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Verticale storica Barolo Borgogno, le degustazioni

23 giugno 2012

A fine serata ci siamo seduti in terrazza, saranno state le una o giù di lì. Con me e Andrea Farinetti ancora un manipolo di colleghi, una dozzina di calici “belli alti” per l’Alta Langa pas dosé di Fontanafredda e una piccola “sciabola” di fortuna. E ancora, quei calici di Barolo messi là in cantina a prendere aria per tutta la sera, che avevano da dirci ancora tanto. Mamma che vini! Perché le cose più affascinanti e avvincenti vengono fuori davanti a un bicchiere di vino, e più ce ne sono (di bicchieri) e più se ne raccontano (di storie).

La storia di Borgogno è (quasi) tutta qua, mentre qui ci trovate i miei appunti di viaggio della passeggiata in langa dello scorso ottobre; oggi invece provo a raccontarvi l’emozione di questi quattro meravigliosi vini. Imperdibili!

Barolo Riserva 1978 Fu quella un’annata molto particolare, caratterizzata da un andamento climatico piuttosto irregolare. Nel dettaglio, il protrarsi delle piogge nel periodo della fioritura ne hanno drasticamente ridotto la produzione. L’avvento di condizioni climatiche ottimali a fine estate ed inizio autunno e soprattutto alla limitatissima quantità, hanno però consentito una buona maturazione delle uve, nonostante il clima non proprio favorevole. Ne è venuto fuori un Barolo di altissima levatura, strutturato e piuttosto concentrato. I dati registrati dicono che fu vendemmiato tra il 23 e il 26 ottobre (!), svinato a fine novembre e per almeno 1 anno lasciato in vasche di cemento; poi 4 anni e mezzo in botti di capacità medio/grande.

Ha un bellissimo colore granato, con l’unghia chiaramente aranciata ma luminosissima. Il naso appare infinito, nelle cinque ore tenuto nel bicchiere ad ogni passaggio ha saputo regalare nuove e piacevoli sensazioni: un tocco di cipria, foglie secche, sottobosco, gruè di cacao, mallo di noce, cannella e cera d’api. Il sorso invece è semplicemente stupefacente, secco e incalzante, lungo e di sostanza, ancora nerboruto, di spessore. Un piacere senza fine.

Barolo Riserva 1985 Annata estremamente regolare quella dell’85, con uve di grande qualità. Così ci si è potuti spingere “oltre”: in cantina la fermentazione è durata circa 15 giorni con temperature comprese tra i 26/28° C. Seguì macerazione a cappello sommerso di almeno tre settimane con svinature effettuate a partire dal 20 novembre. La fermentazione malolattica è terminata nel febbraio 1986 (!). Un secondo travaso all’aria verso fine febbraio ‘86 e quindi un terzo a Giugno. Poi solo legno in botte grande, sin da settembre ‘86.

Qui il granato è da manuale, perfettamente integro, più ricco addirittura del più giovane ‘96. Al naso subito nuances di fiori passiti e cassis, poi sentori di grafite, nocciola tostata e ancora sottobosco. Il sorso è copioso, di sostanza, teso e giustamente tannico. Finale di bocca lievemente caldo. Impeccabile!

Barolo Riserva 1996 Annata un poco complicata, come il vino nel bicchiere. I registri un po’ sgualciti riportano di un 1996 caratterizzato da un buon numero di precipitazioni piovose e da un inizio estate molto caldo, in particolare nella prima decade di giugno. Poi di un andamento altalenante, con forti escursioni termiche durante tutta la bella stagione sino alla regolare maturazione delle uve.

Il colore è di un bel granato vivace, integro, molto vicino, per trasparenza, al ‘78. Il naso rimane a lungo chiuso, ritratto, indefinito; poi, almeno tre ore dopo averlo messo nel bicchiere di colpo è una esplosione di varietale e terziari incredibili: viola passita e tabacco, terra bagnata, sottobosco, foglie secche, china e rabarbaro. Il sorso è spiazzante, ha tannino puntuto, sferzante, indomito, di tutta la batteria è certamente il meno armonico, ma forse, quello con più carattere e con un naso incredibilmente avvincente. Scontroso.

