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Correva l’anno| Falerno del Massico rosso Ariapetrina 2009 Masseria Felicia

9 luglio 2020

Non è possibile raccontare questo vino senza averlo vissuto sino in fondo, non solo sino all’ultimo coinvolgente sorso nel bicchiere, le due ultime dita nella bottiglia, bensì ritornando alla sua nascita, ripercorrendo questi anni.

Bisognerebbe quindi cominciare da là, tornando indietro nel tempo, a quell’anno, provare per quanto possibile a riavvolgere il nastro della nostra vita e ricordarlo quel tempo, quei mesi, certi giorni, alcuni momenti in particolare.

E’ stato un anno importante il duemilanove, segnato da cambiamenti epocali, per la storia del mondo e in qualche maniera, a piccoli sorsi, per chi scrive: a gennaio Barack Obama giurava da 44º Presidente degli Stati Uniti, davanti a più di due milioni di persone che avevano letteralmente invaso Washington DC per assistere al giuramento del primo Presidente americano di colore; il 6 Aprile invece l’Italia è sottoshock: alle 3:32 una scossa di terremoto di magnitudo 6.3 fa tremare la Provincia dell’Aquila (e non solo) causando vittime, feriti, sfollati e il crollo di molti edifici. Una tragedia immane che ha risvegliato in molti italiani paure e traumi mai spariti del tutto, ma anche orgoglio e dignità.

Qualche settimana più tardi, una scossa più o meno della stessa intensità scuoterà invece la mia vita professionale, provavo a rimettermi profondamente in discussione approdando a Capri (Leggi Qui). Ad ogni modo, fatte ovvie le giuste proporzioni, fu quello un anno particolarmente intenso!

Proprio a novembre di quell’anno, a fine stagione, torno a Masseria Felicia, a Carano, in località S. Terenzano, una piccola frazione di Sessa Aurunca, il primo comune per estensione della provincia di Caserta (e della Campania) per ritrovare Maria Felicia e i suoi splendidi Falerno del Massico. Una casa dei primi del novecento che il nonno rilevò nel dopoguerra, vi era stato per tanti anni colono ed unico conduttore dei terreni, così il papà di Maria Felicia, Alessandro Brini, si convinse che era venuto il tempo di riscattare la storia di quegli anni e consegnarla nelle mani della giovane figlia; il susseguirsi delle stagioni, con i suoi ritmi, ha poi tracciato lentamente  il solco famigliare sino ai giorni nostri.

Maria Felicia fa sostanzialmente un solo vino, il Falerno del Massico, che assume varie anime nella rincorsa alla natura di questo territorio straordinario, Bianco perchè tratteggiato con i colori della Falanghina, Rosso quando animato dall’Aglianico e dal Piedirosso, nella versione giovane (e sfrontato) col nome Ariapetrina, mentre diviene irreprensibile e immortale con l’Etichetta Bronzo¤. Oltre questi qua, nulla di stravagante, poche, pochissime bottiglie di altro ma giusto per dare libero sfogo ad uno studio approfondito sul potenziale delle tre varietà impiantate in azienda, un esercizio tecnico sul tema autoctono che conduce talvolta a utili micro vinificazioni, colmate dalla passione, per esempio del Piedirosso in purezza, anche qui capace di ritagliarsi, di tanto in tanto, il suo piccolo ruolo da solista.

Eccola invece la forza evocativa di questo Ariapetrina duemilanove, lo scugnizzo di casa per Maria Felicia; il rosso giovane e sfrontato che a sentirlo oggi, a distanza di quasi 11 anni, pare proprio non temerlo il tempo, le stagioni, i suoi ritmi, ci arriva così nel bicchiere maturo ma sicuro di sé, della sua storia, della sua stoffa, del suo talento capace di attraversare le insidie degli anni migliorandosi. Non è mera celebrazione, tutto sembra scorrere chiaramente in ogni bicchiere, riempiendo i calici di frutta e sensazioni odorose delle più ampie ed eteree, con sorsi asciutti e caldi, con ancora tanta piacevole freschezza gustativa, tratto distintivo di tutti i vini di Masseria Felicia, con quella spalla acido-tannico utile per abbracciare abbinamenti con molti piatti della nostra cucina tradizionale regionale, con la certezza di ritrovare ad ogni sorso almeno un pezzo di noi stessi, di averla vissuta proprio tutta la nostra storia di questi anni, ma che bello rivederla! 

Leggi anche Falerno del Massico Etichetta Bronzo 2013 Qui.

Leggi anche Piccola Guida ragionata al Falerno del Massico Qui.

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Aspi at home, i corsi on line dell’Associazione della Sommellerie Professionale Italiana

22 Maggio 2020

Dal 16 Giugno proseguono gli appuntamenti #sommelierathome con ASPI, con 3 interessantissimi incontri sulla Campania, i suoi territori e i suoi vitigni, con alcuni tra i più apprezzati protagonisti del vino e il nostro Angelo Di Costanzo.

Durante gli incontri verrà degustato un vino che rappresenta le tipicità del vitigno o del territorio oggetto della lezione, con l’intervento in diretta anche del produttore. L’iscrizione da diritto a:

3 incontri sulla Campania
3 bottiglie comodamente a casa tua
Streaming con il sommelier Angelo Di Costanzo e 3 produttori
Attestato di partecipazione al termine del minicorso
Uno speciale gadget ASPI per ogni partecipante

16 Giugno – ore 20.30 – I Campi Flegrei, dove nascono i vini del vulcano. Alla scoperta di una delle aree viticole più suggestive della provincia di Napoli, dove nascono vini particolarmente autentici prodotti su sabbie vulcaniche e da vigne a piede franco, in un contesto di grande valore storico e culturale. Degustazione di Falanghina Campi Flegrei Settevulcani con il produttore Salvatore Martusciello.

23 Giugno – ore 20.30 – Falerno del Massico, duemila anni di storia sulla bocca di tutti. Il grande vino della provincia di Caserta, che può essere senz’altro annoverato come il primo vino doc della storia. Un viaggio immersi in un territorio unico e particolare, dalle tante anime. Degustazione di Falerno del Massico Ariapetrina di Masseria Felicia con la produttrice Maria Felicia Brini.

30 giugno – ore 20.30 – Il Greco di Tufo, il grande bianco dell’Irpinia. Caratteristiche di un territorio straordinario, situato nel cuore dell’Irpinia e di un vino prodotto in soli 8 comuni del circondario di Tufo da cui la docg prende il nome, un vino moderno e proiettato nel futuro. Degustazione del Greco di Tufo Cutizzi di Feudi di San Gregorio con il produttore Antonio Capaldo.

Non perdete questa occasione di avere un sommelier ed un produttore a casa vostra, fate domande, soddisfate le vostre curiosità affidandovi ai professionisti per il migliore approccio al vasto e meraviglioso mondo della Sommellerie italiana.

Iscrivendovi a questo percorso alla scoperta dei territori e dei vini della Campania riceverete comodamente a casa le tre bottiglie che degusterete insieme, in diretta, con il sommelier e il produttore. Questo percorso ha un costo di 85€ (75€ per i soci ASPI in regola con la quota annuale) e iscriversi é molto semplice, basta mandare una mail a info@aspi.it. Ad iscrizione confermata, vi verrà fornito il link da cui potrete seguire la diretta con l’app Zoom.

Non perdete questo speciale approfondimento sulla Campania e continuate a seguire ASPI – l’Associazione della Sommellerie Professionale Italiana, sono in arrivo altri interessanti appuntamenti con gli hashtag #sommelierathome #aspi #sommelier #formazioneonline.

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L’Ager Falernus, oltre duemila anni di storia sulla bocca di tutti, le degustazioni della Masterclass!

5 febbraio 2020

E’ stata una bellissima esperienza umana nonché di crescita professionale guidare la Masterclass¤ di Aspi Campania tenuta a Pozzuoli in collaborazione con il Consorzio ViTiCa, ente che Tutela i Vini D.O.C. Falerno del Massico¤, Asprinio di Aversa, Galluccio e le I.G.T. Terre del Volturno e Roccamonfina.

La storia ci ha sempre raccontato che il Falernum già in epoca romana veniva considerato vera e propria rarità enologica tanto dall’essere addirittura riconosciuto con ben tre sottodenominazioni a seconda della sua provenienza geografica. Era chiamato comunemente vinum Falernum tutto quello prodotto nell’Ager ma generalmente da vigne allocate in pianura; il Faustianum invece era quello tralciato nell’area appena pedecollinare mentre veniva riconosciuto Caucinum solo quello più prezioso, proveniente dall’alta collina.

A seconda poi delle caratteristiche organolettiche che tali vini esprimevano, vi era anche una distinzione per tipologia del tipo Austerum per i vini austeri e/o astringenti, Dulce se appunto dolci o Tenue quando leggiadri e beverini. Parliamo certamente di vini che avevano ben poco a che vedere con l’odierna qualità espressa in terra di Falerno, ma la particolare attenzione riservata a questo vino ci suggerisce quanto queste terre fossero già allora vocate alla viticultura e, per i palati di allora, apprezzati i vini qui prodotti.

Oggi, pur avendone ben chiari i confini della doc Falerno del Massico non è affatto semplice riassumerne per intero una zonazione efficace di tale territorio che, oltretutto, gravita attorno al massiccio del Monte Massico facendo sì che si passi da terreni pedemontani a collinari – con tutte le implicazioni pedoclimatiche, ndr -, sino ad arrivare letteralmente al mare. Alcuni riferimenti che possono però aiutarci a comprendere meglio ciò che provano a raccontare certe bottiglie che vanno in giro ci teniamo comunque a precisarli.

Nell’areale di Sessa Aurunca insistono circa 78 ettari denunciati alla doc, coltivati prevalentemente con Aglianico, Piedirosso, Falanghina e Primitivo; qui i terreni sono generalmente caratterizzati da tufo nell’interno, verso il vulcano spento di Roccamonfina e sabbia e limo verso la costa sino al mare.

Cellole conta 25 ettari coltivati con Aglianico, Piedirosso, Falanghina, Primitivo, qui i terreni sono sostanzialmente caratterizzati da sabbia e limo con alcuni tratti di origine alluvionale.

