Posts Tagged ‘pallagrello nero’

Segnalazioni| A gennaio tre nuovi seminari #ASPIATHOME con Angelo Di Costanzo

16 dicembre 2020

Dal 26 Gennaio proseguono gli appuntamenti #aspiathome con 3 nuovi interessantissimi incontri sulla Campania Felix, alcuni dei suoi territori e i suoi vitigni, con Angelo Di Costanzo, Food&Beverage Manager e Sommelier. Durante gli incontri verrà degustato un vino che rappresenta le tipicità del vitigno o territorio oggetto della lezione, con l’intervento in diretta del produttore.

26 Gennaio – ore 20.30 – Le Terre del Fiano, con la Signora del Fiano Clelia Romano. Il racconto di uno dei vini di maggior successo dell’Irpinia, in provincia di Avellino, culla di tre straordinarie docg che proprio qui a Lapio serba una storia memorabile: una terra questa storicamente vocata all’aglianico ma che ad un certo punto si scopre vestita di bianco, sino a diventare patria e mito del Fiano di Avellino, grazie anche al coraggio e alla storia di donne del vino come Clelia Romano, per tutti la Signora del Fiano. Degustazione di Fiano di Avellino con Clelia Romano e Carmela Cieri.

2 Febbraio – ore 20.30 – Le Terre del Pallagrello e Casavecchia, c’era una volta un Principe. E’ una storia incredibile quella che proveremo a raccontare, proveniente dalla provincia di Caserta. Un viaggio che comincia proprio come una favola senza tempo, attraversando gli ultimi vent’anni immersi in un territorio unico e particolare, dalle tante anime, di cui racconteremo i vitigni Pallagrello bianco e Casavecchia. Degustazione del Terre del Volturno Casavecchia Centomoggia di Terre del Principe, con Manuela Piancastelli e Peppe Mancini.

9 Febbraio – ore 20.30 – Il Taurasi, il giovane grande rosso dell’Irpinia. L’aglianico è un vitigno di particolare pregio che qui, in questo territorio straordinario, situato nel cuore dell’Irpinia, trova una casa ideale; il vino Taurasi ha una grande storia che Antico Castello prova a ripercorrere con un vino moderno e proiettato nel futuro. Degustazione di Taurasi di Antico Castello con il produttore Francesco Romano.

Non perdete questa occasione di avere un sommelier ed un produttore a casa vostra, fate domande, soddisfate le vostre curiosità affidandovi ai professionisti per il migliore approccio al vasto e meraviglioso mondo della sommellerie.

Iscrivendovi a questo percorso alla scoperta dei territori e dei vini della Campania riceverete comodamente a casa le tre bottiglie che degusterete insieme al sommelier. Questo percorso ha un costo di 105€ (90€ per i soci in regola con la quota 2021).

Iscriversi é molto semplice, basta mandare una mail a info@aspi.it che fornirà tutte le modalità per partecipare. Ad iscrizione confermata, vi verrà fornito il link a cui potrete seguire la diretta, nel giorno prestabilito, con l’app Zoom. Non perdete questo speciale approfondimento sulla Campania e continuate a seguirci, sono in arrivo altri interessanti appuntamenti.

© L’Arcante – riproduzione riservata

Le Terre del Principe gentiluomo

10 luglio 2014

Siamo portati a ricordare il frate Dom Perignon come l’inventore dello Champagne. Un po’ come ai Biondi Santi viene riconosciuto il merito di aver creduto nel successo del Brunello di Montalcino ed alla famiglia Matroberardino, tutta, la conservazione ed il rilancio della viticultura campana in Italia e nel mondo.

Manuela Piancastelli e Peppe Mancini

A Peppe Mancini, fondatore di Terre del Principe, va dato atto della scoperta e la valorizzazione di vitigni pressoché sconosciuti fino agli anni ’90, il Pallagrello¤ bianco e nero¤ e il Casavecchia. Così ha dato il via alla rinascita di un intero territorio sino ad allora praticamente sconosciuto agli appassionati del vino. Un slancio che in pochi anni ha visto numerose aziende seguire le orme dell’azienda di Squille.

Ecco, ogni tanto non guasterebbe fermarsi un attimo, alzare la testa, guardare lontano, sussurrare un grazie.

