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La vendemmia del Piedirosso dei Campi Flegrei è alle porte…

6 ottobre 2020

© L’Arcante – riproduzione riservata

E venne il giorno della prima verticale storica del Piedirosso Campi Flegrei Colle Rotondella di Cantine Astroni

28 settembre 2020

E’ una verticale storica questa, che segna il tempo trascorso provando a contare e raccontare i passi fatti in tre lustri nei Campi Flegrei da Cantine Astroni e Gerardo Vernazzaro, senza dubbio tra i più dinamici produttori e interpreti del panorama enoico di questo pezzo di territorio della provincia napoletana.

La famiglia napoletana Varchetta da oltre quattro generazioni è impegnata ad affiancare al florido commercio di uve e vini puntuali e lodevoli investimenti in un territorio dove piantare una vigna spesso può rivelarsi impresa difficile quasi quanto programmare il lancio di una sonda esplorativa nello spazio.

Così, all’incirca vent’anni fa, è nato il progetto Cantine Astroni, un cambio di passo decisivo per la famiglia ma anche, soprattutto, un nuovo modo di guardare al territorio non più in maniera passiva bensì diventandone tra i protagonisti più attivi, convertendo e piantando vigne oggi tra le più suggestive intorno a Napoli e mettendo su una cantina bella e funzionale, tecnologicamente all’avanguardia, proprio a due passi dal centro città e dalla riserva naturale del Cratere degli Astroni¤, là dove oggi è possibile per chiunque andare e toccare con mano uno spirito nuovo fuori dai soliti luoghi comuni di una periferia altrimenti assediata dal cemento.

Sono oltre dieci anni che proviamo a consegnare a queste pagine, con una certa regolarità, le impressioni su tutti i vini di Gerardo, il racconto della sua significativa sensibilità nell’approcciarsi al Piedirosso e alla Falanghina dei Campi Flegrei, a partire proprio dal Colle Rotondella¤ – tra i primi ad essere qui recensito con l’annata duemilanove, nel 2011 – sino al Riserva Tenuta Camaldoli¤, seguito dai bianchi Colle Imperatrice¤ e Vigna Astroni¤ passando da Strione¤ al Tenuta Jossa¤.

Ebbene, pur senza allungarci troppo in una sterile adulazione o innescare inutile piaggeria possiamo dire con una certa ragionevolezza che ognuna di queste referenze hanno raggiunto oggi grande equilibrio e piena espressività, risultato figlio di un lavoro duro e faticoso che ha richiesto anni di impegno, investimenti, studio, confronto, umiltà, provando a destreggiarsi tra insidie, errori, opinioni talvolta date senza avere piena conoscenza diretta dei fatti ma soprattutto con tanta intelligenza, indispensabile per non adagiarsi, nemmeno dopo i primi successi arrivati e, ne siamo certi, dopo quelli prossimi che non mancheranno a tardare!

Proprio dalle vigne del circondario flegreo più prossimo a Napoli, in areale delle colline dei Camaldoli, da un vigneto di circa tre ettari di Piedirosso dei Campi Flegrei, provengono le uve di questo rosso, il Colle Rotondella, che fa solo acciaio e bottiglia e che pare riassumere tutto quello che un vino di questo territorio deve saper garantire in tutta la sua sfrontata consistenza: un colore avvenente, profumi seducenti, finanche ruffiani, una beva scorrevole e furba, non priva però del giusto carattere. Ma cosa succede poi negli anni? C’è da aspettarsi altro, qualcosa in più?

E’ così che l’enologo si è spogliato di quanto non più strettamente necessario e si è fatto nel frattempo viticoltore tout court, rimanendoci in vigna tutto il tempo necessario per comprendere e agire, seguendo e assecondando la natura, con attenzione alla tutela del suo equilibrio e dell’ambiente che lo circonda, mirando al mantenimento della fertilità del suolo attraverso la promozione di processi naturali biologici e sistemi chiusi favorendo quindi la coltivazione di uve sane, ricche, pregevoli. 

Aspetto, quello agronomico, assolutamente non secondario nel cogliere appieno il valore del risultato finale nel bicchiere che, soprattutto nella terza e ultima parte della batteria in degustazione, quella che va dalla ‘sedici all’ultima ‘diciannove, con delle prime avvisaglie già nella ‘tredici e ‘quindici, contribuisce in maniera decisiva a tratteggiare un vino dalla chiarissima impronta vulcanica, assolutamente originale, dal respiro moderno e dal sapore contemporaneo, con un naso seducente e un sorso coinvolgente, pieno e gratificante nei suoi primi anni di bottiglia ma che non ha assolutamente nulla da temere dallo scorrere del tempo, restando in grande spolvero almeno per un lustro.

***** Piedirosso Campi Flegrei Colle Rotondella 2019. E’ un rosso che regala un piacevolissimo gioco dei sensi a chi si avvicina alla tipologia per la prima volta, con quel colore rubino dalle vivaci sfumature quasi porpora; possiede un ventaglio olfattivo estremamente varietale, è vinoso, floreale di gerani e di piccoli frutti rossi e neri maturi. Un corredo aromatico arricchito da lievi sfumature officinali e da una fresca tessitura gustativa, abilmente tenute assieme dal manico di Gerardo Vernazzaro, proprio grazie alla sua lunga esperienza di studio del territorio e del varietale. Il sorso è secco e morbido, infonde piacere di beva, una sorsata ne richiama subito un’altra, una beva sfrontata, agile, calda, salata e avvolgente. 12% di alcol in volume in etichetta.

**** Piedirosso Campi Flegrei Colle Rotondella 2018. E’ un rosso tremendamente contemporaneo, decisamente didattico, dal colore rubino con vivaci sfumature quasi porpora sull’unghia del vino nel bicchiere, con un naso estremamente varietale, vinoso, floreale di gerani e di piccoli frutti rossi e neri maturi. L’anima più tradizionale del Piedirosso flegreo qui è sorretta anche da un frutto dalle piacevolissime sfumature speziate ed una fresca tessitura gustativa abilmente intrecciate. Il sorso è secco e morbido, dona piacere di beva che grazia il palato e un sorso ne richiama subito un altro. 12,5% di alcol in volume in etichetta.

****/* Piedirosso Campi Flegrei Colle Rotondella 2017. Fu quella un’annata complessa e complicata, sin dal colore rubino carico se ne coglie la pienezza del frutto, ha un naso estremamente varietale, ancora vinoso, ampio, floreale e fruttato, balsamico. Si avvantaggia di una maggiore percezione ”calorica” in bocca, il sorso è secco e morbido, assai piacevole, scorrevole, con un finale di bocca sapido ma appena amaricante in chiusura. 12,5% di alcol in volume in etichetta.

**** Piedirosso Campi Flegrei Colle Rotondella 2016. Bottiglia nuova, di ispirazione francese, con le etichette necessariamente riviste e adattate. Resta una piacevole sorpresa, lo beviamo nuovamente a distanza di nemmeno una settimana. Ha un colore tipicamente ”borgognone”, pienamente rubino, luminoso e trasparente, appena più accentuato sull’unghia del vino nel bicchiere; Il naso è anzitutto balsamico e floreale, rimanda poi a piccoli frutti rossi e neri maturi, appena un sottofondo di sottobosco, cenere e polvere di cacao. Il sorso è sottile, dal gusto secco e di finissima tessitura gustativa, magro ma non privo di vigore ed energia, chiusura di bocca salina. 12,5% di alcol in volume in etichetta.

***/* Piedirosso Campi Flegrei Colle Rotondella 2015. Segna uno spartiacque, è questa l’ultima uscita ancora in bottiglia bordolese. Ha colore rubino maturo, nemmeno tanto trasparente sull’unghia del vino nel bicchiere; conserva un’impronta varietale particolarmente interessante, vi si colgono sentori di rosa, melograno e altri piccoli frutti neri maturi a cui s’aggiungono piacevolissime tonalità speziate e balsamiche. Il sorso è asciutto, abbastanza morbido, molto piacevole la beva, con un finale di bocca caldo e abbastanza lungo. 12% di alcol in volume in etichetta.

***/* Piedirosso Campi Flegrei Colle Rotondella 2013. Annata altalenante, particolarmente ”allenante” la definisce Gerardo Vernazzaro, di quelle che non puoi perdere di vista nemmeno un giorno e che ti costringono a stare sul pezzo sino all’ultimo, non a caso tra le prime ad essere portata in cantina solo a fine ottobre, raccogliendo i primi frutti del lungo lavoro di valorizzazione del patrimonio vitivinicolo di proprietà. Il colore rubino ha tenuto benissimo, conservando invidiabile integrità varietale, il naso è floreale e fruttato, in particolare di rosa passita e arancia sanguinella. Il sorso è secco, caldo e morbido, con una buona progressione gustativa e una sapidità marcata. 12% di alcol in volume in etichetta.

** Piedirosso Campi Flegrei Colle Rotondella 2012. L’ultima vestita di nero, con etichette trendy per l’epoca, un nuovo taglio scelto qualche anno prima per provare a far prendere il largo dalla casa madre quei vini provenienti dalle vigne di proprietà, proprio come il Colle Rotondella. Il colore è marcato da un tono scuro, granato con note aranciate/brune sull’unghia del vino nel bicchiere. Il naso è terragno, conserva buona pulizia olfattiva ma vi si riconoscono soprattutto note di terra bagnata, sottobosco, frutta secca più che altro, con il sorso asciutto e snello, con ancora buona intensità. 12% di alcol in volume in etichetta.

**/* Piedirosso Campi Flegrei Colle Rotondella 2011. Annata calda, perfino torrida in alcuni frangenti, anche in questo caso il colore è maturo, granato/aranciato sull’unghia del vino nel bicchiere. Il naso, tuttavia, è molto interessante: verticale e balsamico, dai tratti maturi, vi si coglie confettura di ciliegia, sciroppo di melograno, cenere, carrube, sottobosco. Il sorso è lineare, snello, con ancora una buona corsa. E’ questo il millesimo con il quale uscirà poi sul mercato, un paio d’anni dopo, per la prima volta, la Riserva Tenuta Camaldoli¤. 12,5% di alcol in volume in etichetta.

** Piedirosso Campi Flegrei Colle Rotondella 2010. Sono questi gli anni in cui si comincia a lavorare con una certa continuità in vigna con un approccio più consapevole. Oggi ne viene fuori un vino dal colore marcato da toni scuri, granato con note aranciate sull’unghia del vino nel bicchiere. Ha naso empireumatico, severo, conserva buona pulizia olfattiva restando però concentrico (terra, radici, polveri) consegnando tuttavia un sorso asciutto, agile con una marcata connotazione salina. 12,5% di alcol in volume in etichetta.

** Piedirosso Campi Flegrei Colle Rotondella 2007. Annata calda e asciutta, si direbbe di frutto più che di terroir, a quel tempo capace di tirare fuori vini di grande godibilità un po’ ovunque in Campania, pieni e insolitamente carnosi soprattutto per il varietale flegreo. Ne resta un vino dal colore granato con note aranciate sull’unghia del vino nel bicchiere. Il naso ha bisogno di qualche minuto per liberarsi da un po’ di riduzione, lasciando poi spazio a sentori di prugna e amarena sotto spirito, sentori di sottobosco e humus, frutta secca, chiodi di garofano, erbe medicinali. Non male per una bottiglia che certamente non aveva alcuna velleità di arrivare ad oggi! Il sorso è asciutto e abbastanza fresco, anche caldo seppur non lunghissimo. 13% di alcol in volume in etichetta.

Leggi anche Il naso, i napoletani e l’apologia del Piedirosso #1 Qui.

Leggi anche Il naso, i napoletani e l’apologia del Piedirosso #2 Qui.

Leggi anche Piedirosso Campi Felegrei Colle Rotondella 2009 Qui.

