Posts Tagged ‘bellavista’

Torbiato di Adro, Dispensa Pani e Vini

4 aprile 2014

Vittorio Fusari è conosciuto per la sua grande dedizione alla ricerca delle migliori materie prime, alla Dispensa ci tiene ad un approccio moderno ma ben radicato nella sua tradizione, fruibile ed immediato.

Vittorio Fusari - foto A. Di Costanzo

Per chi viene in Franciacorta il locale è facilmente raggiungibile, il posto è carino, un po’ winebar¤, un po’ ristorante, il menu¤ è variegato e prevede, tra gli altri, tanti prodotti Presidio Slow Food giustamente sottolineati in carta. Da bere manco a dirlo, come affacciarsi dal balcone in queste terre (ma non solo).

Dispensa Pani e Vini - foto A. Di Costanzo

I piatti in questo momento della stagione guardano alla freschezza e ai contrasti: ‘mozzarella di bufala, ostriche e acqua di mare’, la ‘battuta di gamberi rossi, gelato ai pistacchi’, ‘uovo e insalata’ alcuni tra quelli provati che Vittorio ci ha voluto proporre.

Dispensa Pani e Vini Franciacorta
Via Principe Umberto, Torbiato Di Adro (Bs)
Tel. 030/7450757
http://www.dispensafranciacorta.com
enoteca@dispensafranciacorta.com

 © L’Arcante – riproduzione riservata

Erbusco, un giro in Franciacorta, visita a Bellavista e una sorprendente Gran Cuvée del ’98

18 marzo 2014

Bellavista non la scoprirete certo adesso, con questo post, nemmeno mi permetto di farcire queste righe di superflui elogi e complimenti vista la chiara ‘simpatia’ per quella che senza ombra di dubbio è una delle migliori realtà in Franciacorta, tra le prime a contribuire in maniera decisiva al successo delle bollicine franciacortine.

Bellavista Gran Cuvée Brut 1998 - foto L'Arcante

Ne scrivo perchè tra le tante aziende che vale veramente la pena visitare da queste parti mi mancava giusto questa (con pochissime altre); quest’anno poi c’è stata una svolta importante, storica se così si può dire. Bellavista conservava una ‘immagine’ certamente moderna ma ancora tra le più tradizionali in circolazione. Adesso invece tutto è cambiato, pare ci sia New Air On Wine¤. Una sterzata per qualcuno Pop, per certi versi radicale ma molto ragionata.  

Bellavista, Vigneto Uccellanda, la prima pressa, il Metodo Franciacorta - foto L'Arcante

Da un punto di vista produttivo ‘l’ideale, il metodo, lo stile rimangono invariati’ – ci dice Marco Tondi che ci accompagna in questa passeggiata -, ‘qui la cura delle vigne, l’esperienza in cantina, la manualità del Metodo Franciacorta vengono conservati come valori assoluti’.

Facciamo un giro ad Adro, su per l’Uccellanda; qui il vigneto, nonostante il riposo invernale offre comunque un bel colpo d’occhio, in effetti qui tutto intorno appare ordinato e curato con molta attenzione. Anche la cantina, in Erbusco, vive dell’ordine e dell’organizzazione quasi maniacale: i grandi tini d’acciaio si fanno più piccoli con le selezioni delle varie parcelle che Mattia Vezzola ritiene necessario conservare separatamente per farne in futuro preziose riserve cui attingere.

Suggestive sono pure le gallerie di affinamento che corrono sotto l’azienda dove giacciono le bottiglie prima di passare sulle pupitres per il remuage. Da notare come sulle bottiglie atte a divenire Riserva Vittorio Moretti, a differenze delle altre cuvée, viene sin da subito usato un tappo in sughero anziché il tradizionale bidule

Bellavista, Brut 2008, Rosé 2008, Pas Operé 2007 - foto L'Arcante

Questo novantotto, una delle ‘rarità’ presto disponibili sul mercato segna un po’ il confine tra quanto di buono è stato fatto sino ad oggi e quanto ci si debba invece aspettare da adesso in poi, non solo da Bellavista ma in fin dei conti da tutta la Franciacorta. Un cammino che parte da lontano, che si è fatto nel tempo storia con passo veloce e che guarda al futuro alle grandi opportunità che il mercato mondiale va sempre più riservando soprattutto alle bollicine italiane.

