Ci si deve andare a Castel Campagnano, per capire bene, cogliere a pieno tutto lo splendore che certe bottiglie riescono solo appena a sussurrare.
A Peppe Mancini e Manuela Piancastelli¤ sono occorsi diversi anni per chiarire per bene di cosa si parlava quando versavano copiosi calici pallagrello bianco e nero e casavecchia ai curiosi che si avvicinavano al loro stand in fiera; qualcuno li aveva vivamente consigliati di cercarseli e starli a sentire, di assaggiare e riprovare i loro vini – il Fontanavigna¤, il Le Sèrole, l’Ambruco¤, il Centomoggia¤-, che dalla Campania qualcosa di nuovo, diverso, davvero particolare sembrava venir fuori alla grande.
Un cammino lungo di cui oggi beneficiano in molti: la scoperta, la valorizzazione, la fermezza nel cercare di dare a questi vitigni misconosciuti pari dignità degli altri già da tempo sulla scena, una carta d’identità che addirittura per un momento sembrava impossibile potessero avere, additati come fuorilegge, trattati alla stessa stregua di sigarette da contrabbando.
Radici profonde e valori assoluti, oltre la bottiglia di vino, oltre questa o quella etichetta. Una lotta vera e propria. Vinta, per nostra fortuna. Anche per questo vale la pena passarci da queste parti, per respirarne l’aria, sentire l’odore di questa terra, assaporare quanta fatica, quanta anima, quanto carattere c’è dietro ognuna di queste bottiglie. Toccare con mano una realtà tanto solida quanto affascinante quando suggerita liquida. Pontelatone, Castel di Sasso un po’ come Radda o Castellina in Chianti: tutto può essere.
Il tempo l’anello mancante. Mancava a noi appassionati, non certo a Peppe e Manuela, o Luigi Moio che li segue da sempre in cantina. Loro sin da subito ci hanno creduto, alla buona prospettiva dei bianchi come e più dei rossi, dell’Ambruco, del Centomoggia. Vini di grande appeal sin da subito, deliziosi i bianchi, succosi i rossi ma ancora poco conosciuti al cospetto del tempo passato.
Proprio su queste pagine appena qualche anno fa scrissi di una verticale se vogliamo storica per il Centomoggia¤, vissuta proprio assieme a loro e qualche altro amico là in cantina a Squille. Sei annate tra le quali però mancava proprio il 2009, ancora in affinamento nei legni; l’ho saggiato poi l’anno scorso, senza trarne francamente un giudizio definitivo: lo trovai ‘immaturo’, ‘incazzato’ quasi.
Oggi, dopo un anno, ha voluto dimostrarmi che non ce l’aveva con me; voleva solo starsene un po’ per conto suo. Sottile, invitante, mediterraneo, finissimo il naso: è balsamico, sa di violetta, marasca e liquerizia che ritornano perentorie all’assaggio. Il sorso è pacato, nerboruto ma senza le velleità di alcuni millesimi indietro, né l’increspatura colta l’anno scorso. Ecco, il valore del tempo, dell’attesa. L’indomani ho aperto un 2004, che se non fosse stato per una chiusura di bocca lievemente amara sarebbe là a giocarsela alla grande. Di raffinata piacevolezza, si dice in perfetto stato di grazia.
Tag: ambruco, caiazzo, casavecchia, castel campagnano, centomoggia, fontanavigna, le serole, manuela piancastelli, pallagrello bianco, pallagrello nero, peppe mancini, pontelatone, squille, terre del principe
29 aprile 2013 alle 10:50 |
Da parte mia condivido tutto il grande entusiasmo e…..anche per puro campanilismo inviterei tutti a votare la loro bella etichetta che dovrebbe avere buone possibilità di vincere l’oscar del vino:basta collegarsi al sito Bibenda .FM.
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30 aprile 2013 alle 14:47 |
Caro Angelo, grazie del bel racconto su questa nostra avventura. Certo, il tempo è fondamentale e non solo nel vino, una volta si diceva che il tempo è galantuomo. Ma è un galantuomo senza ipocrisie: se dietro l’apparenza c’è sostanza la esalta, altrimenti senza pietà ti condanna. Se penso a quanto lavoro abbiamo fatto insieme, e in questo insieme metto anche tutte le persone che come te hanno condiviso questo percorso di rigore, passione e un pizzico di follia, credo davvero che sarebbe stato impossibile fare di più in così poco tempo. Mi sembra impossibile che solo dopo poco più di un decennio si parli di Pallagrello e Casavecchia come di uve importanti….è bello sapere che il destino di qualcosa è dipeso da noi. Ti fa sentire parte di un tutto, di una terra, di un suono, di un odore, di una memoria e di un futuro nel quale tu ci sei. E sei già, nel tuo piccolo, immortale. Grazie ancora, di cuore. Manuela
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30 aprile 2013 alle 19:20 |
Pochi in Italia negli ultimi vent’anni hanno fatto così tanto e di decisivo nel vino come te e Peppe e questo nessuno può negarne l’evidenza. Chapeau!
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26 settembre 2013 alle 10:33 |
[…] vino tra l’altro premiato praticamente da tutti in quegli anni e che ha segnato il boom¤ di questo vitigno al pari dei suoi conterranei pallagrello bianco e […]
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26 settembre 2013 alle 10:34 |
[…] vino tra l’altro premiato praticamente da tutti in quegli anni e che ha segnato il boom¤ di questo vitigno al pari dei suoi conterranei pallagrello bianco e […]
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27 dicembre 2013 alle 00:02 |
[…] dell’anno. Terre del Principe, Campania¤. Perchè quella di Manuela Piancastelli e Peppe Mancini viene sempre dipinta come una favola […]
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13 giugno 2016 alle 08:04 |
[…] Il Casavecchia di Terre del Principe¤. […]
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2 settembre 2018 alle 10:38 |
[…] della pergola casertana dove ‘’rinascono’’ il casavecchia¤ e la pallarella nera¤ e bianca¤; in realtà sono queste uve che nemmeno risultano negli albi ufficiali poiché spesso […]
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8 aprile 2019 alle 15:53 |
[…] Leggi anche Centomoggia, il Casavecchia di Terre del principe Qui. […]
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