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Un sorso tipico e varietale il Piedirosso Campi Flegrei 2017 di Cantine dell’Averno

9 marzo 2019

Diamo subito le coordinate necessarie per collocare questa etichetta, giusto per farvi capire dove vi trovate: siete a Pozzuoli, lago d’Averno, uno specchio d’acqua dalla forma ellittica che occupa l’antico cratere dove i romani posero l’ingresso agli inferi, tutto intorno boschi, vigne e frutteti.

La vite e il vino nei Campi Flegrei hanno da sempre un loro ruolo preciso nell’economia locale, sono inoltre parte della storia e della cultura  di questi luoghi, spesso s’intrecciano persino con le vicende leggendarie di queste terre vulcaniche del napoletano tramandate nei secoli sino ad arrivare ai giorni nostri contribuendo così al fascino e alla suggestione di una delle mete più ambite e percorse prima dai Greci poi dai Romani, e per questo territorio assai ricco di storie mitiche e di misteri mai del tutto disvelati.

Sono decisamente pochi i vigneti al mondo che possono avvantaggiarsi oltre che di una posizione di assoluto privilegio climatico anche di un valore storico così profondo, come ad esempio il Vigneto Storico Mirabella situato nel Lago d’Averno. Dei fratelli Emilio e Nicola Mirabella ne scrivemmo appassionatamente, tra i primi, salutando il loro debutto nel lontano 2011¤, con l’annata 2010.

E’ uno splendido paesaggio quello offerto dal Lago d’Averno in questi primi timidi giorni che anticipano la primavera, proviamo a godercelo tutto passeggiando in lungo e in largo tutto il cratere, un vulcano spento formatosi oltre 4.000 anni fa e coperto oggi in larga parte da acque definite dagli antichi ”immote e scure”. Oggi, lungo le sue sponde, su pareti ripide, lo circondano coperti da boschi anfratti ancora inesplorati mentre su quelle a pendenza dolce, resistono vigneti di 40 e 60 anni in parte terrazzati in parte degradanti lentamente verso il lungolago. Sono vigne già di per sé suggestive ma quando sono in fioritura, nel loro pieno vigore, offrono un colpo d’occhio¤ sinceramente impagabile.

E’ questo il regno del Piedirosso o Per é palummo dei Campi Flegrei, così chiamato per il caratteristico colore rosso porpora del graspo, simile al piede di colombo. Il vitigno a bacca rossa è allevato in tutta l’area flegrea seppur rappresenti nella totalità solo il 12% dell’area vitata della denominazione, ha origine antichissima ed era spesso decantato come nettare prelibatissimo già da Plinio nella sua Naturalis Historiae, e molte successive ampelografie lo accostavano a vitigni come il Dolcetto piemontese o il Refosco dal peduncolo rosso friulano, ma sicuramente le caratteristiche che esprime qui nei Campi Flegrei sono uniche se non rare.

Da qui, da queste vecchie vigne di Piedirosso nasce, tra gli altri, questo delizioso vino che proviamo a raccontarvi partendo dalla bella luce del colore, rubino e trasparente, il naso è invitante e delicato, ha sentori lievi di gerani in fiore e melograno, un chiaro riverbero speziato, sottile ma preciso. Il sorso è leggiadro, secco e gustoso, armonico nel suo insieme, coinvolgente e appagante. L’annata duemiladiciassette si conferma davvero un millesimo fortunato da queste parti, bravi tutti coloro i quali ne hanno saputo fare tesoro tirandone fuori vini così tipici e varietali! 

Leggi anche Piedirosso Campi Flegrei Riserva Pape Satàn 2012 Cantine dell’Averno Qui.

© L’Arcante – riproduzione riservata

Pozzuoli, Falanghina Campi Flegrei 2017 Cantine dell’Averno

7 marzo 2019

E’ una piccola storia di resilienza quella di Emilio e Nicola Mirabella, due fratelli che hanno a lungo rincorso l’idea di preservare questo piccolo angolo di paradiso baciato dal sole sulle sponde del Lago d’Averno, ne raccontammo al loro esordio¤ già qualche anno fa, siamo tornati a trovarli.

Qui si coltiva prevalentemente Piedirosso, i ceppi hanno età medie tra i 40 e i 60 anni e lo splendido vigneto a piede franco viene perlopiù allevato a spalliera e gestito con il sistema Guyot ma non è difficile scorgere qua e là  ancora evidenze del più tradizionale Spalatrone Puteolano; le terrazze si arrampicano su per la collina sino alle rovine del Tempio di Apollo regalando all’avventore, in certi momenti dell’anno e in alcune giornate, un colpo d’occhio davvero unico e suggestivo. La Falanghina, tra vecchi e nuovi filari, sta tutta invece nella parte più bassa della proprietà proprio lungo le sponde del lago, un’altra quarantina di quintali arrivano dai conferimenti dei vicini parenti che si occupano di piccoli appezzamenti confinanti.

Non sono mancati negli ultimi anni degli alti e bassi, siamo però felici che tanti sacrifici ci consegnino una nuova piccola realtà di cui continuare a raccontare, con piacere, vini ben definiti, espressivi, tratteggiati da caratteri distintivi molto interessanti, per niente banali, con il frutto pieno e succoso al centro di tutto, e di tanta strada ancora da percorrere ma con entusiasmo e dedizione.

Bello luminoso e cristallino il colore paglierino di questo duemiladiciassette, il primo naso è subito floreale e fruttato, sa di ginestra, macchia mediterranea e ha sentori di albicocca; il sorso è asciutto, dalla vena minerale, non lunghissimo al palato ma piacevole e dal finale di bocca sapido. E’ forse marginale ribadirlo ma è probabilmente questo il timbro identitario che più ci aspettiamo al momento dai bianchi provenienti da questo pezzo di terra flegrea.

© L’Arcante – riproduzione riservata


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