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Napoli, Refettorio di Ostetrica del II Policlinico

28 dicembre 2009

“Gli antipasti tendono tutti al beige”. “Molte verdure, perché le si possa mangiare, dovrebbero passare in una centrifuga. Sono tutte bagnate”. “Non oso pensare dove sono state saltate le patate che accompagnano il pollo. L’ultima cosa che direi è una padella”. “Le infermiere sono di grande aiuto. Se essere d’aiuto significa tirare il menu attraverso la porta, come fosse un pezzo di carne lanciato tra le fauci di un leone”. “Se mi vengono offerte delle alternative? Sì, posso scegliere 3 alternative altrettanto orrende”.

Così un giornalista inglese del “The Sun” racconta le avventure di “Traction Man”, un paziente inglese che in circa 22 settimane di ospedalizzazione ha tirato fuori una vera e propria guida ai refettori ospedalieri inglesi. La sua storia sta facendo il giro del mondo e su dissapore Massimo Bernardi ne ha raccolto le fila raccontadone alcuni particolari interessanti. Io, mosso più che altro “dal non so che cavolo c’entra ma mi piace raccontarvelo”  vi lascio traccia dell’esperienza di Lilly, alias Ledichef, neomamma della dolcissima Letizia e appena dimessa dalla degenza post-parto nel reparto di Ostetrica del U.O. Policlinico II di Napoli, ai quali medici ed infermieri tutti, desidero manifestare ancora, pubblicamente, la mia stima più profonda per il loro operato altamente professionale, umanamente attento e seriamente scrupoloso.

Questo il pranzo previsto dal menu Dieta P del 26.12.09, che è bene precisare viene curato da un’azienda leader a livello nazionale per i servizi di ristorazione collettiva. Viene servito verso le ore 12.30, la mise en place è essenziale, doverosamente uso e getta, opportunamente sottovuoto ed il tutto presentato su vassoi in plastica dura (un po’ usuraticci, a dire il vero); l’aspetto delle pietanze è sintetizzabile nell’abbastanza presentabile, di routine in questi casi, e decisamente franco per quanto concerne il riconoscimento delle stesse: per la serie, “chell’è”! Il primo piatto è un consommè a base di sedano, carote, patate e pomodori pelati suggellato da una deliziosa pastina bianca, stelline (ma ine ine) en passant, cioè lì molto incidentalmente! Il secondo, roast-beef di 1° taglio agli aromi (alpini, aggiungerei io) all’olio extravergine di oliva: la carne è oltremodo magra, un po’ fibrosa e priva della necessria succulenza, della serie: “s’adda magnà, a criatura s’adda nutrì“! Per finire una delicatissima vellutata di zucchine, leggera, poco sapida (per niente), tendenzialmente amarognola, piatto poco appetibile ma certamente utile alla causa, nel senso “capisci a mme“!

Insomma, mentre in giro andavano in scena i fervidi preparativi per il cenone della vigilia, si dibatteva tra le altre cose sulla opportunità o meno dell’alice salata nell’insalata di rinforzo e si litigava su cosa servire prima se il panettone o gli struffoli, questo era l’andazzo, più o meno, della treggiorni post-parto della nostra Ledichef; in questo caso, coraggiosa come non mai, ha calato il classico velo pietoso su questo passaggio, assolutamente salutista ma indubbiamente anti-gourmet, chiosando stamattina, mentre ci lasciavamo alle spalle l’ospedale, con una frase per noi “Amici di Bevute” divenuta un must: “Adda venì Baffone“!


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