Null’altro che una breve segnalazione di un “qualcosa” da bere, decisamente interessante, da ricercare tra una scarpinata e l’altra per chi si trovasse ancora in vacanza in quel meraviglioso luogo che è il Cilento; questo scorcio di fine agosto poi è perfetto per godere al meglio delle mete più belle di questo pezzo di Campania, sicuramente tra le più suggestive che la nostra “terra felix” sa offrire ai suoi avventori, continuamente sospese tra il cielo azzurro delle vicine colline – che in certi luoghi del parco si fanno vera e propria montagna – e il mare infinitamente blu delle coste incontaminate.
Si chiama La Matta, è praticamente uno spumante naturale, a dosaggio zero prodotto da uve fiano, l’ultimo vino nato in casa di Betty e Pasquale Mitrano, per mano – quel poco che è servito mettercele, a quanto pare – di Fortunato Sebastiano, enologo visionario e al tempo stesso mosso sempre da grande concretezza. Da quanto mi ha spiegato Pasquale, l’uva, il processo produttivo, seguono quella linea biodinamica e naturale ormai fortemente consolidata a Casebianche; il che significa: grande lavoro in vigna, cernita pressoché maniacale, soprattutto per cogliere al meglio solo quei grappoli con acini al loro massimo tenore di acidità, e che la presa di spuma, dopo la prima fermentazione classica per fare il vino base, avviene attraverso una lenta rifermentazione naturale e spontanea, e non attraverso l’addizione di anidride carbonica, zuccheri o additivi vari come si è soliti attuare.
Curioso anche il packaging, piuttosto scarno (e insolito) rispetto a quanto siamo abituati: le bottiglie, di vetro chiaro (!) fanno trasparire tutto il contenuto, compreso il deposito, che non manca di intorbidire il vino non appena scosso, e che esprime però tutta l’essenza di un progetto che più “integrale” non si potrebbe definire; bottiglie tra l’altro vengono tappate con un insolito tappo a corona anziché il più classico sughero ingabbiato “a fungo”, con ancora il bidule. Occhio quindi a maneggiarle con cura alla stappatura, soprattutto per evitare “botti e lanci” sconvenienti.
Il vino offre indubbiamente spunti molto interessanti, soprattutto nell’ottica di sviluppare un progetto di “bollicine alternative” e non semplicemente fini a se stesse, un po’ come accade ultimamente nell’area del prosecco, dove alcuni piccoli (e bravi) produttori hanno riscoperto, e quindi rilanciato, il cosiddetto “prosecco col fondo”, dando vita tra l’altro – soprattutto sul web – anche ad un forte movimento opinionista sull’argomento, dal valore storico e culturale abbastanza sentito in loco, ma che appariva quanto mai sopito negli ultimi anni. Così anche il La Matta 2010 mostra tutti i segnali organolettici più classici di un prodotto artigianale – e col fondo -, dal colore paglierino pallido/torbido al naso sicuramente poco incline a sentori fini ed eleganti, ma non per questo trascurabili.
Tuttavia gioca moltissimo il fattore emozionale, quello anzitutto di stare bevendo un prodotto che più naturale non si può, vivace quanto basta – non ci si può certo fossilizzare nel parlare di spuma, perlage e altro dinanzi a certi vini – e dal sapore davvero unico, che conserva tutta l’austerità della vendemmia precoce e la maturità del vino che va rincorrendo, bilancino alla mano, il suo equilibrio tra frutto e componenti dure: oltremodo secco, ancora a tratti citrino, regala però una gran soddisfazione di beva, tra l’altro con un tenore alcolico, 11 gradi e mezzo, piuttosto moderato. Magari non ci perderete la testa, ma ne conserverete senz’altro un piacevole ricordo!