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Gambellara, Pico 2008 La Biancara

14 novembre 2011

Passaggio breve, ma interessante, su una etichetta da tempo messa lì in agenda. Un vino di quelli “naturali”, ma non uno qualunque. Scettico, ma su cosa? Ma sì, perché sono ancora e sempre più convinto che un vino debba sapermi conquistare anche con la sua finezza, non certo stereotipata, omologata come si dice, ma a suo modo palese. Però talvolta può non essere così decisivo.

Angiolino Maule è uno dei fondatori di VinNatur, l’associazione che riunisce vignaioli da tutto il mondo che intendono difendere l’integrità – così la storia, la cultura, l’arte – del proprio territorio traendo ispirazione anzitutto da una profonda etica ambientale. Dalla Campania per esempio vi aderiscono aziende come Il Cancelliere e Cantina Giardino, giusto per citarne due. Produrre vino naturale significa per questi vignaioli, agire nel pieno rispetto del territorio, della vite e dei cicli naturali, limitando attraverso la sperimentazione, l’utilizzo di agenti invasivi e tossici di natura chimica e tecnologica in genere, dapprima in vigna e successivamente in cantina.

La Biancara è la sua creatura, 12 ettari nei dintorni di Gambellara, nel vicentino, di cui 9 di proprietà, più 3 in affitto. Vigne perlopiù a garganega, il vitigno più diffuso nell’areale, quello storico, con il quale vengono prodotti tre vini bianchi secchi (il Pico è uno di questi) e uno passito, il tradizionale Recioto. Poi due rossi a base merlot. In verità sarebbe in sperimentazione anche un Vin Santo, tentativo, condiviso, di recuperare una delle più antiche vocazioni del disciplinare locale. Berremo.

Il Pico 2008 è prodotto da sole uve garganega, da vigne collocate tra le località Faldeo, Monte di Mezzo e Taibane, luoghi situati tutti in alta collina e in aree di chiara origine vulcanica. E’ un bianco fermentato per circa due giorni in tino aperto, con tutte le bucce e a temperatura ambiente. Successivamente finisce la fermentazione in botte grande da 1500 litri dove ci rimane anche per tutto il periodo di affinamento, sulle fecce fini, più o meno dodici mesi, prima di passare in bottiglia; senza trattamenti, ne filtrazioni e con zero solfiti aggiunti.

Vino dal colore decisamente caratteristico, pare oro, tendente all’antico, non proprio limpido – non potrebbe essere altrimenti – e di buona consistenza. Il naso è molto interessante, e va oltre, molto oltre la pungente intensità bucciosa tipica di vini del genere; vengono fuori col tempo note olfattive molto invitanti, talune spiazzanti ma assai piacevoli: frutta e agrumi canditi che si fanno sentori speziati, pera matura e cedro, quindi zenzero caramellato. A tratti quasi ferroso. Il sorso è asciutto, intenso e di ottima persistenza, un bel bere, assai saporito, infonde al palato pienezza gustativa, piacevole rotondità prima di chiudere con un certo guizzo ricco di freschezza e persistente mineralità.

Pro e Contro

21 giugno 2011

Il rosso e il nero, il sole e la luna, l’alba e il tramonto. Chi per l’uno, chi per l’altro. Così il vino, di spessore o sottile. Spesso, diciamocelo, certe scelte sono dettate esclusivamente da pura vanità intellettuale, altre volte, giustamente, da un gusto personale imprescindibile, altre ancora, comprensibilissimo, la predilezione del momento.

Quindi un’imbarcata dinanzi ad un vino florido, ricco, abbondante, copioso, robusto, ci può stare. Perché un vino splendido rimane tale, sempre. Un rosso dal naso fittissimo, copioso, etereo, cioccolatoso; palato pieno, sano, sfarzoso, sontuoso ma al tempo stesso regale, significativo, tangibile, brillante, polposo, vigoroso, procace, fitto, più orizzontale che verticale, di gran soddisfazione comunque; solo corvina e rondinella per l’Amarone della Valpolicella 2007 Le Vigne di S. Pietro.

Per contro, la sottile, acuta, filiforme veste di questo splendido altro bicchiere. Primo naso fine, flessuoso, dapprima leggero, lieve, longilineo, poi quasi rarefatto, sagace e profondo, echeggiante passaggi aridi di gariga e note di macchia mediterranea e terra nera. No, affatto una beva difficile, asciutta sì, penetrante, fitta, stretta a note austere e minerali ma minuziose, pure, sofisticate: un vino, concedetemelo, micrometrico. Si parla di nerello mascalese e dell’ Etna rosso Archineri 2009 di Pietradolce.

A rischio di passare per qualunquista, oggi mi sento tanto pro quanto contro.


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