolta deleterio e deterrente per quella territorialità sempre evidenziata ma mai espressiva sino in fondo, o quantomeno immediatamente riconoscibile. Insomma, allori, fama, prestigio e primati indiscutibili; ma anche errori e orrori – di cui si è discusso tra l’altro infinitamente, sino alla nausea – che ne hanno fatto troppo spesso capro espiatorio di una visione del mondo del vino speculativa e globalizzata, per molti da condannare, ma essenzialmente segno del nostro tempo piuttosto che marchio di fabbrica depositato. In fin dei conti, tutti ben sanno che solo chi non fa non sbaglia mai.
Tant’è buon compleanno Feudi di San Gregorio!. Questo 2011 ci consegna i tuoi primi 25 anni di attività; agli occhi di molti possono sembrare tanti ma chi sa di vino (e vigne) conosce bene invece che è un tempo assai breve per sedersi sugli allori, quindi, aggiungo Ad maiora!. E il Campanaro, questo duemiladieci non fa altro che confermarlo, rimane il bianco più rappresentativo dell’azienda, forse il modo migliore con il quale salutare questo importante avvenimento. Personalmente l’ho sempre considerato, con il Taurasi Riserva Piano di Montevergine, il loro vino simbolo. Qui vivace, cristallino, dal naso davvero interessante e in lento divenire, come via via negli anni sa rinnovarsi voluttuoso, austero e adulatore, giustamente minerale.
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