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Fiano di Avellino 2010 Guido Marsella

25 agosto 2015

Vedo le mie due bimbe darsele di santa ragione per una bambolina minuscola e rossiccia, si urlano addosso la paura di non farcela a strapparsela dalle mani l’un l’altra, e tra il dramma e la commedia ci scappa una mezza risata, la ricerca di aiuto, la stizza della rinuncia.

Fiano di Avellino 2010 Guido Marsella - foto L'Arcante

Alla fine una vince, l’altra pure, che poi è quello che voleva, semplicemente mettere alla prova la maggiore; una smorfia di disapprovazione, una carezza, un mezzo sorriso rivolto alla mamma come segnale di distensione poi tutto ricomincerà, come una continua rincorsa.

Nel mentre, qui davanti a me un Fiano di Avellino 2010 in splendida forma: molto sulle sue al naso ma avvolgente e ricco di polpa in bocca. Così lo lascio respirare a lungo nel bicchiere. L’ho atteso due anni conservato con cura e devozione in mezzo a decine di altre bottiglie di Fiano duemiladieci e duemilaundici, bottiglie che lentamente vado rilasciando per godermele nel pieno del loro splendore, o almeno ci provo.

Guido Marsella¤ negli ultimi tempi è un po’ sparito dalle scene più trendy della critica di settore, quantomeno in giro se ne parla meno e di certo non è che abbia smesso di fare vino come Dio comanda; ma a Summonte nel frattempo è venuto fuori Ciro Picariello¤ e qualcosa è certamente cambiato.

Marsella però rimane tra i primi ad avere intuito tutto il grande potenziale del Fiano di Avellino, che può e deve stare in bottiglia per un certo tempo prima di essere commercializzato, diciamo almeno un anno, se non più. Il risultato di questa scelta quantomeno coraggiosa gli ha sin da subito dato ragione da vendere e i suoi vini, sin dalle prime sortite hanno rappresentato qualcosa di nuovo e straordinario sulla scena campana lasciando intravedere in questa magnifica uva prospettive e proiezioni sino ad allora sconosciute ai più: quei toni fumè del primo naso, i precisi rimandi balsamici, le particolari caratterizzazioni sino allo speziato di un terroir unico e quel sorso pieno di vigore e di grande energia hanno in qualche maniera contribuito a ridefinire i canoni di degustazione adottati prima di allora sul Fiano. Per la fortuna di tutti gli appassionati.

‘Winemaker Guido Marsella was the first to work on the great potential of Fiano di Avellino, that can and should stay in the bottle for some time before being sold, say at least a year, and more…’

© L’Arcante – riproduzione riservata

Fiano di Avellino Ciro 906 2012 Ciro Picariello

10 agosto 2015

Certi vini hanno una forza evocativa unica. L’avevo già bevuto qualche mese fa una domenica a pranzo da Pino e Marianna, a Sud¤. Di recente, incuriosito dalla sua presenza su di una carta non certo brillante non ho perso l’occasione per tornarci su. E bene ho fatto.

Fiano di Avellino Ciro 906 2012 Ciro Picariello - foto L'Arcante

Picariello¤ si sa con i suoi fiano¤ ci ha ormai abituati a grandi performance e il suo Ciro 906 pur se caratterizzato, a mio avviso, da una struttura un po’ fuorviante emerge invece nel complesso per una pienezza più unica che rara, verrebbe da dire quasi ridondante rispetto al suo stesso ‘base’ ma anche a molte altre etichette da vigna unica in giro.

In soldoni, è un fiano di Avellino di nerbo ma dal passo lungo, che ha bisogno di tempo, un bianco di sfacciata opulenza, ricco di polpa ma anche di freschezza e sfumature assai intriganti che solo il tempo però svelerà appieno.

Nasce dalle sole vigne di Summonte, ha colore paglierino, è luminoso e cristallino. Il naso è incalzante, subito ampio, fine, invitante. La sferzata agrumata si fa macchia mediterranea e frutta a polpa gialla, poi lievemente fumè. Il sorso è puntuto e pieno, ha trama fitta, appagante, vigorosa. Ha tessitura importante molto ben definita. Di lunga, lunghissima proiezione.