Oggi nella mappa del vino campano c’è dell’altro, diversamente buono ed emozionante che va celebrato, magari sottovoce, in maniera semplice come piace fare da sempre a Peppe e Manuela a cui dedico questo mio piccolo pensiero dopo aver bevuto ieri l’altro un loro meraviglioso Centomoggia¤ 2006, assaggio che mi ha subito riportato alla mente una piacevole serata¤ dell’autunno 2008 passata assieme.

Grazie per aver consegnato agli annali la vostra bella storia d’amore e a noi i meravigliosi vini di Terre del Principe¤.

© L’Arcante – riproduzione riservata

Del Casavecchia Centomoggia 2009 di Terre del Principe: l’attesa, il ritorno, la grazia di sempre

27 aprile 2013

Ci si deve andare a Castel Campagnano, per capire bene, cogliere a pieno tutto lo splendore che certe bottiglie riescono solo appena a sussurrare.

Manuela Piacastelli - foto M. Fermariello

A Peppe Mancini e Manuela Piancastelli¤ sono occorsi diversi anni per chiarire per bene di cosa si parlava quando versavano copiosi calici pallagrello bianco e nero e casavecchia ai curiosi che si avvicinavano al loro stand in fiera; qualcuno li aveva vivamente consigliati di cercarseli e starli a sentire, di assaggiare e riprovare i loro vini – il Fontanavigna¤, il Le Sèrole, l’Ambruco¤, il Centomoggia¤-, che dalla Campania qualcosa di nuovo, diverso, davvero particolare sembrava venir fuori alla grande.

Un cammino lungo di cui oggi beneficiano in molti: la scoperta, la valorizzazione, la fermezza nel cercare di dare a questi vitigni misconosciuti pari dignità degli altri già da tempo sulla scena, una carta d’identità che addirittura per un momento sembrava impossibile potessero avere, additati come fuorilegge, trattati alla stessa stregua di sigarette da contrabbando.

Peppe Mancini e Manuela Piancastelli

Radici profonde e valori assoluti, oltre la bottiglia di vino, oltre questa o quella etichetta. Una lotta vera e propria. Vinta, per nostra fortuna. Anche per questo vale la pena passarci da queste parti, per respirarne l’aria, sentire l’odore di questa terra, assaporare quanta fatica, quanta anima, quanto carattere c’è dietro ognuna di queste bottiglie. Toccare con mano una realtà tanto solida quanto affascinante quando suggerita liquida. Pontelatone, Castel di Sasso un po’ come Radda o Castellina in Chianti: tutto può essere.

Il tempo l’anello mancante. Mancava a noi appassionati, non certo a Peppe e Manuela, o Luigi Moio che li segue da sempre in cantina. Loro sin da subito ci hanno creduto, alla buona prospettiva dei bianchi come e più dei rossi, dell’Ambruco, del Centomoggia. Vini di grande appeal sin da subito, deliziosi i bianchi, succosi i rossi ma ancora poco conosciuti al cospetto del tempo passato.

Le Etichette di Terre del Principe

Proprio su queste pagine appena qualche anno fa scrissi di una verticale se vogliamo storica per il Centomoggia¤, vissuta proprio assieme a loro e qualche altro amico là in cantina a Squille. Sei annate tra le quali però mancava proprio il 2009, ancora in affinamento nei legni; l’ho saggiato poi l’anno scorso, senza trarne francamente un giudizio definitivo: lo trovai ‘immaturo’, ‘incazzato’ quasi.

Oggi, dopo un anno, ha voluto dimostrarmi che non ce l’aveva con me; voleva solo starsene un po’ per conto suo. Sottile, invitante, mediterraneo, finissimo il naso: è balsamico, sa di violetta, marasca e liquerizia che ritornano perentorie all’assaggio. Il sorso è pacato, nerboruto ma senza le velleità di alcuni millesimi indietro, né l’increspatura colta l’anno scorso. Ecco, il valore del tempo, dell’attesa. L’indomani ho aperto un 2004, che se non fosse stato per una chiusura di bocca lievemente amara sarebbe là a giocarsela alla grande. Di raffinata piacevolezza, si dice in perfetto stato di grazia.

