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Il territorio in un bicchiere, a Natale più che mai…

16 dicembre 2019

Il territorio flegreo è da sempre ben inteso come la culla della Falanghina¤ e del Piedirosso¤, due varietali autoctoni straordinari che qui assumono caratteristiche e tipicità così uniche tanto dall’essere irripetibili altrove; vitigni per questo giustamente in primo piano negli ultimi anni e che continuano a riscuotere apprezzamenti e successo commerciale finalmente anche fuori regione. Ci proponiamo così di suggerirne qualche buona etichetta da portare in tavola (soprattutto) durante queste feste!

Un territorio in forte ascesa, una terra votata al vino nonostante le mille difficoltà ambientali, sociali, amministrative e che sta finalmente maturando quel salto di qualità estremamente necessario per ritagliarsi uno spazio importante nel mondo del vino. I numeri, quelli seri e chiari, ci consegnano una realtà circoscritta ma con un potenziale di crescita qualitativa incredibile, laddove le vigne più vocate siano giustamente indirizzate alla specializzazione e dove chi fa il vino continui con serietà, abnegazione ed umiltà ad investire per migliorarsi.

Con questo scenario, capace di lasciarci affermare con tutta certezza che finalmente dire Campi Flegrei non è più semplicemente vantare una viticoltura antica e astratta, vi offriamo un breve corollario delle migliori bottiglie passateci per mano quest’anno; nessuna classifica, ci teniamo a sottolineare, semplicemente, bicchiere alla mano, con questi nomi si può istruire un viaggio decisamente interessante attraverso alcune, se non le migliori, vigne flegree.

Falanghina Campi Flegrei Sintema 2017 Cantine Babbo. Sintema è un bianco dalla trama essenziale, dal profilo olfattivo tenue ma varietale, caratterizzato da sentori di macchia mediterranea e di agrumi, solare e fruttato. Il sorso è secco, fresco e coinvolgente, scivola in bocca sottilissimo, con un sorso che tira l’altro, ci pare uno di quei bianchi imperdibili come aperitivo rinfrancante, leggero ma dal guizzo vivace, buonissimo, da portare in tavola con i più classici antipasti di mare della cucina flegrea, pensiamo all’Insalata di mare con sconcigli, alle Fragaglie fritte ma anche con Alici in tortiera.

Falanghina Campi Flegrei 2018 Salvatore Martusciello. Sono anzitutto autenticità, freschezza e mineralità i tratti che più caratterizzano il Settevulcani di Gilda e Salvatore Martusciello, vino bianco dal colore paglierino, con un discreto corredo olfattivo perlopiù floreale e di frutta appena matura, agrumi e poi albicocca. Proviene da vecchie vigne dell’area più classica dei Campi Flegrei, il sorso è asciutto, sinuoso e persistente, fedelissimo alla tipologia, dal finale di bocca corroborante e piacevolmente sapido! Con il Sauté di Frutti di mare.

Falanghina Campi Flegrei 2016 di Contrada Salandra. Siamo in zona Coste di Cuma, qui i terreni sono perlopiù sabbiosi, di origine marcatamente vulcanica, ci ritroviamo quindi nel bicchiere una Falanghina duemilasedici verace e di grande personalità, dal colore paglierino luminoso e maturo, ampio al naso e vibrante al palato. Le uve di questo angolo dei Campi Flegrei sono coltivate a poche centinaia di metri in linea d’aria dal mare, sanno donare vini di personalità e caratterizzati da tanta freschezza, pienezza e sapidità, a questo giro, in questo vino, particolarmente centrate. Con il Salmone affumicato o con il Capitone fritto!

Falanghina dei Campi Flegrei Collina Viticella 2017 Carputo. Siamo a Quarto, nei pressi della ‘’Montagna Spaccata’’ sull’Antica via Consolare Campana costruita dagli antichi Romani per collegare il porto di Puteoli a Capua, proprio sul confine naturale che la divide da Pozzuoli da un lato e da Napoli (Pianura) dall’altro; qui c’è una collinetta particolarmente vocata che domina tutta la piana quartese. Da qui proviene il Collina Viticella 2017 dei Carputo, caratterizzato da un quadro di degustazione pieno di fascino e sostanza. Se sono di rarità assoluta i tredici gradi e mezzo in etichetta, esempio di come questa vigna sappia distinguersi nettamente in un territorio così frammentato ed eterogeneo, non è una sorpresa la complessità dei profumi floreali e fruttati e la puntuta freschezza che ne accompagna costantemente ogni sorso, tutto a favore della grande bevibilità del vino! Portatelo in tavola con i primi piatti al sugo di Vongole e/o Frutti di mare, anche ”macchiati” con pomodoro.