***** Eccellente **** Ottimo  *** Buono ** Suffic. * Mediocre 

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Falanghina Campi Flegrei Vigna del Pino 2017 di Agnanum, il piccolo capolavoro di Raffaele Moccia

20 agosto 2020

E’ un bianco suggestivo e coinvolgente nonostante l’annata sia stata difficile da queste parti, con un andamento altalenante, finanche siccitosa e avara di frutti, che ben rappresenta però tutto lo straordinario potenziale espressivo ed evolutivo del vitigno ma anche, soprattutto, i tratti caratteriali di un territorio unico ed eccezionale che Raffaele Moccia, autentico vignaiolo flegreo, sembra rappresentare al meglio!

Ne scrivemmo appena qualche mese fa, in aprile, l’etichetta non era ancora in commercio, ne avevamo parlato a lungo con Raffaele qualche settimana prima durante l’ultima visita ad Agnanum, rimanendone particolarmente colpiti, Vigna del Pino rimane il suo piccolo capolavoro, un cru di Falanghina prodotto in appena un migliaio di bottiglie.

Un bianco buono a bersi subito, dicemmo allora, celebrazione di un varietale presente in molti territori in Campania e al sud ma che proprio qui, nei Campi Flegrei, in questi scorci metropolitani dove la terra è matrigna e ardente, e si avvantaggia della vicinanza del mare, regala vini che sembrano conquistare significativa complessità, ampiezza e profondità gustativa particolarmente distintive, oggi nel bicchiere, ancora più marcate e coinvolgenti.

Un vino dal colore giallo paglia luminoso, fitto al naso, largo in bocca. Un vino ricco di frutto, pieno di maturità espressiva, vi si colgono anzitutto profumo di gelsi e albicocca matura ma anche sensazioni più sottili di macchia mediterranea, zenzero e pietra focaia. Il sorso è deciso, potremmo definirlo ora, a distanza di mesi, pienamente compiuto, riconoscibile e gratificante, fresco e piuttosto sapido.

Non scriviamo spesso dello stesso vino della stessa annata più volte su queste pagine, vieppiù in un arco temporale così breve, a meno che non si tratti di un riassaggio rimarchevole come questo straordinario bianco flegreo, capace quest’oggi, ancora una volta, di lasciarci letteralmente senza fiato!

Leggi anche L’ultima verità di Raffaele Moccia è nell’ultimo bicchiere del Vigna del Pino 2017 di Agnanum Qui.

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Napoli, Falanghina Campi Flegrei Colle Imperatrice 2019 di Cantine Astroni

4 agosto 2020

Sono trascorsi dieci anni dalla prima recensione di questa etichetta su queste pagine, se questo tempo ha visto cambiare tante cose qui a Cantine Astroni, oltre alla nascita e l’affermazione di tanti nuovi protagonisti del vino nei Campi Flegrei, è anche merito di chi, dieci anni fa, ma anche prima, aveva intrapreso una strada nuova e convincente soprattutto puntando sul lavoro in vigna e in cantina.

L’Arcante custodisce innumerevoli testimonianze storiche di questo percorso, di tanto in tanto, bicchiere alla mano, è bello e suggestivo ripercorrere certi sentieri, ritornare a quegli anni, soprattutto quando, nel bicchiere che hai davanti, ci trovi buonissimi vini finalmente liberi da pregiudizi o da ansie da prestazione; così è con il Colle Imperatrice duemiladiciannove, un bianco decisamente efficace, semplice se vogliamo, eppure disarmante nella sua piena espressività territoriale. Con ogni probabilità ben più degli altri preziosi gioielli di famiglia nati nel frattempo, dallo stesso Strione¤ al Vigna Astroni¤, sino all’ultimo nato, il Campi Flegrei bianco Tenuta Jossa¤.

Così scrivevamo, dieci anni fa, a proposito della Falanghina e del pensiero maturato qui ad Astroni: ”… c’è poi chi continua a rincorrere un ideale di un vino, per dirlo alla sua maniera, alternativo, certamente possibile, ma indubbiamente diverso, se non spiazzante; è Gerardo Vernazzaro di Cantine Astroni, convinto come pochi in regione a fare sul serio sulla Falanghina tanto da spingerlo a continuare strenuamente nella sua personale ricerca di un bianco autoctono flegreo macerato e capace di sfidare il tempo: il 2008 dello Strione, dai primi assaggi promette buone aspettative, staremo a vedere cosa saprà raccontare tra qualche tempo ancora. Frattanto però, io gli continuo a preferire il Colle Imperatrice, l’altro cru aziendale, che di sfide non ne vuole lanciare, e nemmeno ambisce a grandi traguardi se non quelli di confermare, ove mai ce ne fosse stato bisogno, un vino perfettamente calato nella sua dimensione territoriale nonché nel suo ruolo commerciale, pura esibizione di carattere ad un prezzo piccolo piccolo”.

Leggi l’articolo completo del Colle Imperatrice 2009 di Cantine Astroni Qui.

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La conquista dell’indulgenza del Piedirosso a suon di sorsi, o del Colle Rotondella 2019 di Cantine Astroni

23 giugno 2020

L’indulgenza, il perdono dei peccati. C’è stato un tempo in cui bastava pagare moneta sonante per riceverla, per essere sicuri di andare dritto in paradiso. Era quello il tempo in cui i predicatori facevano credere al popolo che non servivano la fede e le buone opere, bastava infatti pagare per ottenere il perdono.

A quel tempo, per fortuna, in molti non la pensavano allo stesso modo, tra questi un monaco, colto e profondamente devoto, un certo Martin Lutero. Senza scomodare Papa Leone X, che pure aveva le sue ragioni per avallare una politica quantomeno bizzarra applicata al perdono dei peccati, – serviva per pagare la costruzione della basilica di San Pietro a Roma, perciò decise di vendere le indulgenze in tutta la Germania -, né lagnarsi dello scandaloso comportamento di alcuni predicatori che si spinsero tanto oltre da condurre alla nascita del Protestantesimo, ci piace l’idea che anche a parlar di  vino, del nostro Piedirosso dei Campi Flegrei, coltivare il dubbio – è proprio il caso di ribadirlo con fermezza – abbia contribuito a convertire molti appassionati dalle loro convinzioni davanti a certe belle bottiglie come questa di Cantine Astroni.

Anche da queste parti ne abbiamo viste tante, bevute di più, abbiamo a lungo assistito ad una rincorsa piena di incertezze, qualche scorciatoia e tante mezze misure talvolta senza senso, non senza errori; poi finalmente la verità: proprio come per Lutero, verrebbe da dire, per diversi produttori flegrei c’è stato un tempo tormentato a cui ha posto fine un fulmine, la riscoperta del Credo, di certi valori antichi, del territorio, valorizzandone pienamente il patrimonio vitivinicolo per mezzo di un atto di fede capace di tracciarne una nuova via di successo.

Colle Rotondella duemiladiciannove proviene in larga parte da vigne dell’areale dei Camaldoli, da quel vigneto di circa tre ettari piantato perlopiù con Piedirosso dei Campi Flegrei che si affaccia proprio sulla popolosa periferia napoletana, da dove viene fuori anche questo vino delizioso, caratterizzato da una sfrontata giovinezza, con un colore avvenente, profumi seducenti e ruffiani, una beva scorrevole e furba, non priva però del giusto carattere. Annata tormentata quella appena trascorsa, la pioggia di settembre ha provato a rovinare la vendemmia, la forza di saper aspettare il sole di ottobre ne ha riscritto segnatamente il destino dei vini. 

E’ un rosso contemporaneo quello che ci arriva nei bicchieri, prova a regalare un piacevolissimo gioco dei sensi a chi si avvicina alla tipologia per la prima volta, con quel colore rubino dalle vivaci sfumature quasi porpora; possiede un ventaglio olfattivo estremamente varietale, è vinoso, floreale di gerani e di piccoli frutti rossi e neri maturi. Un corredo aromatico arricchito da lievi sfumature officinali e da una fresca tessitura gustativa, abilmente tenute assieme dal manico di Gerardo Vernazzaro, proprio grazie alla sua lunga esperienza di studio del territorio e del varietale. Il sorso è secco e morbido, infonde piacere di beva e grazia ricevuta, una sorsata ne richiama subito un’altra, sfrontata, agile, calda e avvolgente.

Leggi anche Piedirosso Colle Rotondella 2018 di cantine Astroni Qui.

Leggi anche Piedirosso Riserva Tenuta Camaldoli 2011 di cantine Astroni Qui.

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Le radici e l’orgoglio, la persistenza della Falanghina Settevulcani 2018 di Salvatore Martusciello

18 giugno 2020

Ci lega a questi vini e a certe persone un legame affettivo solido, di quelli con una forte persistenza, lo ammettiamo; un attaccamento capace di superare il tempo e le difficoltà, grazie a radici profonde e l’orgoglio di appartenere a una terra perennemente sospesa, talvolta avara di prospettive ma pur sempre generosa e matrigna…

Lo diciamo senza timore di essere smentiti: è tempo che anche Salvatore Martusciello torni al centro dei Campi Flegrei. Con Gilda, sua moglie, hanno ripreso il filo della lunga storia famigliare e dopo la ripartenza con il Gragnano e l’Asprinio sono tornati a produrre i vini flegrei, il Piedirosso e la Falanghina, entrambi con l’etichetta Settevulcani.

Proprio il comprensorio puteolano della denominazione vive un grande momento di rilancio vitivinicolo, dalle coste del vallone di Toiano¤ e del Lago d’Averno¤ alle colline di Cigliano¤ e dello Scalandrone¤, ricche di lapilli dove emergono stupende vigne rigogliose, baciate dal sole, così suggestive da rimanerci a bocca aperta, consegnateci da una tradizione millenaria e da una vocazione unica e rara finalmente interpretate con sapienza e rispetto. Senza dimenticare le coste di Agnano¤, a ridosso del vulcano Solfatara, Monterusciello¤ e Cuma dove, proprio all’interno del Parco Archeologico dei Campi Flegrei e poco più in là, verso l’interno, Salvatore coltiva e produce le uve che danno vita ai suoi vini persistenti e vulcanici!

Non smetteremo mai di ricordare che ci troviamo all’interno di una immensa caldera in stato di quiescenza con numerosi crateri e vulcani sparsi su tutto territorio, a nord-ovest di Napoli. Qui, su questi terreni bruni e largamente sabbiosi le vigne conservano ancora il piede franco*, una vera rarità per il vigneto italico; la fillossera, l’afide che distrusse l’intera viticoltura europea tra la fine del ‘800 e l’inizio del ‘900 del secolo scorso, qui muore per asfissia, quindi le viti sono allevate, si può dire, praticamente come duemila anni fa, cioè sulle proprie radici (franco di piede, di dice) contrariamente a gran parte del resto d’Italia e d’Europa dove precauzionalmente invece è necessario innestarle su una radice americana resistente alla fillossera.

Del valore assoluto di queste peculiarità, della bontà dei frutti di questa terra ne abbiamo avuto ancora una significativa conferma davanti a questa splendida Falanghina Settevulcani duemiladiciotto, caratterizzata da grande spontaneità e tratteggiata da una invidiabile freschezza gustativa, un bianco dalle spiccate virtù minerali ed estremamente versatile a tavola.

Nel bicchiere ci è arrivato un vino dal colore paglierino tenue, con un profilo olfattivo subito invitante, dapprima floreale, poi sostenuto da frutta appena matura, dai fiori di agrumi alla ginestra, dall’albicocca al cedro. Dal sorso asciutto e sinuoso, agile e fedelissimo alla tipologia, tipicamente territoriale e dal finale di bocca tonico e piacevolmente sapido, senza alcuna ostentazione se non la spiccata acidità e quella sensazione salina che tanto serve sulla buona cucina territoriale!

Leggi anche Piccola Guida Ragionata ai vini dei Campi Flegrei Qui.

Leggi anche Si deve a Gennaro Martusciello molto più di un ricordo Qui.

(*) Piede franco, non innestata su vite americana Qui.

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Il vino della gioia, lo diciamo a chiare Lettere!

