
Il salottino ha le luci basse, l’atmosfera è molto rilassata proprio come quando si è tra amici. Gli argomenti di discussione sono tra i più disparati, vino, cibo, mercato (ma và!) e le soluzioni ai problemi alle difficoltà espresse in questi ultimi anni, tra le più irrazionali, e non perché siamo ciucchi, tutt’altro, dobbiamo ancora metterci a tavola, ma perchè ci accorgiamo che proprio la semplicità disarmante, dei nostri buoni propositi, appare come un’arma paradossalmente lontana da ciò che in realtà si sta mettendo in campo in questi anni, per frenare l’emorragia in atto nel mondo del vino: territorialità a prezzi centrati, alta qualità espressiva, originalità innanzitutto, servizi e professionalità. Comunque, tra un bicchiere di Bramito del Cervo 2008 e dell’eterno incompiuto Pinot Nero, nel millesimo 2006, si arriva al clou della serata: ci raggiunge Renzo Cotarella, a.d. di Antinori ed in tutto e per tutto il fautore numero uno del successo e dell’affermazione di Castello della Sala, del Cervaro in particolare, come riferimento assoluto dell’enologia bianchista italiana nel mondo. Delle chiacchiere con il responsabile di tutta la produzione delle aziende della famiglia Antinori ne parlerò a breve, la cronaca di una giornata speciale in questo meraviglioso lembo di Umbria tanto vicino a questo territorio quanto suggestiva finestra sulla Borgogna si è guadagnata priorità e mia profonda devozione.

Il primo pomeriggio lo abbiamo dedicato esclusivamente a camminare, a lungo, le vigne; Siamo stati fortunati, nonostante la temperatura rigida ci ha accompagnato un sole tiepido ma efficace a non farci flagellare oltremodo dalle lievi folate di vento gelido che tagliano in questi giorni il fondovalle del fiume Paglia, lungo il quale si estendono a perdita d’occhio i centosettanta ettari di chardonnay, grechetto, riesling, sauvignon, semillon e procanico del vigneto ai piedi del castello, tutto piantato a cordone sperato con una densità di circa 5.500 ceppi ed una resa quasi sempre al di sotto degli 80ql per ettaro. A monte invece, sulla collina terrazzata denominata “Consola”, l’impianto di Pinot Nero, sfida e ostinazione di Renzo Cotarella alla ricerca di una quadratura del cerchio ancora lontana su quello che è, senza dubbio, l’unico vino tra tutti quelli prodotti nelle tenute del Marchese Antinori, dal Piemonte alla Puglia, ancora incompiuto. Ci accompagnano in questo percorso i giovani e bravissimi Massimiliano Pasquini, direttore in loco della produzione a Castello della Sala e Federica Amicone, anch’essa enologa, che l’indomani ci aprirà anche le porte di La Braccesca a Montepulciano.

La tenuta qui in Umbria è di proprietà degli Antinori dal 1940, è collocata geograficamente giusto al centro tra Roma e Firenze, in provincia di Orvieto, ad un tiro di schioppo dal confine regionale con la Toscana. Come detto, gli ettari sono 170, una cantina di vinificazione, terminata nel 2006, perfettamente integrata nel paesaggio, con le più moderne tecnologie produttive a disposizione ed il castello con la bellissima e maestosa “torre del rifugio” che domina a perdita d’occhio tutta la tenuta a 360°, nel ventre del quale si intersecano centinaia e centinai di metri di cunicoli ed anfratti, perfettamente restaurati, che ne fanno uno dei luoghi del vino più suggestivi ed affascinanti che abbia mai camminato negli ultimi anni. Qui giacciono migliaia di bottiglie, oltre a tutte le annate prodotte nella tenuta, tutte quelle altre di maggiore prestigio, dal Solaia al Tignanello, che appena possono Piero Antinori e lo stesso Renzo Cotarella vengono a degustare per comprovarne l’evoluzione stilistica e la tenuta nel tempo: millesimi eccezionali e minori, sparsi ordinatamente qua e là nel caveau, oggigiorno introvabili in giro, assolutamente impossibili da riavere, a memoria storica liquida degli ultimi trent’anni della produzione di maggiore pregio delle tenute del marchese.
Un viaggio emozionante, evocativo di un passato nobile e laborioso e suggestivo di un presente e di un futuro straordinario, votato all’assoluta intransigenza nella ricerca della qualità, della massima espressione territoriale che un vino può donare di sé, che un bicchiere di vino possa riportare alla mente e fissare nella memoria. Camminare queste vigne, strusciare queste mura, odorare queste atmosfere non può che riappacificare l’animo, donare l’impossibile sensibilità tattile per immaginare il passato e sognare il futuro. Poi, Il Cervaro della Sala ’87 bevuto, fa tutto il resto!
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