Ci siamo tutti sentiti un po’ più vuoti quel giorno d’inverno di sette anni fa, era il 21 Febbraio del 2012, avevamo un nodo in gola, come non potevamo, eravamo dispiaciuti, commossi, tristi per la scomparsa di una persona così cara e stimata che tanto ha fatto e ha dato per i nostri Campi Flegrei.
Si chiudeva un’epoca: quella dei pionieri, di coloro i quali avevano come riferimento del mestiere praticamente solo se stessi, il più delle volte costretti, loro malgrado, solo a sognarlo ciò che avrebbero veramente desiderato fare in cantina, dei loro vini; più semplicemente, era necessario fare ciò che andava fatto e nel miglior modo possibile, senza troppi grilli per la testa.
Eh sì, perché quando più o meno venticinque anni fa, fuori dai confini regionali, a malapena si erano affacciati il Greco di Tufo di Mastroberardino, qualche volta il Taurasi, a Quarto e a Pozzuoli si cominciava a ragionare anche sulla Falanghina e il Piedirosso dei Campi Flegrei: “poveri, ma belli” venivano chiamati (e forse un po’ lo sono tutt’ora). Senza contare i primi, incontenibili successi commerciali del rilanciato Gragnano¤ della Penisola Sorrentina o dell’Asprinio d’Aversa¤, fermo e spumante. L’avremo letto centinaia di volte in articoli, guide, post, qui come altrove, un leit motiv quasi stancante, che però pare non bastare mai per ricordare quanta strada sia stata fatta: “la famiglia Martusciello, che tanto ha contribuito al rilancio vitivinicolo regionale e alla valorizzazione dei vitigni autoctoni campani”. Gennaro Martusciello in tutto questo, e in molto altro, ha avuto un ruolo cruciale, fondamentale, fosse solo per questo che oggi gli si deve molto più di un semplice ricordo.
E’ stata una persona stimatissima nell’ambiente don Gennaro, abbiamo sempre avuto la sensazione come fosse un uomo in tutto e per tutto calato ostinatamente nella sua dimensione: un grande talento, finissimo tecnico e profondo conoscitore della materia, imbrigliato forse da una realtà produttiva difficilissima e complicata, misconosciuta, talvolta talmente cruda che solo la malattia che l’affliggeva riusciva ad essere più desolante.
E’ stato un uomo vulcanico zio Gennaro¤, proprio come la sua terra, costretto nella morsa di un malessere che l’ha accompagnato praticamente tutta la vita, segnandolo sì profondamente nel fisico ma non nella testa, con un’invidiabile talento professionale che ne ha fatto un uomo del sud che ha dovuto faticare il doppio, anzi il triplo per emergere, affermarsi. Sì, perché Gennaro Martusciello un riferimento lo è diventato lo stesso, un esempio per tanti che l’hanno seguito, emulato, un riferimento assoluto per giovani e vecchie leve di enologi, ma anche di produttori, non solo in Campania che ne conservano molto più di un semplice ricordo.
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Tag: campi flegrei, falanghina, gennaro martusciello, grotta del sole, piedirosso
21 febbraio 2019 alle 10:48 |
Un grande uomo, un grande personaggio del vino, una persona seria che ha contribuito come pochi altri alla rinascita del vino campano.
Grazie, don Gennaro!
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26 febbraio 2019 alle 10:17 |
[…] sul blog L’Arcante, Angelo Di Costanzo firma un appassionato ricordo di Gennaro Martusciello, pioniere della viticoltura nei Campi […]
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21 marzo 2019 alle 11:19 |
[…] Martusciello¤, antesignani con Grotta del Sole e con Salvatore¤ che prosegue oggi la tradizione di famiglia con […]
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10 aprile 2019 alle 07:31 |
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19 giugno 2020 alle 13:29 |
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