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Pane, coperto e servizio, ma perchè?

4 agosto 2016

Per coperto s’intende il corrispettivo per l’uso di tovaglie, tovaglioli, piatti e posate e la successiva pulizia, spesso associato alla voce pane, quasi a dargli maggiore giustificazione. Il servizio può variare dal 10 al 20 per cento del totale del conto, secondo i locali, o più semplicemente secondo la discrezione del ristoratore.

Immagine storica di una vecchia locanda - foto dal web

Le origini del coperto risalgono agli inizi del 1900 quando la gente andava nelle osterie con il fagotto o cartoccio, cioè portandosi dietro cibi preparati in casa e consumando solo vino. A un certo punto, qualche oste, stufo della sporcizia e degli avanzi lasciati dagli avventori, che occupavano i tavoli per ore, anche per motivi di igiene cominciò a mettere sui tavoli grandi tovaglie o fogli di carta fatti pagare, appunto, come coperto; successivamente gli si affiancò il il costo del pane.

Un obolo che prese rapidamente piede in tutte le osterie, purtroppo rimasto in auge anche quando queste si trasformarono in osterie e cucina, trattorie o ristoranti, allorquando i cosiddetti fagottari, per ovvie ragioni, non li frequentavano più. Il ristoratore dei nostri tempi il conto delle spese relative alla pulizia di tovaglie, tovaglioli, piatti e posate se lo fa e come, quindi si tratta di una voce semplicemente pretestuosa che pare sopravvissuta soltanto per motivi di ulteriore lucro. Tra l’altro decisamente anacronistica perché è prassi calcolarne il costo e ripartirlo – con ampi margini – già fra i prezzi dei piatti. Ecco quindi la vera ragione dello scontro sulla sua abolizione: per i clienti semplicemente un segnale di ragionevole buon senso, dall’altra parte l’indisponibilità a perdere incassi sicuri. 

Altro discorso sensibile il servizio che compare di sovente alla fine del conto e che varia dal 10 al 20 per cento del totale, secondo i locali. Pure questa odiosa gabella si perde nella notte dei tempi, quando non c’erano i contratti di lavoro e il personale veniva pagato a percentuale sulle ordinazioni dei clienti e dei tavoli che serviva. Il servizio era, appunto, la retribuzione dei camerieri, oggi ampiamente regolamentata dai contratti collettivi di lavoro. Un addebito pretestuoso? Senza dubbio alcuno, ahimè però nessuna norma lo vieta e l’unica condizione imposta dal legislatore è che sia specificato nel listino prezzi.

Tant’è che un po’ di sale in zucca ci suggerisce che pane, coperto e servizio sono la più grande sconfitta della ristorazione italiana degli ultimi decenni su cui il legislatore e molti opinion leaders farebbero bene ad aprire gli occhi.

© L’Arcante – riproduzione riservata

Abbiamo il pane, non i denti. Che morti di fame!

29 settembre 2014

‘C’è in Italia un patrimonio inesauribile di vini e territori che meritano molto di più di quanto ricevono in termini di attenzione ed apprezzamento. Certi vini sono straordinari, pare difficile ma non serve andare a Montalcino per bere un grande sangiovese o a La Morra e Serralunga d’Alba per un nebbiolo che ti prenda l’anima: in Valtellina ho bevuto bottiglie indimenticabili. E poi qui, come si fa a non rimanere a bocca aperta davanti a questo palcoscenico, che buoni questi fiano, quel Costa d’Amalfi di ieri, la falanghina‘.

‘…temo però sia necessaria una rivoluzione culturale, è incredibile il disastro di certi luoghi, tenuti malissimo, le strade rotte quando non completamente chiuse per giornate intere, l’ignoranza di certi Sindaci, con la gente che non se ne preoccupa, anzi, assiste inerme, subisce in silenzio. Che morti di fame!’

‘…c’è forse un disegno preciso che non vuole farci emergere? Perché il sabato a mezzogiorno non posso visitare l’Anfiteatro Flavio e poi andarmene a pranzo in un ristorantino tipico sul porto di Pozzuoli? Perché per andare a visitare La Sibilla Cumana viene più complicato che entrare al Louvre, al Louvre Angelo è più facile, capisci?’

Pozzuoli, Luglio 2003, fine serata con amici a L’Arcante davanti a quel che rimaneva di due bottiglie di Fiano di Avellino Terredora e Colli di Lapio ed un Piedirosso Riserva Montegauro di Grotta del Sole.

© L’Arcante – riproduzione riservata

Quarto, Accademia del Pane

8 febbraio 2014

Via Marmolito taglia nel pieno della campagna quartese, di solito la percorri velocemente e generalmente gli occhi li tieni ben aperti sulla strada. Ma giusto a metà strada, sulla destra, al n. 69, ci trovi questo piccolo forno dove la famiglia Di Falco ci fa il pane da tre generazioni.