Opportunità che bisogna saper leggere con attenzione, affrontare preparati ma soprattutto con la giusta consapevolezza, per tener testa alle sfide senza però svalutare il grande patrimonio a disposizione sino a qui costruito. Affare complesso questo e di non poco conto.

Alma Franciacorta Cuvée Brut s.a.. Chardonnay, pinot nero, pinot bianco. E’ l’etichetta che in qualche maniera sostituisce il Cuvée brut, composto praticamente da una base di ognuna delle 107 parcelle in cui è suddiviso il vigneto Bellavista oggi pari a circa 190 ettari. Giovane, scattante, sa di pera ed ha un finale piacevolmente rotondo.

Franciacorta Brut 2008. Chardonnay, pinot nero. Il primo millesimato aziendale, un 30% della cuvée fermenta in legno. Ha un colore brillante, un naso variegato e ricco di note dolci ed invitanti. Ha un sorso fresco e particolarmente sapido.

Franciacorta Rosé 2008. Chardonanay, pinot nero. Un po’ più ricco del precedente 2007 il colore sarà molto apprezzato dagli appassionati dei saignée d’oltralpe. Anche qui una parte dell’assemblaggio ha visto legno per circa sette mesi. E’ un Franciacorta da tutto pasto, da bere magari in calici un po’ più ampi poiché regala un bouquet in continuo divenire.

Franciacorta Pas Operé 2007. Chardonnay, pinot nero. Un vino non sempre amatissimo dai più che conserva però tutta l’essenza del particolare metodo di produzione. Generalmente è anche il vino che matura più lentamente e a lungo degli altri, non a caso riesce a regalare sensazioni e piacere da veri conosseurs. Erbe mediterranee, camomilla, mela e pera confit, ha un sorso profondamente appagante. 

Franciacorta Gran Cuvée Brut 1998. Chardonnay, pinot nero. Vino sorprendente, già dal colore paglierino brillante. Le bollicine sono infinite, sottili ed eleganti. Gran naso, avvolgente, complesso, maturo ed estremamente piacevole. Sa di camomilla, miele, zenzero candito. Il sorso ha gran stoffa, è cremoso, particolarmente avvolgente e vibrante, con un allungo sapido molto importante. 

Franciacorta Extra Brut Vittorio Moretti 2006. Chardonnay e pinot nero. C’è dentro tutto il meglio dei crus di Franciacorta, da quelli di Erbusco a Nigoline, Torbiato e Colombaro. Ci si aspettano grandi cose dal lavoro che negli ultimi dieci anni si sta facendo su questa cuvée. Certo è difficile sperare in annate particolarmente ‘fortunate’ come la duemilaquattro ma forse anche per questo val bene saper cogliere le differenze che passano tra una uscita e l’altra. Il 2006 appare più pronto delle precedenti, snello e asciutto. Finale di bocca sapido ed appagante.

  © L’Arcante – riproduzione riservata

Milano| Apre LARTE, il nuovo Hub del gusto

10 settembre 2013

LARTE

lartemilano.com

foto gallery

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dal Lunedì al Sabato dalle 8.00 alle 23.00
Via Manzoni, 5 Milano

Per informazioni e prenotazioni:

info@lartemilano.com – +39 02 890 96 950

Franciacorta Collezione Grandi Cru ’07 Cavalleri

24 agosto 2013

Parlando di Franciacorta credo indispensabile cominciare a parlare un po’ più anche di uve, vigne, uomini e specificità dei vini anziché quasi esclusivamente di un marchio e di quanto questi riesca nel ‘garantire’ qualità a prescindere.