Campi Flegrei Falanghina 2018 Cantine del Mare. Siamo in dirittura di arrivo con le nuove etichette, il vino è pronto da qualche mese ed è buono come e più di prima, la nuova veste delle bottiglie è una ventata di freschezza che potrà solo fare bene alla piccola realtà montese di Alessandra e Gennaro Schiano. Dopo il buonissimo risultato con il duemiladiciassette, ancora un bianco che ha vivacità gustativa da vendere, invitante, fine e spiccatamente minerale, tra i più buoni e quadrati di sempre. Il naso è sottile e varietale, regala tratti balsamici molto gradevoli. Il sorso è fresco, giustamente puntuto, sapido, appagante. Tra qualche mese saprà essere ancora più espressivo, quando l’affinamento in bottiglia gli renderà maggiore piacevolezza ed equilibrio. Con il Fritto di Calamari della Vigilia di Natale.

Piedirosso Campi Flegrei 2017 di Cantine dell’Averno. Dalle vigne intorno al Lago d’Averno, nel comune di Pozzuoli, nasce questo delizioso vino che ci sentiamo di suggerire senza se e senza ma, proviamo a raccontarvelo partendo dalla bella luce del colore, rubino e trasparente, il naso è invitante e delicato, ha sentori lievi di gerani in fiore e melograno, un chiaro riverbero speziato, sottile ma preciso. Il sorso è leggiadro, secco e gustoso, armonico nel suo insieme, coinvolgente e appagante. L’annata duemiladiciassette si conferma davvero un millesimo fortunato da queste parti, bravi tutti coloro i quali ne hanno saputo fare tesoro tirandone fuori vini così tipici e varietali! Con il saporito Baccalà fritto e l’Insalata di rinforzo.

Piedirosso Campi Flegrei Riserva Tenuta Camaldoli 2016 Cantine Astroni. Non poteva mancare in questa breve lista della spesa un fuoriclasse, eccolo! Un rosso dalla forte impronta territoriale che in appena una manciata di vendemmie sta là a disegnare nuove traiettorie. Dopo un duemilaquindici in grande spolvero ancora un millesimo originale, dal respiro moderno e dal sapore contemporaneo, dal naso allettante e seducente, proteso all’ampiezza del frutto, profuma di melagrana e susina, di arbusti di macchia mediterranea cui segue, sottinteso, un sorso sottile e coinvolgente, pieno di nuovi cardini da scoprire di volta in volta nei prossimi mesi, anni, e un finale di bocca particolarmente gratificante. Uno di quei vini bonus da stappare a Natale con la ”fellata” di buoni Salumi e Formaggi di media stagionatura ma anche su carni rosse pregiate appena scottate, pensiamo ad una Tagliata di manzo con rucola e Grana.

Pér ‘e Palumm Campi Flegrei Agnanum 2018 Raffaele Moccia. Questo duemiladiciotto ha un bellissimo colore purpureo tutto suo, a tratti caratterizzato da toni scuri che si ritrovano immediatamente anche al naso, dapprima ermetico, al solito, ma che stilla man mano piccole sfumature invitanti, di frutto polposo e note speziate, anche terrose, che si fanno poi dense al gusto, nuovamente asciutto, persistente, saporito. Di quei rossi plastici da spendere su una ricca Zuppa di mare o uno Spiedo di pesci e molluschi arrosto.

Piedirosso Campi Flegrei Vigna Madre 2013 di La Sibilla. Vigna Madre nasce dalle vigne storiche che dominano l’orizzonte e guardano il mare sopra il promontorio di via Bellavista, a Bacoli. Sono ceppi perlopiù vecchi di 80 anni che da quando vengono seguiti palmo palmo da Luigi stanno dando uva di straordinaria concentrazione che Vincenzo, in cantina, con grande attenzione, misura e rispetto, sta interpretando alla grande facendone un bellissimo vino varietale e di evidenti grandi prospettive. Un rosso dal colore splendido, concentrato il giusto, rubino scuro. Il naso ben maturo, invitante, con un bouquet variopinto di piccoli frutti neri, ribes e melograno, macchia mediterranea, finanche spezie fini. Con gli ziti o le candele al ragù e ricotta di Natale e Santo Stefano.

