E’ bene ricordare infatti che da quel preciso momento storico è vino Prosecco quello che proviene esclusivamente da un’area di produzione geograficamente collocata nel nord-est italiano, lungo i territori che attraversano diverse province a cavallo delle regioni Veneto e Friuli, all’interno dei quali insistono, a livello piramidale, più denominazioni di origine che ne certificano la qualità: alla base di questa piramide c’è la Doc Prosecco, cui segue la Doc Prosecco Treviso, la Docg Asolo Prosecco che ancor più ne circoscrive la produzione in un’area specifica di 19 comuni attorno ad Asolo, nel trevigiano, sino ad arrivare alla Docg Conegliano Valdobbiadene Superiore che identifica i vini prodotti nei 15 comuni dell’area storica del Prosecco al cui apice c’è la Docg Valdobbiadene Superiore di Cartizze.
Seppure a molti appaia complicato questo giro di denominazioni è abbastanza chiaro coglierne l’intento del legislatore: fintanto che “Prosecco” indicava un vitigno e non una zona di produzione, sarebbe stata inefficace qualsiasi prova di tutela (vedi la diatriba tra Tokaji ungherese – denominazione – e Tocai Friulano – vitigno), vi era quindi la necessità di salvaguardare il prezioso aspetto storico e culturale delle aree più vocate – oggi le colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene sono Patrimonio dell’Umanità Unesco -, senza però trascurare il valore economico delle grandi estensioni produttive di pianura che hanno di fatto contribuito a rendere il Prosecco una delle produzioni enologiche italiane più famose nel mondo, tanto da entrare di diritto anche nel vocabolario Merriam-Webster’s Collegiate Dictionary¤, uno dei più importanti vocabolari ufficiali degli Stati Uniti.
Tra i tanti protagonisti di questa lunga cavalcata c’è sicuramente Giuliano Bortolomiol, tra i primi nel secondo dopoguerra a raccogliere l’eredità dei pionieri, ad intuire il valore di spumantizzare un Prosecco brut e sin dal principio convinto sostenitore dell’utilizzo del metodo Charmat nella produzione dei suoi vini. L’azienda, fondata nel 1949, è guidata oggi dalle figlie Maria Elena, Elvira, Luisa e Giuliana che sin dal 2001, sono passati quasi vent’anni, hanno avviato una progressiva conversione vitivinicola e una profonda ristrutturazione aziendale con al centro il ”Parco della Filandetta”, una splendida area ricavata dal restauro di un’antica filanda nel cuore di Valdobbiadene che riunisce al suo interno la cantina di vinificazione, spazi per la degustazione ed un vigneto biologico. Uno scatto verso il futuro nel segno della memoria e dei valori storici del territorio.
Un segno distintivo di questo percorso di qualità ci è parso l’Audax Zero.3, vino della Collezione Tradizionali, millesimo duemiladiciannove; nel bicchiere ci arriva un Prosecco molto interessante, dal colore giallo verdolino brillante, con bolle mediamente fini e dal profumo invitante e delicato. Prodotto con uve Glera in purezza, 12% di alcol in volume in etichetta, ha un naso lievemente aromatico, un po’ ”verde”, va sull’erbaceo ma è capace di consegnare anche delicati sentori di fiori d’arancio e frutta a polpa bianca; in bocca è secco, il contenuto zuccherino è infatti ai minimi, ma nessuna forzatura eccessiva, è certamente armonico per la tipologia e anzi, pare garantire tanta piacevole freschezza, un extra brut che ci regala un sorso di autentica leggerezza.
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