Appena qualche giorno fa vi ho raccontato di una spelndida serata¤ vissuta tra amici in quel dell’Abraxas¤ a Pozzuoli dove ci eravamo riuniti, di piacere e di gusto, per bere del buon Pinot Nero. Entusiasti di come era andata quella cena, ci eravamo ripromessi di rivederci appena possibile per un nuovo appuntamento, stavolta centopercento bianchista; tra un sms e l’altro, è venuto fuori di puntare una dozzina di fiches bottiglie sul fiano.
Premessa: Qualcuno avrà pensato di apparire troppo originale nel portare con se bottiglie non Irpine, cosicchè alla fine ci siamo ritrovati con 11 vini dei quali 10 Fiano di Avellino ed uno solo, Il Cumalè di Pasquale e Betti Mitrano di Casebianche, del Cilento. Vatti a fidare del buon intuito…
Prologo: ognuno si è preoccupato di procurare almeno tre bottiglie di vino, opportunamente celate da carta stagnola e decapsulate. Al momento dell’arrivo a casa di Gerardo ed Emanuela sono state consegnate nelle mani di una persona che successivamente non ha partecipato alla degustazione (e neppure siedeva tra noi) che ha provveduto a numerarle e poi di volta in volta a consegnarle alla tavola. Tutto questo pragmatismo, sia ben chiaro, non è stato messo su per ostentare certe “pippe mentali” sulla tecnica della degustazione alla cieca (che tanto ci piace ma che in queste serate preferiamo relegare al noncipuofregardemeno!) ma piuttosto perchè se divertimento doveva essere volevamo che lo fosse fino in fondo.
Questo il risultato a latere di un piacevolissimo convivio tra Amici di Bevute; la sequenza dei primi cinque vini esprime quello che potremmo definire “il podio”, in base ad una loro valutazione in termini di franchezza, integrità e piacevolezza. Gli altri vini, alla luce di quanto espresso, vengono ritenuti praticamente alla pari seppur alcuni di essi ci sono apparsi in chiara difficoltà, qualcuno addirittura rovinato.
Fiano di Avellino 2008 Colle di San Domenico, un vino davvero delizioso, assai piacevole, di una freschezza memorabile ed una franchezza incredibile. Ci ha conquistati tutti, all’unanimità e senza riserva alcuna. Dal bellissimo colore cristallino ai profumi freschi e profondamente varietali, alla distanza anche di una particolare ampiezza ed eleganza. L’impressione è di una materia prima di altissimo lignaggio e molta poca tecnica in cantina se non lo stretto necessario, da manuale insomma.
Fiano di Avellino Exultet 2008 Quintodecimo, della serie, già un classico? I vini di Luigi Moio come pochi riescono a dividere (non si capisce perchè :-)) ma come pochissimi altri riescono ad esprimere una tale perfezione tecnica. Un vino infinito, impressionante per la materia che esprime, in bocca più che al naso. Dal bellissimo colore paglierino carico, al naso è carezzevole e suadente, intenso, ampio e profondo, giocato su di una eleganza di rara fittezza. E’ buono, ma buono per davvero, come il pane!
Fiano di Avellino Pietracalda 2009 Feudi di San Gregorio, tecnicamente perfetto, molto piacevole, nessuna sbavatura. Ottimo compagno a tutto pasto di grasse bevute, nessun sussulto se non il pensiero di come in Feudi di San Gregorio stiano percorrendo una strada di crescita qualitativa costante, espressa a mani basse da una gamma di vini, ormai prodotti in quantità certamente industriale ma che difficilmente risultano inaffidabili. Per palati al primo approccio con il varietale, ammiccante.
Fiano di Avellino Colli di Lapio 2007 Romano Clelia, l’annata calda non l’aiuta certamente ad esprimere il meglio di se, di un terroir assolutamente d’elezione per il varietale e senz’altro di riferimento per il movimento bianchista in Campania, ma val bene l’assaggio. Il colore è un tantino surmaturo, già tendente all’oro, il naso è un effluvio di sensazioni dolci, molto piacevoli a dire il vero, ma guai a lasciare andare la temperatura sopra la soglia ottimale dei 10-12 gradi, il ventaglio olfattivo ai più potrebbe risultare stucchevole se non addirittura spiacevole. Buono il palato, manchevole in profondità, non in acidità.