Uno spumante metodo classico da uve Piedirosso, nei Campi Flegrei. Le voci su prove, affinamenti e sboccature varie girano da diversi mesi, nel merito abbiamo raccolto più di qualche indiscrezione sulle quali però vige ancora ovviamente il massimo riserbo. E’ doveroso invece riportare che non si va più rincorrendo (solo) il solito percorso che vede le cisterne di Falanghina, e già in qualche caso Piedirosso, raggiungere le autoclavi del trevigiano per poi ritornare, in bottiglia, sulle tavole flegree. A parlar delle prossime feste ci starebbe benissimo con la Minestra maritata di Natale oppure con il tradizionale Cotechino con le lenticchie dell’ultimo dell’anno.

Stiamo parlando di qualcosa forse meno ridondante ma proprio per questo, secondo noi, da valorizzare a prescindere dai numeri: si tratta di piccole produzioni di Metodo Classico che hanno come obiettivo da un lato soddisfare le tante richieste di mercato di bollicine (facili) da bere sopra tutto alle quali un po’ tutte le aziende si trovano a dover dare risposta negli ultimi anni, dall’altro poterle ricondurre ad un territorio di provenienza specifico dove, per quanto possibile, avvenga pure tutta la filiera. Più che di una rivoluzione diciamo che al momento si tratta di una piccola rivincita, non è detto che proprio in questi giorni ci si possa divertire con qualcosa di nuovo, buono e originale per festeggiare all’anno che verrà! 

Leggi anche Piccola Guida ragionata ai vini dei Campi Flegrei Qui.

Leggi anche Bere il territorio, per esempio I Campi Flegrei Qui.

© L’Arcante – riproduzione riservata

Un sorso tipico e varietale il Piedirosso Campi Flegrei 2017 di Cantine dell’Averno

9 marzo 2019

Diamo subito le coordinate necessarie per collocare questa etichetta, giusto per farvi capire dove vi trovate: siete a Pozzuoli, lago d’Averno, uno specchio d’acqua dalla forma ellittica che occupa l’antico cratere dove i romani posero l’ingresso agli inferi, tutto intorno boschi, vigne e frutteti.

La vite e il vino nei Campi Flegrei hanno da sempre un loro ruolo preciso nell’economia locale, sono inoltre parte della storia e della cultura  di questi luoghi, spesso s’intrecciano persino con le vicende leggendarie di queste terre vulcaniche del napoletano tramandate nei secoli sino ad arrivare ai giorni nostri contribuendo così al fascino e alla suggestione di una delle mete più ambite e percorse prima dai Greci poi dai Romani, e per questo territorio assai ricco di storie mitiche e di misteri mai del tutto disvelati.

Sono decisamente pochi i vigneti al mondo che possono avvantaggiarsi oltre che di una posizione di assoluto privilegio climatico anche di un valore storico così profondo, come ad esempio il Vigneto Storico Mirabella situato nel Lago d’Averno. Dei fratelli Emilio e Nicola Mirabella ne scrivemmo appassionatamente, tra i primi, salutando il loro debutto nel lontano 2011¤, con l’annata 2010.

E’ uno splendido paesaggio quello offerto dal Lago d’Averno in questi primi timidi giorni che anticipano la primavera, proviamo a godercelo tutto passeggiando in lungo e in largo tutto il cratere, un vulcano spento formatosi oltre 4.000 anni fa e coperto oggi in larga parte da acque definite dagli antichi ”immote e scure”. Oggi, lungo le sue sponde, su pareti ripide, lo circondano coperti da boschi anfratti ancora inesplorati mentre su quelle a pendenza dolce, resistono vigneti di 40 e 60 anni in parte terrazzati in parte degradanti lentamente verso il lungolago. Sono vigne già di per sé suggestive ma quando sono in fioritura, nel loro pieno vigore, offrono un colpo d’occhio¤ sinceramente impagabile.

E’ questo il regno del Piedirosso o Per é palummo dei Campi Flegrei, così chiamato per il caratteristico colore rosso porpora del graspo, simile al piede di colombo. Il vitigno a bacca rossa è allevato in tutta l’area flegrea seppur rappresenti nella totalità solo il 12% dell’area vitata della denominazione, ha origine antichissima ed era spesso decantato come nettare prelibatissimo già da Plinio nella sua Naturalis Historiae, e molte successive ampelografie lo accostavano a vitigni come il Dolcetto piemontese o il Refosco dal peduncolo rosso friulano, ma sicuramente le caratteristiche che esprime qui nei Campi Flegrei sono uniche se non rare.