Franciacorta Collezione Grandi Cru 2007 Cavalleri

In giro c’è sempre più Franciacorta¤, a dispetto del blasone e del successo dei grandi competitors internazionali – Champagne su tutti -, ma non si può non rilevare quanto ancora ci sia da fare da quelle parti per rendere a pieno l’idea di cosa si sta parlando quando si racconta un loro vino.

Certo che aziende di qualità non mancano ad agevolarti il compito; famiglie come i Zanella o i Moretti ad esempio, o prima ancora i Berlucchi e i Ziliani hanno contribuito e contribuiscono non poco ad alzare l’asticella. Così oggi marchi come Ca’ del Bosco¤, Bellavista¤, Fratelli e Guido Berlucchi piuttosto che Uberti e Cavalleri¤, giusto per citarne i primi che mi vengono in mente, fanno da traino a tutto il comparto e sono indiscutibilmente sinonimo di eccellenza.

Molti di questi fanno capo a quella schiera di imprenditori sbarcati in Franciacorta a metà anni ’70 per fare impresa in cerca di vigneti nuovi o da rimodernare; avevano idee molto chiare, ispirate ma soprattutto mezzi a sufficienza per partire ed affermarsi. E per fare questo chiamarono sin da subito enologi e specialisti del settore capaci di valorizzare quello che sino ad allora era un buon prodotto, il Pinot di Franciacorta, nato da una sana tradizione ma certamente migliorabile. Proprio in quegli anni lo chardonnay si affrancò dal pinot bianco divenendo ben presto egemone.

Un gran lavoro che nel Collezione Grandi Cru 2007 della famiglia Cavalleri ci sta tutto. Fosse coperto, servito così alla cieca dico, la mente andrebbe immediatamente da qualche parte là in Cote des Blancs. Provate a farlo, e a smentirmi. Non so se è un vezzo o un vanto ma di certo tra i tanti francesismi in giro il continuo riferimento che questa azienda fa con le sue cuvée alla patria degli Champagne non mi pare affatto azzardato: bottiglie alla mano ci vuole poco o niente a confondersi, a riconoscerne tutta la bontà espressiva. E questa etichetta – cercatela, provatela, non ve ne pentirete! -, saprà spiegarsi meglio di tante note colorite cui possa fare ricorso io oggi nel segnalarvelo. E’ buono, buono, buono!

credits http://www.franciacorta.net

Franciacorta Vittorio Moretti 2004 Bellavista, belle bolle ma anche tanto imballo (di cartone)!

3 giugno 2012

E’ solo un pensiero domenicale, di riflesso a quanto rilanciato ieri su facebook dal collega sommelier Ivano Antonini (qui) che in qualche maniera richiamava l’attenzione sul packaging di certe etichette di vino italiane; osservazioni naturalmente acute di chi ogni giorno il vino lo compra e lo vende, prima di raccontarlo…

 

Così mi è tornata in mente questa ottima bottiglia di Franciacorta di Bellavista. Un vino simbolo della crescita di questo piccolo paradiso delle bollicine italiane, con il quale l’azienda di Erbusco compie probabilmente un altro significativo salto di qualità, invero già garantita da tempo da una gamma di vini sicuramente tra i più rappresentativi della denominazione.

Nel Vittorio Moretti 2004 c’è dentro tutto il meglio dei crus di Franciacorta, da quelli di Erbusco a Nigoline, Torbiato e Colombaro, per il 50% chardonnay e 50% pinot nero e, non dimentichiamocelo mai, il grande talento – ormai una garanzia anche questa -, del winemaker e chef de cave Mattia Vezzola. Il colore è splendido, brillante e luminoso. La spuma è ricca e persistente e il perlage finissimo, abbondante. Il naso, svanite le prime insistenze classiche di una cuvée che fa così tanti anni di bottiglia si dimostra assai invitante, elegante, pienamente avvolgente; si apre a sentori di frutta e fiori tra i quali tornano nitidi pesca, frutto della passione, bosso, agrumi e, infine, miele. Il sorso è asciutto e sapido, ma non troppo, v’è tanta freschezza e più che attaccare il palato quasi lo ammanta, lo rapisce, e a lungo. Insomma, stiamo parlando di signore bollicine.