Accademia del Pane - foto A. Di Costanzo

Il punto vendita è molto ben organizzato: parcheggiata l’auto, non appena sull’uscio si viene immediatamente avvolti dal profumo fragrante del buon pane cotto a legna, inebriati e avvinti dalla vista di tante piccole leccornie dolci e salate in bella mostra nel banco.

Ci sono tanti formati di pani prodotti con varie farine e metodi; ma anche pizze, focacce, rustici e tutto quanto di buono ci si può attendere dalla buona tradizione, con i dolci delle ricorrenze e i manicaretti classici delle feste comandate. Insomma, dei veri piccoli artigiani del gusto che, notizia non trascurabile, lavorano bene e a prezzi pienamente centrati.

© L’Arcante – riproduzione riservata

Accademia del Pane – Forno
di Francesco Di Falco
Via Marmolito 69, Quarto (Na)

 

Cake con prosciutto cotto&crudo e formaggio

3 febbraio 2011

Quando ho regalato il Bimby alla mia Lilly potevo solo immaginare le bontà che avrebbe lavorato per il mio palato; in verità ero consapevole che prima o poi ne avrei goduto anch’io, oltre che i nostri vecchi ed amatissimi clienti in enoteca. Tant’è che spulciando nei ricettari di Ledichef rispolveriamo una storica ricetta complice di mille domeniche di degustazioni in quel de L’Arcante Enoteca. Sigh… (A.D.)

Ingredienti per 8 persone:

  • 360 gr di farina bianca “00”
  • 6 uova (per intero)
  • 180 gr prosciutto cotto (pezzo intero)
  • 180 gr prosciutto crudo (pezzo intero)
  • 150 ml di latte
  • 360 gr di Formaggio mediamente stagionato (Provolone, Caciocavallo ecc..)
  • Olio extravergine di oliva q.b.
  • 1 bustina di lievito
  • Burro q.b.
  • Sale e pepe nero macinato fresco q.b.

Preparazione: lavorate per bene in una boule d’acciaio le 6 uova aggiustate di sale e pepe ed un filo abbondante di olio extravergine d’oliva. Unitevi successivamente la farina ed il lievito, quindi il latte e mescolate sino ad ottenere un composto omogeneo e fluido.

A questo punto aggiungete all’impasto il prosciutto – entrambe le tipologie – ed il formaggio, il tutto tagliato a dadini piccoli avendo cura di amalgamare gli ingredienti magari con ancora un sottile filo d’olio extravergine d’oliva. Frattanto imburrate un classico stampo da Plumcake, passatevi della farina al suo interno e versatevi tutto l’impasto. Portate il forno a 180° ed infornate per circa 50 minuti.

Nota bene: se possedete un forno capace di lavorare in condizione di ventilazione ricordatevi che il tempo di cottura può variare di almeno una decina di minuti in meno. Lasciatelo raffreddare e portatelo in tavola affettato, mai rinforzo è più appropriato di questo cake salato, adatto per integrare il vostro cestino del pane, accompagnare gli antipasti oppure da servire come semplice stuzzichino.

Papaccelle m’buttunate educatamente, 2007

29 novembre 2009

Ingredienti per 6 persone:

  • 6 Papaccelle napoletane dolci (presidio Slow Food)
  • 400 gr di mollica di pane raffermo
  • 100gr olive nere snocciolate
  • 3 acciughe salate diliscate
  • capperi
  • 200 gr formaggio pecorino mediamente stagionato
  • olio extravergine di oliva
  • origano secco

Preparazione: lavare accuratamente le papaccelle napoletane dolci, svuotarle dei semi facendo attenzione a limitare il taglio sul torsolo, sciacquarle e passarne accuratamente con le mani la parte esterna con un velo d’olio extravergine di oliva. Metterle in forno caldo a 200° per circa 30 minuti. A parte preparate il ripeno tritando grossolanamente la mollica di pane raffermo, unire ad essa il pecorino grattuggiato finemente e le olive nere snocciolate e tagliate, le acciughe sminuzzate ed i capperi, rimestare sino ad ottenere un composto uniforme. 

Terminata la prima fase di cottura delle papaccelle tirarle fuori dal forno e riempirle, aiutandovi se necessario con un cucchiaio da thè, sino all’orlo con il composto che avete preparato nel frattempo; Un filo d’olio extravergine ed una manciata di origano garantirà una certa vivacità aromatica alla preparazione. Infornare nuovamente e lasciare terminare la cottura sempre a 200° per altri 30 minuti circa. Et voilà, la tradizione è servita!

Per il servizio: ogni singola papaccella m’buttunata sarà servita in un piatto piano bianco, con ancora una manciata di origano spolverata intornoed un filo d’olio extravergine a crudo a completare la preparazione; Eccezionale come portata di antipasto  o come antrèe per un pranzo a tema tradizionale.
 

Ricetta di Lilly Avallone, da provare per credere…