4 giugno 2020

Furono probabilmente i greci, sempre loro, a piantare per primi la vite sulle pendici dei Monti Lattari, in Penisola Sorrentina, in provincia di Napoli e ad insegnare ”come si fa” agli Oschi, gli antichi abitanti di queste zone interne impervie e brulle ma fertilissime per via delle eruzioni vulcaniche.

Poi ci hanno pensato i Romani a darne slancio, grandi estimatori del vino prodotto da queste parti sui Lattari, allora parte integrante dell’Ager Stabianus, dove nelle numerose ville rustiche riportate alla luce la coltivazione della vite era la principale attività. Il vino di queste terre è sempre stato ricercato per la sua immediatezza e bontà, gradito per la freschezza gustativa, assai apprezzato per la bevibilità, così quando a metà del ‘900 i commercianti napoletani e in particolar modo i Massari gragnanesi impeganti nella “trafica del vino*“, ovvero l’acquisto del vino novello portato poi a Napoli nelle botti su grandi carri, cominciarono a farne vanto commerciale il successo fu incredibile e popolare, una fortuna che a fase alterne possiamo dire continua tutt’oggi.  

Pochi possono vantare una conoscenza di questo territorio, dei siti, delle uve, dei vignaioli come la famiglia di Salvatore Martusciello, da oltre trent’anni impegnata nella coltivazione, produzione e commercializzazione di vini dei Campi Flegrei, dell’Agro aversano e di qui, provenienti da questo splendido areale della Penisola Sorrentina dove hanno certamente contribuito in maniera decisiva alla riscoperta, la salvaguardia e la valorizzazione di un patrimonio vitivinicolo così unico, un impegno che oggi Salvatore continua a portare avanti con maggiore determinazione e grande devozione con la moglie Gilda.

L’area geografica vocata alla produzione del vino doc Penisola Sorrentina si estende in una zona circoscritta dell’Appennino Campano lungo le pendici dei Monti Lattari, partendo da Castellammare di Stabia e tutto intorno sino a Punta Campanella, abbracciando praticamente tutta l’area della costa Sorrentina e il suo ”interno” in provincia di Napoli, attraversando diversi comuni come Gragnano¤ – città conosciuta in tutto il mondo per la pasta ma anche patria del famoso vino frizzante celebrato da Totò in ”Miseria e Nobiltà” -, Pimonte e, per la sottozona Lettere, i territori dei comuni di Lettere, Casola di Napoli e, in parte, il territorio di Sant’Antonio Abate, un’area dove vengono coltivate principalmente Aglianico, Piedirosso, Sciascinoso (Olivella) ed altre numerose varietà locali a bacca rossa e bianca che entrano a pieno titolo nella produzione dei vini di queste zone.

Il Lettere Ottouve duemidiciannove di Salvatore Martusciello è davvero un inno alla gioia a tavola, con quel colore porpora e la sua spuma violacea così stuzzicanti, con un ventaglio di profumi deliziosi ed invitanti di piccoli frutti rossi e neri carnosi, la piacevolissima freschezza del sorso come manifesto della convivialità, una vivacità gustativa intensa e tratteggiata in punta di rosso a grandi caratteri, per restare ben impressa ma solo per il tempo necessario, capace di donare ad ogni sorso un raggio di sole, una sferzata di gusto, la piena soddisfazione!

*Leggi di più sulla ”trafica del vino” Qui.

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Aspi at home, i corsi on line dell’Associazione della Sommellerie Professionale Italiana

22 Maggio 2020

Dal 16 Giugno proseguono gli appuntamenti #sommelierathome con ASPI, con 3 interessantissimi incontri sulla Campania, i suoi territori e i suoi vitigni, con alcuni tra i più apprezzati protagonisti del vino e il nostro Angelo Di Costanzo.

Durante gli incontri verrà degustato un vino che rappresenta le tipicità del vitigno o del territorio oggetto della lezione, con l’intervento in diretta anche del produttore. L’iscrizione da diritto a:

3 incontri sulla Campania
3 bottiglie comodamente a casa tua
Streaming con il sommelier Angelo Di Costanzo e 3 produttori
Attestato di partecipazione al termine del minicorso
Uno speciale gadget ASPI per ogni partecipante

16 Giugno – ore 20.30 – I Campi Flegrei, dove nascono i vini del vulcano. Alla scoperta di una delle aree viticole più suggestive della provincia di Napoli, dove nascono vini particolarmente autentici prodotti su sabbie vulcaniche e da vigne a piede franco, in un contesto di grande valore storico e culturale. Degustazione di Falanghina Campi Flegrei Settevulcani con il produttore Salvatore Martusciello.

23 Giugno – ore 20.30 – Falerno del Massico, duemila anni di storia sulla bocca di tutti. Il grande vino della provincia di Caserta, che può essere senz’altro annoverato come il primo vino doc della storia. Un viaggio immersi in un territorio unico e particolare, dalle tante anime. Degustazione di Falerno del Massico Ariapetrina di Masseria Felicia con la produttrice Maria Felicia Brini.

30 giugno – ore 20.30 – Il Greco di Tufo, il grande bianco dell’Irpinia. Caratteristiche di un territorio straordinario, situato nel cuore dell’Irpinia e di un vino prodotto in soli 8 comuni del circondario di Tufo da cui la docg prende il nome, un vino moderno e proiettato nel futuro. Degustazione del Greco di Tufo Cutizzi di Feudi di San Gregorio con il produttore Antonio Capaldo.

Non perdete questa occasione di avere un sommelier ed un produttore a casa vostra, fate domande, soddisfate le vostre curiosità affidandovi ai professionisti per il migliore approccio al vasto e meraviglioso mondo della Sommellerie italiana.

Iscrivendovi a questo percorso alla scoperta dei territori e dei vini della Campania riceverete comodamente a casa le tre bottiglie che degusterete insieme, in diretta, con il sommelier e il produttore. Questo percorso ha un costo di 85€ (75€ per i soci ASPI in regola con la quota annuale) e iscriversi é molto semplice, basta mandare una mail a info@aspi.it. Ad iscrizione confermata, vi verrà fornito il link da cui potrete seguire la diretta con l’app Zoom.

Non perdete questo speciale approfondimento sulla Campania e continuate a seguire ASPI – l’Associazione della Sommellerie Professionale Italiana, sono in arrivo altri interessanti appuntamenti con gli hashtag #sommelierathome #aspi #sommelier #formazioneonline.

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Seganalazioni| Falanghina Campi Flegrei Torrefumo 2018 Cantine del Mare

28 aprile 2020

Sono in dirittura di arrivo con le nuove etichette, il vino era pronto da qualche mese e dopo i ripetuti assaggi di queste settimane ci sentiamo di affermare che è buono come e più di prima; la nuova veste delle bottiglie è una ventata di freschezza che potrà solo fare bene alla piccola realtà montese di Alessandra e Gennaro Schiano.

Dopo l’ultimo buonissimo risultato alle prese con un’annata certo non facile da leggere come la duemiladiciassette, Gennaro si è finalmente convinto di dare una precisa identità al vino proveniente dalle sole uve coltivate nello splendido vigneto anfiteatro di Monte di Procida, in località Torre Fumo, sulla via Panoramica del comune flegreo, luogo a dir poco suggestivo dove il mare è praticamente lì, a due passi oltre la scarpata, dove la vigna gode di un microclima eccezionale con venti che spazzano costanti il Canale di Procida contribuendo ad arieggiare il catino di tufo giallo napoletano, sabbia e pomici intorno al quale insistono i terrazzamenti coltivati prevalentemente con Falanghina.

Torrefumo duemiladiciotto nasce proprio qui, come ben rappresenta la nuova bella etichetta d’artista, ha vivacità gustativa da vendere, è un bianco invitante e fine, minerale, senza dubbio tra le migliori interpretazioni di Falanghina tirate fuori da Gennaro negli ultimi anni.

E’ un vino certamente varietale e già ben definito, che regala però suggestioni marine e tratti balsamici molto gradevoli preparandoci ad un assaggio fresco, giustamente puntuto e saporito. Il primo naso è sottile ma già offre chiare sensazioni di frutta e tratti mediterranei molto chiari, profuma di agrumi, sorbe, nespola e biancospino. Il sorso è puntuto, giustamente sapido, sa pienamente di questa terra carezzata dal mare. Qualche tempo ancora in bottiglia gli consentirà solo di ben maturare e mettersi in prima linea per tirare la volata ai piccoli grandi vini già in marcia per il futuro di questo territorio!

Leggi anche Le vigne e il vino di Gennaro Schiano Qui.

Leggi anche Nessuna scusa, niente sarà come prima Qui.

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L’ultima verità di Raffaele Moccia è nell’ultimo bicchiere di Vigna del Pino 2017 di Agnanum

4 aprile 2020

‘’Vitigno o Denominazione’’? Il territorio flegreo è da sempre ben inteso come la culla della Falanghina e del Piedirosso, due varietali autoctoni straordinari che qui assumono caratteristiche e tipicità così uniche tanto dall’essere irripetibili altrove; vitigni per questo giustamente in primo piano anche sulle etichette che tutti abbiamo ormai imparato a conoscere ed apprezzare.

La risposta è come sempre nelle bottiglie, come prova a raccontarci anche quest’ultima uscita di Vigna del Pino duemiladiciassette di Raffaele Moccia, un bianco suggestivo e coinvolgente nonostante l’annata particolarmente difficile da queste parti, con un andamento altalenante, finanche siccitosa e avara di frutti, che ben rappresenta però tutto lo straordinario potenziale espressivo ed evolutivo del vitigno ma anche, soprattutto, i tratti caratteriali di un territorio unico ed eccezionale e quelli del vignaiolo flegreo che strenuamente lotta in difesa della sua terra.

L’azienda è a due passi dal centro metropolitano di Napoli, oggi con 13 ettari di vigne che accostano l’oasi naturale del Cratere degli Astroni, vigne vecchie di 40 e 60 anni e nuovi impianti che dal versante napoletano si allungano sino alle Coste di Agnano che affacciano sul mare nel comune di Pozzuoli. La terra qui è sottile e sciolta, profondamente caratterizzata da lapilli e sabbie vulcaniche, elementi questi che ritroviamo a più livelli nella composizione organolettica dei vini flegrei, in quelli di Raffaele Moccia in particolar modo.

Vigna del Pino rimane il suo piccolo capolavoro, un cru di Falanghina prodotto in appena un migliaio di bottiglie. Il duemiladiciassette è un bianco buono a bersi subito, celebrazione di un varietale presente in molti territori in Campania e al sud ma che proprio qui, nei Campi Flegrei, in questi scorci metropolitani dove la terra è matrigna e ardente, e si avvantaggia della vicinanza del mare, regala vini che sembrano conquistare significativa complessità, ampiezza e profondità gustativa particolarmente distintive.

Nel bicchiere ci arriva un vino bianco dal colore giallo paglia luminoso, fitto al naso, largo in bocca. Un vino ricco di frutto, pieno di maturità espressiva, vi si colgono anzitutto profumo di gelsi e albicocca matura ma anche sensazioni più sottili di macchia mediterranea, zenzero e pietra focaia. Il sorso è deciso, potremmo definirlo sgraziato, a suo modo però pienamente riconoscibile e gratificante, fresco e piuttosto sapido. Vitigno o Denominazione quindi? La risposta di Raffaele Moccia, la sua verità, è nell’ultimo bicchiere di Vigna del Pino 2017 di Agnanum.

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Segnalazioni| Campi Flegrei bianco Tenuta Jossa 2018 Cantine Astroni

5 marzo 2020

E’ un lavoro sartoriale quello che Gerardo Vernazzaro prova a condurre in porto con questa nuova etichetta, ”ritagliando” e ”imbastendo” gli ultimi 10 anni di esperienze in vigna e in cantina con questa bottiglia di Campi Flegrei bianco Tenuta Jossa duemiladiciotto.