Fiano di Avellino 2009 Cantina Astroni, il padrone di casa naturalmente non ha resistito alla tentazione di infilare in batteria una delle sue bottiglie. Sulla falsa riga del Fiano di Colle di San Domenico abbiamo ritrovato in questo vino estrema piacevolezza. Naso molto invitante, palato pulito, fresco, di gran bella beva. Non un vino lunghissimo in bocca, ma certamente impossibile da confondere. Ottimo passaggio, di certo il pensiero che questo è solo il secondo anno nel quale Gerardo si cimenta in tutto e per tutto nella vinificazione di Fiano di Avellino è foriero di ottimi auspici per il futuro aziendale, soprattutto perchè le uve hanno origine in un’areale ben esposto della denominazione, a Montefalcione.
A margine, come detto, Il Vintage 2002 di Mastroberardino (risultato di tappo), il Cumalè 2009 di Casebianche che non ci ha convinti ma siamo certi che si sia trattato di una bottiglia poco espressiva. Nando Salemme ci ha tenuto a sottolineare che ne aveva goduto appena la sera prima ed era di tutt’altra pasta, io stesso ho avallato tale opinione essendo un convinto fan dei vini¤ di Pasquale e Betti Mitrano. Il Vigna Pezze 2007 di Struzziero invece non è per niente pervenuto: un vino decisamente greve, assolutamente inespressivo, ma qui la qualità della bottiglia c’entra poco.
Ci è dispiaciuto invece non aver potuto godere e dissertare di Bambinuto, piccola realtà (in verità specializzata sul Greco di Tufo) in buona crescita, ma la bottiglia di Fiano aperta ci ha letteralmente sconvolto: crediamo essersi trattato di un serio problema che speriamo non comune ad altre bottiglie in giro, il vino era praticamente rancido, il colore sull’ambrato, assolutamente svanito al naso.
Una considerazione a parte meritano i due Fiano di Avellino di Ciro Picariello e Guido Marsella, entrambi 2006 ed inaspettatamente relegati – ad unanimità – in fondo alla classifica. Del valore dei due “winemaker” ne abbiamo piena coscienza soprattutto per la ventata di nuovo ideologico sul varietale (addirittura avvicinabile – in certe annate – al Riesling della miglior Mosella¤) che sono stati capaci di affermare soprattutto negli ultimi quattro-cinque anni in Campania; non è da meno l’enorme considerazione che nutriamo per il terroir di Summonte che i suddetti, con i propri vini, rappresentano in maniera più che egregia, in certe annate davvero con esecuzioni eccezionali; questa omogeneità espressiva però sembra tanto una costante di primissimo pelo nelle grandi annate quanto un limite invalicabile in quelle definite “minori”.
Di Picariello rimane indimenticato indimenticabile il 2004, di Guido Marsella oltre al vino, la sua storia personale che lo ha consegnato ad esso e immediatamente consacrato come il “rookie” più interessante dell’ultimo ventennio; una storia contornata tra le altre cose da una passione infinita, tanto da farlo decidere di rompere col passato per tuffarsi, letteralmente, in vigna.
Insomma, il millesimo 2006 non è stato per niente tenero con il fiano e la diluizione del frutto che si palesa nei bicchieri non ci offre certo spunti di riflessioni entusiastiche, ma per dirla tutta, un semino di assennatezza lo vogliamo lanciare: è proprio tutta colpa dell’annata o c’è dell’altro? Inoltre, questo limite, siamo disposti in tutto e per tutto ad accettarlo accontentarci o tecnicamente si potrebbe fare di più? E cosa direste se vi avessero detto che prima di berle queste stesse bottiglie avreste dovuto aspettarle almeno per tre-quattro anni, con tale risultato nel bicchiere?
Hanno partecipato al convivio, per precisione di cronaca: il sottoscritto, Vanna Ambrosino e Nando Salemme (ristoratori, il secondo sommelier professionista), Emanuela Russo (sommelier), Lilly Avallone (sommelier professionista), Gerardo Vernazzaro (enologo), Rosaria Fiorillo (sommelier) oltre che alcuni Amici di Bevute particolarmente appassionati.
Tag: angelo di costanzo, bambinuto, ciro picariello, colle di san domenico, exultet, feudi di san gregorio, fiano di avellino, gerardo vernazzaro, guido marsella, irpinia, luigi moio, mastroberardino, nando salemme, quintodecimo, sommelier, struzziero
26 luglio 2010 alle 08:30 |
Ciao Angelo, come mai non avete preso la stessa annata per tutti? Ma veramente i Fiano di Ciro e Guido annata 2006 sono risultati fanalino di coda?