Da qui, da queste vecchie vigne di Piedirosso nasce, tra gli altri, questo delizioso vino che proviamo a raccontarvi partendo dalla bella luce del colore, rubino e trasparente, il naso è invitante e delicato, ha sentori lievi di gerani in fiore e melograno, un chiaro riverbero speziato, sottile ma preciso. Il sorso è leggiadro, secco e gustoso, armonico nel suo insieme, coinvolgente e appagante. L’annata duemiladiciassette si conferma davvero un millesimo fortunato da queste parti, bravi tutti coloro i quali ne hanno saputo fare tesoro tirandone fuori vini così tipici e varietali! 

Leggi anche Piedirosso Campi Flegrei Riserva Pape Satàn 2012 Cantine dell’Averno Qui.

© L’Arcante – riproduzione riservata

Pozzuoli, Falanghina Campi Flegrei 2017 Cantine dell’Averno

7 marzo 2019

E’ una piccola storia di resilienza quella di Emilio e Nicola Mirabella, due fratelli che hanno a lungo rincorso l’idea di preservare questo piccolo angolo di paradiso baciato dal sole sulle sponde del Lago d’Averno, ne raccontammo al loro esordio¤ già qualche anno fa, siamo tornati a trovarli.

Qui si coltiva prevalentemente Piedirosso, i ceppi hanno età medie tra i 40 e i 60 anni e lo splendido vigneto a piede franco viene perlopiù allevato a spalliera e gestito con il sistema Guyot ma non è difficile scorgere qua e là  ancora evidenze del più tradizionale Spalatrone Puteolano; le terrazze si arrampicano su per la collina sino alle rovine del Tempio di Apollo regalando all’avventore, in certi momenti dell’anno e in alcune giornate, un colpo d’occhio davvero unico e suggestivo. La Falanghina, tra vecchi e nuovi filari, sta tutta invece nella parte più bassa della proprietà proprio lungo le sponde del lago, un’altra quarantina di quintali arrivano dai conferimenti dei vicini parenti che si occupano di piccoli appezzamenti confinanti.

Non sono mancati negli ultimi anni degli alti e bassi, siamo però felici che tanti sacrifici ci consegnino una nuova piccola realtà di cui continuare a raccontare, con piacere, vini ben definiti, espressivi, tratteggiati da caratteri distintivi molto interessanti, per niente banali, con il frutto pieno e succoso al centro di tutto, e di tanta strada ancora da percorrere ma con entusiasmo e dedizione.

Bello luminoso e cristallino il colore paglierino di questo duemiladiciassette, il primo naso è subito floreale e fruttato, sa di ginestra, macchia mediterranea e ha sentori di albicocca; il sorso è asciutto, dalla vena minerale, non lunghissimo al palato ma piacevole e dal finale di bocca sapido. E’ forse marginale ribadirlo ma è probabilmente questo il timbro identitario che più ci aspettiamo al momento dai bianchi provenienti da questo pezzo di terra flegrea.

© L’Arcante – riproduzione riservata

Uno spumante metodo classico da uve Piedirosso, nei Campi Flegrei

5 marzo 2019

Buono a sapersi che anche nelle piccole realtà resiste la voglia di cimentarsi in qualcosa di nuovo e diverso che suscita grande entusiasmo, come ad esempio provare a tirare fuori dal Piedirosso, nei Campi Flegrei, un sorprendente quanto delizioso vino spumante.

Invero le voci su prove, affinamenti e sboccature varie girano da diversi mesi, nel merito abbiamo raccolto più di qualche indiscrezione sulle quali però vige ovviamente il massimo riserbo. E’ doveroso invece riportare che non si va più rincorrendo (solo) il solito percorso che vede le cisterne di Falanghina, e già in qualche caso Piedirosso, raggiungere le autoclavi del trevigiano per poi ritornare, in bottiglia, sulle tavole flegree.

Stiamo parlando infatti di qualcosa forse meno ridondante ma proprio per questo, secondo noi, da valorizzare a prescindere dai numeri: si tratta di piccole produzioni di Metodo Classico che hanno come obiettivo da un lato soddisfare le tante richieste di mercato di bollicine (facili) da bere sopra tutto alle quali un po’ tutte le aziende si trovano a dover dare risposta negli ultimi anni, dall’altro poterle ricondurre ad un territorio di provenienza specifico dove, per quanto possibile, avvenga pure tutta la filiera. Più che di una rivoluzione diciamo che al momento si tratta di una piccola rivincita. 