‘…needs time, a very intriguing fiano di Avellino, however, only time will reveal its personality at all’.

© L’Arcante – riproduzione riservata

Fiano di Avellino 2012 Ciro Picariello

3 dicembre 2013

L’annata, contrariamente a quella precedente, ha consegnato vini generalmente longilinei e verticali, fatte salve alcune eccezioni, soprattutto interpretative. Il fiano di Picariello viaggia in questo momento proprio su questa linea anche se, a dirla tutta, è davvero molto presto per tirarne fuori un giudizio esaustivo.

Fiano di Avellino 2012 Ciro Picariello - foto L'Arcante

Sta di fatto che la qualità della materia non si discute, la stoffa minerale e la matrice balsamica non tradisce il terroir di provenienza, quel carattere ‘nordico’ che da queste parti è ormai un marker inconfondibile.

Ha un colore paglierino tenue ma cristallino e luminoso. Il naso è appena sussurrato, sottile ma fine. Una contrazione evidente in questa fase che trattiene ma non nasconde: erbaceo, balsami e frutta gialla, tiglio e buccia di lime. Il sorso è vivissimo, fitto e sgraziato, ritorna piacevole una sensazione mentolata e di tostato dolce sul finale di bocca. Una tessitura che forse non andrà ad ‘allargarsi’ più di tanto ma saprà senz’altro alzare l’asticella verso quella verticalità a cui Ciro Picariello ci ha abituato.

Sembra tra l’altro che proprio una parte di questo 2012 sia stato messo da parte per farne una sorta di Cru o Selezione che arriverà sul mercato nella primavera prossima. Una scelta commerciale chiara, così a primo acchito, che amplia l’offerta di fiano della piccola cantina di Summonte ma che magari farà storcere il naso a chi, già abituato a bere così bene dovrà dividersi e districarsi tra più etichette nonostante una produzione limitata.

Fiano & Fiano di Avellino 2010. Eccone 8, tutti in riga, in attesa di buttare il cuore oltre l’ostacolo

1 ottobre 2012

Tra qualche settimana ritornerà finalmente una delle più interessanti kermesse del vino irpino, BianchIrpinia. Così, nel prepararmi alle scorribande su e giù per la “Terra dei lupi” vado da qualche tempo riassaggiandomi alcuni capisaldi tra cui molti in degustazione in quei giorni col nuovo millesimo duemilaundici.

Iniziamo col fiano di Avellino. La successione con la quale vi presento alcuni dei miei migliori assaggi di quest’anno è random, non ha pertanto nessun valore di merito particolare; le impressioni descritte, ci tengo a precisarlo, richiamano o completano appunti di degustazione messi giù durante tutta l’estate ma fotografano ognuna delle etichette al loro ultimo assaggio datato non più di quindici giorni fa.

Fiano di Avellino Colli di Lapio 2010 Romano Clelia. “Quella che si firma con cognome e nome” rimane un riferimento indiscusso per chi, avvicinandosi al fiano di Avellino, non vuole cedere al fascino dell’imprevisto. Un bianco di spessore il duemiladieci della “Signora del Fiano”, un poco in ritardo sull’equilibrio al palato, un tantino scomposto ma che offre certamente una validissima lettura del millesimo lì a Lapio, tra gli ultimi non proprio il più semplice da interpretare. Chiede un po’ di tempo.

Fiano di Avellino Vigna della Congregazione 2010 Villa Diamante. Ed ecco, secca, la smentita a quanto appena detto! Diciamolo subito: in questo momento è la punta più alta del millesimo di cui poter godere a pieno; è ovvio che ha tutta la stoffa per sbaragliare il tempo a mani basse, ma per quanto appare godibile ed espressivo il fiano di Antoine Gaita e Diamante Renna già oggi è una gran fortuna da non lasciarsi scappare. E’ chiaramente una spanna sopra tutti gli altri, per intensità, densità e profondità.