Bianco e Nero

14 dicembre 2011

Il bianco è un colore, ma senza tinta, per questo per definizione è detto “acromatico”. Il nero invece è la totale assenza di colori. Eppure giurerei di averne almeno due, di bianco e di nero intendo, pienamente espressivi, ricchi di sfumature, sovrapposizioni, come due facce della stessa medaglia, quasi una dicotomia.

Il bianco è generalmente il colore della purezza, ma anche di una resa; bianco può essere detto un suono, una pagina, addirittura un’arma. Ma non questo mio bicchiere di Pallagrello Fontanavigna 2010, bianco per definizione eppure avvenente, seducente, invitante nelle sue nervature chiaramente gialle paglierino; luminosissimo. Da questa terrazza poi, con questo panorama così suggestivo qui a Castel Campagnano, a Terre del Principe, pare risplendere tutta la luce del sole, oggi inaspettatamente caldo e avvolgente. 

Il primo naso sa di glicine e gelsomino, poi lentamente si apre su lievi e piacevolissimi sentori di mela, mandarino e buccia di lime, poi ancora di albicocca e macchia mediterranea. Il timbro gustativo è moderno e vivace, pronunciato su una fresca acidità ma ben sostenuto da un corpo importante e agile al tempo stesso: la beva infatti è piuttosto sapida, senti il vino attaccarsi al palato eppure scivolare via con estrema gradevolezza, in attesa di un altro sorso, e un’altro ancora. Una delle più buone versioni di sempre, in questo momento davvero in grande equilibrio e corrispondenza gustolfattiva.

Il nero, si sa, solitamente è usato con una connotazione negativa: un giorno è nero quando tutto va storto, un periodo nero non lo vorrebbe mai nessuno, il dolore è nero, la sofferenza è nera; ma per fortuna vi sono anche decine di altri significati che ne danno una visione più bonaria e senza scomodare culture e arti figurative orientali, dove il nero assume valori assoluti a noi sconosciuti, ci basti pensare per esempio all’eleganza: il nero infatti, è da sempre considerato sinonimo di estrema eleganza, e così questo Pallagrello Nero Ambruco 2009, vino rosso che non esagero a definire di rarissima eleganza.

Il colore è  inchiostro, quasi viola sull’unghia del vino, denso, impenetrabile. Il primo naso è intriso di sentori balsamici di estrema finezza; poi, senza nemmeno troppo a spasso nel calice, si apre su chiare fragranze di frutti neri, spezie e note cioccolatose: ribes, confettura di mirtilli, tabacco, fondente anzitutto. Un rosso di grande spessore l’Ambruco, con una continuità espressiva che pare non avere fine, se non quando scivola via dal calice anche l’ultima goccia. In bocca è subito avvincente, lo capisci subito che è un vino importante, si distingue per il tessuto di tannini docili e di notevole finezza, ben fusi ad un frutto sempre in primo piano e che tutt’uno regalano un sorso di particolare fittezza, eleganza, equilibrio e profondità. Una infinita sorprendente conferma!

Intervallo. Il vino, il sogno di una vita, la felicità

4 settembre 2011

Verticali e Orizzontali

20 luglio 2011

Una settimana all’insegna dell’enigmistica, quella disegnatami da amici poco amici – in preda a tautologia compulsiva -, da avvenimenti che val la pena buttare subito alle spalle nonché da algoritmi incomprensibili, quelli che regolano il mondo 2.0, per me ancora troppo lontani dall’essere colti. Mi rimane da fare quello che son capace di fare: bere e raccontare.

Ci sono occasioni nelle quali ci si domanda cosa portare in tavola: fa caldo, tremendamente caldo, eppure bisogna rimediare con qualcosa. E’ il caso di magiare leggero, talvolta piatti freddi senza fronzoli né ambizioni particolari; un pomodoro, forse due, una mozzarella – o perché no -, dei filetti di tonno di quelli seri, una manciata di rucola, un filino d’olio extravergine e via così. Beh, semmai ci scappasse un tentativo – di quelli seri però – di vitello tonnato saremmo, come si dice, a cavallo; ma chi s’accontenta, si sa, gode lo stesso.