Barolo 2005 Due appunti tecnici: vinificazione di tipo tradizionale, con macerazione a cappello emerso di circa due settimane a temperatura controllata (primi gg. a 23°/25° C e fine fermentazione a 29/30° C) e successiva macerazione e post-fermentativa a cappello sommerso di durata variabile fra i 15 e i 25gg. Invecchiamento in botti di rovere di Slavonia di oltre 3 anni e mezzo con affinamento in bottiglia di circa 6 mesi.

Nel bicchiere è giovane e pimpante, ha colore rubino granato, concentrato ed è poco trasparente: il primo naso è molto invitante, sa di viole passite e amarena, quella nera e croccante; poi sentori speziati comunque dolci e avvenenti. Il sorso è secco, ha buon corpo e vanta buonissima bevibilità. Il tannino è importante ma non invadente, l’alcol ne compensa – in perfetto equilibrio – le spigolature, regalandogli beva sostenuta e profonda. Da bere a sorsi copiosi.

E’ venne il giorno del Barolo Borgogno a Capri…

30 Maggio 2012

L’Olivo DiVino

Storie di vino e di alta gastronomia nello stile de La Dolce Vite 

Venerdì 15 Giugno ancora un appuntamento imperdibile in Dolce Vite, la cantina del Capri Palace Hotel&Spa di Anacapri con la storia dell’azienda Borgogno, del Barolo e delle sue straordinarie terre di Langa.

Si parte alle ore 20.00 con un aperitivo di benvenuto in cantina, con l’Alta Langa Pas Dosé Contessa Rosa 2007 ed il Langhe Nebbiolo No Name 2008 di Borgogno. Durante la cena invece, realizzata a quattro mani dal nostro Executive Chef Andrea Migliaccio ed Ugo Alciati, chef nonché patron del Ristorante Guido a Pollenzo, verranno proposti quattro Barolo Riserva tra i quali le annate storiche del ’78, ’85, ’96 ed una delle ultime più apprezzate, quella del 2005. Un momento DiVino, imperdibile! 

Per informazioni e prenotazioni:
Ristorante L’Olivo – Due Stelle Michelin
Capri Palace Hotel & Spa
Via Capodimonte 14, Anacapri.
Tel. 081 978 0560
olivo@capripalace.com
www.capripalace.com
 
Ufficio stampa Capri Palace Hotel&Spa
Marita Rivas
Tel. 081 9780228
pr@capripalace.com

Barolo Riserva Gran Bussia ’99 Aldo Conterno Vs Taurasi Riserva Centotrenta ’99 Mastroberardino

10 febbraio 2012

Giusto una settimana fa  (leggi qui) coglievamo l’occasione di un confronto nato così per caso per spendere due parole sull’aglianico, il nebbiolo e l’importanza di una giusta interpretazione che tenda a valorizzarne – nel tempo, non solo sull’immediato – i profili organolettici piuttosto che le velleità commerciali. Sempre per caso, è venuta fuori una quasi seconda puntata delle serie con altri due bei protagonisti…

Monforte d’Alba, località Bussia Soprana, nel bel mezzo del Barolo docg. Alla conta dei numeri Poderi Aldo Conterno mette in campo 25 ettari di vigna, una decina di vini prodotti, i classici langaroli ed una storica profonda attenzione al Re dei vini, alle sue riserve in particolar modo. Gran Bussia nasce nelle vigne Romirasco, Cicala e Colonnello – per la precisione, salvo annate particolari che ne raccomandino una diversa interpretazione, 70% della prima e il restante 30% perfettamente suddiviso tra le altre due -, dove è piantato tutto nebbiolo delle varietà michet e lampia, particolarmente adatte, si dice, al terreno di queste vigne, essenzialmente costituito da strati di sabbia più o meno compatta, di colore grigio-bruno, alternato da marne calcaree bianche e bluastre.

La vinificazione è quella classica, avviene tutta in acciaio, a temperatura controllata con macerazione delle bucce fino a 25-30 giorni, sino a fine fermentazione alcolica. Poi rovere di Slavonia, botti grandi quindi, per almeno 40 mesi. Anche qui non manca l’uso di barriques, ma solo per gli altri vini prodotti, non per i Barolo. Il Riserva Gran Bussia quindi, quando esce, per inciso, è la summa dei migliori nebbiolo raccolti in azienda. Insomma, non uno qualsiasi ma un signor Barolo.

