Il Piedirosso o Per é palummo dei Campi Flegrei (così chiamato per il caratteristico colore rosso porpora del graspo, simile al piede di colombo) è un vitigno a bacca rossa allevato in tutta l’area flegrea e seppur rappresenti nella totalità solo il 12% dell’area vitata, ha origine antichissima ed era spesso decantato come nettare prelibatissimo già da Plinio nella sua Naturalis Historiae, e molte successive ampelografie lo accostavano a vitigni come il dolcetto piemontese o il refosco dal peduncolo rosso friulano, ma sicuramente le caratteristiche che questo nobile vitigno esprime nei Campi Flegrei sono uniche se non rare.
E’ un vitigno che presenta delle caratteristiche ampelografiche particolari, cresce innanzitutto su piede franco, cioè non è innestato su vite americana, sistema necessario tutt’oggi per difendere le vigne dall’attacco della fillossera, un afide, capace di marcire le radici delle viti che soprattutto all’inizio del secolo scorso ha causato notevoli catastrofi in tutto il mondo; è una delle uve più difficili da gestire nel ciclo vegetativo, bisogna saperlo domare e curarlo costantemente; tende a produrre molto legno e le sue radici sembrano non stancarsi mai di andare in profondità nel terreno alla ricerca di elementi nutritivi, è rustico e vigoroso, caratteristiche queste che stanno facendo dibattere molto anche sui sistemi di allevamento applicabili alla sua conduzione in vigna.
Lo “Spalatrone Puteolano” o la “Raggiera Bassa” sono sistemi certamente da non replicare che tendono proprio ad esaltare queste velleità del vitigno ma la concezione moderna di “rinnovamento” o addirittura di un nuovo impianto richiede almeno 10 anni prima di ottenere risultati degni di nota e questi tempi lunghi in vigna hanno giocoforza la meglio su chi punta a cogliere nel vino l’aspetto puramente commerciale scoraggiando investimenti adeguati su questo vitigno anche in virtù dei pochissimi ettari vocati (e quindi rinnovabili) presenti sul territorio delimitabili in poche aree tra le quali lo Scalandrone, il Lago d’Averno, e parte delle Coste di Cuma nei comuni di Bacoli e Pozzuoli e la Collina dei Camaldoli nel comune di Napoli.
Per definizione vi è convinzione generale che il territorio a ridosso delle coste nel comune di Monte di Procida sia per elezione il terroir ideale per questo vitigno, ma qui è stato negli anni sistematicamente abbandonato a favore della Falanghina e vitigni di poco valore, confidiamo quindi nel grande lavoro di recupero che sta portando avanti in loco Gennaro Schiano di Cantina del Mare.
Il frutto ha certamente carattere, ha grappoli spargoli ed acini ben spessi pertanto resistenti ad attacchi di malattie che possono generare muffe o marciume. Conferisce al vino, soprattutto dopo un breve affinamento profumi finissimi di fiori rossi e frutta matura senza mancare in sfumature eteree affascinanti ed accattivanti; il vino ha solitamente corpo leggero e poco tannico pur senza mancare però di carattere e propensione ad una evoluzione positiva nei suoi primi 3-5 anni dalla vendemmia. Non dimentichiamo che proprio per queste sue caratteristiche di finezza ed eleganza in alcune altre aree di produzione vinicola della nostra regione il Piedirosso viene spesso associato in uvaggio con altre uve proprio come elemento migliorativo ed attenuatore, per esempio della tannicità dell’Aglianico, con cui sembra condividere un binomio superlativo, si pensi al Falerno del Massico, si pensino i vini di Roccamonfina e di alcune aree del Sannio-Beneventano.
Non manca però chi, con caparbietà e soprattutto conoscenza non ha mai perso la retta via puntando sulla valorizzazione del Piedirosso anziché ripiegare sull’impianto di varietà rosse per certi versi più redditizie o magari di votarsi solo alla Falanghina, di solito più generosa e come non mai negli ultimi anni più facilmente collocabile sul mercato. E’ pur vero che negli ultimi anni anche qui nei Campi Flegrei sembrano venire fuori aziende come funghi ma non si può non tenere conto che questo fermento è il risultato di una gestazione lunga e travagliata che solo grazie alla tenacia e alla coscienza di pochi ha potuto oggi vedere la luce.
Ci sono nomi e cognomi che rappresentano una realtà viva e protesa al futuro con uno slancio entusiasmante, c’è la storia e l’esperienza di circa 20 anni di vendemmie alle spalle della Famiglia Martusciello di Grotta del Sole, un patrimonio da salvaguardare e valorizzare, da vivere con rispetto e non da antagonisti, la lunga militanza di profondi conoscitori del territorio come Michele Farro, c’è l’ideale terroiristico di Luigi e Restituta Di Meo che con il loro piccolo gioiello, La Sibilla in poco più di un lustro hanno saputo affermare il valore delle piccole vigne.
