Finalmente è scoppiato l’amore caro mio diario, pareva imprendibile ed invece era lì, dietro l’angolo. E’ l’estate del ’94, col mondiale mancato d’un soffio da Baggio&co. ed un diploma più o meno sudato in tasca; diciannove anni e nessuna voglia di perdere tempo.
Da qualche mese ho cominciato a fare Catering, i servizi non sono tantissimi ma mi aiutano a sbarcare il lunario ed avere in tasca quattro spiccioli. Mi do da fare per trovare qualcosa di ‘fisso’ ma sembra che nessuno li cerchi camerieri ‘fissi’. Alcuni amici mi hanno detto che per fare il cameriere devi avere il posto fisso, meglio se al comune. ‘Se lo fai come secondo lavoro è meglio, ti prendono subito’, dicono. Ma come? mi domando, che significa come secondo lavoro? E uno che non c’ha nemmeno il primo? Mah, non capisco, proprio non ci arrivo.
La settimana scorsa sono stato invece a fare un extra là sulla Domiziana: mi ci ha portato un’amico, credimi, esperienza allucinante, non ti dico guarda. Tre ore a scaricare un camion di vino¤ e poi a spalmare tartine e tagliare ananas. Infine mi hanno mandato in una sala con tre comunioni, una volta là il maître, un tizio basso, paffuto con grossi baffoni neri ci ha fatto capire subito che aria tirasse: ‘astipatevi* le posate ci ripeteva, almeno fino al secondo, astipatevele come volete – sotto la giacca bianca teneva forchette e coltelli infilati nella fascia che gli conteneva la grossa pancia -, va buono pure accussì ma non ve le fate fregare se no sono guai’. Ho iniziato alle 8.30, senza tregua sino alle 2.00 di notte. Volevo morire, ti giuro che più di una volta durante il servizio ho pensato ‘mo prendo e me ne vado…’.
Martedì prossimo ho appuntamento con Gigi, dice che a Via Napoli c’è una trattoria che cerca un cameriere, fisso, però non è chiaro per quanto tempo. C’ho messo il pensiero, sai, voglio chiedere a Lilly di mettersi con me, e lo voglio fare con un anello…
*Astipare: conservare, mettere da parte.