Ieri, di ritorno dal Marennà, pensavo a cosa c’avrei scritto sopra. Ebbene, non saprei come descrivere altrimenti questo vino se non “uno splendido aglianico di rara eleganza”.
Dell’azienda di Sorbo Serpico si sa tutto o quasi. Invero ognuno la vede a suo modo e in tanti ci trovano, da sempre, tutto o niente a seconda della convenienza. Per quanto mi riguarda, al di là delle mille e più considerazioni che uno può fare, non si può non guardare positivamente anche al ruolo dei Feudi di San Gregorio nella definitiva valorizzazione del territorio e dei vini prodotti là in Irpinia.
Uno splendido vino, dicevo. Di rarissima eleganza. Ma c’è tanto di più in una bottiglia di Serpico 2008. C’è la sintesi di anni di ricerca, di investimenti, di prove tecniche, di esperienze che cominciano a prendere forma e sostanza diverse, un’anima e un corpo più incisivi del solito. Ci sono uve delle migliori, da vigne curate con dedizione maniacale, c’è un processo produttivo collaudatissimo, soprattutto vi è un’idea precisa di cosa debba essere e cosa vuole evocare un vino come questo, quel messaggio di modernità che arriva direttamente dal passato, dai “Patriarchi” come li chiamano da queste parti: vivo nel colore e pulito e fine nei profumi; nerboruto, di spessore e sostanza.
E ci riesce bene il Serpico, benissimo già oggi, con franchezza estrema; forse è per questo che mi ha impressionato tanto, per la teatralità con la quale riesce sin da adesso a stupirti. Una rappresentazione talmente ricca di sostanza che te ne accorgi subito. Ti rapisce con quel naso intriso di frutta rossa, spezie, cioccolato; ti conquista già al primo sorso: avvolgente, ostentato, profondo, tanto saporito che quasi non gli stai dietro. Che te ne accorgi solo quando è già bello che andato. Non saprei dirlo con parole meno impegnative, ma ho l’impressione di aver bevuto il miglior Serpico di sempre.