Il racconto liquido che ne viene fuori è un viaggio emozionale nel recente passato che si chiude con un salto repentino nel futuro presente; nel bicchiere ci arriva ogni solco tracciato in vigna, il calore delle mani segnate dal freddo, l’emozione dell’ultimo raccolto, la fatica dei travasi, i millimetrici passaggi in anfora, poi defluiti in bottiglia, ogni prova d’assaggio, le cui distrazioni, gli errori e i ripensamenti si rivelano chiari e ben definiti consegnandoci una testimonianza viva e coinvolgente ad ogni sorso, un insieme di valori che sapranno, ne siamo certi, disvelare tutto il reale potenziale ancor più nei prossimi anni a venire.

Tenuta Jossa, questo il nome del vino, è anche una novità assoluta per la denominazione che troveremo sul mercato tra qualche settimana e che ci pregiamo di presentarvi con piacere nella sua veste definitiva dopo i ripetuti assaggi degli ultimi mesi¤. Su questo vino Gerardo Vernazzaro¤ ci sta lavorando con grande attenzione da diversi anni, come dicevamo; l’impianto da cui proviene è di 3 ettari – ripreso a matita in etichetta –, la metà piantati a bacca bianca e risale al 2011, allocato lungo la strada comunale che dal quartiere Pianura conduce fin su alla collina dei Camaldoli, a due passi dal centro metropolitano di Napoli, da qui si gode di un affaccio sul mare e le isole del golfo a dir poco mozzafiato.

Il vino è composito di Falanghina al 90% e per la restante parte da altre varietà autorizzate dalla doc Campi Flegrei bianco (perlopiù Fiano, ndr), denominazione rivista con alcune modifiche al disciplinare introdotte a partire dall’annata 2011 ma che in realtà, ad oggi, non era mai stata ”utilizzata” in precedenza da altre aziende flegree; la molteplice composizione varietale contribuisce ad accentuarne la verticalità e l’ampiezza del quadro olfattivo senza tradire però la solita tipicità vulcanica che ne caratterizza profondamente il profilo organolettico. Tenuta Jossa è un vino subito invitante e finissimo nei profumi, sa di agrumi, mela, felce, al palato è secco e ben sostenuto dalla freschezza, giustamente sapido nel finale di bocca. Siamo certamente di fronte ad un sensibile scatto in avanti per l’azienda napoletana e ad una grande ”nuova” opportunità per il territorio flegreo.

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Pozzuoli, il Piedirosso Campi Flegrei 2018 dell’azienda agricola Mario Portolano

4 febbraio 2020

Siamo a Pozzuoli, ai piedi della Collina che anticipa le ripide pareti di tufo giallo di Monte S. Angelo, sul versante nord della piana di Toiano, luogo dove sorge oggi uno dei quartieri più popolati del comune flegreo.

Sino alla fine degli anni ’60 qui era tutta campagna, vi erano perlopiù frutteti, campi agricoli votati alla coltivazione di mele annurche e arance, verdure e ortaggi, poi qua e là i coloni piantavano filari di varietà Montepulciano, Piedirosso e Trebbiano allevate con il tradizionale sistema dello Spalatrone Puteolano per farne vino di sostentamento, niente di che da un punto di vista commerciale.

Con il primo Bradisismo degli anni ’70, l’evacuazione definitiva del Rione Terra e del centro storico di Pozzuoli fu proprio questa l’area scelta per l’insediamento delle nuove case popolari che spostò qui, a partire dal 1974 e sino a metà anni ’80, gran parte della popolazione puteolana che in quegli anni si era un po’ dispersa in alloggi di fortuna tra la provincia a nord di Napoli e la fascia costiera Domitiana, sino a Castelvolturno e Mondragone in provincia di Caserta, Formia, Gaeta e Latina nel basso Lazio.

Mario Portolano¤, imprenditore napoletano lungimirante, alle prese con la prosecuzione dell’impresa di famiglia impegnata nel manifatturiero di pregio dal 1895, con attività commerciali nel centro storico di Napoli, poi a Roma e Milano, aveva investito in proprietà agricole proprio qui a Toiano, dove nel fine settimana amava trascorrere le giornate in famiglia e dedicarsi al lavoro in campagna e alla coltivazione della vite per farne vino per se e per gli amici più cari. Dopo le ultime espropriazioni, a fine anni ’80, riesce a mantenere almeno questo pezzo di terra, già Masseria Murro, per continuarci a vivere nel fine settimana e a fare vino.

Poco più di 4 ettari caratterizzati da sabbie vulcaniche e tufo giallo, piantati con ceppi di Aglianico provenienti da Taurasi e Piedirosso dei Campi Flegrei, vigne tutte ben esposte a sud con piante di almeno 30 anni, collocate su ripidi terrazzamenti che avanzano per centinaia di metri sulla Collina che anticipa le pareti di tufo giallo di Monte S. Angelo; qui, in certe estati, durante il giorno le temperature si alzano fin sopra i 35°/40° ma le vigne restano costantemente rinfrescate dal vento che arriva direttamente dal mare del golfo di Pozzuoli dopo aver spazzato praticamente tutta la conca ”entrando” dal Monte Barbaro sino a scivolare via verso Monterusciello e Licola.

Un microclima unico che contribuisce a produrre uve di grande qualità, sane e con tanta materia, in cantina arrivano mosti sempre molto ricchi che l’ottimo Gianluca Tommaselli, l’enologo che segue l’azienda della famiglia Portolano in cantina, riesce a ben interpretare alla sua maniera, con manico diligente ed essenziale, niente utilizzo del legno, solo acciaio e qualche mese di bottiglia.

Così anche a questo giro viene fuori un Piedirosso flegreo di particolare carattere, un duemiladiciotto che veste un colore rubino dal tono vivace, con un naso fitto e intriso di sensazioni floreali e fruttate dolci e invitanti, sa di violetta e piccoli frutti rossi e neri, poi un accenno speziato, il sorso è carnoso, pieno, equilibrato, regala un assaggio morbido, dal finale di bocca misurato, avvolgente e sapido. Se appena un anno fa potevamo raccontarvi di una piacevole scoperta oggi siamo certi di ritrovarci dinanzi ad una ragionevole certezza!

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Il Colle Rotondella 2018 di Cantine Astroni è l’omaggio di Gerardo Vernazzaro alla sua Napoli

2 febbraio 2020

E’ un ideale, quello dell’appartenenza, che conservano un po’ tutti i produttori e i viticoltori a cui generalmente rivolgiamo la nostra attenzione, tra questi, negli anni, alcuni hanno saputo raccogliere il testimone dalla generazione precedente segnando in maniera profonda e inconfondibile il futuro dell’azienda di famiglia.

La famiglia napoletana Varchetta da quattro generazioni è impegnata ad affiancare al florido commercio di uve e vini puntuali e lodevoli investimenti in un territorio dove piantare una vigna spesso può rivelarsi impresa difficile quasi quanto programmare il lancio di una sonda esplorativa nello spazio.

Così, più o meno vent’anni fa, è nato il progetto Cantine Astroni, un cambio di passo decisivo per la famiglia ma anche, soprattutto, un nuovo modo di guardare al territorio non più in maniera passiva bensì diventandone tra i protagonisti più attivi, convertendo e piantando vigne oggi tra le più suggestive intorno a Napoli e mettendo su una cantina bella e funzionale, tecnologicamente all’avanguardia, proprio a due passi dal centro città e dalla Riserva naturale del Cratere degli Astroni¤, là dove oggi è possibile per chiunque andare e toccare con mano uno spirito nuovo fuori dai soliti luoghi comuni di una periferia altrimenti assediata dal cemento.

Proprio dalle vigne del circondario flegreo e dell’areale dei Camaldoli, da un vigneto di circa tre ettari piantati perlopiù con Piedirosso dei Campi Flegrei, provengono le uve di questo delizioso rosso, il Colle Rotondella, che pare riassumere tutto quello che un vino di questo territorio deve saper garantire in tutta la sua sfrontata giovinezza: un colore avvenente, profumi seducenti e ruffiani, una beva scorrevole e furba, non priva però del giusto carattere.

E’ un rosso tremendamente contemporaneo, decisamente didattico per chi si avvicina alla tipologia, dal colore rubino con vivaci sfumature quasi porpora sull’unghia del vino nel bicchiere, con un naso estremamente varietale, vinoso, floreale di gerani e di piccoli frutti rossi e neri maturi. L’anima più tradizionale del Piedirosso flegreo qui è sorretta anche da un frutto dalle piacevolissime sfumature speziate ed una fresca tessitura gustativa abilmente interpretate da Gerardo Vernazzaro proprio grazie alla sua lunga esperienza di studio del territorio e del varietale. Il sorso è secco e morbido, dona piacere di beva che grazia il palato e un sorso che ne richiama subito un altro. Questo duemiladiciotto ci appare un vero e proprio elogio alla bevibilità¤, nonché un sincero omaggio a Napoli e alla napoletanità da parte di uno dei suoi più attenti e preparati interpreti enoici in circolazione!

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Mai più ”nemo propheta in patria”!

1 febbraio 2020

E’ stato necessario qualche giorno di decantazione, per dirla con parole enoiche, era necessaria un’attenta analisi del vortice di sensazioni ed emozioni raccolte durante la lezione¤ di approfondimento sui Campi Flegrei tenuta al Corso Propedeutico per Sommelier ASPI¤ che ha visto riunirsi eccezionalmente gli aspiranti Sommelier di I° e II° livello.

Sono poi pervenuti tantissimi attestati di stima e messaggi da amici e semplici appassionati, produttori e colleghi professionisti a conferma di quanto sia fondamentale mantenere alta l’attenzione e la collaborazione tra tutti del mondo del vino per guardare al futuro con maggiore entusiasmo e per fare sempre meglio.

Ho a lungo studiato questo territorio, continuo a farlo ogni giorno provando a coglierne le peculiarità, un approfondimento costante, maturato in oltre 20 anni di esperienza e nato dall’esigenza di raccontare la memoria di questi luoghi meravigliosi che a forza di vederceli sempre sotto al naso quasi si rischia di non coglierne il reale valore storico e culturale che serbano in sé.

Una memoria straordinaria tratteggiata di tufo e cenere, piena di testimonianze, di presenza, di resilienza, valori unici ma che ogni giorno rischiano di dissolversi nel mare magnum della distrazione di massa a cui siamo costretti, un rischio che portato all’eccesso può provocare la scomparsa di principi fondanti. Non è così che deve andare.

Ecco perché questa memoria va preservata, conosciuta a fondo e trasferita al prossimo in maniera che a sua volta questi possa averne cura a trasferirla nuovamente al futuro.

Chi ha vissuto, lavorato, faticato prima di noi queste terre merita rispetto, vieppiù chi continua a farlo nel rispetto della memoria preservandone tradizioni e luoghi che altrimenti sarebbero in balìa dell’urbanizzazione massiva e la più becera speculazione edilizia. La vocazione naturale di certi luoghi deve rimanere tale e chi può contribuire alla loro valorizzazione deve farlo, deve essere sostenuto, senza remora alcuna.

Custodire questi luoghi, aver cura di queste terre, di certe vigne storiche ad esempio, raccontare i vini qui prodotti, è un atto d’amore indispensabile a cui non è possibile sottrarsi.

Un atto d’amore che vede in prima linea produttori e vignaioli, professionisti e appassionati, donne e uomini che continuano a muoversi tra mille difficoltà su un terreno non sempre facile, talvolta a dir poco complesso ma che, forse, anche per questo, diviene ancor più significativo e unico nel suo genere e che merita di essere raccontato al mondo e soprattutto conosciuto di più dalle stesse popolazioni locali che spesso nemmeno hanno percezione di questo patrimonio. Mai più ”nemo propheta in patria”!

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Bacoli, Campi Flegrei Piedirosso 2018 Cantine Farro

16 gennaio 2020

”Io sono la bella coppa di Nestore, chi berrà da questa coppa subito lo prenderà il desiderio di Afrodite dalla bella corona”, così recita la scritta in alfabeto eubonico¤ incisa sul prezioso reperto archeologico da sempre raffigurato sulle etichette di Cantine Farro.