A Carinola e nei suoi dintorni insistono 26 ettari piantati con Aglianico, Piedirosso, Falanghina, qui il vigneto sembra essere più omogeneo su tufo e argille.

Falciano del Massico il vigneto doc conta circa 13,5 ettari votati a Primitivo, Barbera, Piedirosso, Falanghina, Moscato con terreni frammisti di argille, crete e limo, sabbie.

Infine Mondragone, con i suoi 8,5 ettari di Primitivo e Falanghina e le sue vigne che diradano sino a due passi dal mare, qui i terreni sono composti perlopiù da limo, sabbie con misto argille.

Una terra straordinaria quindi l’Ager Falernus che oggi potremmo così definire: di qua, a partire da sud-ovest, Mondragone, Falciano e, verso nord-est, Carinola. Di là, a nord, Cellole e poi Sessa Aurunca con le sue frazioni di Carano e Cascano verso est che si spingono fin su il vulcano spento di Roccamonfina. Ad ogni modo un territorio tutto da scoprire, da bere, ricordare a cominciare da questi sette nomi…

Falerno del Massico bianco Aurunco 2018 La Masseria di Sessa. Una piacevole scoperta questa splendida realtà del comune di Sessa Aurunca. In linea con i principi di produzione naturale qui il vino biologico viene prodotto in maniera rigorosa a partire da frutti sani e ricchi di materia viva, una coltivazione senza ammendanti chimici, utilizzando per i terreni solo compost aziendale, fino ad un processo di trasformazione che abbina gli antichi metodi con una modernissima tecnica di pressatura che utilizza gas naturale per l’estrazione del mosto tale da consentire la riduzione, e in alcuni vini, la totale assenza dell’utilizzo dell’anidride solforosa. E’ un Falerno nuovo, affianca alla Falanghina un piccolo saldo di Fiano, è luminoso, ampio al naso, caratterizzato dal candore del debuttante ma con tanta buona materia dentro. Farà la sua strada.

Falerno del Massico bianco Vigna Caracci 2016 Villa Matilde Avallone¤. La storia di Villa Matilde comincia negli anni Sessanta con Francesco Paolo Avallone, avvocato e appassionato cultore di vini antichi, che, incuriosito dai racconti di Plinio e dai versi di Virgilio, Marziale ed Orazio sul vinum Falernum, decise di riportare in vita il leggendario vino scomparso al principio del secolo scorso. Dopo anni di studio, individuò le viti che avevano dato vita al Falerno in epoca romana: pochi ceppi sopravvissuti miracolosamente alla devastazione della fillossera di fine Ottocento vennero così ripiantati, con l’aiuto di pochi contadini locali, proprio nel territorio del Massico, dove un tempo erano prosperati e fondò Villa Matilde.

Oggi l’azienda è guidata dai figli di Francesco Paolo, Maria Ida e Salvatore Avallone che con dedizione esclusiva proseguono il sogno e il progetto del padre raccogliendone l’importante eredità guardando ancora oltre. Vigna Caracci duemilasedici è il Falerno bianco, espressione di questo territorio che trova nella sostenibilità e nella ricerca la sua forza e la sua proiezione. Ha un colore oro luminoso, il naso è intriso di tante piacevole sensazioni balsamiche, fruttate, floreali, melliflue, con quel sorso sferzante e caparbio, sapido e lunghissimo.

Falerno del Massico rosso 1880 2016 Bianchini Rossetti¤. La famiglia Rossetti è qui da oltre tre generazioni, l’azienda produce oggi Falerno del Massico con le uve di proprietà provenienti perlopiù dalla collina di San Paolo, nel cuore di Casale di Carinola. In prima linea da circa un ventennio ci sono Tony Rossetti e l’instancabile Zio Francesco, artefici dell’ultimo rinnovamento aziendale. La filosofia è semplice e chiara: produrre vini di qualità nel rispetto del territorio. Non ricordiamo di questo vino una sola sbavatura, giunti alla decima annata assaggiata con il duemilasedici ci appare sempre in grande forma, dal colore rubino vivace e con un naso fierissimo, pieno di sottili sfumature che fanno dei due varietali Aglianico e Piedirosso espressione unica di questa terra!

Falerno del Massico Primitivo Conclave 2017 Gennaro Papa¤. Produttori storici a Falciano del Massico, nel versante che guarda a sud del Monte Massico, fin dal 1900 promuovono la coltivazione del vitigno Primitivo oltre al moscato e ad altri vitigni minori poi ammessi nel disciplinare doc nel 1988. Dal 1999 iniziano gli imbottigliamenti e la commercializzazione del Falerno del Massico doc Primitivo e la valorizzazione dei vitigni storici coltivati sulle colline a 300 mt s.l.m. e contestualmente iniziano un lavoro di ricerca assiduo che da nuova linfa al territorio e alla viticultura dell’areale. E’ un gran bel bere il vino di Antonio Papa, profondo e suggestivo, nel colore, nei profumi straordinariamente originali e nel sapore secco, morbido, caldo, avvolgente, sapido. Ne torneremo a raccontare più dettagliatamente.

Falerno del Massico Primitivo Primo Antico 2017 Cantina Trabucco. L’azienda di Nicola e Danilo Trabucco nasce nel 2003 nel piccolo comune di Carinola, alle pendici del Monte Massico con l’obbiettivo di produrre vini territoriali di pregio che possono esprimere in tutta la loro pienezza, la forza e l’eleganza del territorio d’origine. Primo Antico duemiladiciassette nasce con una idea precisa, quella di avvicinare al Falerno massicano bevitori seriali e a guardare il risultato nel bicchiere ci appare un messaggio chiaro ed inequivocabile, oltre che vincente!

Falerno del Massico rosso Etichetta Bronzo 2013 Masseria Felicia¤ – Sessa Aurunca. Camminare a passi lenti e brevi tra i filari e lasciarsi cogliere da un sorriso, quasi una smorfia della bocca che si trasforma in mezzaluna, e illuminare l’aria. Questa semplice azione che poi si è trasformata in abitudine, è quella che ha spinto Maria Felicia a viverci tra queste vigne e questi uliveti. Collocata alle falde del Monte Massico, eccoci dinanzi ad un Falerno del Massico di antica tradizione e nuova identità. Etichetta Bronzo duemilatredici è un rosso meravigliosamente squadrato, dal colore rubino profondo con delicate sfumature di alleggerimento sull’unghia del vino nel bicchiere. Il naso è ricco, subito verticale, parte sfrontato, accigliato, speziato, poi viene fuori l’amarena, la prugna, sentori di tabacco. Il sorso è slanciato, perentorio il tannino, tanto è caparbio che ti sembra quasi di masticarlo, ma lo perdi tra un morso e l’altro del frutto polposo e gaudente.

Falerno del Massico rosso E’ 2015 Torelle. L’azienda della famiglia Guardascione nasce nel 2009 con l’acquisto dei terreni, in località Torelle nel comune di Sessa Aurunca per intuizione di Emanuele. Era un agronomo e la sua più grande passione era la viticoltura. Dopo la laurea in agraria iniziò il suo percorso, prima con Pierpaolo Sirch presso Feudi San Gregorio, poi per qualche anno presso l’azienda cilentana De Conciliis. Nel 2010 piantò i primi 2,5 ettari di Aglianico e nel 2014 rilevó una piccola cantina nella frazione di Cascano, sempre nel comune di Sessa Aurunca, dove portò a termine la sua prima vendemmia allorché venne a mancare prematuramente all’età di soli 29 anni.

Giuliana, la sorella, a cui Emanuele ha provato a consegnare il testimone nonostante il troppo poco tempo a disposizione, ha subito raccolto con grande slancio l’eredità del fratello e continua a metterci l’anima nel portare avanti il loro sogno, rinverdire i fasti del Falerno. L’azienda produce oggi circa 12.000 bottiglie di vino con uve provenienti da vigneti coltivati in biologico proprio a ridosso del vulcano spento di Roccamonfina. Falé duemilaquindici non è ancora in commercio, è un Falerno dal sapore ancestrale, vivace e sfrontato al naso, vinoso, floreale, fruttato, quanto sottile e saporito al palato. Ci ha aperto gli occhi su un’altra splendida realtà dell’Ager da tenere d’occhio nei prossimi anni. Ci torneremo su.

Leggi anche Piccola guida ai vini Falerno del Massico Qui.

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L’Arcante su il Napolista, questi gli ultimi articoli della stagione pubblicati

24 aprile 2019

Il Napolista

Siamo giunti allo sprint finale della stagione calcistica 2018/2019, come sapete dallo scorso Ottobre alcuni nostri contributi sono pubblicati sul giornale on line ilNapolista¤ dove ogni settimana proviamo a raccontare qualcuna tra le buone etichette campane prendendo spunto dai profili e dalle storie dei calciatori del Napoli¤, il nostro Napoli che va terminando la stagione al 2° posto in Italia¤ e uscita ai Quarti in Europa League¤.

Lo facciamo alla nostra maniera, in modo semplice e spigliato cercando di offrire qualche buono spunto per bere meglio (almeno) alla domenica. E i calciatori, anzitutto quelli del Napoli, con le loro gesta in campo, le loro storie ci danno la misura per suggerire l’etichetta del giorno.

Questi sono gli ultimi articoli pubblicati che vi riassumiamo in pochi passaggi essenziali, se vi va dategli una occhiata e scriveteci pure cosa ne pensate, diteci la vostra ne saremmo davvero felici.

#17 Amadou Diawara e l’Ariapetrina, il vino gioviale e sbarazzino in terra di Falerno Leggi Qui.

#18 Elseid Hysaj e mario Rui, mai sopra le righe eppure efficaci e godibilissimi come i vini di Casa D’Ambra Leggi Qui.

#19 Faouzi Ghoulam, Kevin Malcuit e il giovane Sebastiano Luperto, tre luminose sfumature di greco di Tufo Leggi Qui.

#20 Orestis Karnezis, Vlad Chiriches e Amin Younes sono il carosello dei vini campani buoni, inaspettati e sorprendenti  Leggi Qui.