Una critica – ognuno fa un po’ come gli pare, sia chiaro – mi permetto però di avanzarla sul packaging¤ con il quale esce dalla cantina bresciana: la bottiglia è sicuramente bella, elegante nella forma e nell’etichetta, nemmeno troppo pesante, trovo però esagerato quanta carta e cartone si porta dietro in giro; una scatola è infatti composta di solito da 6 bottiglie, ognuna delle quali incartata a mano e posta in un grande astuccio (anche bello!) a forma di violino, tutte dentro una seconda scatola in cartone (!); un tantino eccessivo, visto i tempi che corrono e la sempre maggiore necessità di ridurre gli imballi e di conseguenza il loro smaltimento.

P.S.: rimanendo sul tema, come tante aziende spumantistiche anche Bellavista le ha sicuramente tentate tutte con le chiusure e le capsule delle sue bottiglie; le prime, su tutta la linea rimangono tra le più funzionali, le capsule del Vittorio Moretti vanno invece migliorate tant’è che consiglio spesso di tirarle via completamente col coltellino del cavatappi (A.D.).

Farfalle con gamberetti, cocco, asparagi di mare e alici alla colatura by Andrea Migliaccio

29 luglio 2011

Profondità, equilibrio, sobrietà, colore. Ve lo do io il piatto dell’estate, anzi, ce lo offre Andrea, con il quale continua ad esserci, costantemente, un confronto di affinità in continuo movimento, una lenta evoluzione – necessaria – per non lasciare nulla al caso. Le mie parole sono certamente dettate anzitutto dalla profonda stima per la persona e per l’impegno, l’abnegazione professionale che profonde ogni giorno nella sua opera, con i suoi ragazzi; oltre che, naturalmente, per la complicità quotidiana che ci impegna a L’Olivo. Però, sto piatto è davvero sorprendente, buono, vivo. Provateci, c’è da divertirsi!

Ingredienti base per 4 persone:

Per le farfalle di pasta fresca

  • 700 gr semolino
  • 300 g farina 00
  • 8 uova intere
  • 30 gr sale

Per la salsa al cocco

  • 500 gr latte di cocco
  • 100 gr centrifugato di cocco
  • 50 gr colatura di alici
  • 350 gr fumetto di pesce
  • Sale q.b.

Per la preparazione di ognuno dei quattro piatti:

  • 10 gamberetti, marinati per circa 5 minuti con aglio, timo al limone e olio extravergine;
  • 6 filetti di alici, marinati nella colatura;
  • 10 farfalle di pasta fresca, cotte appena 5 minuti in acqua salata e saltate con burro salato ed erba cipollina;
  • 12 asparagi di mare* sbollentati in acqua salata e conditi;
  • 50 gr di composto di cocco, da porre a specchio sul fondo del piatto;
  • 10 gocce di essenza di gamberi (ottenuta al naturale, in riduzione, dalle teste degli stessi);
  • Poi fiori, timo sfogliato, limone grattugiato e olio extravergine come guarnizione.

Composizione del piatto: ponete la salsa al cocco a specchio nel piatto, posizionate le farfalle a scacchiera, e così i filetti di alici, i gamberetti e gli asparagi di mare; completate il piatto con poche gocce dell’essenza di gamberi e colatura di alici sparsi qua e là nel piatto, un pizzico di buccia di limone grattugiata finemente e, non ultimo, un filo d’olio extravergine d’oliva.

Nota bene: per i più “devoti” alla forma, opportuno saggiare questo piatto avendo cura, ad ogni boccone, di mangiare in tutt’uno ognuno degli ingredienti; è consigliabile pertanto servirlo con una mis en place che oltre alla forchetta preveda un coltello e un “cucchiaio a salsa”.