La cosiddetta Coppa di Nestore è senza dubbio tra i reperti più importanti nella storia della Magna Grecia. Il suo ritrovamento è avvenuto tra l’ottobre del 1954, quando venne alla luce la tomba a cremazione dove era stata gettata la coppa, e il marzo del 1955 quando Giorgio Buchner, l’archeologo italo-tedesco artefice degli scavi di San Montano, a Lacco Ameno, nel comune dell’Isola d’Ischia, ebbe terminato personalmente di comporre i frammenti che man mano erano emersi durante i lavori di scavo.

Stiamo parlando di una piccola kotyle¤, non più grande di 10 cm ma che serba in se evidentemente un grande valore antico e una storia ricca di fascino e mistero, prestandosi a varie interpretazioni alcune delle quali del tutto contemporanee attualmente, un po’, se vogliamo, come il Piedirosso dei Campi Flegrei, vino rosso per molti figlio di un Bacco minore eppure modernissimo e preziosissimo nelle carte dei vini oltre ogni ragionevole dubbio.

Al giorno d’oggi infatti, la necessità di leggerezza nel bicchiere rappresenta una esigenza sempre più ricercata, non più riconducibile solo ad una moda contemporanea o una tendenza lanciata da nuovi intenditori; la voglia, il desiderio di vini leggeri, luminosi ancor più quando trasparenti, godibilissimi perché caratterizzati da grande bevibilità, equilibrati e non pesanti, addirittura da bere freschi, mettono proprio tutti d’accordo, l’appassionato, fini esperti degustatori e comuni bevitori.

Non a caso ci piacciono particolarmente versioni così franche ed immediate come questa che ci arriva nel bicchiere, un Piedirosso duemiladiciotto che ci rappresenta una piacevole conferma del buon lavoro che ogni anno Michele mette in campo per regalarci vini autentici e pronti da bere. Rosso dal colore rubino porpora, nemmeno troppo trasparente ma luminoso e invitante. Il naso è delicato e intriso di note floreali di rosa e geranio, di piccoli frutti rossi e neri, all’assaggio è scarno ma piacevole e godibile sin dal primo sorso.  

Resterà, forse, figlio di un Bacco minore, come erano considerati fino a dieci, quindici anni fa questa tipologia di vini snelli e agili, tali ovviamente se paragonati ai grandi vini internazionali o ai Super qualchecosa, generalmente concentrati, scuri, fitti, quasi impenetrabili dalla luce, talvolta oltremodo alcolici, voluttuosi e ricchi, quasi sempre affinati in legno pregiato, anzi, barriccati. Anche per questo, oggi, probabilmente sempre più anacronistici.

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Bacoli, Campi Flegrei Falanghina Le Cigliate 2017 Cantine Farro

14 gennaio 2020

E’ un bianco di inusuale spessore quello di Michele Farro, uno di quei produttori che non può certo mancare all’appello quando si prova a raccontare il territorio, la storia e vini dei Campi Flegrei .

Ha carattere fiero e caparbio Michele, l’istinto commerciale lo conduce ben presto, da autodidatta, a sporcarsi le mani in cantina; di cervello fine e modi affabili, quasi dorotei, gli bastano pochi anni per ritagliarsi il suo spazio sulla scena enologica napoletana e regionale; ci mette poco, appena due parole, per farti capire di che pasta è fatto, che è uno di quelli che si è fatto da solo e che la sua azienda, praticamente dal nulla, può essere oggi considerata tra quelle di riferimento per tutto il territorio.

Cantine Farro nasce negli anni ’90, ha sede a Bacoli e oggi gestisce circa 4 ettari in conduzione diretta, rimangono invece tante di più le vigne monitorate da Michele in tutto l’hinterland napoletano, con la risultante di una profonda e quasi invidiabile conoscenza del vigneto flegreo che, con capacità, destrezza, sa di poter abilmente gestire portandosi in cantina solo il meglio di cui ha bisogno, non disdegnando di raggiungere nelle migliori annate una produzione che si attesta sulle 200.000 bottiglie, per il 70% destinate al mercato estero. 

L’idea di questa nuova etichetta prende forma a cavallo degli anni ’90 e ’00, nel pieno del boom del vino affinato in legno, della barrique tout court e sur toutes, anche per questo le prime uscite sortiscono quasi un effetto boomerang per l’azienda e Farro, per sua stessa ammissione, si convince quasi immediatamente di aver probabilmente forzato un po’ troppo la mano: ”Ne veniva fuori un buon vino, la provenienza delle uve era di primissimo ordine, restava però lontanissimo dalla mia idea di bianco flegreo, di quella piacevolezza a cui puntavo”, dirà poi.

Una marcia indietro che in realtà faranno un po’ tutti i produttori campani di lì a poco, tanto prima folgorati dal ”Dio Boisé” quanto poi immediatamente redenti –  chi prima, chi poi, ndr – sulla strada della tipicità varietale e territoriale; così sarà anche per Le Cigliate, una panacea il ritorno all’essenziale che gli consentirà un salto in avanti non indifferente. Con la solita freschezza e sapidità, proprie della sua espressività, la Falanghina prende così il largo con maggiore sostanza, si fa vino più complesso e coinvolgente, non più, semplicemente, un bianco di pronta beva e di approccio facile ma che diviene capace di affinare ed elevarsi, di portarlo in tavola su piatti ben più strutturati della classica cucina di mare territoriale, concedendosi addirittura il lusso di poterselo dimenticare qualche anno in cantina.

Le recenti uscite lo vedono prodottto con le uve provenienti perlopiù dal vigneto situato all’altezza di località La Schiana, nel comune di Pozzuoli, uno splendido appezzamento di 4 ettari che gode di piena luce e il giusto calore del sole di una intera giornata, con il mare a due passi, là oltre via Scalandrone. Le Cigliate duemiladiciassette è un bianco senza lacci e senza ammiccamenti, dal colore paglierino netto e tratteggiato da un naso immediato e invitante, profuma di fiori bianchi ed erbette di campo, sa di nespola e frutta esotica; il sorso è invece asciutto, pieno e caratteristico, di piacevole beva e segnato da buona sapidità.

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Pozzuoli, a lezione di approfondimento sui Campi Flegrei con ASPI Campania

19 dicembre 2019

ASPI, l’Associazione della Sommellerie Professionale Italiana, l’unica associazione italiana membro dell’ASI (Association de la Sommellerie Internationale), è impegnata in queste settimane nella programmazione degli eventi dedicati al vino del prossimo anno 2020.

Tra le varie attività in programma da Gennaio 2020 saranno strutturate alcune MASTER CLASS per i soci Sommelier e Mastro Coppieri nonché per tutti gli appassionati che seguono con particolare interesse il mondo del vino e i suoi protagonisti; eventi dedicati a territori, vini, persone e progetti di grande rilevanza per il mondo del vino con alcune partnership di particolare pregio, a cominciare dal Progetto ‘’I Campi Flegrei’’ che entra a pieno titolo nel programma di formazione dei corsisti del 1° e 2° livello di Napoli grazie anche alla collaborazione con alcune tra le più preziose aziende flegree.

Chi ha vissuto e può raccontare a suo modo gli ultimi quindici/vent’anni di viticoltura nei Campi Flegrei sa bene che era necessario solo attendere e continuare a stimolare vignaioli e produttori nel fare meglio, il successo dei vini flegrei, presto o tardi, sarebbe arrivato; la distanza che li separava dal resto del mondo del vino, quel gap soprattutto di mentalità, certi difetti dei vini, originati soprattutto da una cattiva gestione del vigneto, della vinificazione o dell’affinamento, talvolta proposti addirittura come tipicità, sono stati per anni un fardello pesantissimo da portarsi dietro ma finalmente (quasi) del tutto superati. Proviamo a raccontarli, allora, questi primi vent’anni!

ASPI CAMPANIA
via Monte di Cuma 3, Pozzuoli (Na)
Tel. 081 804 6235
mail: campania@aspi.it – napoli@aspi.it
web: http://www.aspicampania.it

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Il territorio in un bicchiere, a Natale più che mai…

16 dicembre 2019

Il territorio flegreo è da sempre ben inteso come la culla della Falanghina¤ e del Piedirosso¤, due varietali autoctoni straordinari che qui assumono caratteristiche e tipicità così uniche tanto dall’essere irripetibili altrove; vitigni per questo giustamente in primo piano negli ultimi anni e che continuano a riscuotere apprezzamenti e successo commerciale finalmente anche fuori regione. Ci proponiamo così di suggerirne qualche buona etichetta da portare in tavola (soprattutto) durante queste feste!

Un territorio in forte ascesa, una terra votata al vino nonostante le mille difficoltà ambientali, sociali, amministrative e che sta finalmente maturando quel salto di qualità estremamente necessario per ritagliarsi uno spazio importante nel mondo del vino. I numeri, quelli seri e chiari, ci consegnano una realtà circoscritta ma con un potenziale di crescita qualitativa incredibile, laddove le vigne più vocate siano giustamente indirizzate alla specializzazione e dove chi fa il vino continui con serietà, abnegazione ed umiltà ad investire per migliorarsi.

Con questo scenario, capace di lasciarci affermare con tutta certezza che finalmente dire Campi Flegrei non è più semplicemente vantare una viticoltura antica e astratta, vi offriamo un breve corollario delle migliori bottiglie passateci per mano quest’anno; nessuna classifica, ci teniamo a sottolineare, semplicemente, bicchiere alla mano, con questi nomi si può istruire un viaggio decisamente interessante attraverso alcune, se non le migliori, vigne flegree.

Falanghina Campi Flegrei Sintema 2017 Cantine Babbo. Sintema è un bianco dalla trama essenziale, dal profilo olfattivo tenue ma varietale, caratterizzato da sentori di macchia mediterranea e di agrumi, solare e fruttato. Il sorso è secco, fresco e coinvolgente, scivola in bocca sottilissimo, con un sorso che tira l’altro, ci pare uno di quei bianchi imperdibili come aperitivo rinfrancante, leggero ma dal guizzo vivace, buonissimo, da portare in tavola con i più classici antipasti di mare della cucina flegrea, pensiamo all’Insalata di mare con sconcigli, alle Fragaglie fritte ma anche con Alici in tortiera.

Falanghina Campi Flegrei 2018 Salvatore Martusciello. Sono anzitutto autenticità, freschezza e mineralità i tratti che più caratterizzano il Settevulcani di Gilda e Salvatore Martusciello, vino bianco dal colore paglierino, con un discreto corredo olfattivo perlopiù floreale e di frutta appena matura, agrumi e poi albicocca. Proviene da vecchie vigne dell’area più classica dei Campi Flegrei, il sorso è asciutto, sinuoso e persistente, fedelissimo alla tipologia, dal finale di bocca corroborante e piacevolmente sapido! Con il Sauté di Frutti di mare.

Falanghina Campi Flegrei 2016 di Contrada Salandra. Siamo in zona Coste di Cuma, qui i terreni sono perlopiù sabbiosi, di origine marcatamente vulcanica, ci ritroviamo quindi nel bicchiere una Falanghina duemilasedici verace e di grande personalità, dal colore paglierino luminoso e maturo, ampio al naso e vibrante al palato. Le uve di questo angolo dei Campi Flegrei sono coltivate a poche centinaia di metri in linea d’aria dal mare, sanno donare vini di personalità e caratterizzati da tanta freschezza, pienezza e sapidità, a questo giro, in questo vino, particolarmente centrate. Con il Salmone affumicato o con il Capitone fritto!

Falanghina dei Campi Flegrei Collina Viticella 2017 Carputo. Siamo a Quarto, nei pressi della ‘’Montagna Spaccata’’ sull’Antica via Consolare Campana costruita dagli antichi Romani per collegare il porto di Puteoli a Capua, proprio sul confine naturale che la divide da Pozzuoli da un lato e da Napoli (Pianura) dall’altro; qui c’è una collinetta particolarmente vocata che domina tutta la piana quartese. Da qui proviene il Collina Viticella 2017 dei Carputo, caratterizzato da un quadro di degustazione pieno di fascino e sostanza. Se sono di rarità assoluta i tredici gradi e mezzo in etichetta, esempio di come questa vigna sappia distinguersi nettamente in un territorio così frammentato ed eterogeneo, non è una sorpresa la complessità dei profumi floreali e fruttati e la puntuta freschezza che ne accompagna costantemente ogni sorso, tutto a favore della grande bevibilità del vino! Portatelo in tavola con i primi piatti al sugo di Vongole e/o Frutti di mare, anche ”macchiati” con pomodoro.

