Roma, Ristorante Oliver Glowig

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Siamo in una delle aree più esclusive del centro di Roma, tra Villa Giulia e la Galleria Borghese. L’Aldrovandi Palace non è un albergo qualunque, gode di fortissime tradizioni, nonché di nobilissime origini che ne fanno meta preziosa di una clientela, italiana ed internazionale, particolarmente esigente. L’albergo ha camere elegantissime, talune suites decisamente lussuose – vi è una Royal Suite di 120 metri quadrati (!), non so se mi spiego – e, tra i mille e più servizi offerti, c’è anche un ristorante gurmé.

Chiusa l’esperienza con il Baby affidato per diverso tempo alla famiglia Iaccarino del Don Alfonso 1890, il ristorante è stato consegnato lo scorso aprile nelle mani di Oliver Glowig, un nome, una garanzia si direbbe, di ritorno dalla breve esperienza montalcinese in quel di Poggio Antico (qui); con gli amici e colleghi di tutta la brigata de L’Olivo, in vena di una “rimpatriata”, vi abbiamo fatto un salto lo scorso martedì, per “festeggiare” diciamo così, la nostra chiusura stagionale a Capri. Questo che segue il racconto dello splendido pranzo servitoci a due passi dal bellissimo giardino che da sulla piscina dell’albergo.

Non sono mancati rituali a noi cari: qui “i tre tenori” che si ritrovano, ovvero Oliver Glowig con Fabio Raucci (oggi nostro F&B Manager al Capri Palace) e Francesco Mussinelli (da qualche mese passato all’Hassler proprio qui a Roma). Una triade questa, cresciuta tra grandi intese, rara professionalità e infinita disponibilità con la quale ho avuto la fortuna di condividere due splendide stagioni di lavoro.

I pani, con i grissini, vengono tutti fatti “in casa” dal giovane e bravo Domenico Iavarone, ancora al suo fianco anche in questa nuova avventura romana all’Aldrovandi Palace. Notevole il “cornetto bianco”, insolito e buonissimo quello ai semi di zucca.

Dopo un piccolo benvenuto accompagnato dall’ottimo Champagne “della casa”, si comincia con Lumache alla mentuccia con fagioli di Controne e caffè. Oliver non abbandona in nessun caso le “sue” radici campane. La scoperta e la valorizzazione di tanti piccoli prodotti straordinari della nostra terra non mancano nella “vetrina” romana dello chef tedesco cresciuto e maturato sull’isola azzurra.

Forse il piatto più riuscito, anzi no, quello che più ci è piaciuto in assoluto: un trionfo di sapori; Eliche cacio e pepe con ricci di mare, ovvero come muoversi da equilibrista sulla fune senza colpo perire! Oliver in questo è sempre stato un maestro, l’ultilizzo di formaggi infatti, anche negli accostamenti più insoliti, rimane un segno distintivo della sua cucina, franca e precisa come poche e senza nessun ammiccamento a mode, tentazioni o salti nel buio; insomma, una rivisitazione più che rispettosa.

Pasta e fagioli al profumo di mare; si può senz’altro affermare sia diventato ormai un classico nella carta dei primi di Glowig: la pasta mischiata è cotta perfettamente al dente, e la sempre criptica sapidità del condimento solo accenata, poi tanta, ma tanta piacevolezza da vendere.

Il Baccalà con carciofi in salsa di uova. Mi è piaciuto molto, un piatto invitante, puritano ma al contempo intrigante e persuasivo. Il pesce è pura scioglievolezza, la trippa di Baccalà (battuta e poi fritta) non è una semplice decorazione ma un elemento di brio, di una croccantezza importante, e la salsa di uova debitamente avvolgente ma non stucchevole.

Lombo di coniglio con zucca. Esecuzione da manuale: la carne è avvolta in una foglia di borragine, cottura rare – proprio come piace allo chef -, e accompagnata da una passatina di zucca (impreziosita con pochi suoi semi, secchi) e cipolla rossa di Tropea.