*Asparago di mare: o Salicornia, è una pianta ricca di sali minerali che vive in terreni umidi e bagnati dall’acqua di mare. Sboccia solitamente con piantine dalle stesse sembianze di quelle del corallo; concede, ai piatti dove viene utilizzato, originalità e particolare franchezza gustativa.

Ricetta di Andrea Migliaccio, executive chef del Ristorante L’Olivo del Capri Palace Hotel&Spa, proposta in occasione dell’evento Bellavista, in abbinamento all’ottimo Franciacorta Extra Brut Vittorio Moretti 2004.

L’esate in rosa, drink pink made in Italy

3 giugno 2011

Ecco a voi il drink pink made in Italy che segue di pochi giorni quello propostovi a riguardo delle etichette più interessanti – secondo noi – di vini rosati campani. Anche qui un paio di novità, due grandi classici e… diciamo così, una forzatura di cui però volevo raccontarvi!

Un itinerario tra il solito e l’insolito, da un classico Cerasuolo abruzzese al più affidabile tra i rosati italiani prodotto a Bolgheri. Poi un bel chiaretto del Garda, un raffinatissimo Pinot Nero dall’Alto Adige ed un vino bianco vestito di rosa.

Montepulciano d’Abruzzo Cerasuolo 2009 Nestore Bosco. E’ una delle più rappresentative della regione, soprattutto all’estero dove i suoi vini corrono in giro per il mondo ormai da tempo immemore pur conservando l’azienda un profilo basso e poco clamore mediatico; grande attenzione in vigna, alla sostenibilità ambientale e, cosa più importante ancora, all’integrità dei vini anzitutto sulla linea tradizionale, espressi devo dire, su più livelli di eccellenza. Questo Cerasuolo è essenzialmente quello che vuole essere, suggestivo ed originale, per frutto, schietteza e bevibilità. I numeri dell’azienda sono importanti ma non tradiscono assolutamente la sua vocazione, come detto, al naturale, al biologico e a tutte quelle buone pratiche atte a consegnare al consumatore vini sempre buoni, puliti, giusti; si fa bere copiosamente pur garantendo una certa sostanza, una certa aderenza territoriale, direbbero più.

Garda Classico Chiaretto Rosamara 2010 Costaripa. Chiedete in giro chi è Mattia Vezzola e in molti vi risponderanno che è un grande! I cronisti del vino dicono che ha avuto la fortuna di incontrare sulla sua strada Vittorio Moretti, chi capisce di vino – e ne sa del mondo del vino – rilancia che in effetti è forse lui che ha fatto la fortuna di Bellavista e di tutto l’arcipelago Terre Moretti; Costaripa invece è il gioiello di famiglia per Vezzola, la casa del buen retiro sul Garda, il giardino delle memorie ed il laboratorio sperimentale del futuro. Il Rosamara nasce dall’uvaggio classico di questo lembo di terra dal sapore mediterraneo nel cuore della Valtenesi: groppello, marzemino, sangiovese e barbera per un chiaretto dal colore invitante e dai profumi floreali intensi e persuasivi, dal sapore asciutto, inebriante, sapido. Pronto da bere. Della stessa azienda mi piace ricordare il Molmenti 2008, un cru dalle simil fattezze ma che esprime, grazie al suo medio invecchiamento, ancor più profondità e incisività; in entrambi i casi, proprio un gran bel bere.

Bolgheri Rosato Scalabrone 2010 Tenuta Guado al Tasso. Non è necessario spendere parole particolari su questo vino, anche perché credo proprio che non ne abbia affatto bisogno. E non vorrei – sottolineando questo vino più degli altri –  nemmeno far torto al grande impegno profuso dalla famiglia Antinori nel creare ed affermare la tenuta di Guado al Tasso tra la costellazione dei piccoli chateaux bolgheresi seguiti all’exploit del marchese Incisa della Rocchetta e del suo Sassicaia; quindi dico solo che lo Scalabrone è, e rimane, uno dei vini più affidabili proposti in quel di Bolgheri, e tra i rosati italiani certamente uno dei più buoni: a me poi mi garba e di molto! Dal colore intenso e luminoso offre un naso incredibilmente invitante, floreale, succoso di frutta e sottili e gradevoli nuances speziate. In bocca scorre via che è un piacere, un sorso tira l’altro ed il successivo è sempre più saporito del precedente. Da cabernet sauvignon, merlot e syrah.