#21 Lorenzo Insigne, elogio al calcio estetico, come il Tenuta Camaldoli di Cantine Astroni è un elogio alla bevibilità Leggi Qui.

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Falerno del Massico rosso Etichetta Bronzo 2013 Masseria Felicia

4 aprile 2019

E’ indubbio quanto sia importante ritornare su certi vini più volte nel tempo prima di decretarne definitivamente la loro bontà, quella fondamentale capacità di rappresentare appieno l’idea di vino che ci si aspetta da un certo luogo o un produttore, da questo e quel vitigno, denominazione, nella sua più alta espressione.

I vini di Maria Felicia Brini sono una rincorsa continua, lo sono, per la verità, un po’ da sempre: mai del tutto definiti, o definitivi, eppure mai come prima in questo Etichetta Bronzo, ancora una volta, ci sembra di coglierne l’altissima rappresentazione di questo pezzo di sud, di Campania, di provincia di Caserta, per meglio definirne i confini siamo in Ager Falernus, a San Terenzano, non lontano da Sessa Aurunca.

Tutto nasce da una piccola vigna piantata con Aglianico e Piedirosso, qua e là tra i filari di Aglianico, vecchi di alcune decine di anni, un tot di ceppi di Piedirosso, come si faceva un tempo, come si continua a fare, ahinoi, molto raramente oggigiorno: così viene fuori questo piccolo capolavoro. A chiederle perché dell’Etichetta Bronzo, Maria Felicia direbbe, come ha detto: ”non c’è che un vino che piano piano ridefinisce la sua fisionomia se non un vino che “attrezza” il suo altare. Non ci siamo sbagliati.

Le abbiamo camminate a lungo le vigne di questo territorio, ci siamo spesso seduti a tavola qua, a casa Brini e altrove. Mai abbastanza distratti per non ricordare, mai pienamente convinti che sarebbero bastati quei momenti per capirci tutto quanto. Qualcosa però ci è rimasto dentro, rieccoci oggi con questo duemilatredici, un vero schiaffone, anzi, una serie di paccheri come a dire: dove siete stati? Eh no che non siamo stati fermi ad aspettare, lo capirebbe pure mio cugino Tanino, che di mestiere fa l’acquaiuolo. E’ forse un vino anacronistico questo, perciò profondamente autentico, irripetibile altrove.

L’Etichetta Bronzo 2013 è un rosso meravigliosamente squadrato, almeno contando i primi angoli che riesci a vederci oggi. Ma siamo solo all’inizio. Il colore è di uno splendido rubino con delicate sfumature di alleggerimento sull’unghia del vino nel bicchiere. Il naso è ricco, subito verticale, parte sfrontato, accigliato, incipriato, speziato, poi viene fuori l’amarena, la prugna, sentori di tabacco. Il sorso è slanciato, perentorio il tannino, tanto è caparbio che ti sembra quasi di masticarlo, ma lo perdi tra un morso e l’altro del frutto polposo e gaudente. V’è da rimanerci rapiti, dalla intensità, dal sapore saporito, dalle promesse fatte e mantenute, di una storia che parte dai poeti latini e arriva sin qui alla fatica contadina. Quella di chi non si ferma, perchè sempre di rincorsa.

Leggi anche Il ritorno e il desiderio dell’abitudine di Maria Felicia Brini Qui.

Leggi anche Falerno del Massico rosso 1999 Qui.

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Scauri, lunedi 11 luglio c’è Falerno Première

3 luglio 2016

L’estate porta con se sempre uno spirito nuovo, ecco una gran bella iniziativa da non perdere per tutti gli appassionati di vino!

Falerno Première

Si chiama Falerno Première, è un progetto nuovo e ambizioso, che prende le mosse dalle esperienze di questi anni di Andrea Polidoro spesi in giro per il mondo tra aziende, manifestazioni, fiere, appuntamenti enogastronomici, degustazioni.

Falerno Première si terrà lunedì 11 luglio sulla Spiaggia dei Sassolini di Scauri, l’intento è arrivare alla prima edizione della presentazione in anteprima delle annate di Falerno alla maniera dei grandi rossi italiani, manifestazione che avrà luogo al Castello Ducale di Sessa Aurunca nel febbraio 2017.

Su invito, è riservata a giornalisti, sommelier, operatori del turismo e della ristorazione, professionisti del mondovino, rappresentanti delle istituzioni e delle associazioni dell’agricoltura.

Ci troverete Masseria Felicia¤, Villa Matilde¤, Nicola Trabucco, Gennaro Papa¤, Cantina Zannini¤, Bianchini Rossetti¤, Regina Viarum, Fattoria Pagano. Un territorio straordinario, persone, aziende e vini da sempre nel cuore e ampiamente raccontati su queste pagine. Save the date!

Per informazioni e accrediti: andrea@mareincantina.it

Qui l’evento Facebook:
https://www.facebook.com/events/271282173229716/

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Falerno del Massico, le tante anime sulla bocca di tutti¤

Io amo|Piccola guida al Falerno del Massico¤

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Piccola Guida ragionata al Falerno del Massico

4 novembre 2014

Ho dedicato al Falerno del Massico tante ore spese con giri in vigna e cantine, ho conosciuto persone straordinarie e vini memorabili raccontati con numerose degustazioni, decine di interventi, recensioni qui su L’Arcante. Mancava giusto la Piccola Guida del cuore alla denominazione più antica al mondo.

Sessa Aurunca, Vigna Falerno del Massico Etichetta Bronzo a Masseria Felicia

La storia ci ha sempre raccontato che il Falernum già in epoca romana veniva considerato vera e propria rarità enologica tanto dall’essere addirittura riconosciuto con ben tre sottodenominazioni a seconda della sua provenienza geografica. Era chiamato comunemente vinum Falernum tutto quello prodotto nell’Ager ma generalmente da vigne allocate in pianura; il Faustianum invece era quello tralciato nell’area appena pedecollinare mentre veniva riconosciuto Caucinum solo quello più prezioso, proveniente dall’alta collina.

Oggi, pur avendone ben chiari i confini della doc Falerno del Massico non è affatto semplice riassumerne per intero una zonazione efficace di tale territorio che, oltretutto, gravita attorno al massiccio del Monte Massico facendo sì che si passi da terreni pedemontani a collinari – con tutte le implicazioni pedoclimatiche, ndr -, sino ad arrivare letteralmente al mare. Alcuni riferimenti che possono però aiutarci a comprendere meglio ciò che provano a raccontare certe bottiglie che vanno in giro ci teniamo comunque a precisarli.

Nell’areale di Sessa Aurunca insistono circa 78 ettari denunciati alla doc, coltivati prevalentemente con Aglianico, Piedirosso, Falanghina e Primitivo; qui i terreni sono generalmente caratterizzati da tufo nell’interno, verso il vulcano spento di Roccamonfina e sabbia e limo verso la costa sino al mare.

Cellole conta 25 ettari coltivati con Aglianico, Piedirosso, Falanghina, Primitivo, qui i terreni sono sostanzialmente caratterizzati da sabbia e limo con alcuni tratti di origine alluvionale.

A Carinola e nei suoi dintorni insistono 26 ettari piantati con Aglianico, Piedirosso, Falanghina, qui il vigneto sembra essere più omogeneo su tufo e argille.

Falciano del Massico il vigneto doc conta circa 13,5 ettari votati a Primitivo, Barbera, Piedirosso, Falanghina, Moscato con terreni frammisti di argille, crete e limo, sabbie.

Infine Mondragone, con i suoi 8,5 ettari di Primitivo e Falanghina e le sue vigne che diradano sino a due passi dal mare, qui i terreni sono composti perlopiù da limo, sabbie con misto argille.

Una terra straordinaria l’Ager Falernus, di qua, a sud-est, Mondragone, Falciano e verso nord-est Carinola. Di là, a nord, Cellole e più a est Sessa Aurunca con le sue frazioni di Carano e Cascano. Ad ogni modo un territorio tutto da scoprire, da bere, ricordare, a cominciare da questi indirizzi…

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Azienda vitivinicola Bianchini Rossetti
Via Ten. Trabucco
81030 Casale di Carinola (Ce)
Tel / Fax: +39 0823.709187
info@bianchinirossetti.com
www.bianchinirossetti.com
Di particolare pregio: Falerno rosso Mille880, Falerno rosso Ris. Saulo¤.
 
Azienda Agricola Gennaro Papa
Piazza Limata 2
81030 Falciano del Massico (Ce)
Tel: 0823 931267
Fax: 0823 931267
www.gennaropapa.it
Di particolare pregio: Falerno Primitivo Campantuono¤, Falerno Primitivo Conclave, in rare uscite il passito Fastignano.
 
Cantina Zannini
Via Vellaria 20
81030 Falciano del Massico (Ce)
Tel.:0823 931108
info@cantinazannini.it
www.cantinazannini.it
Di particolare pregio: il Falerno Primitivo Campierti¤.
 
La Masseria di Sessa
Via Travata 3, Km 3+100
81037 Sessa Aurunca (Ce)
Tel / Fax: +39 0823.938179
info@lamasseriadisessa.it
www.lamasseriadisessa.it
Di particolare pregio: Falerno del Massico bianco Aurunco¤.
 
Michele Moio fu Luigi
Viale Regina Margherita 8
81034 Mondragone (Ce)
Tel. e Fax: (+39) 0823 978 017 – (+39) 328 17 43 455
info@cantinemoio.it
www.cantinemoio.it
Di particolare pregio: Falerno bianco, Falerno Primitivo¤, Falerno Primitivo Maiatico.
 
Masseria Felicia
SP 104 Loc. S. Terenzano
81037 Carano di Sessa Aurunca (Ce)
Tel. e Fax: 0823 93.50.95
info@masseriafelicia.it 
www.masseriafelicia.it
Di particolare pregio: Falerno rosso Ariapetrina, Falerno rosso Etichetta Bronzo¤.
 
Trabucco
Via Vittorio Emanuele 1
81030 Carinola (Ce)
Tel. 0823 737345
info@cantinatrabucco.com
http://www.cantinatrabucco.com 
Di particolare pregio: Falerno Primitivo Primo Antico¤.
 