Campi Flegrei Falanghina 2018 Cantine del Mare. Siamo in dirittura di arrivo con le nuove etichette, il vino è pronto da qualche mese ed è buono come e più di prima, la nuova veste delle bottiglie è una ventata di freschezza che potrà solo fare bene alla piccola realtà montese di Alessandra e Gennaro Schiano. Dopo il buonissimo risultato con il duemiladiciassette, ancora un bianco che ha vivacità gustativa da vendere, invitante, fine e spiccatamente minerale, tra i più buoni e quadrati di sempre. Il naso è sottile e varietale, regala tratti balsamici molto gradevoli. Il sorso è fresco, giustamente puntuto, sapido, appagante. Tra qualche mese saprà essere ancora più espressivo, quando l’affinamento in bottiglia gli renderà maggiore piacevolezza ed equilibrio. Con il Fritto di Calamari della Vigilia di Natale.

Piedirosso Campi Flegrei 2017 di Cantine dell’Averno. Dalle vigne intorno al Lago d’Averno, nel comune di Pozzuoli, nasce questo delizioso vino che ci sentiamo di suggerire senza se e senza ma, proviamo a raccontarvelo partendo dalla bella luce del colore, rubino e trasparente, il naso è invitante e delicato, ha sentori lievi di gerani in fiore e melograno, un chiaro riverbero speziato, sottile ma preciso. Il sorso è leggiadro, secco e gustoso, armonico nel suo insieme, coinvolgente e appagante. L’annata duemiladiciassette si conferma davvero un millesimo fortunato da queste parti, bravi tutti coloro i quali ne hanno saputo fare tesoro tirandone fuori vini così tipici e varietali! Con il saporito Baccalà fritto e l’Insalata di rinforzo.

Piedirosso Campi Flegrei Riserva Tenuta Camaldoli 2016 Cantine Astroni. Non poteva mancare in questa breve lista della spesa un fuoriclasse, eccolo! Un rosso dalla forte impronta territoriale che in appena una manciata di vendemmie sta là a disegnare nuove traiettorie. Dopo un duemilaquindici in grande spolvero ancora un millesimo originale, dal respiro moderno e dal sapore contemporaneo, dal naso allettante e seducente, proteso all’ampiezza del frutto, profuma di melagrana e susina, di arbusti di macchia mediterranea cui segue, sottinteso, un sorso sottile e coinvolgente, pieno di nuovi cardini da scoprire di volta in volta nei prossimi mesi, anni, e un finale di bocca particolarmente gratificante. Uno di quei vini bonus da stappare a Natale con la ”fellata” di buoni Salumi e Formaggi di media stagionatura ma anche su carni rosse pregiate appena scottate, pensiamo ad una Tagliata di manzo con rucola e Grana.

Pér ‘e Palumm Campi Flegrei Agnanum 2018 Raffaele Moccia. Questo duemiladiciotto ha un bellissimo colore purpureo tutto suo, a tratti caratterizzato da toni scuri che si ritrovano immediatamente anche al naso, dapprima ermetico, al solito, ma che stilla man mano piccole sfumature invitanti, di frutto polposo e note speziate, anche terrose, che si fanno poi dense al gusto, nuovamente asciutto, persistente, saporito. Di quei rossi plastici da spendere su una ricca Zuppa di mare o uno Spiedo di pesci e molluschi arrosto.

Piedirosso Campi Flegrei Vigna Madre 2013 di La Sibilla. Vigna Madre nasce dalle vigne storiche che dominano l’orizzonte e guardano il mare sopra il promontorio di via Bellavista, a Bacoli. Sono ceppi perlopiù vecchi di 80 anni che da quando vengono seguiti palmo palmo da Luigi stanno dando uva di straordinaria concentrazione che Vincenzo, in cantina, con grande attenzione, misura e rispetto, sta interpretando alla grande facendone un bellissimo vino varietale e di evidenti grandi prospettive. Un rosso dal colore splendido, concentrato il giusto, rubino scuro. Il naso ben maturo, invitante, con un bouquet variopinto di piccoli frutti neri, ribes e melograno, macchia mediterranea, finanche spezie fini. Con gli ziti o le candele al ragù e ricotta di Natale e Santo Stefano.

Uno spumante metodo classico da uve Piedirosso, nei Campi Flegrei. Le voci su prove, affinamenti e sboccature varie girano da diversi mesi, nel merito abbiamo raccolto più di qualche indiscrezione sulle quali però vige ancora ovviamente il massimo riserbo. E’ doveroso invece riportare che non si va più rincorrendo (solo) il solito percorso che vede le cisterne di Falanghina, e già in qualche caso Piedirosso, raggiungere le autoclavi del trevigiano per poi ritornare, in bottiglia, sulle tavole flegree. A parlar delle prossime feste ci starebbe benissimo con la Minestra maritata di Natale oppure con il tradizionale Cotechino con le lenticchie dell’ultimo dell’anno.

Stiamo parlando di qualcosa forse meno ridondante ma proprio per questo, secondo noi, da valorizzare a prescindere dai numeri: si tratta di piccole produzioni di Metodo Classico che hanno come obiettivo da un lato soddisfare le tante richieste di mercato di bollicine (facili) da bere sopra tutto alle quali un po’ tutte le aziende si trovano a dover dare risposta negli ultimi anni, dall’altro poterle ricondurre ad un territorio di provenienza specifico dove, per quanto possibile, avvenga pure tutta la filiera. Più che di una rivoluzione diciamo che al momento si tratta di una piccola rivincita, non è detto che proprio in questi giorni ci si possa divertire con qualcosa di nuovo, buono e originale per festeggiare all’anno che verrà! 

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Segnalazioni| Esperia Osteria Flegrea a Monte di Procida

1 novembre 2019

Una piacevole scoperta, ai piedi di Monte di Procida, un posto con una vista mozzafiato su questa parte di costa flegrea davvero incantevole; la struttura messa su dalla famiglia Costigliola una decina di anni fa è accogliente e con una cucina affidabile, ora nelle mani sicure di uno dei giovani Cuochi più bravi e capaci dei Campi Flegrei, l’ottimo Tommaso Di Meo.

L’offerta è ampia, anche troppo forse, c’è ad esempio anche la possibilità di apprezzare una buona pizza tradizionale ma la cucina è sicuramente da provare e riprovare, a partire dai piccoli assaggi degli antipasti della tradizione, gustosi e ben presentati, ci sono poi primi piatti saporiti e secondi succulenti, la scelta delle carni alla brace è finanche esotica. Buona la carta dei vini, con tanta attenzione al territorio (bonus), il servizio è ben educato, i ragazzi in sala preparati, svelti, attenti. A piccoli passi, con attenzione, ci sono ampi margini di crescita che proveremo a seguire con attenzione.

Esperia Osteria Flegrea

Via panoramica, 130
Monte di Procida, 80070 Napoli
Tel: +39 081 8683474

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Bacoli, è già una bella storia il Piedirosso Campi Flegrei Vigna Madre 2013 di La Sibilla

24 ottobre 2019

Abbiamo a lungo raccontato del prezioso lavoro in campagna di Luigi Di Meo, una tra le più belle persone che abbiamo incontrato nella nostra vita nel mondo del vino, e con lui Restituta, la moglie, e i figli Vincenzo, Salvatore e Mattia che animano una delle più suggestive e apprezzabili aziende agricole e vitivinicole dei Campi Flegrei.

Ci siamo ritrovati innanzi a questo piccolo fuoriclasse non più tardi di una settimana fa, davanti alla pizza nel ruoto di Lilly – leggi Qui – e in tutta onestà abbiamo lungamente dibattuto quale fosse riuscita più buona, se la pizza o la bevuta.

Alla distanza, non fosse altro perché il ruoto è finito in men che non si dica, il vino ci è sembrato emergere di più regalandoci una gran bella esperienza, piena di ricordi, rimandi, sfumature. Vigna Madre duemilatredici (!) nasce dalle vigne storiche che dominano l’orizzonte e guardano il mare sopra il promontorio di via Bellavista, a Bacoli. Sono ceppi perlopiù vecchi di 80 anni che da quando vengono seguiti palmo palmo da Luigi stanno dando uva di straordinaria concentrazione che Vincenzo, in cantina, con grande attenzione, misura e rispetto, sta interpretando alla grande facendone un bellissimo vino varietale e di evidenti grandi prospettive.

Il colore era splendido, concentrato il giusto, rubino scuro. Il naso ben maturo, invitante, con un bouquet variopinto di piccoli frutti neri, ribes e melograno, macchia mediterranea, finanche spezie fini. Un sorso ricco di stoffa e polpa, succoso e profondo, un vino bevuto probabilmente nel suo miglior momento possibile, a ben 6 anni dalla vendemmia, davvero un piccolo gioiello.

Il Vigna Madre vide la sua prima uscita sul mercato con l’annata 2011, finì per la verità in bottiglia con le vesti di una pregiata selezione del Piedirosso ”base” con la menzione Vigne Storiche¤. Vestito di tutto punto fa certamente tutto un’altro effetto, ma per fortuna nostra la sostanza non cambia, anzi, ci ispira ancora di più quanto bel frutto e quanta profondità è capace di esprimere il Piedirosso dei Campi Flegrei quando fatto come Dio comanda.

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Leggi anche La grande bellezza del Piedirosso dei Campi Flegrei 2017 di La Sibilla Qui.

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Pozzuoli, ecco il programma completo del corso propedeutico per Sommelier ASPI Primo Livello 2019/20

5 ottobre 2019

Parte il 21 Ottobre prossimo, il corso propedeutico per Sommelier ASPI Primo Livello a Villa Eubea, a Pozzuoli, in provincia di Napoli. Il programma di studio ASPI propone un particolare percorso didattico per offrire al corsista un bagaglio tecnico e culturale che gli permetta di acquisire le nozioni di base.

Per iscriversi è necessario il pagamento dell’intera somma con bonifico alle seguenti coordinate, beneficiario: ASPI – IBAN IT 43 J 03111 5573 0000000010627 – specificando nella causale del bonifico ‘Corso propedeutico per Sommelier primo livello ASPI Campania’ e il nominativo dell’iscritto.

Il corso propedeutico per Sommelier si articola su tre livelli. La quota di iscrizione per il Primo Livello è di 500 euro compreso le 60 euro per la tessera annuale che comprende l’iscrizione ad ASPI – Associazione della Sommellerie Professionale Italiana. I corsi sono serali e a numero chiuso, questo il programma completo previsto da Ottobre 2019 a Marzo 2020:

Lunedì 21 Ottobre 2019, ore 20.00. Lezione 1 Presentazione del Corso, La figura del Coppiere e del Sommelier;

Lunedì 28 Ottobre 2019, ore 20.00. Lezione 2 Viticoltura;

Lunedì 4 Novembre 2019, ore 20.00. Lezione 3 Enologia;

Lunedì 11 Novembre 2019, ore 20.00. Lezione 4 Tecnica della degustazione – Esame Visivo;

Lunedì 18 Novembre 2019, ore 18.00. MasterClass;

Lunedì 2 Dicembre 2019, ore 20.00. Lezione 5 Tecnica della degustazione – Esame Olfattivo;

Lunedì 9 Dicembre 2019, ore 20.00. Lezione 6 Tecnica della degustazione – Esame Gustativo;

Lunedì 16 Dicembre 2019, ore 20.00. Cena Auguri di Natale ASPI Nazionale¤;

Lunedì 13 Gennaio 2019, ore 20.00. Lezione 7 Legislazione vitivinicola italiana ed europea;

Lunedì 20 Gennaio 2019, ore 20.00. Lezione di approfondimento: I Campi Flegrei;

Lunedì 27 Gennaio 2019, ore 20.00. Lezione 8 Birra;

Lunedì 3 Febbraio 2019, ore 20.00. Lezione 9 Distillati e Liquori;

Lunedì 10 Febbraio 2019, ore 20.00. Lezione 10 Spumantizzazione e Vini Speciali;

Lunedì 17 Febbraio 2019, ore 20.00. Lezione di Approfondimento: Analisi olfattiva;

Lunedì 2 Marzo 2019, ore 20.00. Lezione 11 Acqua e bevande nervine;

Lunedì 9 Marzo 2019, ore 20.00. Lezione di Approfondimento: Le temperature di servizio;

Lunedì 16 Marzo 2019, ore 20.00. Lezione 12 Enogastronomia;

Lunedì 23 Marzo 2019, ore 20.00. Verifica della preparazione culturale e Tenico-Pratica finale;

Lunedì 30 Marzo 2019, ore 20.00. Verifica della preparazione culturale e Tenico-Pratica finale;

Data da definire, ore 20.00. Visita in azienda.