Alto Adige Pinot Nero Rosé 2010 Franz Haas. Bella novità dall’Alto Adige, da Montagna per la precisione, con tutto il fascino di chi ha dedicato una vita al pinot nero e sa di avere un talento innato nel valorizzare questi come pure i principali bianchi tradizionali atesini. I passaggi di vinificazione richiamano accortezza della lavorazione classica in bianco con l’esperienza di chi mastica rosso da sempre. Dopo la diraspatura l’uva viene pressata sofficemente come per le varietà bianche mentre il mosto viene lasciato successivamente fermentare per qualche tempo in barrique, dove vengono meglio fissati i classici markers del varietale, rendendogli un naso certamente più complesso ed efficace. Bellissimo il colore ciliegia tenue, il primo naso è franco, spinge immediatamente avanti aromi di ciliegia e lamponi, ma anche sensazioni molto gradevoli di erbe aromatiche di alpeggio, fesche e balsamiche. Il sorso è incredibile, stupisce per la sua spiccata acidità subito ben bilanciata da una lunga sapidità. Già in lizza per il titolo vino rosato dell’anno.

Vigneto delle Dolomiti Pinot Grigio Fontane 2010 Zeni. Un bianco di fatto, vestito di rosa. Sempre affascinante raccontare di un vino che amo da sempre, per un po’ troppo tempo messo da parte dai vignaioli di queste stesse terre per dare più ampio respiro a vitigni bianchi forse più utili ai fini commerciali delle grandi cooperative che insistono sul territorio; ma fortunatamente da qualche anno – da che ricordo io più o meno una dozzina – pare vivere un vero e proprio rinascimento, lento ma costante, che lo vede ripreso e riproposto con risultati a dir poco interessanti; e quello di Zeni è certamente uno dei più autentici. Il termine ramato è originario, si racconta, dei contratti di vendita che lo voleva così chiamato sin dai tempi della Repubblica di Venezia; rimane un vino bianco a tutti gli effetti, pur offrendo ampie e complesse suggestioni, soprattutto olfattive, grazie anche alla breve macerazione buccia-mosto di 12 ore; l’azienda conta oggi circa 20 ettari di vigneto, un terzo dei quali ubicati proprio nella Piana Rotaliana da dove provengono anche le uve di questo vino. Del colore buccia di cipolla è presto detto, basta aggiungere che offre un naso affascinante che vira da sentori finissimi di erbe a note dolci mela renetta e di pera matura. Il sorso è delicato, asciutto, persistente, leggero, con un finale di bocca sapido ed estremamente lineare. Non poteva mancare!

Qui il drink pink made in Campania.

La Dolce Vite del Ristorante L’Olivo del Capri Palace Hotel, ecco tutti gli eventi in programma

16 aprile 2011

Ecco, si riparte. Inizia una nuova entusiasmante stagione di lavoro all’insegna della ricerca enogastronomica d’autore; come sempre negli ultimi anni, anche al Capri Palace non mancheranno occasioni di grande slancio emozionale. Quest’anno abbiamo voluto coniugare al meglio tutto lo spirito più tradizionalista del mondo del vino in Italia, senza però dimenticare di gettare un occhio di riguardo al nuovo e bello che avanza nella sua cucina d’autore. Non ultimo, l’impegno come Krug Ambassors in Italia; mica male come inizio, non trovate? (A. D.) 

Luoghi, persone, vini; tutto nasce da un momento di franca convivialità nella storica cantina La Dolce Vite, per scoprire o semplicemente conoscerli meglio; un confronto utile per ascoltare la storia del vino del nostro paese con le parole di chi l’ha fatta e la vive tutt’ora. Una cena tutta da vivere, pensata e preparata a quattro mani da Andrea Migliaccio, il nostro executive chef, ed ogni volta da uno chef ospite, che ci racconteranno con i loro piatti il territorio di origine del vino, per coglierne al meglio l’essenza, il messaggio che vuole consegnarci.