Torelle – Eredi Guardascione
Via nazionale Appia 1, Località Torelle
81037 Cascano di Sessa Aurunca (Ce)
Cell. 392 0185208 
Di particolare pregio: Falerno rosso Falé¤.
 
Villa Matilde Avallone
S.S. Domitiana 18
81030 Cellole (Ce)
Tel.: +39 0823.932 088
Fax: +39 0823.932 134
info@villamatilde.it
www.villamatilde.it
Di particolare pregio: Falerno bianco, Falerno bianco Vigna Caracci¤, Falerno rosso Riserva Camarato¤.
 
Viticoltori Migliozzi
Via Appia km 179
Casale di Carinola (Ce)
Tel.: 0823 704275
Fax: 0823 704914
info@rampaniuci.it
www.rampaniuci.it
Di particolare pregio: Falerno rosso Rampaniuci¤.
 

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Gaeta, il 21 agosto ritorna Mare in Cantina

9 agosto 2013

Dopo il successo dello scorso 18 luglio¤ vi segnaliamo un nuovo appuntamento, mercoledì 21 agosto, con Mare In Cantina, la rassegna enogastronomica del Golfo di Gaeta messa su da Andrea Polidoro, responsabile per l’Italia di Tasted Magazine e Tasted Journal.

Mare in cantina

Stavolta tutto avverrà presso il Ristorante ‘Sorelle Cannolicchio signorine zitelle’ e l’antistante Piazza Conca, a due passi dallo splendido Lungomare Caboto di Gaeta.

Chi vi partecipa può scegliere tra la formula degustazione, al costo di 15 euro, e la formula degustazione con cena, al costo di 30 euro. Tra le aziende in rassegna la Cantina Sociale di Quistello, Tenuta Maso Corno, Villa Corniole e Tramin, Cantina Basile di Pantelleria, Masseria Felicia, Vigne Chigi, Volpara, Ager Falernus e Castello Ducale dalla Campania, la laziale Cantina Ganci e l’agenzia Sviluppo Horeca che rappresenterà alcune aziende tra cui Bortolotti, Cominium, Pileum, Cincinnato e Tenuta Le Quinte.

Mare In Cantina

Mercoledì 21 agosto dalle ore 19.00
Ristorante ‘Sorelle Cannolicchio signorine zitelle’
Cucina – Bar – Pizzeria
Piazza della Conca 1/2/3/4
Gaeta Medievale
Tel. 0771 901906
 

Scauri, il 18 luglio c’è Mare in Cantina

5 luglio 2013

Il 18 luglio, nella splendida cornice del Golfo di Gaeta sulla Spiaggia dei Sassolini a Scauri, si terrà la rassegna enogastronomica Mare in Cantina.Mare in Cantina locandina

Da un’idea di Andrea Polidoro, responsabile per l’Italia di Tasted Magazine e Tasted Journal. Vi partecipano in tanti amici tra i quali vi segnalo la presenza di Masseria Felicia¤, Galardi¤, Alepa¤, Villa Matilde¤, Cantine Astroni¤, Joaquin¤, Feudi di San Gregorio¤, Antiche Cantine Migliaccio¤. Il biglietto d’ingresso costa di 10 euro. Si parte alle 19. Beati voi…

Intervallo|L’amore non si vende né si compra. L’amore si regala…

26 Maggio 2013

Carta dei Vini de L'Olivo del Capri Palace Hotel

I love Falernum, Masseria Felicia. Il ritorno e il desiderio dell’abitudine di Maria Felicia Brini

9 Maggio 2013

Camminare a passi lenti e brevi tra i filari e lasciarsi cogliere da un sorriso, quasi una smorfia della bocca che si trasforma in mezzaluna, e illuminare l’aria. Questa semplice azione che poi si è trasformata in abitudine, è quella che mi ha spinto a viverci tra queste vigne e questi uliveti. Il ritorno e il desiderio dell’abitudine.

Maria Felicia Brini

Anno zero – Io, sei/otto anni, tra il 1982 e 1984. Le Scale. Gioco sulle scale di marmo dai morbidi profili della casa di mia nonna, anzi della casa di cui lei era il colono. Quella in cui ora vivo. Paura e meraviglia nello stesso tempo, erano queste le emozioni che mi attraversavano salendo quelle scale di pietra lisce. Per arrivare al primo piano. Nella stanza delle bambole intoccabili, con gli occhi di vetro. L’odore forte del pane le domeniche mattina, di olio, di alloro affumicato per spazzare via la cenere dal forno, la luce accecante contro il buio della cantina di tufo e le scale rotte “che non devi scendere altrimenti cadi!”, e quel sentore di umido e la fragranza del sasso gocciolante. Mai scesa fin lì, per me territorio inesplorato. Oggi un giorno sì e un’altro giorno pure. L’abitudine che non c’era, ma il desiderio di goderne, sì.

Masseria Felicia, cantina (le scale)

Anno zero – Vigna Etichetta Bronzo, 1995. Ancora quelle Scale. Papà (Alessandro Brini): tu te la sentiresti di fare il vino? Se proviamo con la cantina mi dai una mano? Che dici, facciamo la cantina qui? Sotto quelle scale. Si riscendono quelle scale, si risalgono, quelle rozze scale della cantina in tufo a nove metri, si sorride. Si guarda fuori, c’è quella meraviglia di Monte Massico. Che protegge da tutto, anche dai pensieri cattivi. affascina e coinvolge. Non per la sua storia, ma per la sua attualità. Per la sua veridicità. Per quello che oggi potrebbe diventare domani. Per la sua vicinanza al vulcano di Roccamonfina, prolungamento, meravigliosamente possente, dei ricordi lavici. Casa comprata. Terra comprata.

Ancora Maria Felicia da piccola

Poi viene il 17 gennaio, le ore 17. Mia nonna è morta, si torna alle origini, l’attuale Masseria Felicia era stata persa a carte dal nonno di mio marito. Comprata da una baronessa che amava il Monte Massico, la mia seconda nonna era diventata colei che la gestiva, (da scriverci un romanzo d’appendice). In anni non li ho mai visti tornare. Si fa il vino, anzi si continua, anzi no, si comincia con una nuova vigna, il Falerno, aglianico e piedirosso. Con i dettami della tradizione. Impiantiamo và!

Anno uno – Io, è il 2000. Gli Esami. Frequentare lettere e imbattersi/sbattersi per l’esame di latino e scoprire che si parla proprio di quella terra dove mi rinchiudo per studiare e da dove, dal balconcino, vedo la vigna e il monte apre l’anima e innesca progetti, pensieri, possibilità, che vedi crescere dopo ogni mese, dalle foglie ai germogli vivi vivissimi. Materici sogni che attecchiscono. Forse, e dico forse, e oggi dico, che è vero: la terra ti dice quello che è giusto. Troppe intuizioni, troppe interferenze emotive e storiche, non si può lasciare andare così un progetto nato dal cuore, dalla carne di mio padre, di mia madre? Perché si viene a studiare qui? Perché è isolato, perché non ci sono sovrapposizioni, nemmeno la televisione. Perché si è soli e soli si rimane. Questo è un grande problema. Ma c’è possibilità di esprimersi, di creare da zero. Di dare voce a questa terra. Darle un nome.

Anno uno – vigna Etichetta Bronzo, 1999/2002. Ancora Esami. E’ il 1999¤, la prima vendemmia. La vigna ci parla di lei. Da sola. Senza ausili. Con tenerezza, come l’odore della pelle di un bambino appena nato. Solforosa? Malolattica? No. Castagno, botticella, torchio a mano con mattoni sporchi. Eccolo il suo primo figlio! Vero. Vulcanico, sanguigno. E’ un Falerno, senza legno, no barrique. E quello che vedo fuori i vetri. E’ quello che viene dalle braccia di mio padre, dai miei occhi indecisi, su quanto si faccia sul serio. E sul serio si fa a Vinitaly nel 2002. Con l’annata 2000, ma senza rendersene ancora conto. Dopo anni il territorio si muove, una nuova cantina si presenta con due etichette, anche questo un caso. Etichetta color Bronzo, Etichetta color Senape. Falerno del Massico Masseria Felicia¤ barrique e quello che non “c’entrava” corre in acciaio. L’esame, quello con la gente, quello con i giornalisti. Chiunque si avvicini ai nostri calici è uno sconosciuto; è, per noi, curiosità di intenti, quello che rotea il bicchiere e che fa roteare i nostri occhi. E’ andata. Che si fa?

Alessandro Brini con Alice

Anno vero – Io, nel 2004. Determinazioni. Mi sono trasferita, è nata mia figlia qui, quest’anno. Le scale sono cambiate, si studia su due binari, la tesi da finire, e il vino da comprendere, stesso Massico protettore, alla finestra, e quella domanda nella testa che sbatte sulle pareti inconsistenti di un piccolo spazio visivo: dove possiamo arrivare? Eccolo il mio lavoro. Unico, si cambia tutto. Eccoli mio padre, mia madre, Fabrizio mio marito, che investono tempo, cuore, anima e corpo soprattutto.

Anno vero – Le vigne, 2001/2003/2005. Ancora Determinazioni. Nel frattempo, la Vigna dell’Etichetta Bronzo¤ cresce, altro non c’è che un vino che piano piano ridefinisce la sua fisionomia, un vino che “attrezza” il suo altare. Altre due vigne impiantate, Ariapetrina, quella che è la voce della vita terrena di questo posto, e la vigna del futuro Falerno del Massico¤ e la nuova conduzione della vecchia vigna del nonno, un piedirosso vecchio, ma vecchio quanto lui. Vendemmia 2004, con Alice qua nel marsupio.

Maria Felicia Brini

Anno canovaccio – Io, è già 2006/2008. Presa di coscienza. Ritorna il 17. Mi sono laureata il 17 febbraio. È il mio numero, lo so. Non sono nemmeno emozionata, né nervosa. Rilassata, forse perché la cosa più importante della mia vita l’ho “già fatta”, quella per cui le foglie delle palme, degli ulivi, della vite, cantano dalla finestra e insieme si ascoltano, al vento d’autunno, ed è Alice che le intende e che da un significato a quelle scale, a quegli esami.