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26 luglio 2010 alle 09:00 |
Ciao Lello, avrei voluto che fossi stato li per vedere le nostre facce; In merito alla selezione non c’è stata nessuna “scelta”, infatti se leggi attentamente a questo pezzo c’è una premessa: “ognuno si è preoccupato di procurare almeno tre bottiglie di vino, opportunamente celate da carta stagnola e decapsulate”.
Nessuno di noi conosceva i vini se non le due-tre bottiglie che aveva portato con se.
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26 luglio 2010 alle 10:51 |
hanno conquistato il podio due vini completamente diversi , due interpretazioni in antitesi , il primo colle di san domenico , interpretazione minimalista e purista, il secondo exultet di Quintodecimo pensato,studiato figlio di un idea-progetto vino chiara e riuscita, vino ineccepibile di grande finezza,come enologo preferisco la seconda, ma come bevitore senza dubbio la prima!
GV
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26 luglio 2010 alle 11:37 |
Io ne berrei il primo per piacere, il secondo per soddisfazione!
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26 luglio 2010 alle 11:02 |
Leggendo queste note di degustazione si tende a sminuire quanto si dice di questi due nuovi volti del Fiano di Avellino. Qui a Roma Marsella è giù un cult, di Picariello non saprei, ma facendo un po’ di ricerca sul web se ne legge solo bene. Cosa è successo?
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26 luglio 2010 alle 11:36 |
Quello che può succedere in questi casi Claudio, non sempre si è all’altezza, prestanti.
Magari una bottiglia poco fortunata, una evoluzione difforme, una precipitazione inaspettata, una cattiva gestione del millesimo.
Ahimè il vino si conferma sempre spunto di grandi riflessioni sulla materia tecnica, da qualcuno banalizzata, ma in certi casi indispensabile: a patto che non si voglia correre il rischio di aprire una “griffatissima” scatola di un (reso) famoso gioielliere e trovarvi mera bigiotteria!!
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26 luglio 2010 alle 11:41 |
Aggiungo: appena la sera dopo, ho avuto il piacere di sedere a tavola con alcuni dei giovani enologi più in gamba che abbiano in Campania, per una session sul Sauvignon, 25 per la precisione, da tutto il mondo.
Io avevo portato con me uno dei più preziosi Blanc Fumè prodotti in Francia, Loira, (zona d’elezione per il suddetto) il Pur Sang di Didier Dagueneau, convinto che potesse suscitare clamore. Beh, alla cieca è venuto fuori tutt’altro, premiando l’ottimo Venica e Venica ed un delizioso Saint Claire della Nuova Zelanda!
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27 luglio 2010 alle 12:55 |
Ciao a tutti, anche io sono sorpreso della defaiance di Picariello, non sono esperto quanto Angelo e Gerry, ma il Fiano di Picariello per me e’ il solco da seguire lo standard da “copiare” tanto che d’accordo col produttore stiamo pensando di organizzare una verticale a partire dal 2000. Per quanto riguarda Moio gran vino che pero’ secondo me si accosta poco al disegno ideale di Fiano, e poi inaccostabile per prezzo/qualita’ agli altri.
Comunque mi fido di cio’ che avete percepito tutti voi nella degustazione.
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27 luglio 2010 alle 13:25 |
Ciao Salvatore, nel post è tutto scritto ben chiaro, il Fiano di Picariello piace anche a me, non certo quel 2006 bevuto martedì scorso: era, tra gli undici, mestamente anonimo.
Su Moio credo che il dibattito sia infinito, sul disegno ideale del Fiano poi non ne parliamo, credo che tra vent’anni forse potremmo parlarne, la costanza è un elemento che manca a tutti i produttori campani, e nessuno, tranne forse Mastro si può permettere di vantare una esperienza capace di scrivere nel tempo una qualità ineccepibile.
Nel vino, come per molti altri comparti economici esiste il “caro” ed il “costoso”, una differenza sostanziale che non tutti sono capaci di intelleggere.
Ciao
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27 luglio 2010 alle 16:56 |
Non è condivisibile quanto riportato da queste righe, che trovo fuori traccia, per non dire deliranti, in merito ad uno dei vini più buoni mai prodotti in Campania. Il Fiano di Ciro Picariello è assolutamente al di sopra di ogni suddetta considerazione.
Buona giornata
P.S.: spero che pubblichiate questo commento.
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27 luglio 2010 alle 18:06 |
Gentile Veto (il nickname usato è tutto un programma),
Non trovo utile censurare commenti, e non è nello stile di questo blog; Del resto la sua osservazione è talmente di parte che mi sovvien il dubbio di una leggera frustrazione, intelletta soprattutto nelle ultime parole del suo inutile intervento.