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Per ulteriori informazioni:
ASPI CAMPANIA
via Monte di Cuma 3, Pozzuoli (Na)
Tel. 081 804 6235
mail: napoli@aspi.it

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TREBICCHIERI® 2020, premiata la Falanghina Agnanum 2018 di Raffaele Moccia

3 ottobre 2019

Possiamo dirci doppiamente felici per il TREBICCHIERI® che la Guida ai vini d’Italia del Gambero Rosso ha voluto assegnare al vino di Raffaele Moccia¤, anzitutto perché premia ancora quest’anno un vino dei Campi Flegrei, tra l’altro prodotto da una delle aziende che più apprezziamo e sosteniamo sin dai suoi primi passi, ma anche perchè potremmo avanzare l’idea che in qualche maniera l’avevamo preannuciato solo poche settimane fa, proprio Qui su queste pagine, tracciando di questo duemiladiciotto un vero e proprio elogio dell’imperfezione perché molto lo avevamo apprezzato.

Riportiamo più o meno letteralmente: ”in questo base duemiladiciotto di Agnanum non sfuggono infatti alcuni tratti distintivi tipici dei vini di Raffaele, il colore paglierino sempre un po’ più carico del solito, il naso ampio e ricco di maturità espressiva, di frutto e di sensazioni empireumatiche, vieppiù quel sapore deciso, anche impreciso, che rimanda però immediatamente al suo territorio più che al manuale del piccolo enologo”.

Non c’è che dire, se non ché, per dirla rifacendosi alle parole di Rita Levi Montalcini, né il grado di conoscenza tecnica né la capacità di eseguire e portare a termine con precisione chirurgica il compito intrapreso sono i soli fattori essenziali per la buona riuscita e la piena soddisfazione personale. Insomma, ancora complimenti a Raffaele e Viva i Campi Flegrei!

Leggi anche L’uva e il vino di Raffaele Moccia Qui.

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Pozzuoli, Falanghina Campi Flegrei Sintema 2017 Cantine Babbo

23 settembre 2019

Durante tutto quest’anno abbiamo passato in rassegna un bel po’ di assaggi delle ultime annate prodotte dalle nostre parti qui nei Campi Flegrei, possiamo dire che in larga parte si tratta di vini davvero molto interessanti, molti di questi ben proiettati nel futuro ma anche caratterizzati, il più delle volte, da tanta franchezza, freschezza e leggerezza espressiva.

Campi Flegrei Falanghina Sintema 2017 Cantine Babbo - foto L'Arcante

Non ci è sfuggito il lavoro dell’azienda della famiglia Babbo che può vantare senza timore di smentita di essere stata tra le primissime nei Campi Flegrei ad imbottigliare vino doc, già nel 1995, ripetendosi poi nel 1996 e negli anni a seguire. Oggi, a distanza di quasi 25 anni, dopo un lungo e laborioso percorso di affiancamento con Vincenzo Mercurio¤, Tommaso ha affidato la parte enologica alla giovane figlia Alessia che siamo convinti saprà dare la giusta continuità al lavoro del papà mantenendo fede ai principi di franchezza e bevibilità che ne hanno sempre caratterizzato i vini.

Abbiamo quindi seguito con una certa attenzione i vini di Cantine Babbo, cogliendone a pieno il percorso di crescita già con l’ottimo Piedirosso Terracalda duemiladiciassette¤, ma anche con il lavoro portato avanti sui bianchi, tutti estremamente puliti e concreti, vini immediati e godibili; tra questi ci aveva piacevolmente colpito il bianco Harmoniae duemilasedici¤, alla sua prima uscita e prodotto in una manciata di bottiglie, appena 3500, provenienti da una selezione di Falanghina messa in bottiglia dopo una sosta un po’ più lunga sulle sue fecce fini.

Un lavoro riuscitissimo che però, per varie ragioni, non è stato possibile ripetere con l’annata successiva duemiladiciassette, per questo destinata tutta a questa seconda etichetta, Sintema, un bianco dalla trama essenziale, dal profilo olfattivo tenue ma varietale, caratterizzato da sentori di macchia mediterranea e di agrumi, solare e fruttato. Il sorso è secco, fresco e coinvolgente, scivola in bocca sottilissimo, con un sorso che tira l’altro, ci pare uno di quei bianchi imperdibili come aperitivo rinfrancante, leggero ma dal guizzo vivace, buonissimo, da portare in tavola con i più classici antipasti di mare della cucina flegrea, pensiamo all’Insalata di mare con sconcigli, alle Fragaglie fritte ma anche con Alici in tortiera

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L’elogio dell’imperfezione, Falanghina Campi Flegrei Agnanum 2018 e Vigna del Pino 2017 di Raffaele Moccia

9 settembre 2019

Persona per bene, discreta, assolutamente fuori dal coro, Raffaele Moccia non ha mai dovuto alzare la voce per farsi notare, men che meno i suoi vini, originali, talvolta imprecisi, sobri eppure profondi, quasi sempre fuori dai soliti circuiti di mercato e ciononostante percepiti come tra i più autentici (e contemporanei) in circolazione.

Falanghina Campi Flegrei Agnanum 2018 Raffaele Moccia - foto L'Arcante

Il vino si sa è un progetto di lunga proiezione, non a caso Raffaele ha da qualche anno riportato in produzione dei vecchi terrazzamenti nelle disponibilità di alcuni parenti che giacevano incolti ed in parte abbandonati, proprio lungo il costone che cinge l’Oasi del Parco degli Astroni, nel Comune di Napoli. Qui, l’anno scorso, a distanza di quasi cinque anni dai primi interventi si è tornati a raccogliere nuovamente Piedirosso e Falanghina che sono finiti in larga parte nelle due etichette prodotte fuori dalla doc¤, solo una piccola parte invece nel vino ”base” Agnanum che tanto apprezziamo. 

L’azienda arriva così a contare oggi circa 13 ettari e nonostante le difficoltà oggettive nella gestione del vigneto – qui si fa praticamente tutto a mano, ndr -, riesce a mantenere un profilo di autenticità ancora molto evidente; in questo ”base” duemiladiciotto non sfuggono infatti alcuni tratti distintivi tipici dei vini di Raffaele, il colore paglierino sempre un po’ più carico del solito, il naso ampio e ricco di maturità espressiva, di frutto e di sensazioni empireumatiche, vieppiù quel sapore deciso, anche impreciso, che rimanda però immediatamente al suo territorio più che al manuale del piccolo enologo.

Vigna del Pino rimane il suo piccolo capolavoro, un cru di Falanghina prodotto in appena un migliaio di bottiglie. Il duemiladiciassette, che uscirà solo a dicembre prossimo, è appena una spanna dietro al precedente duemilasedici¤, da noi benedetto come il miglior bianco mai prodotto da queste parti negli ultimi anni, ma non meno fiero, ossuto, volubile. E’ un bianco buono a bersi subito, celebrazione di un varietale presente in molti territori in Campania e al sud ma che qui nei Campi Flegrei, proprio in questi scorci metropolitani, dove la terra è vulcanica, piena di sfumature, riesce a conquistare una particolare complessità, ampiezza e profondità gustativa senza improvvide inutili sovrastrutture. Un vino ricco di frutto quindi, anche sgraziato, pure impreciso, ma che sa regalare però abbondanza di sensazioni.

Riprendendo le fila di quanto scolpito nella memoria dalle parole di Rita Levi Montalcini, potremmo ben affermare che né il grado di conoscenza tecnica né la capacità di eseguire e portare a termine con precisione chirurgica il compito intrapreso sono i soli fattori essenziali per la buona riuscita e la piena soddisfazione personale.

Leggi anche L’uva e il vino di Raffaele Moccia Qui.

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Campi Flegrei, Utopia compie 25 anni

3 settembre 2019

Tra un mese esatto, il 3 Ottobre prossimo, la doc Campi Flegrei¤ taglierà il nastro dei suoi primi 25 anni di vita, tanti sono quelli passati dal 1994 ad oggi, da quando cioè fu approvato il Decreto Ministeriale e poi decretata la denominazione di origine controllata sulla Gazzetta Ufficiale.

Avremmo voluto si fosse lavorato durante tutto questo lungo periodo anche per una formulazione di un assetto politico, sociale, produttivo maggiormente condiviso tra tutti i Comuni flegrei coinvolti, le istituzioni, i viticoltori e i produttori ma alla conta dei fatti, ahinoi, non lo riusciamo proprio a cogliere nella realtà. Ci troviamo invece a subire costantemente l’incapacità di fare sistema per colpa di qualcuno, quell’atavica propensione alla forzatura per spirito di sopravvivenza, del piccolo abuso per necessità, invisibile agli occhi di chi guarda perché ritenuto essenziale, la colpa degli altri come paracadute per se stessi.

Numeri alla mano stiamo parlando di nemmeno 1 milione di bottiglie, provenienti da poco più di 150 ettari vitati con terreni di forte caratterizzazione vulcanica, in larga parte piantati con varietà a bacca bianca tra le quali emerge perentoria la Falanghina, quella verace, poi il Piedirosso; un vino, quest’ultimo, sempre più protagonista delle tavole degli appassionati e per i critici più attenti non più figlio di un Bacco minore al cospetto delle altre produzioni regionali e nazionali. In entrambi i casi ci arrivano nei bicchieri vini di ricchi di personalità, identitari e distintivi e (quasi) sempre capaci di attraversare il tempo con discreta disinvoltura.

Stiamo parlando di un territorio abbastanza circoscritto, eppure ci sembra di vivere costantemente nell’utopia, abbagliati dall’ideale e strenuamente aggrappati alla storia antica, resistenti nella speranza di un progetto che però non riesce ad essere sino in fondo corale, scaldare profondamente gli animi, talvolta relegato a una più modesta aspirazione di pochi singoli se non del Masaniello di turno che, alla fine, alla resa dei conti, non riesce ad avere che una sua parziale, risicata, personalissima soddisfazione. Perché?

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Segnalazioni| Campi Flegrei Falanghina 2018 Azienda Agricola Piscina Mirabile

28 agosto 2019

Va prendendo sempre più forma e sostanza un’altra piccola realtà flegrea che ha il merito di preservare un piccolo angolo verde nel cuore del comune di Bacoli.

Campi Flegrei Flanghina 2018 Piscina Mirabile - foto L'Arcante

Proprio qui, nel centro città, a pochi passi dal mare, i fratelli Fabrizio e Rosario Scotto di Vetta conducono poco più di 2 ettari di terra in prossimità di via Pennata e sulla parallela via Poggio, entrambe le strade con affaccio direttamente sul mare antistante Punta Pennata e il Golfo di Baia. Il vigneto, qui si coltiva principalmente Falanghina con qualche filare di Piedirosso, è impreziosito qua e là da vecchi alberi da frutto e da antiche colture stagionali tra le quali fave e cicerchie che concorrono ad alimentare periodicamente la fertilità del terreno di origine vulcanica, ricco di ceneri, lapilli e pomici che contribuiscono a dare ai vini tratti caratteristici e distintivi.