Opportuno non trastullarsi troppo per la scelta del vino, ma chi ha un pizzico di malizia non può non tentare l’asso nella manica, un rosato di quelli per niente banali da trattare oltretutto con i guanti: una scelta arguta, una giocata d’astuzia; un rosato color buccia di cipolla, delicato, esile a prima vista, ma fino e verticale nei profumi quanto nella vivace e ficcante beva. Quando bello fresco. No, non è affatto magro come si può pensare, qui il sangiovese è di quelli di primissimo piano, minuto ma di grandissima levatura, tanto da avere bisogno di stare a lungo in bottiglia, dice Franco Biondi Santi. Per contro rimane per poco, molto poco, nel vostro bicchiere. Si pensa al Rosato di Toscana Tenuta Greppo 2007 di Biondi Santi.

Invece certe sere a cena ti toccano piatti solidi, compositi, verrebbe da definirli variegati oltre che variopinti; vengono in mente linee orizzontali attraverso le quali si distendono moltitudini di profumi e sapori importanti ma non decisivi gli uni sugli altri; uno spartito complesso ma non di difficile esecuzione. Piatti ruvidi, talvolta salsati, che offrono spigolature accentuate pur senza eccessi sofisticati.

Si ha bisogno quindi di un vino florido, grasso, magnifico nel suo ego ma non raccapricciante per personalità; un rosso ricco, abbondante, copioso di frutta macerata e spezie fini, ferace di sensazioni uniche e votato a conquistare la pienezza gustativa, non necessariamente la profondità. Un sorso quasi principesco, snob per qualcuno, maledettamente efficace per altri; un bere disincantato prosperoso, robusto, quasi ammiccante. Si parla di casavecchia e pallagrello nero, in parte surmaturi, del Terre del Volturno Vigna Piancastelli 2008 di Terre del Principe.

L’estate in rosa, drink pink made in Campania

30 Maggio 2011

L’estate è alle porte. Converrebbe, come del resto avviene da sempre in Francia, accantonare per qualche tempo i grandi rossi – due/tre mesi, non di più – e pensare di dare più ampio respiro, oltre ai soliti noti ed insoliti bianchi, ai vini rosati (o rosé, che fa più chic!). A cercarne bene ultimamente se ne trovano di molto interessanti. In Campania così come altrove in Italia.Vi propongo quindi, in due uscite, una breve selezione maturata discorrendo delle bottiglie che più mi hanno conquistato in questo primo scorcio di stagione. Quest’anno, come nei programmi, ho continuato a dare ancora più spazio al bere rosa nei miei precetti, assaggiando e provandone parecchi, proponendoli oltretutto  in carta anche con una nuova posizione, nelle primissime pagine, cosicché da renderli tutti subito individuabili da parte dell’avventore appassionato alla tipologia; giuro che prima o poi la mia carta dei vini ve la presento, frattanto però eccovi tra le etichette prescelte, quelle che ritengo più interessanti e meritevoli della vostra attenzione.   

Aglianico del Taburno Rosato Le Mongolfiere a San Bruno 2010 Fattoria La Rivolta. Pensi al Taburno e la mente corre subito ad aglianico opulenti e indelebili; cominciamo col dire invece che questo rosato rappresenta ancora un colpo a segno per la splendida azienda di Paolo Cotroneo, riesce a coniugare forza evocativa e freschezza da vendere; prodotto da sole uve aglianico, del Taburno appunto, è vibrante ed efficace dal primo naso all’ultimo goccio calato nel bicchiere. Interessante anche in virtù del fatto che si propone non solo sul breve ma anche capace di reggere discretamente il tempo, anche un paio d’anni; buono da bere anche su piatti importanti. Il nome rievoca un episodio realmente accaduto a Torrecuso nel giorno di S. Bruno che vide piombare in Fattoria, in contrada La Rivolta, praticamente sbucate dal nulla, due mongolfiere planate dal cielo per toccare con mano – si disse – le splendide colline ammirate dall’alto. 

Campania Rosato Pedirosa 2010 La Sibilla. Eh sì, mi piace vincere facile; del resto quando si gioca in casa le probabilità di portare a casa il risultato sono sempre più alte. Piedirosso dei Campi Flegrei vinificato sapientemente in bianco con una brevissima macerazione del mosto sulle bucce, sicuramente uno dei più riconoscibili in riferimento al varietale; offre un naso rispettoso dei cardini classici del vitigno e della tipologia, inizialmente soave poi man mano più ampio e complesso: floreale passito, fruttato dolce e minerale, quasi sulfureo; la beva è carezzevole, giustamente secca, breve ma efficace. Da spendere sulla più gustosa delle zuppe di pesce del golfo. A trovarne naturalmente (di zuppa di pesce buona, intendo)!