E nei fatti ci godiamo un rosso dal bel colore granato piuttosto vivo, solo sull’unghia del vino nel bicchiere cominciano appena ad intravedersi lievi spunti aranciati. Il primo naso è un manifesto, già intriso di sentori balsamici, di sottobosco, cuoio, humus, chiede tempo soprattutto per smarcarsi da un sentore simil-vinilico, di insistente ceralacca un tantino fastidiosi; il ventaglio olfattivo però sa solo migliorare, non certo in verticale, ma riconoscimenti di pepe, di noce moscata e tabacco confermano, alla fine e nel complesso, un bagaglio varietale di tutto rispetto. Il sorso è asciutto e teso, ancora nerboruto, sapido, manca solo, forse, di quella freschezza capace di fartelo apprezzare a pieno, di quella spinta decisiva a decretarne una definitiva completezza degustativa. Nonostante gli anni. Sì perché una dozzina di anni, per un signor Barolo, non possono già essere troppi.

Centotrenta nasce per celebrare i primi 130 anni di vita commerciale della Mastroberardino; è una riserva, decisamente in linea con lo stile sobrio storicamente riconosciuto ai Taurasi di Mastroberardino, mai sopra le righe, e che raccoglie, tra l’altro, l’occasione di un’ottima annata, la ‘99, severa, acida e senz’altro di buona prospettiva, un riferimento importante per tutta l’Irpinia. Questo Taurasi prende vita dalle vigne della Tenuta di Pastanella in Montemarano, laddove da qualche anno si concentrano molti sforzi economici della storica azienda di Atripalda, e dove si stanno conducendo, proprio sull’aglianico, diverse ricerche e sperimentazioni volte a cogliere tutte le strade percorribili con questo vitigno, non da ultimo vinificazioni di “vendemmie tardive” e addirittura rossi maturi con uve in parte o del tutto botrytizzate.

Come è noto, Montemarano è tra i comuni della docg collocati più in alto, nel Versante Sud – Alta Valle della denominazione, più o meno intorno ai 500 metri, con vigne caratterizzate da terreni tendenzialmente argilloso-calcarei, lapilli vulcanici ed un ambiente pedoclimatico, nell’insieme, particolarmente vocato per l’aglianico. Tant’è, ritornando alle peculiarità del Taurasi Riserva Centotrenta, val la pena prendere nota della vinificazione con prolungata macerazione delle bucce, a temperatura controllata, e l’affinamento speso in questo caso tra barriques di rovere francese e botti, sempre di rovere ma di Slavonia, per un periodo complessivo di almeno 30 mesi. Poi solo bottiglia.

Il colore è di un bel rosso rubino, ancora integro, anche abbastanza vivace, con appena nuances granata. Il naso è lento a venir fuori, ma già dalle prime battute si colgono chiaramente sentori di viola passita, amarena e frutti di bosco in confettura, una sciorinata di soave franchezza che si arricchisce, pur lentamente, di ulteriori interessanti sfumature, note di tabacco e rimandi balsamici anzitutto. Il sorso è asciutto, attacca il palato con precisione, il tannino è ben fuso, affatto persistente, conferma infatti una certa sobrietà degustativa, senza spigolature eccessive, e una trama assai fine e piacevolmente sapida. Il finale di bocca chiude lievemente amaro. A voler cercare “il pelo nell’uovo”, anche qui manca quello slancio emozionale che ti faccia scordare del tempo passato che, nonostante alla cieca appaiano molti di meno, sono lo stesso più di dodici anni suonati.

E’ un gioco e spero si capisca, e sinceramente non so nemmeno quanto possa essere rilevante, ma diciamo che a voler tirare fuori un risultato, chiaro, in questa occasione è bene sottolineare che nessuno dei due “contendenti” ha la meglio sull’altro; quindi, per dirla con un telecronista sportivo, un bel pareggio ci sta tutto. Poi però qualcuno si domanderà del prezzo, dell’uno e dell’altro, e così tocca fare pure i conti con quanto costi, pur piccola, un’emozione (nel primo caso non proprio bruscolini).