Anno canovaccio – Le vigne, sempre là tra il 2006 e il 2008. Altra presa di coscienza. E’ ora di crescere, di cambiare, di imparare. Di rinunciare alla coincidenza e prendere decisioni, farsi una ragione del perché la strada che da Napoli che conduce a Sessa non sia più percorsa. Perché stare lì. Perché il Falerno e la sua terra è diventata una ragione di vita. Una bottiglia di vino è diventata fondamentale, diventata interlocutrice da comprendere, e da rispettare. L’incontro, voluto, con Vincenzo Mercurio¤ che cambia le prospettive, la progettualità non invasiva, la richiesta di cooperazione, il patto che qui si entra in famiglia, si fa vivo e rinnova con l’annata 2008 la ricerca con la coscienza del fare.

Maria Felicia in cantina

Oggi – Insieme, quasi un tutt’uno. Crescere in maniera naturale, senza alcun tipo di filtri e di barriere mentali o di sovrastrutture che ti appesantiscano un terreno (un territorio), viverlo, sentirne i colori e i profumi, questo è un inizio vero, familiare, questo sta vivendo mia figlia. Questo ho vissuto io. La sua storia, l’immensa consapevolezza che arriva con lo studio, con un ‘assimilazione spinta dalla curiosità, con la cognizione di avere anni di passato alle spalle e sulle braccia fatica umana e sacrificio economico – “narrazione latina” e avvicendamenti familiari, rendono il nostro lavoro molto difficile emotivamente e progettualmente.

Oggi sei i vini. Amo i loro nomi portatori di storie nate singole e rimaste individuali: Etichetta Bronzo¤, Ariapetrina, Falerno del Massico, Anthologia, Sinopea, Rosalice¤, per tre vigne e le loro piccole parcellizzazioni; sono conosciuti, richiesti, ma soprattutto rispettati. La gente viene e ci sorride e percorre con noi quella vigna, vede il Massico, gli raccontiamo una storia che parte dai poeti latini e arriva alla fatica contadina, per essere oggi dimostrazione che c’è del buono, del sano, del vero a Caserta, in quell’Ager Falernus non ancora nominato fin ora: per profondo pudore nel doversi confrontare con così tanto, perché c’è la necessità di doversi reinventare oggi e non “campare di allori antichi”. Per sorridere. Perché siamo fortunati. E bravi, e sì, siamo bravi, ma più importante, felici.

di Maria Felicia Brini, Faccia da Falerno – L’Arcante 2013.

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Pare sentirla la voce di Maria Felicia mentre scrive questo post, raccontare questo pezzo di storia di famiglia. Manco una virgola mi son permesso di spostare. Quale modo migliore per raccontare una terra, un vino, persone se non quello di starle ad ascoltare¤? [A. D.]

San Terenzano, Falerno del Massico rosso Etichetta Bronzo 2008 Masseria Felicia

8 febbraio 2013

Di Masseria Felicia¤ e dei suoi vini ne ho scritto tanto e a lungo, dell’Etichetta Bronzo¤ manco a dirlo; eppure ogni qualvolta mi avvicino ad una di queste bottiglie va da se che qualcosa di nuovo da ascoltare, capire, dire sembra venir fuori quasi naturalmente.

Falerno del Massico rosso Etichetta Bronzo 2008 Masseria Felicia - foto A. Di Costanzo

Un rosso del Sud, dalla Campania, in provincia di Caserta; l’Ager Falernus¤, in un posto, San Terenzano, poco lontano da Sessa Aurunca; aglianico e piedirosso di una piccola vigna, piccolissima, praticamente il giardino di casa dei Brini. Quante cose da spiegare per farsi trovare là, su quel puntino della mappa del vino del mondo. Potremmo cavarcela, per farla breve, col dire Falerno del Massico¤ rosso. Potremmo, ma a chi la daremmo a bere?

Bevo il vino di Maria Felicia alla fine di una splendida degustazione tra amici di cui magari se ne leggerà anche in giro nei prossimi giorni. Arriva dopo 4 batterie, una ventina di vini divisi tra bianchi e rossi di un certo spessore, degustati in un’atmosfera davvero d’altri tempi; che, devo esser sincero, mi mancava di respirare da un po’. “Oddio che orrore!” si direbbe, “un tal vino così bistrattato”.

Talvolta, spesso per inerzia, rincorriamo la consuetudine, quel fenomeno che ci sta facendo tutti perdere di vista quantomeno un grande valore del nostro mondo del vino: quello della condivisione, del confronto, la convivialità. E tutto per quell’inutile continua autocelebrazione, effimera quanto inquietante.

Poi magari è vero, ci mancherebbe, meriterebbe un palato meno stanco, una maggiore attenzione, quella prontezza necessaria ed indispensabile dinanzi ad una Signora bottiglia come questa. Ma perché? Per stare lì a ripetere del colore cupo e impenetrabile? O quel naso dannatamente mascolino e variopinto capace di tenerti là per ore? Beh, forse, non so; di certo, che un rosso così austero, fitto e nerboruto sarebbe capace di spezzare le reni a chiunque, a cominciare dal tempo, ci metti poco, molto poco a capirlo. Il 2008 è una così tremenda sferzata pei sensi, un tale schiaffo all’impertinenza che lo capirebbe pure mio cugino Tanino che di mestiere fa l’acquaiuolo.

Falerno del Massico rosso Etichetta Bronzo 2004

9 dicembre 2011

E’ indubbio quanto sia importante ritornare su certi vini più volte nel tempo prima di decretarne definitivamente la loro bontà, quella loro fondamentale capacità di rappresentare a pieno l’idea di vino che t’aspetti da un certo luogo o un produttore, da questo o quel vitigno; in una parola, la sua più alta espressione.

Si dice in genere tipicità, termine di cui spesso si abusa ma che in questo caso risulta più che mai azzeccato per questo splendido rosso di Masseria Felicia. C’è poi un tema ancora più profondo, dal titolo “territorio” – o “terroir”, per dirla alla francese -, ancora e sempre più in primo piano quando si vuole far arrivare sino in fondo il messaggio che si tenta di lasciare con una recensione; tema però, diciamocelo, evidenziato talvolta più per vanità intellettuale che per verità storica oggettiva.

Trovo giusto aprire una parentesi: sino a qualche anno fa sembravamo perderci quasi esclusivamente tra merlottiani e cabernettiani ovvero pro e contro quella internazionalizzazione che ci ha sedotti, insidiati, conquistando posizioni importanti, sino a farci sentire assediati da un fenomeno che ci appariva incontrastato e incontrollabile: un fiume in piena che oltre ad aprirci ad una visione globale del vino (offrendoci tra l’altro, perché non ammetterlo, anche autorevoli brividi) ci ha scosso le coscienze e convinto molti a darsi una mossa e prendere per mano quel poco (o tanto, a seconda dei casi) di buono consegnatogli dalla storia, dalla tradizione e rilanciarlo, valorizzandone i contenuti, costruendovi sopra addirittura un’intera reputazione. Insomma, più che inseguire la moda, ha avuto le palle il coraggio di dire: “questa è la mia terra, così è se vi pare!”.

Così è successo qui a casa di Maria Felicia. E l’Etichetta Bronzo ne rappresenta il risultato più alto, la punta di diamante, e come questi un gioiello che nasce grezzo ma che il tempo, più dell’uomo, sa levigare e consegnare prezioso nelle mani della storia. Un 2004 tra le più belle interpretazioni di Falerno da aglianico e piedirosso in giro: fitto, dal naso elegante e dal sorso austero, pregnante. Il colore è splendido, rubino con delicate sfumature granato sull’unghia. Il naso è ricco, intenso e trasversale nei profumi e persistente: nitidi i riconoscimenti di amarena, prugna, china, carrube, rabarbaro. In bocca è slanciato, conquista il palato per la sua decisa profondità, ma anzitutto per l’ampiezza; il tannino, tanto è caparbio, ti sembra quasi di masticarlo, ma lo perdi appena prima di ogni stretta di denti perché ti arriva subito il frutto a distrarre le intenzioni, croccante e denso. Un vino superbo, di grande intensità, dal valore assoluto, una magnifica rappresentazione territoriale, quello subito a ridosso di San Terenzano, che poi è terra di Falerno, ma soprattutto Masseria Felicia.  

Un po’ di noi, oggi su Nonsolodivinoblog

13 giugno 2011

Gli amici Stefano Ghisletta e Giorgio Buloncelli, grandissimi appassionati di vino e autori di uno dei blog più interessanti che gira on line, soprattutto in materia di vini francesi (quelli bevuti per davvero, ndr), mi hanno chiesto di raccontare un po’ di noi e della nostra terra ai loro lettori; questa che segue è la piacevole chiacchierata venuta fuori. (A. D.)

“Con Angelo Di Costanzo inizia una nuova rubrica titolata “quattro chiacchiere con …”. Uno spazio dove vogliamo presentarvi amici del vino o produttori che meritano di essere conosciuti. Partenopeo verace, Angelo, oggi occupa la posizione di capo-sommelier presso il Capri Palace Hotel di Capri, ma ammiriamo soprattutto la sua grande passione nel comunicare i vini della sua regione. Uno degli amici che coinvolgiamo quando dobbiamo scegliere una bottiglia campana. Vediamo di conoscerlo meglio con alcune domande.“(Stefano&Giorgio) Continua a leggere qui…

Carano di Sessa Aurunca, I love Falernum!

12 marzo 2011

Seminare, quindi raccogliere; coltivare, quindi godere. Con grande piacere vi rendiamo notizia di un evento in programma il prossimo venerdì 25 Marzo alla Locanda delle Carrozze di Carano di Sessa Aurunca; protagonista, l’amato Falerno del Massico e le sue declinazioni!

Dopo l’evento dello scorso novembre andato in scena all’Antica Trattoria Fenesta Verde di Giugliano, uno dei luoghi storici della tradizione culinaria flegrea, dove, in molti ricorderanno, un grande successo di pubblico decretò l’altissimo gradimento sia dell’ottima cucina di Luisa e Laura Iodice nonchè dei vini di Masseria Felicia, Papa, Bianchini Rossetti, Migliozzi e Cantina Zannini.