Lacryma Christi del Vesuvio Rosato Vigna Lapillo 2009 Sorrentino. Benny Sorrentino non accetta compromessi, cosicché i suoi vini, quelli impressi nel fuoco dei lapilli vulcanici del monte Somma e nell’hinterland vesuviano, riposano almeno sei mesi prima di uscire sul mercato. Questo rosato duemilanove ha un colore piuttosto insolito per la tipologia, ricco e compatto, il vino è intriso di note di frutta rossa polposa e sbuffi di macchia mediterranea, si concede con un sorso intenso, ricco, minerale, che infonde al palato freschezza e consistenza. Ottimo lavoro direi, e gran bella beva; nasce da un marriage di piedirosso con una piccola percentuale di aglianico, lo consiglio di sovente sui carpacci di pesce o sul risotto agli agrumi, ma si può tranquillamente pensare di berlo anche con le carni, purché non stracotte o troppo sugose.

Paestum Aglianico Rosato Vetere 2010 San Salvatore. Poco o altro da aggiungere alla recensione già passata su queste pagine qualche settimana fa, se non l’efficace controprova avuta da allora dai numerosi clienti a cui l’ho proposto che hanno molto apprezzato soprattutto l’impostazione frutto/carattere voluta da Peppino Pagano e, naturalmente sottintesa, da Riccardo Cotarella. Aglianico di gran levatura allevato nei dintorni di Cannito, in pieno Cilento; anche in questo caso un vino polivalente, da non pensare di bere solo sul pesce, pur raccomandandone l’uso su quello grigliato.

Roseto del Volturno 2010 Terre del Principe. Pallagrello e casavecchia, non poteva essere altrimenti in casa di Manuela Piancastelli e Peppe Mancini, abituati come sono – e come ormai ci aspettiamo che facciano – a fare le cose per bene e nei modi e nei tempi giusti. Ritorno volentieri a raccontare di loro, in verità l’avrei potuto anche fare prima, conservo infatti diversi appunti su una mini verticale di Vigna Piancastelli, ma aspetto di limarne qua e là alcuni concetti, ne scriverò quindi a tempo debito. Adesso spazio a questo delizioso vino uscito per la prima volta l’anno scorso e riproposto in gran forma con il 2010. Il colore è forse il più bello tra quelli presentati in questa batteria: ricco, luminoso, invitante. Il naso è un po’ sfuggente ma non manca certo sui fondamentali sentori floreali e fruttati; non facile da cogliere a freddo ma molto interessante la sottile linea speziata che si insinua non appena si alza di qualche grado la temperatura di servizio; ma, sia chiaro, pensateci solo per gioco: questo vino, come tutti gli altri raccomandati qui, beveteli belli freschi, l’estate è alle porte e vestire di rosa il vostro bicchiere sta a significare anche mettere per un po’ da parte le fisime dei sbevazzatori col termometro!

Una o due annotazioni in chiusura. E’ chiaro che la Campania può cimentarsi con buona capacità sulla tipologia, a patto però che non corra nella direzione sbagliata. Leggi banalizzazione ed omologazione. Per fare un buon vino rosato bisogna partire da un progetto serio e meticoloso, che guardi nel tempo ad una prospettiva certa e non solo al momento commerciale favorevole; quindi anzitutto uve sane e atte a tale scopo, poi tutto il resto che non sto nemmeno a sottilineare. Oltre ai vini segnalati in questo post vi sono altri che meriterebbero di essere raccontati ma ai quali era opportuno mettere avanti chi non avesse ancora avuto spazio su questo blog. Bene per esempio anche il Rosato di Tenuta San Francesco, e restando in tema tintore, pure quello di Alfonso Arpino di Monte di Grazia seppur ancora troppo scomposto nella fase gustativa: it needs time!

Qui il drink pink made in Italy.

Vendemmia 2010, le previsioni in provincia di Caserta nelle Terre del Volturno e Roccamonfina

16 settembre 2010

di Gennaro Reale, enologo di Fattoria Selvanova a Castel Campagnano, Masseria Starnali a Roccamonfina nonchè collaboratore in Vigna Viva.