Questo il programma completo degli incontri con i produttori per la stagione 2011 al Ristorante L’Olivo del Capri Palace Hotel&Spa; noi ci mettiamo il cuore, voi fateci un pensierino! 

  • VENERDI’ 13 MAGGIO dalle ore 19,30
  • Mastroberardino – Irpinia, Campania
  • Chef ospite Francesco Spagnuolo del Ristorante Morabianca del Radici Resort di Mirabella Eclano, in provincia di Avellino; partecipa Piero Mastroberardino, erede della storica famiglia di Atripalda.

 

  • VENERDI’ 24 GIUGNO dalle ore 19,30
  • Biondi Santi – Montalcino, Toscana
  • Chef ospite Luciano Zazzeri del Ristorante La Pineta di Marina di Bibbona, in provincia di Livorno, “Stella Michelin”. Partecipa Jacopo Biondi Santi, erede della grande tradizione vitivinicola Toscana.

 

  • VENERDI’ 22 LUGLIO dalle ore 19,30
  • Bellavista – Franciacorta, Lombardia
  • Chef ospite Vittorio Fusari dell’Enoteca Ristorante La Dispensa Pani e Vini di Torbiato di Adro (Brescia); partecipano Vittorio Moretti e Mattia Vezzola.

 

  • VENERDI’ 9 SETTEMBRE dalle ore 19,30 
  • Donnafugata – Contessa Entellina e dintorni, Sicilia
  • Con la Partecipazione di Giacomo e José Rallo
  • Chef ospite Tony Lo Coco del Ristorante “I Pupi” di Bagheria.

 

  • VENERDI’ 7 OTTOBRE dalle ore 19,30 
  • Villa Matilde – Falerno del Massico e Roccamonfina, Campania
  • Chef ospite Rosanna Marziale del Ristorante Le Colonne di Caserta, con la partecipazione di Maria Ida e Tani Avallone.
 
Per informazioni dettagliate e prenotazioni:
Capri Palace Hotel & Spa
Ristorante L’OLivo
Via Capodimonte, 14
80071 Anacapri – Isola di Capri – ITALIA
Phone: (+39)081 978 0225
Fax: (+39) 081 978 0593
www.capripalace.com
olivo@capripalace.com

A Natale e Capodanno, bollicine buone buone

18 dicembre 2009

E’ indubbio che uno dei piaceri sublimi delle tavole di questi giorni è legato alle bollicine, di cui, proprio nei prossimi giorni se ne stapperanno a milioni e che vedrà come da tradizione il suo apice nella notte di capodanno quando per salutare il vecchio ed accogliere, ricolmi di speranza e buoni auspici il nuovo anno, si faranno fuori milioni di bottiglie di vini spumanti, champagne e tutto ciò che possiede un tantino di anidride carbonica tanto da far saltare un tappo. Più che una lezioncina su quale migliore bollicina scegliere, mi è parso interessante farvi vedere quale il risultato visivo di una o più specifiche modalità di lavorazione grazie alle quali queste o quelle bollicine arrivano poi nel bicchiere.

Bollicine abbastanza intense, ma grossolane, che non hanno cioè una certa continuità ed uniformità. Questo è il risultato di speciali vini frizzanti, ma potrebbe esserlo anche di vini spumanti prodotti con metodo Charmat breve o con tecniche poco oculate ed uve non particolarmente vocate. Il vino, il più delle volte, risulterà appena fragrante al naso, con note erbacee ed una piacevole freschezza gustativa oltre che una beva decisamente leggera quando non appena acida. Questa caratteristica, fatte naturalmente le dovute eccezioni, è  riscontrabile in alcuni vini bianchi secchi prototipo come il pignoletto frizzante emiliano, il muller thurgau o lo chardonnay della Valdadige. Vini piacevoli, in certe stagioni dell’anno, vedi l’estate quando appaiono ideali, ma non certo caratterizzati da bollicine di particolare pregio e finezza.