Così, giusto per dare, ove ce ne fosse stato ancora bisogno, ancor più lustro all’opera degli amici della Confraternita del Falerno torna in scena per un secondo atto il Falerno del Massico, in odor, ci solleticano alcuni rumors, di docg; Ed ecco che ad allietare questo secondo imperdibile appuntamento per gli appassionati dell’Ager Falernus entrano in campo le prestigiose aziende Villa Matilde, Moio, Volpara, Nugnes e non ultima Trabucco. Segnatevelo in agenda quindi, il prossimo venerdì 25 marzo dalle ore 20.00 al Ristorante Locanda delle Carrozze di Carano di Sessa Aurunca, il vino unisce ciò che gli uomini dividono! 

Per tutte le informazioni:
Antonio Russo Cell. 320 791 2249
Giuseppe Orefice Cell. 335 874 7180
www.confraternitadelfalerno.it
info@locandadellecarrozze.com  

Il Falerno del Massico, di Papa e Primitivo amore

15 novembre 2010

Quando si lascia la superstrada che dal litorale flegreo ti accompagna su quello domizio ti sembra di fare un balzo indietro di almeno una quindicina di anni. Quel lungo tratto di asfalto lucido ed usurato che da “Ditellandia Park” conduce al “grattacielo”, poco prima dell’incrocio per Cancello e Arnone, in qualsiasi momento dell’anno tu lo attraversi pare sempre vivere in pieno clima agostano: le piccole fabbriche artigiane, i saloni d’automobili, i grandi bar pasticceria ed i ristoranti, le botteghe tutte che affacciano direttamente sulla strada statale – per anni, a causa dello scorrimento veloce delle auto, una tra le più pericolose d’Italia – sono costantemente piene di vita, gente, colori, cose, per vocazione o per finta non importa, sono lì e come detto sembrano non avere conto del tempo che passa, insolente.

Così un sabato di novembre, mentre mi accingo a svoltare per Falciano del Massico mi viene in mente per quanti anni ho superato questo incrocio con la più assoluta noncuranza e nella sola aspettativa di raggiungere le spiagge di Serapo o Sperlonga; sulla via, ricordo, lasciavi a malapena una o due occhiate all’indirizzo dello storico piccolo punto vendita del caseificio San Vito, tappa di ritorno obbligata per fare incetta di buona mozzarella di Bufala da mangiare a sera tardi a casa degli amici. Poi magari, quando in tempo, ma sempre sulla via di ritorno, una sosta a comprar due o tre bocce da litro di “nero falerno primitivo” da messer Michele Moio. Erano quelli altri tempi.

La strada per Falciano s’incunea attraverso una serie di campi incolti, grandi serre che mi scorrono di qua e di là della strada e vere e proprie distese di frutteti (peschi innanzitutto) che offrono un colpo d’occhio – in questo momento della stagione – spoglio, ma non di meno affascinante. Sono da poco passate le dieci, il sole è alto, caldo e la giornata si preannuncia tersa, clima ideale per una passeggiata tra le vigne, ed in verità non ne vedo l’ora: ad attendermi in terra di Falerno, Antonio Papa, Giovanni Migliozzi e poco più tardi, Tony Rossetti.

Papa è giusto nel cuore di Falciano, appena cinquecento metri più in là girato l’angolo che conduce nel centro del paese, le vigne poco più lontane risalendo la zona pedecollinare e collinare del Monte Massico. Mi accoglie Antonio, colui che assieme al padre Gennaro, dal ’99 ha deciso di fare del suo vino uno dei migliori Falerno in circolazione. Ben inteso, non che prima il vino qui non fosse una cosa seria, tutt’altro, la famiglia – le generazioni precedenti – coltivano uva da vino sin da fine ottocento, ma da quel momento il giovane Antonio, classe ’78, oggi fresco di laurea in lettere antiche, si convince e convince pure il papà che da quelle vigne si può tirare fuori qualcosa di meglio che un buon vino per l’autoconsumo, addirittura da mettere in bottiglia e consegnarlo al giudizio di un mercato, proprio in quegli anni, assai favorevole a vini di tale struttura e voluttuosità come il loro primitivo, in zona per’altro già conosciuto ed ambìto da tutti i compaesani. L’inizio, come spesso accade, è stato duro. Convincere lo stesso papà a dimezzare la resa per ettaro sino agli attuali 45-50 quintali non è stato facile, ma i risultati ad oggi gli danno ragione ed in poco più di un decennio l’azienda, nonostante la piccola produzione, appena 15.000 bottiglie, si può ritenere a tutti gli effetti un piccolo gioiello della vitienologia campana, ed in quanto a primitivo senza dubbio una spanna al di sopra degli altri, e non solo nell’areale.

Alcune vigne, come accennato, sono allocate non lontano dalla cantina, in località Campantuono, dove insistono poco più di tre ettari e mezzo, dislocati su aree terrazzate poco distanti tra loro ma con evidenti differenze di terreni ed esposizione ma che comunque non vanno oltre i 230 metri slm, piantati a primitivo e poi, a macchia, con il piedirosso; Dico così perché le piante di piedirosso, in verità non tantissime, sono sparse qua e là tra un filare e l’altro di primitivo, così voleva la tradizione e Antonio, pur riducendo drasticamente il carico di frutti per pianta, non se l’è mai sentita di spiantarle del tutto. Poi ancora poche piante di moscato e appena una decina di filari di barbera, questi proprio in prossimità della cantina. A tal proposito mi sovviene di sottolineare un ricorso curioso proprio su questo vitigno, di origine certamente alloctona, che viene spesso tirato in ballo come un refuso della nostra viticoltura regionale, per qualcuno, Nicola Venditti¤ per esempio, è figlio di una sballata conquista vivaista datata fine anni cinquanta/inizio anni sessanta, soprattutto per quanto concerne l’area del beneventano. Eppure qui la barbera c’è da almeno inizio secolo scorso, e a testimonianza di ciò vi sono proprio questi filari che giacciono qui più o meno dagli anni venti: forse anche questo un refuso, magari voluto dai reduci della prima guerra mondiale; Chissà, fatto sta che ad Antonio questi pochi frutti sembrano fargli molto comodo, e nonostante la bassissima resa che ne ottiene, assolutamente anti-economica, continuano ad offrirgli ogni anno uve particolarmente interessanti, sane, ricche, e quando possibile, volendo, utili a dare maggiore slancio acido-tannico ai suoi vini, per altro, mantenendo queste la stessa epoca vendemmiale del primitivo non richiedono nemmeno una gestione colturale particolarmente dedicata.

Le etichette, come prevedibile dai numeri, sono appena tre, due cru di Falerno del Massico, il Campantuono ed il Conclave, ed un particolarissimo vino dolce, il Fastignano, ottenuto con base primitivo ma che viene prodotto solo molto raramente, come il moscato passito assaggiato in cantina e riservato però solo agli amici. Se volessi condensare in poche parole una descrizione sintetica dei vini di Papa, potrei rifarmi ad una vecchia pubblicità di pneumatici tanto efficace passata in tv qualche tempo fa, che in maniera piuttosto incisiva asseriva che “la potenza è nulla senza il controllo!”. Ecco, i Falerno di Antonio, il Campantuono più del Conclave, sono senza dubbio vini potenti, ma hanno dalla loro una freschezza, una profondità minerale tale da farne nettari assolutamente godibili, sin da giovani, nonostante le spalle belle larghe ed il volume alcolico importante. Ma l’aspetto organolettico degli assaggi effettuati sarà argomento di prossima trattazione, se no che viaggio è…

Qui la precedente presentazione del breve viaggio nell’Ager Falernus: la storia, la d.o.c., i vini.

Qui la nostra visita dello scorso Febbario a Masseria Felicia a San Terenzano.

Qui invece l’esperienza di Tony Rossetti, produttore a Casale di Carinola con l’azienda Bianchini Rossetti.

La vendemmia 2010 nell’Ager Falernus, di Primitivo e Aglianico fratelli gemelli diversi…

20 settembre 2010

Domani martedì 21 settembre concluderemo il nostro piccolo viaggio previsionale sulla prossima vendemmia 2010 giunta ormai alle porte, in Campania così come altrove, anche se a dirla tutta in alcune vigne – in partricolar modo sulle isole e aree costiere – e per alcune varietà c’è già stato un fortunatissimo prologo; Concluderemo questo excursus con un po di note sparse che in effetti non fanno altro che confermare l’impressione che questa 2010, pur nella sua complessità si possa rivelare proprio un’ottima annata: vedremo quale vino, o meglio, quale vigneron ne saprà fare tesoro. Queste che seguono sono le impressioni che abbiamo raccolto in terra di Falerno… 

Antonio Papa da Falciano del Massico, zona di produzione Falerno con base Primitivo, provincia di Caserta. Le uve, qui a Falciano, sono decisamente condizionate da un clima variabile ed abbastanza instabile, tarderanno pertanto la maturazione di almeno 10 giorni rispetto alla scorsa vendemmia. In particolare, la pioggia nell’ultima parte della primavera, ed il fresco atipico dei mesi estivi, con importanti escursioni termiche specie nella prima parte dell’estate, hanno inciso non poco. Se dovessi paragonare questa  vendemmia a quella dello scorso anno, sicuramente sottolineerei che il lavoro in vigna di questa stagione è stato più impegnativo, per vari motivi, a cominciare da una più importante selezione dei grappoli  specie nel vigneto situato a circa 120 m slm; Salendo in collina invece, cambiando il terreno, cambiando esposizione, a circa 260m slm, le uve sono davvero eccellenti e mi fanno sperare in un prodotto finale di grande potenziale. Ci tengo a precisare però che personalmente non ritengo opportuno parlare già di come sarà il vino, di questo ne parleremo fra 2/4 anni, quando le prime bottiglie 2010 saranno pronte per l’assaggio, ci tengo invece ad evidenziare un dato: io credo che se un’azienda lavora bene, lo si vede proprio attraverso queste annate, le quali proprio come le persone con un carattere difficile hanno bisogno di maggiore comprensione e pazienza per essere valorizzate appieno.