Fiano di Avellino 2010 Ciro Picariello. Naso quasi impertinente, diversamente varietale verrebbe da dire, tale, alla cieca, da confonderne l’approccio. Sa però come allungarsi senza apparire troppo distante dalla sostanza, essenzialmente sapida; è bella pimpante questa uscita di Picariello, un fiano snello, ancora “verde” ma pieno di vitalità.

Fiano di Avellino Exultet 2010 Quintodecimo. Per quanto mi riguarda il 2009 rimane al momento insuperato, per equilibrio, profondità, prospettiva. Dovessi scegliere di bere un bianco duemiladieci di Luigi infatti preferirei, al fiano, di gran lunga lo splendido greco di Tufo Giallo d’Arles. L’Exultet 2010 è in divenire, il naso ne avrebbe ma appare ancora ermetico, mentre il sorso pare già farla da padrone. Ciò gli costa in equilibrio, ma ci invita a non avere fretta, quella fretta che rischia però di farci rimanere senza. Puntualmente, ogni anno!

Fiano di Avellino Particella 928 2010 Cantine del Barone. Un po’ troppo “avanti” sui tempi il bel fiano di Luigi Sarno; non manca certo di una buona tensione acida ma tra quelli bevuti esce fuori come il bianco più maturo della batteria: ha un naso estremamente “didattico” e, a tratti, assai avvenente, di acacia e nocciola in particolare. Il sorso è ben bilanciato ma chiude forse un po’ troppo “caldo”, mancando di quel guizzo tanto coinvolgente nel precedente duemilanove.

Fiano di Avellino Radici 2010 Mastroberardino. “Ottima prestazione!” per dirla con le parole del telecronista sportivo di turno. Impeccabile l’esecuzione, altrettanto la cifra stilistica: varietale, vivace, fresco al palato, riconoscibile tra i più conosciuti. Mi sa però che tra qualche mese avrà ancor più cose da dire, vale quindi la pena, anche qui, aspettarlo.

Campania bianco Campanaro 2010 Feudi di San Gregorio. Ne avevo tessuto le lodi già un anno fa, praticamente al suo debutto sulla scena. E’ ormai una certezza che va rinnovandosi il Campanaro dei Feudi, vivace, cristallino, dal naso sempre interessante e dal sorso voluttuoso, austero e adulatore. Invero, ci si aspetterebbe dopo un anno ancora di bottiglia, uno scatto in avanti, un cambio di passo che però tarda ad arrivare; ciononostante quello che è a tutti gli effetti il bianco di punta dell’azienda di Sorbo Serpico rimane un acquisto sempre azzeccato. Diciamo pure una buona tappa intermedia di avvicinamento.

Campania bianco Cupo 2010 Pietracupa. Vaglielo a spiegare alla gente quanto costa a Sabino Loffredo fare il Cupo così buono com’è. Ma che vino amici miei! Ha tutta la verve di quei bianchi taglienti e pungenti che un tempo il mercato pareva rifiutare a prescindere; sin dal naso, balsamico e minerale ma poi soprattutto in bocca, teso e vitale, fa incetta di meraviglia, si distende senza preoccuparsi minimamente del rischio “dipendenza”. Ha stoffa e carattere, forse meno grasso dei Cupo precedenti ma, come il fuoriclasse tra i migliori in campo, lascia a bocca aperta sulla pregevole giocata di fino sul finale.

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BianchIrpinia 2012 è promossa dall’agenzia di comunicazione integrata Miriade & Partners S.r.l. insieme alle aziende partecipanti per presentare a stampa specializzata nazionale ed internazionale e agli operatori di tutta Italia le nuove annate di Fiano di Avellino e Greco di Tufo Docg. Si terrà ad Aiello del Sabato da giovedì 15 a Lunedì 19 Novembre 2012.

Per tutte le informazioni del caso
MIRIADE & PARTNERS SRL
Diana Cataldo – tel. 329.9606793
Massimo Iannaccone – tel. 392.9866587
E-mail: ufficiostampa@miriadeweb.it
Sito internet: www.bianchirpinia.it 
 

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