Bollicine fini ma poco persistenti, è una delle caratteristiche più comuni di vini spumanti prodotti con Metodo Martinotti (o Charmat lungo) o Metodo Marone-Cinzano, con uve particolarmente vocate e vinificate con la giusta attenzione e spumantizzazione. Il primo vino che vi deve venire in mente è il Prosecco spumante, quello di Conegliano Valdobbiadene ma anche quello meno conosciuto della d.o.c. Montello e Colli Asolani. E’ un timbro visivo gradevole, il colore cristallino si riflette solitamente nelle bollicine che sono sì fini ma risultano poco persistenti e formano una corona di spuma nel bicchiere mediamente consistente. E’, come detto, una peculiare caratteristica del prosecco spumantizzato come di altri che hanno fatto la storia delle bollicine made in Italy, pensate per esempio anche agli Asti Moscato d’Asti vivaci o spumanti che siano – quando si preferisce il dolce al brut o all’extra dry, ai vini prodotti nell’Oltrepò Pavese prima dell’avvento, anche qui, della ricerca e del successo sui metodo classico. Ma non sono da trascurare le interessanti e tradizionionalissime bollicine dello storico Asprinio d’Aversa campano e tutta quella serie di vini spumanti venuti fuori negli ultimi anni sulla scia del sempre più crescente appeal che le bollicine hanno sui palati italiani; penso alla Falanghina e al Greco di Tufo, per prendere ad esempio strade assolutamente (o quasi) sconosciute sino a pochissimo tempo fa, dove alcune interessanti etichette non mancano certo di stupire anche il palato più fine ed attento, ma anche a quelle “nicchie” di sempre come la ribolla gialla friulana o la vernaccia di serrapetrona (rosso) . 

Bollicine fini e persistenti, è questo il marchio di fabbrica dei grandi spumanti italiani e dei migliori Champagne delle più prestigiose maisons, quando per spumanti italiani s’intendono quelli che hanno una storia, una tradizione, una cultura propria e tipica di denominazioni, per esempio, come Trentodoc o Franciacorta, tradotte spesso, più semplicisticamente, come metodo classico e basta. Difficile pensare allo Champagne come termine generico di bollicine francesi piuttosto che icona di una specifica area viticola storicamente vocata e legata a produzioni di grande slancio e prestigio internazionale.  In Italia, negli anni, soprattutto negli ultimi 20, vi sono piccole aree che hanno trovato, nel tempo, una propria identità espressiva in materia spumantistica, ma quelle maggiormente rappresentative continuano a rimanere quelle definite dalle due denominazioni sopracitate, che nulla tolgono a microproduzioni di qualità venute fuori nelle langhe piemontesi piuttosto che nelle vigne di San Severo in Puglia, ma che indubbiamente riescono meglio a dare voce, quantomeno in senso numerico, alla solida tradizione spumantistica italiana che non si può non tener ben in mente quando si sceglie una bella bottiglia da stappare.

Sono quindi generalmente bollicine fini e persistenti quelle che si sprigionano numerose esaltando la brillantezza di un giallo paglierino intenso anche con venature dorate, sinonimo spesso di lunga permanenza del vino base sui lieviti e di grande qualità e compattezza delle uve vinificate. Sono questi vini di alto profilo organolettico, che regalano profumi deliziosi e sapori intensi, che hanno percorso già tanta strada in evoluzione in bottiglia e che aspettano solo di essere aperte. E’ vero, sono questi vini che possono durare una vita, ma la loro grandezza sta anche nella capacità di condensare il meglio di sè già nel momento in cui il Maitre Caviste da il via libera alla sua commercializzazione. 

Scegliete quale bollicina avete piacere di incontrare nel vostro bicchiere, sarà piacere visivo e biglietto da visita da conservare bene nella memoria. Il futuro merita sempre, quantomeno, un brindisi di auguri!


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