L’annata 2010 si è manifestata un poco strana all’inizio ma poi pian piano sta venendo fuori molto bene. La maturazione delle uve si è lentamente evidenziata in maniera molto eterogenea, l’aglianico in particolare è emblematico per come si differenzia da areale in areale, si pensi per esempio che in Cilento credo che non si arriverà nemmeno alla fine del mese (settembre, ndr) mentre in Irpinia come è già noto si arriverà, in alcuni casi, sino a novembre inoltrato. Detto ciò, mi sento di affermare con certezza che per i bianchi sarà una gran bella annata, in alcune zone l’andamento fresco ha permesso una maturazione lenta ma particolarmente regolare, ed i ritardi, ove registrati, hanno permesso o stanno permettendo alle uve di giovarsi di importanti escursioni termiche tra giorno e notte che insistono tra l’altro già da qualche settimana.

Le Colline Caiatine e le Terre del Volturno, provincia di Caserta. I terreni qui sono ricchi di argilla con una buona dotazione calcarea ed organica (usiamo nutrire i suoli esclusivamente con gli scarti delle potature ed il letame bovino, il cosiddetto compost). Sono terreni molto resistenti alla siccità, ma nelle ultime tre annate – soprattutto ’07 e ’08 – abbiamo avuto notevole stress idrico che ha fatto andare in disidratazione soprattutto le piante più giovani mentre quest’anno l’andamento stagionale più fresco e piovoso ha permesso ai terreni di fare scorta d’acqua in abbondanza e quindi di essere rigogliosi ed equilibrati anche nel periodo più caldo agostano. Confido quindi in un grande pallagrello bianco, guardando al passato, mai sono riuscito a vendemmiare dopo il 15 settembre, per via dell’accumulo eccessivo di zuccheri ed il conseguente crollo dell’acidità, ma quest’anno invece il quadro analitico è equilibratissimo, e la maturità aromatica piuttosto spinta promettono un pallagrello bianco da ricordare negli annali, estremamente ricco e complesso: solo a vederne i mosti sono già contentissimo. Anche il pallagrello nero promette ottimi risultati, ma per il momento è opportuno rimanere alla finestra, sarà utile aspettare ancora qualche settimana per avere una perfetta maturità fenolica prima di raccoglierlo dalla pianta! L’aglianico sta benissimo, le poche spaccature dell’acino che c’erano si sono rimarginate rapidamente e queste belle giornate permettono ai grappoli la giusta areazione, importantissima per questa varietà tanto sensibile quanto prelibata.

Roccamonfina, provincia di Caserta: Masseria Starnali, di cui mi occupo, ha circa 30 ettari tutti a conduzione biologica di cui 6 vitati, in una delle zone più suggestive della denominazione, non a caso confinanti con Fontana Galardi, a circa 500 m slm e proprio alle pendici del vulcano spento di Roccamonfina. Qui  i terreni sono sciolti con affioramenti di roccia vulcanica e lapilli, denotando comunque una discreta percentuale di argilla. Sono terreni che soffrono molto le annate siccitose e che hanno invece goduto particolarmente di questa 2010 rivelatasi sufficientemente piovosa, quindi offrendoci vigne dalle pareti fogliari verdeggianti e frutti sanissimi. La vocazione è a falanghina ed aglianico, con una piccola parte anche di piedirosso. I tempi di maturazione sono più o meno simili a quelli Irpini, quindi è abbastanza presto per azzardare previsioni, credo si arriverà ad iniziare intorno al 20 settembre ottobre per la falanghina e fine ottobre-inizio novembre per aglianico e piedirosso. Anche qui mi aspetto una gran materia prima e non nego di aspettarmi delle belle sorprese!

In definitiva, guardando più in generale il quadro regionale, penso che sarà proprio un’ottima annata, in particolar modo sui vini bianchi e soprattutto per chi ha lavorato con buon senso ed equilibrio in vigneto. Aspettiamo i vini a conferma di tanto entusiasmo…

Qui la vendemmia 2010 nei Campi Flegrei illustrata da Gerardo Vernazzaro.

Qui la vendemmia 2010 in Cilento, Irpinia e provincia di Benevento analizzata da Fortunato Sebastiano e Massimo Di Renzo.

Qui le impressioni dei vignerons Antonio Papa e Tony Rossetti che ci presentano il millesimo nella terra dell’Ager Falernus.


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