Ritenere un vino, pur buono (ma non il 2006 bevuto!), “assolutamente al di sopra di ogni suddetta considerazione” credo sia assolutamente al di fuori di ogni ragionevole considerazione :-).
E buona lettura, quantomeno so di annoverarla tra gli augusti lettori del diario enogastronomico di un sommelier!
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27 luglio 2010 alle 19:09 |
Da irpino, certo è che vedere relegati Picariello e Marsella in fondo alla classifica mi sembra un po’ eccessivo, soprattutto leggendo di altri nomi in batteria. Quali sono le mancanze riscontrate i tali vini?
Lorenzo
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28 luglio 2010 alle 20:41 |
Permettetemi un intervento. Anche se alcune etichette sono diventate dei cult, non credo si debba pretendere da esse il primato ad ogni millesimo, soprattutto quando trattandosi di piccole cantine, non si riesce ad ottenere quella continuità tecnica di cui parla Angelo. Sono fan ed appassionato di Marsella, conosco benissimo il 2004 e 2006, e sicuramente il secondo non è paragonabile al primo, quindi ben si accetti se in una batteria alla cieca, giudicata da esperti, non abbia un scheda da capoclassifica. A mio parere va aggiunto che i suddetti 2006 di Marsella e Picariello, presi singolarmente al di fuori di una batteria in cui c’era contesto migliore, sicuramente non “dispiaccono” anche se non rappresentano la loro migliore espressione.
Mi corregga Angelo se sbaglio.
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28 luglio 2010 alle 22:32 |
Ciao Ale, grazie per il tuo intervento, molto interessante. Molti non riescono a capire il concetto di piacere che è LA PRIMA QUALITA’ CHE DEVE AVERE UN VINO.
Quello che tu affermi è certamente condivisibile ma sino a quanto non si riuscirà ad uscire fuori dai paradigmi dettati dalle proprie fisime e dalle proprie “pippe mentali” la tua affermazione “non credo si debba pretendere da esse il primato ad ogni millesimo” passerà sempre secondo piano.
Per il resto, del limite tecnico non ne ho colto solo io la defaiance e questo ci dovrebbe far riflettere, me in primis, su quando poniamo certi vini come figli di un tempo e di una evoluzione senza limiti.
Angelo Gaja, uno dei più illustri produttori di vino in Italia afferma senza smentita che il vino tanto è più grande quando imperfetto. Ipse dixit!
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29 luglio 2010 alle 18:52 |
Il 2006 di marsella l’ho bevuto non più di un mesetto fa e, sinceramente, l’idea che mi sono fatto è – in parte – diversa. Ma in ciò – lo dico subito – pesa una certa inclinazione personale.
Provo a spiegarmi meglio e a capire insieme a voi…
A quanto pare, l’annata 2006 è stata “difficile”, specie per il freddo e per l’abbondanza delle precipitazioni nei momenti topici; difficoltà che produttori a certe alture come Marsella potrebbero aver pagato maggiormente. E questo spiegherebbe – forse – una certa diluzione del frutto che, in effetti, mi sembra abbastanza evidente.
Ciò nonostante – ma qui, ripeto, entra in gioco soprattutto il gusto personale – ho apprezzato certe sfumature minerali che ne fanno un bianco tagliente e, personalmente, sarei curioso di provarlo ancora tra qualche tempo.
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29 luglio 2010 alle 19:29 |
Ale il tuo pensiero è quello che io volevo dire considerando questi vini degustati singolarmente. Per l’evoluzione sono un pò scettico, ma proveremo tra un annetto.
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2 agosto 2010 alle 15:07
E’ bere alla cieca che spariglia le carte in tavola… pardon, i vini nei bicchieri.
Nessuno dei convenuti per esempio si aspettava un così entusiastico riscontro di un vino assolutamente sottovalutato come il Fiano di Colle di San Domenico.
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2 agosto 2010 alle 15:08 |
@AleMarra: Ho letto la tua rece, ma perchè è così complicato lasciare un commento su Stralci!!! 🙂
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3 agosto 2010 alle 12:42
Non conosco il fiano di colle san domenico, anzi mi riprometto di provarlo…
Per il resto “la cieca” rimane il modo migliore per capire…
Onore agli “amici di bevute” perchè una serata così merita, molto!
Complicato commentare? Sì, un pochino… Conto di traslocare al più presto…
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