Avevo un nodo in gola, e come non potevo: dispiaciuto, commosso, rattristito per la scomparsa di una persona così cara e stimata. Avevo però necessità di rifletterci un po’ su, capire se fosse realmente importante ch’io scrivessi due righe, un pensiero. Così quasi senza pensarci mi son ritrovato a bere nuovamente questo splendido bianco flegreo.
Bene ha fatto qui Luciano Pignataro a riprenderne, in poche chiare righe, la specchiata figura umana e professionale; aggiungo che con la scomparsa di Gennaro Martusciello si chiude dalle nostri parti davvero un’epoca: quella dei pionieri, di coloro i quali avevano come riferimento del mestiere praticamente solo se stessi, il più delle volte costretti, loro malgrado, solo a sognarlo ciò che avrebbero veramente desiderato fare in cantina, dei loro vini; più semplicemente, era necessario fare ciò che andava fatto e nel miglior modo possibile, senza troppi grilli per la testa.
Eh sì, perché quando più o meno vent’anni fa, fuori dai confini regionali, a malapena si era affacciato il greco di Tufo di Mastroberardino, qualche volta il Taurasi, a Quarto si cominciava a ragionare anche sulla falanghina e il piedirosso dei Campi Flegrei: “poveri, ma belli” venivano chiamati (e forse lo sono tutt’ora). Senza contare i primi, incontenibili successi commerciali del rilanciato Gragnano della Penisola Sorrentina o dell’Asprinio d’Aversa fermo e spumante. L’avrete letto centinaia di volte, qui come altrove, un leit motiv pedissequo, quasi stancante, che però pare non bastare mai: “la famiglia Martusciello, che tanto ha contribuito al rilancio vitivinicolo regionale e alla valorizzazione dei vitigni autoctoni campani”. Certo, nei fatti però, non a chiacchiere. E senza dover rincorrere etichette evocative, battaglie bioqualchecosa, sintomatologie naturali. E Gennaro Martusciello in tutto questo, e in molto altro, ha avuto un ruolo cruciale, fondamentale.
Una persona, prima che enologo, stimatissima dall’ambiente; e pur non potendo andare oltre, non ho l’età per maggiori elogi personali – c’ho parlato troppe poche volte, molto di più coi suoi vini -, ho sempre avuto la sensazione come fosse un uomo in tutto e per tutto calato ostinatamente nella sua dimensione: un grande talento, finissimo tecnico e profondo conoscitore della materia, imbrigliato però da una realtà produttiva difficilissima e complicata, misconosciuta, sin da subito dura, talvolta talmente cruda che solo la malattia che l’affliggeva riusciva ad essere più desolante. Un uomo vulcanico don Gennaro, come la sua terra, costretto nella morsa di un malessere che l’ha accompagnato praticamente tutta la vita, segnandolo profondamente nel fisico ma non nell’intelletto, nell’invidiabile talento professionale; un uomo del sud che proprio come la sua terra ha dovuto faticare il doppio, anzi il triplo per emergere, affermarsi. Sì, perché Gennaro Martusciello un riferimento lo è diventato lo stesso, lui con tutta l’azienda di famiglia Grotta del Sole; un esempio per tanti, seguito, emulato, contrastato addirittura, ma un riferimento assoluto, per giovani e vecchie leve di enologi, ma anche di produttori, e non solo in Campania.
E così che saggiando questo Coste di Cuma 2010, oltre a saltarmi al naso bellissimi toni primaverili, con ricordi di macchia mediterranea e poi un sapore asciutto e lungamente sapido, mi ritornano perentorie le parole di Salvatore Martusciello che, lo scorso dicembre, quando mi ha dato questa bottiglia per sapere cosa ne pensassi mi fa: “siamo convinti che sia l’inizio di una nuova epoca in Grotta del Sole, questo duemiladieci del Coste pare condensare tanti degli sforzi che abbiamo fatto sulla falanghina dei Campi Flegrei negli ultimi vent’anni”. E bicchiere alla mano ne sono convinto anch’io, con poco o nulla da aggiungere se non che mi piace, con questa convinzione, pensare a quanto potesse essere felice zio Gennaro di sapere finalmente compiuto un percorso così duro lungo quasi vent’anni, grazie al quale, oltre a lui e ai suoi fratelli, nei vini dei Campi Flegrei hanno imparato a crederci in tanti, e a saggiarli, con attenzione e rispetto, in molti di più.
