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Torelle è il sogno di Emanuele Guardascione che si fa Falerno del Massico rosso 2015

11 febbraio 2020

Una bella novità in terra di Falerno che merita assolutamente di essere conosciuta, l’azienda è a Cascano di Sessa Aurunca, nel cuore dell’Ager Falernus, con il vulcano spento di Roccamonfina a nord-est e il Monte Massico a Sud-ovest.

L’azienda della famiglia napoletana Guardascione vede la luce poco più di dieci anni fa, nel 2009, con l’acquisto di 16 ettari in località Torelle, nel comune di Sessa Aurunca, ad opera di Emanuele. Era un giovane agronomo e la sua più grande passione era la viticoltura, nutriva il sogno di contribuire a rinverdire i fasti di questo straordinario territorio da oltre duemila anni sulla bocca di tutti.

Dopo la laurea in agraria inizia il suo percorso, prima affiancando Pierpaolo Sirch presso Feudi San Gregorio, poi trasferendosi per qualche anno presso l’azienda cilentana di Paola e Bruno De Conciliis, esperienze che lo aiutano nell’indirizzare il suo modello di approccio al mondo del vino: ricerca e pragmatismo in vigna, senza perdere di vista uno sviluppo eco-sostenibile e i vini prodotti come essenza del territorio di provenienza. Nel 2010 pianta così i suoi primi 2,5 ettari di Aglianico e nel 2014, dopo aver rilevato una piccola cantina nella frazione di Cascano di Sessa Aurunca, riesce a portare a termine anche la sua prima vendemmia allorché viene a mancare prematuramente all’età di soli 29 anni.

Giuliana, la sorella, a cui Emanuele ha provato a consegnare il testimone nonostante il troppo poco tempo a disposizione, ne ha subito raccolto il lascito valoriale e con grande slancio continua a metterci l’anima nel portare avanti un sogno divenuto frattanto una splendida realtà. L’azienda produce oggi circa 12.000 bottiglie di vino con uve provenienti da vigneti coltivati tutti in regime biologico proprio a ridosso del vulcano spento di Roccamonfina. Qui si punta anzitutto sul Falerno ma anche nella valorizzazione della i.g.t. Roccamonfina sotto la quale si produce una Falanghina, un rosso e un rosato sempre da Aglianico.  

“É” duemilaquindici, il Falerno di Torelle non è ancora in commercio, è un Falerno rosso con Aglianico al 99% e un lungo affinamento in acciaio, legni e bottiglia, ben 60 mesi, anche per questo ha un sapore assolutamente ancestrale, dal colore rubino vivace e un naso sfrontato e guascone, con quel timbro vinoso, floreale, fruttato e speziato e un sorso sottile, fresco, polposo e saporito, finanche sgraziato nel suo incedere gustativo ma pienamente autentico.

© L’Arcante – riproduzione riservata

Falerno del Massico rosso Etichetta Bronzo 2004

9 dicembre 2011

E’ indubbio quanto sia importante ritornare su certi vini più volte nel tempo prima di decretarne definitivamente la loro bontà, quella loro fondamentale capacità di rappresentare a pieno l’idea di vino che t’aspetti da un certo luogo o un produttore, da questo o quel vitigno; in una parola, la sua più alta espressione.

Si dice in genere tipicità, termine di cui spesso si abusa ma che in questo caso risulta più che mai azzeccato per questo splendido rosso di Masseria Felicia. C’è poi un tema ancora più profondo, dal titolo “territorio” – o “terroir”, per dirla alla francese -, ancora e sempre più in primo piano quando si vuole far arrivare sino in fondo il messaggio che si tenta di lasciare con una recensione; tema però, diciamocelo, evidenziato talvolta più per vanità intellettuale che per verità storica oggettiva.

Trovo giusto aprire una parentesi: sino a qualche anno fa sembravamo perderci quasi esclusivamente tra merlottiani e cabernettiani ovvero pro e contro quella internazionalizzazione che ci ha sedotti, insidiati, conquistando posizioni importanti, sino a farci sentire assediati da un fenomeno che ci appariva incontrastato e incontrollabile: un fiume in piena che oltre ad aprirci ad una visione globale del vino (offrendoci tra l’altro, perché non ammetterlo, anche autorevoli brividi) ci ha scosso le coscienze e convinto molti a darsi una mossa e prendere per mano quel poco (o tanto, a seconda dei casi) di buono consegnatogli dalla storia, dalla tradizione e rilanciarlo, valorizzandone i contenuti, costruendovi sopra addirittura un’intera reputazione. Insomma, più che inseguire la moda, ha avuto le palle il coraggio di dire: “questa è la mia terra, così è se vi pare!”.

Così è successo qui a casa di Maria Felicia. E l’Etichetta Bronzo ne rappresenta il risultato più alto, la punta di diamante, e come questi un gioiello che nasce grezzo ma che il tempo, più dell’uomo, sa levigare e consegnare prezioso nelle mani della storia. Un 2004 tra le più belle interpretazioni di Falerno da aglianico e piedirosso in giro: fitto, dal naso elegante e dal sorso austero, pregnante. Il colore è splendido, rubino con delicate sfumature granato sull’unghia. Il naso è ricco, intenso e trasversale nei profumi e persistente: nitidi i riconoscimenti di amarena, prugna, china, carrube, rabarbaro. In bocca è slanciato, conquista il palato per la sua decisa profondità, ma anzitutto per l’ampiezza; il tannino, tanto è caparbio, ti sembra quasi di masticarlo, ma lo perdi appena prima di ogni stretta di denti perché ti arriva subito il frutto a distrarre le intenzioni, croccante e denso. Un vino superbo, di grande intensità, dal valore assoluto, una magnifica rappresentazione territoriale, quello subito a ridosso di San Terenzano, che poi è terra di Falerno, ma soprattutto Masseria Felicia.  


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