Tony Rossetti, deus es machina di Bianchini Rossetti a Casale di Carinola, in provincia di Caserta. Nella zona del Falerno del Massico che ci riguarda, in special modo sulle colline del Carinolese e del Sessano, dopo una estate piuttosto torrida le piogge di settembre hanno un po mitigato l’aria ed il repentino abbassamento delle temperature registrato già dai primi giorni di questo mese ci fanno ben sperare in una lenta ma progressiva maturazione delle uve sulle piante e quindi un giusto equilibrio fenolico. I frutti sono sani e sulle nostre colline la ventilazione ad ampio respiro ci aiuta non poco ad areare i grappoli di aglianico evitando innanzitutto eventuali problemi di muffe. Dalle prime analisi effettuate nei giorni scrosi e le curve di maturazione evidenziate ci stiamo organizzando per una vendemmia ottobrina, incrociamo le dita.

Qui il polso della provincia di Caserta, Gennaro Reale su le Terre del Volturno e Roccamonfina.

Qui la vendemmia 2010 nei Campi Flegrei illustrata da Gerardo Vernazzaro.

Qui la vendemmia 2010 in Cilento, Irpinia e provincia di Benevento analizzata da Fortunato Sebastiano e Massimo Di Renzo.

Sessa Aurunca, Rosalice 2009 Masseria Felicia

16 febbraio 2010

Ci sono persone, prima che vini, che non smetteresti mai di raccontare per paura di non averli mai ringraziati abbastanza per il loro alacre impegno e profonda dedizione messi in campo sul fronte della salvaguardia e valorizzazione del proprio territorio.

Così non ho remore nel ritornare sulla famiglia Brini, su Masseria Felicia e sull’areale del Massico, su quella provincia casertana troppo spesso sulla bocca di tutti come valore storico e suggestivo di un’antichità florida e gloriosa ma ahimè tremendamente distante da una realtà oggigiorno troppo poco vissuta, camminata, raccontata per lasciarla divenire a tutti gli effetti pane quotidiano piuttosto che comunione della domenica.

L’azienda è a Carano, in località S. Terenzano, una piccola frazione di Sessa Aurunca, il primo comune per estensione della provincia di Caserta. Arrivarci è facilissimo, sia che sia arrivi da nord che da sud basta seguire la statale domiziana sino a Mondragone e poi risalire nell’interno, verso Sessa, oppure con l’autostrada Napoli-Roma uscendo a Capua, in meno di venti minuti vi ritroverete al cancello della famiglia Brini, dove vi accoglieranno come si accolgono gli amici a casa propria. La struttura è dei primi del novecento, il papà di Alessandro Brini la rilevò nel dopoguerra, vi era stato per tanti anni colono ed unico conduttore dei terreni. Il tempo poi ha dettato lentamente i suoi ritmi sino ai giorni nostri; La vecchia masseria è stata per tanti anni il luogo di rifugio di Sandro e della moglie Giuseppina prima di divenire il presente ed il futuro della figlia Maria Felicia, che oggi, assieme ai genitori e al marito, e al bravo enologo Vincenzo Mercurio¤ che li segue in cantina, ne cura le sorti in tutto e per tutto.

L’idea di guardare al futuro passa anche dal dare nuovo slancio e nuove prospettive ad una produzione sino ad oggi imperniata, giustamente, quasi esclusivamente sul nobile rosso tanto amato dai romani (e anche da me) addirittura in tre declinazioni: giovane (base), affinato (Ariapetrina) e, per così dire, invecchiato (Etichetta Bronzo). Oltre questi, poche sperimentazioni, nulla di stravagante, poche, pochissime bottiglie per dare libero sfogo ad uno studio approfondito sul potenziale delle varietà impiantate in azienda, un esercizio di stile sul tema autoctono che ha condotto negli ultimi tempi ad alcune riflessioni ed utili micro vinificazioni, per esempio del piedirosso in purezza (polpa viva), che resterà però bontà sublime ad uso e consumo per i vinaggi successivi ed eventuali a disposizione dei Falerno di cui sopra.

Altra intuizione, un rosato di aglianico in purezza, lasciatomi assaggiare in anteprima assoluta, in uscita nella prossima primavera e per il quale si è già scatenato il toto nome. Dal canto mio non voglio far mancare il mio supporto, suggerendo, con Rosalice, una dedica tremendamente necessaria alla dolce Alice, figlia di Maria Felicia che immagino già smanettare tra vasche e tinozze con la stessa fermezza e decisione con la quale difende i suoi spazi di gioco dalle altrui ingerenze. Nasce da una piccola parcella di vigneto ad aglianico che la scorsa vendemmia ha mostrato qualche limite di maturazione zuccherina, non però fenolica, così da offrirsi naturalmente alla vinificazione in rosa: sfoggia un colore rosa lampante, decisamente cristallino. Il naso è già pienamente espressivo, floreale suadente, frutti di sottobosco pregnanti, si apre con sentori di rosa e viola delicatissimi e poi su note di lamponi e fragola, dolcissime. In bocca è secco ed abbastanza caldo, mostra una evidente, piacevole acidità, tratto caratteriale di tutti i vini di Masseria Felicia, spalla utile ma certamente non invadente per trovare abbinamento ideale a molti dei piatti della nostra cucina tradizionale regionale, fusa ad un grado alcolico appena superiore agli undici e mezzo da conferirgli una beva decisamente scorrevole, leggera, che si lascia apprezzare anche per una discreta sapidità.

C’è poco altro da aggiungere, questo rosato non vuole certo emergere per tipicità o chissà cos’altro, e nemmeno come esaltazione di un terroir, sono ben altri i vini della famiglia Brini che hanno questo oneroso compito e a cui non smetterò mai di guardare, queste mille e dispari bottiglie serviranno più che altro per avvinare il palato prima di tuffarsi nel meraviglioso mondo del Falerno del Massico (leggi qui e qui), primitivo, aglianico e piedirosso che sia, basta che abbiano qualcosa da dire, raccontare, e non soltanto il blasone ed i fasti di un tempo florido ma, ahimè, assai lontano!

San Terenzano, Masseria Felicia

13 febbraio 2010

Il monte Massico, versante nord (che guarda cioè il Lazio). Qui le vigne e gli oliveti di Masseria Felicia s’intrecciano continuamente, filari commisti di aglianico e piedirosso contornati da alberi di varietà leccino, sessana, itrana. Uno scenario mozzafiato.

Operai al lavoro in vigna. Piove, a tratti a dirotto, la temperatura è particolarmente bassa ma il lavoro in vigna non ammette pause. Intenti a legare i tralci lasciati sui ceppi dopo la prima potatura, pare che l’acqua scivoli loro addosso indifferentemente, pare. Traspare invece grande dedizione al lavoro.

L’ettaro e mezzo di vigna intorno alla casa della famiglia Brini. Il primo vigneto piantato da papà Sandro nei primi anni novanta. Aglianico e Piedirosso che si rincorrono nello stesso filare; E’ curioso notare le due differenti legature dei tralci, con l’aglianico tenuto linearmente stretto al filare ed il piedirosso legato più alto: la vigorosità, soprattutto nella fase vegetativa di quest’ultimo ha bisogno di maggiore spazio.

Il piccolo cellaio proprio sotto casa Brini riportato alla luce durante i lavori di restauro della casa colonica. Oggi qui vengono conservate le poche bottiglie di falerno del massico Etichetta Bronzo che si riescono a mettere via, a memoria storica di un viaggio di valorizzazione territoriale iniziato alcuni anni orsono, quasi per gioco, e divenuto nel tempo unico scopo di vita.

Sessa Aurunca, Falerno del Massico rosso 1999

2 febbraio 2010

C’era una volta una vigna ed una passione, siamo nei primi anni novanta quando Alessandro Brini e la moglie Giuseppina Ruggiero decidono di restaurare il casale di inizio novecento ereditato pochi anni prima dove si recavano di sovente per dare libero sfogo alle proprie passioni tramandategli dagli avi, il vino per il primo, l’olio per la seconda.

E’ il 1995, l’azienda agricola vive, finalmente, di nuovo slancio e soprattutto Sandro pare particolarmente soddisfatto dal vino che viene fuori dalle prime vendemmie, tanto da provare a metterne da parte qualche bottiglia per seguirne l’evoluzione. L’ettaro e mezzo appena reimpiantato di aglianico e piedirosso è posto proprio nel “giardino” di casa con vista sul monte Massico, da qui, in linea d’aria a meno di un paio di chilometri; è stato piantato così come si faceva (sbagliando?) un tempo, con ceppi di aglianico intervallati da piedirosso in percentuali più o meno rigorose: è infatti particolarmente istruttivo camminarne le vigne (piantate a guyot semplice) in questo periodo della stagione poiché con le prime potature e la legatura dei tralci si riesce perfettamente a comprendere le prime differenze sostanziali tra i due vitigni e degli interventi necessari per gestirli in allevamento. Quando si dice uvaggio, ecco, in maniera essenziale, cosa può rendere bene l’idea.

Sono questi anni di nuovo vigore, e Maria Felicia, figlia di Sandro e Giuseppina, poco più che ventenne decide di abbandonare il suo lavoro di copyrighter freelance per dedicarsi anima e corpo a questo nuovo progetto venuto fuori quasi per hobby ma che ha bisogno adesso di forte sostegno morale e fisico. C’è poco su cui riflettere, rimuginare, il richiamo della terra è più forte, la voglia di scoprire questo nuovo mondo del vino, di confrontarsi, di affermare quei principi sognati da papà e mamma prendono il sopravvento, tanto che oggi sono pienamente personificati nel suo modo di intendere e volere l’azienda, oggi il suo pane quotidiano, ed il suo vino, il Falerno degli antichi, lento e puro, austero e vero, nel mondo della velocità totale, senza quasi memoria. E’ una donna del vino giovane, brillante, con le idee chiare e la giusta fermezza di chi sa cosa vuole, di chi sa, per esempio, mediare in maniera intelligente tra l’indomabile rinnovamento arrivato con l’enologo Vincenzo Mercurio e la ferma disciplina ai principi tradizionali di papà Sandro.