Questo articolo esce anche su www.lucianopignataro.it.
Tag: assoenologi campania, big picture, coste di cuma, falanghina campi flegrei, gennaro martusciello, grotta del sole, luciano pignataro, piedirosso, pozzuoli, quarto, vinicola flegrea
27 febbraio 2012 alle 13:59 |
Se n’e’andato un grande.
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5 marzo 2012 alle 17:54 |
Con piacere riceviamo e pubblichiamo il ricordo dell’Assoenologi Campania firmato dal Presidente Roberto Di Meo ed il Vice Presidente Massimo Di Renzo.
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Scrivere di una persona scomparsa é cosa difficile. Scrivere di un amico che ci ha lasciati lo é ancora di più . Molti ricorderanno i suoi meriti professionali, a me piace ricordare l’amico, perché tale era, sincero, schietto, immediato, chiunque avrebbe voluto conoscerlo. Amava il suo lavoro, amava il mondo del vino, quel vino che considerava vivo e da coccolare. E quell’amore lo ha poi trasferito in tutti quei campi nei quali poteva mettere a frutto la sua grande cultura e il suo profondo senso pratico. Fu proprio il vino, anzi l’Assoenologi a farci incontrare in una delle tante riunioni tecniche di aggiornamento a metà degli anni ottanta. Gennaro a quel tempo militava in Assoenologi con passione e voglia di rinnovamento. Per l’immagine della sezione Campania, ha realizzato il congresso nazionale dell’associazione per ben tre volte, durante la sua carica di presidente dal 1999 al 2006. Nell’arco della sua vita numerosi sono stati gli allievi, gli studiosi o i colleghi che si sono rivolti a lui, per un consiglio o un aiuto. Era un autentico maestro con un grande seguito nel mondo enologico. Era ironico ma fermo, aperto a tutti ma selettivo con le idee. Caro Gennaro, ci mancherai tanto.
Roberto Di Meo
Presidente Assoenologi Campania.
Abbiamo perso un pilastro storico della cultura vitivinicola. Gennaro era una persona genuina, sincera, schietta, corretta e leale, sempre e comunque. E’ stato per lungo tempo presidente dell’Assoenologi regionale, affermando, in tempi difficili per il settore, la figura dell’enologo come professionista indispensabile per accrescere la qualità dei vini e per lo sviluppo del nostro territorio. Proprio per questo teneva molto all’aggiornamento professionale e amava seguire corsi di formazione e aggiornamento in tutte le parti del mondo, nonché organizzarli per la sua sezione. Non amava mettersi in mostra, era amico di tutti e disponibile sempre con tutti. Profondo conoscitore delle materie enologiche era e sarà sempre per tutti gli enologi campani un punto di riferimento. Rimane un esempio unico di umiltà e passione per il suo lavoro di enologo. Grazie Gennaro per l’esempio che ci hai dato.
Massimo Di Renzo
Vice Presidente Assoenologi Campania.
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13 gennaio 2014 alle 12:05 |
[…] destinata a dare uva per il vino di punta dell’azienda Grotta del Sole¤, il Coste di Cuma¤ appunto; 2 ettari circa condotti con una certa attenzione colturale – praticamente in regime […]
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12 agosto 2015 alle 09:01 |
[…] sentirsi un po’ tutti orfani del delicato momento di riflessione della famiglia Martusciello¤, da sempre motore dei Campi Flegrei. Insomma, il Santo è passato e la festa non è mai iniziata, […]
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23 Maggio 2016 alle 09:01 |
[…] e alle contraddizioni del nostro tempo. Una doc che molto deve al lavoro della famiglia Martusciello¤ e che oggi vanta numerosi interpreti ognuno dei quali capace a suo modo di essere un riferimento di […]
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30 luglio 2016 alle 07:27 |
[…] Un ricordo di Gennaro Martusciello¤. […]
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21 febbraio 2019 alle 07:01 |
[…] stato un uomo vulcanico zio Gennaro¤, proprio come la sua terra, costretto nella morsa di un malessere che l’ha accompagnato […]
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