Ci siamo così imbattuti in questo spumante unico nel suo genere  da queste parti, prodotto dai fratelli Nicola e Emilio Mirabella di Cantine dell’Averno¤ a Pozzuoli, cuore dei Campi Flegrei. Una manciata di bottiglie per il momento, un migliaio, non in commercio e destinate al solo consumo didattico che lasciano però presupporre una visione nuova e in qualche maniera stimolante per chi ama e si avvicina a questi territori, questi vini e ci spende del tempo camminandoci le vigne.

Si tratta di solo Piedirosso proveniente da alcuni filari di vigne vecchie a piede franco della collina di Cigliano che sovrasta il golfo di Pozzuoli, raccolto prematuramente e vinificato in bianco e che da un vino dal colore rosa pallido avviato alla seconda fermentazione in bottiglia dove vi rimane per circa 20 mesi. Non vi stiamo a spiegare il senso ancestrale di tutto questo ma il risultato è davvero una piacevole sorpresa: uno spumante dai gradevoli sentori floreali e fruttati, dal perlage essenziale, dal sorso vivace e di grande bevibilità. Non c’è da aspettarsi acidità spinte, né velleità particolari, bensì franchezza e il piacere di stare bevendo qualcosa di insolito, buono, magari affacciati su uno dei posti più belli al mondo, il lago d’Averno, al tepore di una splendida giornata di sole quasi primaverile!  

© L’Arcante – riproduzione riservata

Pozzuoli, Campi Flegrei Piedirosso Riserva Pape Satàn 2012 Cantine dell’Averno

11 settembre 2016

Il lago d’Averno è un cratere vulcanico spento, nato più o meno 4.000 anni fa, coperto oggi da acque immote e scure; le ripide pareti che lo circondano sono coperte da boschi mentre quelle a pendenza dolce sono occupate da frutteti e vigneti, questi ultimi in parte terrazzati. Luoghi di particolare fascino, che quando sono in fioritura, nel loro pieno splendore, offrono un colpo d’occhio impagabile.

Pape Satan 2012 Cantine dell'Averno - foto Angelo Di Costanzo

Su queste sponde Emilio e Nicola Mirabella, due fratelli, un po’ alla volta hanno rimesso a nuovo un vecchio cellaio, comprato i ferri del mestiere e messo mano alla vigna di famiglia: poco più di un ettaro e mezzo, a piede franco, quasi tutto a per ‘e palummo con viti tra i 40 a i 60 anni d’età; fanno anche falanghina, perlopiù conferitagli dalle vigne confinanti di alcuni parenti. Comunque tutto lì intorno al lago. Per poco più di 4.000 bottiglie inclusa questa Riserva.

Il 2010 il debutto, ne abbiamo scritto puntualmente qui¤ e qui¤. La vendemmia è svolta rigorosamente tutta a mano, spesso a causa delle particolari condizioni climatiche con passaggi ripetuti tra il lungolago, in contrada Canneto, e i terrazzamenti che si arrampicano fin su via Strigari, con vista sulle rovine del Tempio di Apollo.

Pape Satàn 2012 è il primo per ‘e palummo Riserva messo in bottiglia da Cantine dell’Averno. Millesimo generoso quello, che ci ha già regalato piacevoli scoperte qui nei Campi Flegrei, il Vigna Madre¤ di La Sibilla su tutte. Emilio e Nicola ne hanno fatte poco più di un migliaio di bottiglie, una prova di affinamento in botte grande di rovere di Slavonia per capirne il potenziale (o il limite) di questo suggestivo piccolo fazzoletto di terra.

I primi assaggi, circa un anno fa, in tutta onestà sembravano scoraggiare questa strada: già carnoso per i suoi tredici gradi e mezzo, più che sgraziato, preoccupava per una sovrastruttura inaspettata notoriamente impropria al piedirosso, soprattutto flegreo. Ma come sempre accade quando si è ai primi passi è solo questione di tempo, pazienza e di un poco più di esperienza.

Il colore è fitto e il naso ben centrato, del passaggio in legno appena una fugace nota tostata, è maturo ma sempre molto invitante. Il sorso oggi è piacevole e morbido, ha digerito del tutto le ingerenze iniziali e regala una beva polputa e gratificante. Merita assoluta attenzione, ci aspettiamo perciò grandi cose dal 2013 già in bottiglia. Pape Satàn, pape Satàn aleppe!

Piccola Guida ai vini dei Campi Flegrei¤.

