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Franciacorta Vittorio Moretti 2004 Bellavista, belle bolle ma anche tanto imballo (di cartone)!

3 giugno 2012

E’ solo un pensiero domenicale, di riflesso a quanto rilanciato ieri su facebook dal collega sommelier Ivano Antonini (qui) che in qualche maniera richiamava l’attenzione sul packaging di certe etichette di vino italiane; osservazioni naturalmente acute di chi ogni giorno il vino lo compra e lo vende, prima di raccontarlo…

 

Così mi è tornata in mente questa ottima bottiglia di Franciacorta di Bellavista. Un vino simbolo della crescita di questo piccolo paradiso delle bollicine italiane, con il quale l’azienda di Erbusco compie probabilmente un altro significativo salto di qualità, invero già garantita da tempo da una gamma di vini sicuramente tra i più rappresentativi della denominazione.

Nel Vittorio Moretti 2004 c’è dentro tutto il meglio dei crus di Franciacorta, da quelli di Erbusco a Nigoline, Torbiato e Colombaro, per il 50% chardonnay e 50% pinot nero e, non dimentichiamocelo mai, il grande talento – ormai una garanzia anche questa -, del winemaker e chef de cave Mattia Vezzola. Il colore è splendido, brillante e luminoso. La spuma è ricca e persistente e il perlage finissimo, abbondante. Il naso, svanite le prime insistenze classiche di una cuvée che fa così tanti anni di bottiglia si dimostra assai invitante, elegante, pienamente avvolgente; si apre a sentori di frutta e fiori tra i quali tornano nitidi pesca, frutto della passione, bosso, agrumi e, infine, miele. Il sorso è asciutto e sapido, ma non troppo, v’è tanta freschezza e più che attaccare il palato quasi lo ammanta, lo rapisce, e a lungo. Insomma, stiamo parlando di signore bollicine.

Una critica – ognuno fa un po’ come gli pare, sia chiaro – mi permetto però di avanzarla sul packaging¤ con il quale esce dalla cantina bresciana: la bottiglia è sicuramente bella, elegante nella forma e nell’etichetta, nemmeno troppo pesante, trovo però esagerato quanta carta e cartone si porta dietro in giro; una scatola è infatti composta di solito da 6 bottiglie, ognuna delle quali incartata a mano e posta in un grande astuccio (anche bello!) a forma di violino, tutte dentro una seconda scatola in cartone (!); un tantino eccessivo, visto i tempi che corrono e la sempre maggiore necessità di ridurre gli imballi e di conseguenza il loro smaltimento.

P.S.: rimanendo sul tema, come tante aziende spumantistiche anche Bellavista le ha sicuramente tentate tutte con le chiusure e le capsule delle sue bottiglie; le prime, su tutta la linea rimangono tra le più funzionali, le capsule del Vittorio Moretti vanno invece migliorate tant’è che consiglio spesso di tirarle via completamente col coltellino del cavatappi (A.D.).


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