A ruota hanno saputo seguirli Giuseppe e Sandra Fortunato di Contrada Salandra, Antonio Iovino alle pendici del Vulcano Solfatara e Raffaele Moccia di Agnanum che ha un vigneto straordinario proprio a ridosso del Parco degli Astroni, e sempre da queste parti non passa inosservato il lavoro di riconversione avviato da qualche anno dalla Famiglia Varchetta che soprattutto con il nuovo marchio Cantine Astroni ed il grande lavoro di Gerardo Vernazzaro stanno mietendo consenso e successi e consolidando quella consapevolezza che Campi Flegrei non può in nessun modo essere considerata una denominazione minore e che il Piedirosso ha più futuro di quanto si possa riuscire a scorgere all’orizzonte.
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Tag: antonio iovino, bacoli, campi flegrei, cantina del mare, cantine astroni, contrada salandra, enologo, gerardo vernazzaro, grotta del sole, la sibilla, monte di procida, per e'palummo, piedirosso, pozzuoli, raffaele moccia, vino
11 gennaio 2010 alle 17:12 |
[…] certamente di più alte rese commerciali, trebbiano, barbera e montepulciano su tutti(continua a leggere qui sapere tutto sul piedirosso […]
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4 giugno 2010 alle 14:46 |
[…] lavica e fuoco che nei Campi Flegrei nutrono Per ‘e Palummo e Falanghina, iodate dal mare del golfo, inasprite dalle terre di tufo, l’Averno come […]
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30 agosto 2010 alle 12:21 |
[…] storia e tradizione e non solo ricca e basta. Nasce dalle vigne di piedirosso, qui come nei Campi Flegrei e Ischia chiamato per e’palummo, di proprietà dell’antico Convento di S. Michele […]
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15 settembre 2010 alle 21:52 |
[…] ecco perchè mentre scrivo incrocio le dita! Lo stesso sarà anche per i 10-12 quintali di piedirosso che verranno dalla piana più alta del cratere, dove lo scorso anno ho iniziato a vinificare a […]
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25 settembre 2010 alle 13:05 |
[…] ben conservato, 12 anni e non svanire, un altro tassello sul percorso storico-liquido del Piedirosso dei Campi Flegrei, conservate gente, […]
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10 dicembre 2010 alle 11:27 |
[…] Il 2008 è la rappresentazione esemplare di quegli obiettivi, prima la terra, poi l’uva, quindi l’uomo, capaci di interagire ma in nessun modo di superarsi; Un millesimo, qui come altrove nei Campi Flegrei, specchio di quell’anima, tutta flegrea, appannaggio di pochissimi sul territorio che del territorio ne ha tessuto la storia e si propongono oggi più che mai di salvaguardarla e valorizzarla. E parlo dello storico, fondamentale coinvolgimento della famiglia Martusciello, del silenzioso ma efficacissimo lavoro dei Di Meo piuttosto che la maniacale ricerca di Gerardo Vernazzaro, ma anche della rincorsa dei vari Antonio Iovino o di Cantine del Mare. Oggi il piedirosso sembrerebbe avviato ad arrivare sulla bocca di tutti, o meglio, da più parti si spinge affinchè sia proprio questo rosso tutto nostrano a soppiantare il fallimento – solo temporale – del più nobile dei vitigni campani, l’aglianico. E’ il piedirosso o dover riscaldare gli animi, a fare da apripista al ben più austero e longevo aglianico, il chiavistello per scardinare le maglie, sempre più intricate, di un mercato in persistente agonia e perennemente oppressivo sulle esigenze che hanno invece certi rossi da invecchiamento. Per qualcuno insomma, la cosiddetta manna dal cielo, ma si badi bene, e questo è un monito, non un semplice invito, non si tenti di fare di questo straordinario vitigno un figlio di puttana qualunque da prostrare ai piedi dell’ignorante di turno, soprattutto perchè è in terra flegrea, dove giace in gran parte ancora a piede franco, che meglio riesce, più di qualunque altro luogo in Campania, ad esprimere la sua verità varietale. […]
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9 aprile 2013 alle 16:39 |
Buonasera, chiedo aiuto e spero di aver risposta…frequento la specialistica di enologia ad Asti e ho deciso di proiettare una presentazione basata sul piedirosso,oltre alle informazioni che sto cercando di raccogliere su questo vitigno mi servirebbe una piattaforma ampelografica in cui compare anche il piedirosso..purtroppo non riesco a trovare niente quindi mi chiedevo se potreste aiutarmi. Grazie
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9 aprile 2013 alle 16:53 |
Non sono sicuro di aver capito bene di cosa ha bisogno, ma se cerca maggiori informazioni sul vitigno o ha domande specifiche che vorrebbe rivolgere magari ad un produttore locale indirizzarla a qualcuno…
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13 gennaio 2014 alle 07:54 |
[…] varietà di uva estremamente interessante e come ha già sottolineato in un interessante articolo pubblicato sul suo blog il sommelier Angelo Di Costanzo, é “un vitigno a bacca rossa allevato in tutta l’area flegrea […]
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3 ottobre 2014 alle 00:01 |
[…] Il Piedirosso¤ […]
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16 dicembre 2019 alle 09:26 |
[…] territorio flegreo è da sempre ben inteso come la culla della Falanghina¤ e del Piedirosso¤, due varietali autoctoni straordinari che qui assumono caratteristiche e tipicità così uniche […]
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