Le strade del vino dei Campi Flegrei¤.

© L’Arcante – riproduzione riservata

Pozzuoli, good news: Le Cantine dell’Averno, cominciamo dal Piedirosso dei Campi Flegrei ’10

7 dicembre 2011

Giusto per farvi capire subito dove vi trovate: siete a Pozzuoli, affacciati sul lago d’Averno, uno specchio d’acqua dalla forma ellittica che occupa l’antico cratere dove i romani posero l’ingresso agli inferi.

Cento metri sotto di voi, subito sulla sinistra, giacciono le rovine del Tempio di Apollo. In lontananza, a ore 12, il costone dello Scalandrone; dall’altra parte c’è il lago Fusaro. Nel mezzo, il cratere vulcanico spento, nato più o meno 4.000 anni fa, coperto da acque immote e scure; le ripide pareti che lo circondano sono coperte da boschi mentre quelle a pendenza dolce, proprio sotto di voi, sono occupate da vigneti, in parte terrazzati. Vigne straordinarie, quando in fioritura, nel loro pieno splendore, offrono un colpo d’occhio impagabile. Eppure è curioso come in questo luogo dove il verde e la natura splendono si racconti che in passato le acque esalassero tanto acido carbonico e gas da non permettere la vita agli uccelli: così il nome Avernus, dal greco Aornon, luogo senza uccelli.

In questo scenario nasce il sogno di Emilio e Nicola Mirabella, due fratelli, per quanto mi riguarda due amici di lunga data, soprattutto Nicola con il quale abbiamo condiviso tante bevute sin dai tempi del corso sommelier Ais. Era il 2000, con Franco Continisio come Maestro. Sì, s’è fatto anche quello Nicola, un corso per imparare a stare dinanzi a un bicchiere, ma non per sciorinare prosopopea a tavola, magari al ristorante, ma più semplicemente per imparare a leggere il vino, soprattutto il suo, “suo” anche se prodotto per tanti anni da altri a cui conferiva le uve.

Frattanto, un po’ alla volta, con il fratello hanno rimesso a nuovo il vecchio cellaio di famiglia, comprato i ferri del mestiere – tutti quelli utili e indispensabili -, chiamato in aiuto in cantina uno bravo, Carmine Valentino. Tutto questo senza nel tempo perdere mai di vista il vigneto: poco più di un ettaro e mezzo, a piede franco, tutto a per ‘e palummo con viti tra i 40 a i 60 anni d’età; poi altri 40 quintali circa di falanghina conferitegli dalle vigne confinanti di alcuni parenti. Tutto lì intorno al lago insomma. Appena 4.000 bottiglie in tutto, una per ognuno degli anni del lago, verrebbe da dire.

Il 2010 è il debutto: vendemmia svolta tutta a mano, con passaggi ripetuti in vigna; alcune particelle infatti sono giù, sul lungolago, in contrada Canneto, altre invece sulle terrazze che arrivano fin su via Strigari. Le uve pigiate col torchio, come si faceva un tempo, e lasciate fermentare in solo acciaio. Col 2011 appena in cantina invece si sta già lavorando a qualcosa di maggiore slancio: una falanghina, solo quella, che fa anche un breve passaggio in legno (di quelli piccoli e vecchi, ndr). Ma questa è un’altra storia che poi vi racconto. Promesso.

E’ molto severo Nicola, e pignolo. Raccontandomi dei suoi vini si dice abbastanza soddisfatto della falanghina, ancora poco convinto di questo per ‘e palummo: “l’idea è certamente un’altra, il piedirosso è una brutta bestia, ci stiamo lavorando su duramente, ma abbiamo una sola possibilità l’anno di metterla in pratica, per cui non vogliamo aver fretta, dobbiamo saper attendere”.

Invero non mi è dispiaciuto affatto questo vino. E’ vero, manca di lunghezza, al naso come in bocca, ma ha tanta piacevolezza, un ventaglio olfattivo di tutto rispetto ed un tessuto gustativo di estrema godibilità; mi ricorda, ad ogni sorso, quanto questo varietale sia sempre da tenere in considerazione quando si parla di vino oggi, di quei vini, intendo, capaci di conquistare il consumatore immediatamente, al primo sorso, per piacevolezza e bevibilità (oltre che per il prezzo, qui davvero encomiabile). Duemila bottiglie. Quattro euro franco cantina. Dovreste fare a cazzotti! Per quanto mi riguarda, buona la prima Nicò!

Questa recensione esce anche su www.lucianopignataro.it.


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