Il Falerno del Massico ’99 è un po’ tutto questo, ma è soprattutto l’origine di tutto. La prima vendemmia, mai commercializzata, conservata gelosamente in pochissimi esemplari nella suggestiva cantina storica di casa Brini. Nasce proprio dal vigneto di cui sopra, senza nessun tipo di trattamento in vigna se non quelli cosiddetti naturali tramandati di padre in figlio e nessun accorgimento particolare se non l’amore per la propria terra; nemmeno una cantina, in garage solo una pigiadiraspatrice a manovella, una di quelle tanto belle da ritrovare nei musei del vino, un torchio abbastanza malconcio ma utile a smanettare sul proprio entusiasmo. Macerazione a temperature assolutamente incontrollate, lieviti più o meno indigeni (si dice così?), zero (dico zero!) solforosa. Insomma, qualcuno in vena di fare un po’ di business l’avrebbe potuto far passare per “bio-qualcosa” o magari affibbiatogli una tripla sigla per certificarne l’autenticità, i Brini non ebbero nemmeno il tempo di farci l’etichetta, intuirono però da subito il grande valore di quella scelta che ancora oggi ci fa parlare di quel tempo con non poco fervore. Il colore è bellissimo, rosso rubino vivo con appena accennate sfumature granata, limpidissimo e poco trasparente, consistente. Il primo naso è assolutamente spiazzante, la nota di riduzione sembra prendere il sopravvento, ma ha bisogno di tempo e noi glielo concediamo volentieri. La freschezza olfattiva è impressionante, il frutto appare ancora quasi acerbo, vinoso, polposo. Sentori di garofano, poi amarena spiritosa, note balsamiche ed eteree smaltate. Non si può dire certo un corredo fine, ma il fronte olfattivo è intenso e lungamente persistente. In bocca è secco, manifesta ancora una discreta acidità ed un tannino, come il frutto, pienamente espressivo e lontano, secondo me lontanissimo, dal divenire levigato. Il palato è avvolto dalla continua ricerca della salivazione, che tarda, non poco, a venire fuori. Un vino crudo, per niente superato dal tempo, tutt’altro, il tempo sembra proprio essergli passato accanto inosservato, sfiorandolo appena, temendone forse la forza.

Una giornata (bagnata) a Masseria Felicia: scoprire e capire il vino con gli Amici di Bevute

1 febbraio 2010

Niente e nessuno ci fermerà! non siamo certo dei sovversivi ma amiamo talmente tanto camminare le vigne che questo è il solo motto che conosciamo per non perderci davanti ad una giornata cupa e grigia e piovosa come non mai nelle ultime settimane. Ci stava aspettando!

Ci riuniamo di prima mattina, qualcuno ci raggiungerà strada facendo, direzione Sessa Aurunca alla scoperta della piccola e deliziosa azienda della famiglia Brini, Masseria Felicia, ai piedi del versante nord del monte Massico, quello, per intenderci, che guarda verso la provincia di Latina. Il cammino è un po’ a rilento, la pioggia, in certi tratti particolarmente incessante non ci aiuta a rimanere a vista, così qualcuno, più o meno inconsciamente arriva sino a Caianello prima di accorgersi di aver superato l’uscita autostradale di Capua da almeno 15 chilometri: e vabbuò, so cose che capitano.

Ci accoglie, sotto la pioggia, Maria Felicia e ci accompagna subito al tepore del camino acceso nel salotto di casa. Invadiamo, ma solo per qualche minuto lo spazio giochi della piccola Alice, che ci osserva con occhi vispi mentre tra una tirata di orecchie al dinosauro ed un bacio all’orsacchiotto del cuore aiuta la nonna Giuseppina a preparare la tavola per la ricca colazione che ci attende alla fine della visita in cantina, non prima però di una scarpinata tra le vigne. Sotto la pioggia, naturalmente. Ci raggiungono frattanto il papà di Maria Felicia, Sandro e l’enologo Vincenzo Mercurio che ci teneva particolarmente ad essere presente per darci ampia descrizione del particolare lavoro progettuale condotto qui a Terenzano con l’agianico ed il piedirosso dell’azienda della famiglia Brini. “Sono vini sorprendenti, l’aglianico qui acquisisce una forza capace di farlo sopravvivere per una intera generazione, e senza intervento alcuno in cantina se non quello di preservazione delle sue peculiarità”. 

Sandro Brini ci racconta dell’inizio, di quando, siamo nei primi anni novanta, con la moglie decisero di dare il via alla ristrutturazione del casale che oggi ospita la loro casa, la cantina e sotto la quale fu ritrovato un antico cellaio dove oggi riposano le vecchie annate destinate alla memoria liquida del falerno di Masseria Felicia. “Anni entusiasmanti, a tratti vissuti da incoscienti, ma il richiamo della propria terra, della propria storia, delle proprie radici diveniva ogni giorno sempre più forte. Così come forte è il legame che traspare dall’assaggio dei vini e la terra che interpretano, tra il Falerno Ariapetrina 2004 straordinariamente succoso di frutto e l’Etichetta Bronzo 2006, il cru di casa, duro e puro come le mani intrise di terra e calli di papà Sandro e la stessa Felicia, che mai si è sottratta alle fatiche della campagna. Un legame solidissimo come la longevità del Falerno ’99 regalatoci in degustazione prima del saluto, la prima annata, il principio di tutto,  mai commercializzata, eccezionalmente austero e destinato ancora a lunga vita. Assaggiamo, grazie al nulla osta del buon Mercurio, anche il Rosato di aglianico 2009 di prossima uscita del quale parlerò a breve, anch’esso fuori dagli schemi, tenue sì, ma dal carattere inconfondibile, lo stesso che appare delinerare costantemente il profilo dei vini di Masseria Felicia, vivacità e freschezza sui generis per vini non obbligati a concedersi immediatamente, ma sinceri e schietti come l’aria che tira alle pendici del monte Massico da questa parte del versante. Ci spostiamo in salotto, il focolare ci attende, scambiamo quattro chiacchiere, distintive come sempre, con Vincenzo, poi mamma Giuseppina ci guida nella degustazione degli oli extravergini, prodotti esclusivamente dagli olivi della masseria e franti per gentile concessione dalla rinomata Badevisco proprio qui a Sessa Aurunca, garanzia di qualità superiore: uno è composto da diverse cultivar, leccino e sessana su tutte,  l’altro invece è in purezza da varietà Itrana, quest’ultimo davvero buono, superlativo per fragranza ed equilibrio.

Fuori la pioggia continua a battere incessantemente, il vento pare rifuggire  i filari spogli che s’intravedono dalle grandi vetrate, dentro c’è solo il calore, c’è n’è ormai abbastanza da rimanerne succubi, le buone cose messe in tavola ci hanno dato il giusto sostegno morale e supporto, per così dire tecnico, ai deliziosi nettari bevuti. Grazie di cuore alla famiglia Brini, per averci regalato questa bellissima mattinata e lasciatoci immaginare come eravamo per continuare a sognare come dovremmo essere.

Qui tutte le foto a cura dell’amico Giovanni Lamberti.

Qui la resentazione del breve viaggio nell’Ager Falernus: la storia, la d.o.c., i vini.

Qui la passione di Antonio Papa nell’azienda di famiglia a Falciano del Massico.

Qui invece l’esperienza di Tony Rossetti, produttore a Casale di Carinola con l’azienda Bianchini Rossetti.

Sessa Aurunca, sabato 30 Gennaio: Amici di Bevute in visita da Masseria Felicia

24 gennaio 2010

AMICI di BEVUTE

 Viaggio al centro dell’autoctono

Sabato 30 Gennaio 2009 ore 9,00

visita presso l’azienda MASSERIA FELICIA

“In conclusione, un grande vino, un rosso che ha fatto storia, un’azienda commovente per l’unità familiare, la determinazione ad andare avanti, la serietà della conduzione in vigna e in cantina”. (Luciano Pignataro)

Masseria Felicia è situata alle falde del monte Massico, tra le antiche Suessa e Sinuessa (oggi Sessa Aurunca e Levagnole) in prossimità della Via Appia e dell`antico Ponte Aurunco. Appena 5 ettari di terreno, di cui 3 coltivati a vigneto e 2 ad oliveto. L`azienda ha sede in un casale degli inizi del `900, ristrutturato nel pieno rispetto della sua forma originale e davvero suggestivo agli occhi dell’avventore di turno. Le uve, tutte di proprietà subiscono procedimenti produttivi estremamente curati, l`invecchiamento dei vini avviene nella cantina interrata, scavata nel tufo. Il trasporto tra i locali sottostanti della lavorazione alle barrique avviene per caduta, senza l`ausilio di alcuna pompa così da evitare inutili stress al vino. L`azienda è condotta personalmente dalla proprietaria Maria Felicia Brini che si avvale della consulenza enologica di Vincenzo Mercurio.

L’evento è a numero chiuso di partecipanti, organizzato, promosso e condotto da L’Arcante Enoteca e Masseria Felicia gratuitamente, pertanto è richiesta la prenotazione per tempo.

Muoveremo da Pozzuoli con mezzi propri, per chi volesse rimanere il loco per il pranzo (da comunicare all’atto della prenotazione) è possibile usufruire di una particolare convenzione presso il caratteristico ristorante, situato nel centro storico di Sessa Aurunca, La Vecchia Dogana della famiglia Bencivenga.

Prenotazioni esclusivamente a:
L’ARCANTE ENOTECA
Via Pergolesi, 86 Pozzuoli
Tel. 081 303 1039
larcante@libero.it

 

MASSERIA FELICIA
Loc. San Terenzano
Fraz. Carano di Sessa Aurunca
Sessa Aurunca (CE)
www.masseriafelicia.it
info@masseriafelicia.it
Tel. 0823 935095
RISTORANTE LA VECCHIA DOGANA
Corso lucilio, 194
81037 – Sessa aurunca (CE)
Tel. 0823 936546

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