Comincia qui la carrellata dei desserts, che strizzano ancora l’occhio alla lunga estate appena alle spalle, vista l’importante presenza di gelato nelle varie composizioni portateci in tavola (un vecchio pallino dello chef): si comincia con Arancia speziata al melograno con gelato di lenticchie gialle. Fresco e dalle sfumature candite e amarognole; ben mantecato il gelato.

Quindi la Meringa morbida in salsa di ananas, imperdibile per gli appassionati. Tra l’altro il dessert risulta molto più leggero di quanto in verità appaia così citato in carta. Da riprovare senz’altro.

Poi il Gelato di prugne con composta di frutta secca: un vero piacere per gli occhi – la preparazione è assai apprezzabile -, con il gelato molto saporito ed un vero e proprio viaggio tra decise sensazioni speziate/amare sia con le cialde di cioccolato che con la composta di frutta secca che invita a nozze un vecchio Madeira Malmsey o, per gli appassionati alle gradazioni più forti, uno dei più apprezzati rhum in circolazione, tipo un Demerara.

Con i deliziosi petit fours, praticamente divorati, anche le immancabili zeppoline di patata,  fritte al momento e servite “al tovagliolo”, col ripieno di calda crema pasticcera a suggellare un pranzo decisamente da ricordare.

In chiusura due appunti di degustazione sui vini, proposti da una carta essenziale che non mancherà di crescere nel tempo, ci dicono. Anzitutto l’ottimo Champagne offertoci all’arrivo, “firmato” dallo stesso Glowig, di cui però, avute le debite notizie, racconterò in maniera più esaustiva in un prossimo post.

Molto apprezzati comunque tutti i vini scelti per l’abbinamento: il laziale Bellone bianco 2009 di Cincinnato (cant. cooperativa di Cori), piuttosto intenso, profumato di glicine e miele di millefiori, in bocca voluminoso e di spessore; buonissimo invece (non pensavo fosse così bbuono il 2009!) il Derthona bianco di Walter Massa, che mi ha subito messo “in pace” col timorasso, dopo un poco (o per niente!) convincente assaggio di quello de La Colombera. Poi, il Merlot 2009 della Cantina Produttori Santa Maddalena, un classico altoatesino, buono per tutte le stagioni, anch’esso franco e piuttosto pronunciato al naso, e ben gradito dai colleghi, non solo sul coniglio. Sul finale dolce invece, il Passirò 2007 da uve roscetto di Falesco (mentre io – ça va sans dire -, ho continuato per tutto il tempo a finirmi tutto quello che c’era ancora in giro di Derthona).

Bene Oliver, anzi benissimo, ancora una volta allora in bocca al lupo amico mio e… Ad Maiora! (ché però me lo dai il numero di telefono dello chef de cave che ti ha selezionato questa meravigliosa cuvée?).

Le foto di questa recensione sono di Enrico Moschella, riproduzione riservata.

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4 Risposte to “Roma, Ristorante Oliver Glowig”

  1. Alessandro Marra Says:

    Hai ragione: il Derthona di Walter crea dipendenza. 😉

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  2. Angelo Di Costanzo Says:

    Vino meraviglioso Ale, avevo avuto (purtroppo) assaggi poco felici di timorasso, ma questo di Walter mi ha completamente rapito e riappacificato.
    Candidato in carta da non mancare… 🙂

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  3. Monleale, Derthona bianco 2009 Vigneti Massa « L’ A r c a n t e Says:

    […] per rendersi conto che se c’è qualcosa che vi siete persi negli ultimi anni e qualcuno (leggi qui) ve lo ha fatto notare rimproverandovi, beh, dategli ragione piena e godetevi il momento, […]

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  4. Guide 2012, così la “guida rossa” Michelin « L’ A r c a n t e Says:

    […] la prima nella storia dei Campi Flegrei. E il pronro ritorno alle due stelle per l’amico Oliver Glowig in quel di Roma. Share this:Like this:LikeBe the first to like this […]

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