Siamo in prossimità di Miseno, l’antica Misenum, a pochi passi dalla monumentale Piscina Mirabile, un’antica cisterna di epoca Romana destinata a raccogliere le acque provenienti dalle sorgenti di Serino che qui arrivava attraverso uno straordinario acquedotto lungo ben oltre 70 chilometri, acqua potabile destinata a rifornire la grande flotta imperiale stanziata proprio a Miseno, la Classis Praetoria Misenensis.

I Campi Flegrei, in questo caso Bacoli e il vicino comune di Monte di Procida non sono certo avari di scenari suggestivi, di terrazze e costoni scoscesi con vista mare dove la vigna diviene patrimonio straordinario, regalando sfondi di una bellezza unica imperdibile. Non è difficile da queste parti imbattersi in resti rupestri e vigne vecchie dal significativo valore storico, qui come in Via Bellavista, su ai ‘Pozzolani’ e ai Fondi di Baia, fin su via Panoramica a Monte di Procida con filari in alcuni punti che chiudono con strapiombi sul mare; da questi luoghi provengono vini bianchi e rossi con caratteristiche organolettiche molto interessanti, sono generalmente vini pronti, delicatamente profumati e dall’impronta gustativa sapida, ma anche capaci, in alcuni casi, di distendersi e attraversare il tempo con discreta disinvoltura.

Questa Falanghina duemiladiciotto ha una veste luminosa assai invitante, il colore è paglierino con accenni verdognoli, ha un primo naso caratteristico e inconfondibile: evoca sentori di macchia mediterranea, frutta a polpa bianca ma anche un piacevolissimo sentore di nespola. Il sorso è sottile e fresco, ne svela tutta la sua giovinezza, un po’ scomposto forse ma intrigante, vivace e sapido, con un finale di bocca piacevolmente amaro. Siamo dinanzi ad un bel bianco da aperitivo, da consumare magari su Frittelle di fiori di zucca oppure da portare in tavola con fresche Insalate di mare.

Azienda Agricola Piscina Mirabile
Via Piscina Mirabile, 63 Bacoli (NA)
Tel. 081 523 5174 – Cell: +39 328 806 8474 (Fabrizio)
Sito: http://www.piscinamirabilevini.com
E-mail: info@piscinamirabilevini.com
 

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Featuring, così cresce un territorio

17 luglio 2019

Con collaborazione musicale (identificata anche con il termine inglese featuring), si indica nell’industria musicale la collaborazione di un artista in una canzone solitamente eseguita da altri. Tale collaborazione può essere più o meno estesa e riguardare il solo ritornello o porzioni più ampie del brano.

Generazione Vulture

Prendendo spunto da alcuni riuscitissimi, tra gli ultimi ricordiamo l’accoppiata Rovazzi-Morandi che ha riscosso davvero un grande successo, che bello sarebbe raccontare di vino mettendo assieme due o più anime di un territorio pur caratterizzate tra loro da identità e storie diverse.

Di recente, qualcosa del genere nel vino accade ad esempio con Generazione Vulture, in Basilicata, ed il messaggio ci pare estremamente positivo per il futuro non solo dei vini di quella regione ma anche e soprattutto per i vini del sud. Ci sono state, e ci sono ancora in giro, diverse iniziative e prestigiose collaborazioni di vini fatti ”insieme”, ma iniziative corali come queste, dove ognuno conserva sì la propria unicità ma mette a disposizione degli altri e del suo territorio la propria storia e l’esperienza, riescono secondo noi a veicolare meglio il messaggio che non vuole e non deve essere esclusivamente di carattere commerciale ma bensì di promozione vera di tutto un areale nel suo insieme.

Che bello sarebbe, ad esempio, che anche in certi luoghi qui in Campania, in particolare in certe denominazioni spesso caratterizzate da piccole produzioni si potesse fare la stessa cosa. Solo così, forse, cresce meglio un territorio.

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Pozzuoli, Piedirosso Campi Flegrei 2015 Contrada Salandra

5 Maggio 2019

Negli ultimi dieci anni ci sono almeno due annate di particolare rilievo nei Campi Flegrei dalle quali sono nati dei veri piccoli capolavori da Piedirosso, la prima è stata la duemilaundici, la seconda è senza dubbio la duemilaquindici.

Piedirosso Campi Flegrei 2015 Contrada Salandra - foto L'Arcante

Due millesimi per così dire ”celebrativi”, a loro modo diversi ma che hanno consegnato uve di particolare pregio capaci di regalarci tante belle bottiglie e sensazioni che crediamo siano state di grande incoraggiamento per molti dei migliori produttori flegrei.

Due annate capaci di rivelare tutto lo straordinario potenziale del territorio e del Piedirosso, quest’ultimo finalmente libero di volare lontano dal cono d’ombra dell’Aglianico, rinnovato nel suo spirito sfrontato, con bottiglie dal taglio decisamente più moderno, rinvigorite dalla scoperta di non avere alcun bisogno di andare alla forsennata ricerca di ciccia e di sovrastrutture particolari per giocarsela con i migliori vini italiani, etichette capaci di valorizzare il loro tradizionale bouquet, anzitutto orizzontale, talvolta concentrico ma sottile e ficcante – anche quando non immediato come in questo caso -, eppure profondo, dal sorso vibrante, giovanile e arguto al tempo stesso, anzi, astuto per meglio dire.

Come il Piedirosso di Giuseppe Fortunato¤, vino dal colore rubino intenso, appena trasparente, dal naso inizialmente timido ma che, lentamente, si apre su sentori maturi ma molto invitanti, in un susseguirsi di fiori, frutta e sensazioni speziate, finanche eteree. Note di viola passita, ciliegia sotto spirito, balsami e spezie dolci, di incenso e polvere. Il sorso è rigoroso, a suo modo varietale, dalla beva estremamente piacevole, stuzzicante e dal finale di bocca asciutto. E’ da bere proprio adesso, con grande piacere, ma se non ora, quando?!

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No che non ce ne siamo scordati di Peppino Fortunato, della Falanghina Campi Flegrei 2016 di Contrada Salandra

20 aprile 2019

Mai i Campi Flegrei, il Piedirosso e la Falanghina hanno ricevuto tante attenzioni come negli ultimi 4 o 5 anni e mai così tanti appassionati e addetti ai lavori appaiono letteralmente innamorati ogni giorno di più di questo straordinario territorio e questi vini finalmente apprezzati in tutto e per tutto quel che rappresentano per storia, tradizione e bontà!

Grande merito va certamente a taluni produttori che da anni lavorano duramente per migliorarsi, capaci di scrollarsi di dosso limiti tecnici e colturali azzerando stereotipi finalmente superati. Negli ultimi sei mesi di visite, chiacchiere, approfondimenti, assaggi ripetuti, ci viene d’obbligo ribadire che la vendemmia duemilasedici a Pozzuoli, Bacoli, Monte di Procida, Marano e sulle colline più prossime a Napoli ha per certi versi delineato uno spartiacque, una sorta di punto e a capo, una linea temporale dalla quale ripartire con grande slancio, dopodiché nulla più può essere considerato come prima, non solo per i rossi, anzi, in particolar modo per i bianchi, proprio per quella Falanghina che, non scordiamolo, numeri alla mano, continua a tirare instancabilmente la carretta di tutto il comparto, anche per una piccolissima realtà come quella di Peppino Fortunato¤.

Silente e riflessivo com’è nella sua natura, Peppino ha continuato nella sua opera di recupero e valorizzazione della vigna di famiglia, poco più di 4 ettari tra Monterusciello e Licola, nel cuore dei Campi Flegrei, nel comune di Pozzuoli, dove da poco più di quindici anni ha affiancato alla vocazione dell’apicoltura la coltivazione e la produzione di vini esclusivamente con i due vitigni tipici del territorio, Piedirosso e Falanghina con risultati di tutto rispetto.

I suoi vini hanno sempre un profilo organolettico austero, sono ricchi di personalità, minerali e pieni di tensione gustativa, sono per questo generalmente vini ”da aspettare”, poco avvezzi cioè alle necessità impellenti di mercato tant’è che entrambi vengono abitualmente commercializzati dopo almeno un anno e mezzo/due di affinamento in bottiglia, un tempo quasi necessario per lasciarli distendere prima poterne cogliere tutta la matrice territoriale.

Qui i terreni sono perlopiù sabbiosi, di origine marcatamente vulcanica, per niente sorpresi quindi nel ritrovarci nel bicchiere una Falanghina Campi Flegrei  duemilasedici di grande personalità, dal colore paglierino luminoso e maturo, ampio al naso e vibrante al palato. Le uve di questo angolo della Costa cumana coltivate a poche centinaia di metri in linea d’aria dal mare, sanno donare vini di personalità e caratterizzati da tanta freschezza, pienezza e sapidità, a questo giro, in questo vino, particolarmente centrate.

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Non a caso Settevulcani, la Falanghina dei Campi Flegrei 2017 di Salvatore Martusciello

10 aprile 2019

Abbiamo salutato con grande piacere il ritorno in campo flegreo di Gilda e Salvatore Martusciello, era l’estate di tre anni fa, ne scrivemmo qui¤ e ancora prima qui¤ non appena uscito il Gragnano della Penisola Sorrentina Ottouve.

Falanghina Campi Flegrei Settevulcani 2017 Salvatore Martusciello - foto L'Arcante

Si stava scrivendo una nuova pagina importante qui nei Campi Flegrei e mancava un pezzo di questa nuova mappatura del territorio flegreo, diciamo che mancava quel bel pezzo che riporta sostanzialmente alle origini, dove tutto ebbe inizio in larga parte proprio grazie all’impegno della famiglia Martusciello di cui Salvatore detiene in mano, ben salde, le redini della storica vocazione.

Con Gilda, sua moglie, hanno così ripreso il filo della storia e dopo il Gragnano, l’Asprinio, toccava riprendere a produrre i vini flegrei, il Piedirosso e la Falanghina, con l’etichetta Settevulcani. Il comprensorio puteolano vive così un grande momento di rilancio vitivinicolo, dalle coste del vallone di Toiano¤ e del Lago d’Averno¤ alle colline di Cigliano¤ o dello Scalandrone¤ ricche di lapilli emergono stupende vigne rigogliose, baciate dal sole, così suggestive da rimanerci a bocca aperta, consegnateci da una tradizione millenaria e da una vocazione unica e rara finalmente interpretate con sapienza e rispetto. Senza dimenticare le coste di Agnano¤, a ridosso del vulcano Solfatara e Monterusciello¤ e Cuma dove, proprio all’interno del Parco Archeologico dei Campi Flegrei, Salvatore coltiva e produce le uve che danno vita ai suoi vini così persistenti, vulcanici!

Siamo infatti all’interno di una immensa caldera in stato di quiescenza con numerosi vulcani sparsi sul territorio, a nord-ovest di Napoli. Qui, su questi terreni bruni e sabbiosi le vigne sono a piede franco*, una vera rarità per il vigneto italico; la fillossera, l’afide che distrusse l’intera viticoltura europea tra la fine del ‘800 e l’inizio del ‘900 del secolo scorso, qui muore per asfissia, quindi le viti sono allevate, si può dire, praticamente come duemila anni fa, cioè sulle proprie radici (franco di piede, ndr) contrariamente a gran parte del resto d’Italia e d’Europa dove precauzionalmente invece è necessario innestarle su una radice americana resistente alla fillossera.

Sono infatti anzitutto autenticità, freschezza e mineralità i tratti che più caratterizzano il Settevulcani duemiladiciassette, vino bianco dal colore paglierino, con un discreto corredo olfattivo perlopiù floreale e di frutta appena matura, agrumi e poi albicocca. Il sorso è asciutto, sinuoso e persistente, fedelissimo alla tipologia, dal finale di bocca corroborante e piacevolmente sapido!

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( * ) Piede franco, non innestata su vite americana Qui.

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