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Dieci cose che ho capito e che mi hanno tolto dalla mente ogni ragionevole dubbio!

10 gennaio 2011

Al supermercato ci vado sempre molto volentieri, amo fare la spesa e quasi sempre l’azzecco in tutto e per tutto, con buona pace della mia signora! Ho imparato addirittura anche a confrontare i prezzi, gli sconti e le offerte, anche se alla fine, diciamocelo, tutto quello che prendi da un prodotto lo perdi – a volte di brutto – su altri due o tre. Ma tantè che ci piace giocare a carte scoperte e non è certo questo il nocciolo della questione, perchè tutto è lì, in bella mostra, sei tu a scegliere, quindi una volta arrivato alla cassa, rimani l’unico responsabile dei tuoi rimorsi. Così è se vi pare, ecco perchè anche su queste pagine, troverete sempre un diario scritto a carte scoperte, che cerca di mettere assieme i tasselli di una passione e di tanto in tanto un qualche tentativo di capire, pure quando questo significa mettersi in gioco. Così, dopo più di anno di posts, persone, sbevazzate e rincorse per vigne e cantine, eccovi alcune cose che ho capito in un anno e più di blog che ritengo opportuno rilanciare per sgombrare la mente da ogni ragionevole dubbio!

1- Iniziamo con una avvertenza: Il sommelier non fa proprio tutto quello che combina Antonio Albanese nella sua divertentissima parodia. A meno che non siate disposti a sborsare una lauta mancia!

2- Le guide ai vini d’Italia, come quelle ai ristoranti servono e come. Una o due al massimo però! La prima per gli enostrippati, se no per tutto novembre di cosa scriviamo? L’altra, magari a “editori uniti” (e degustatori pure, ma quanti sono?) per il largo, larghissimo numero di consumatori, al netto dei committenti!

3- I produttori di vino ne hanno le scatole piene, ma piene per davvero, più della cantina di bottiglie, di una burocrazia che serve (nel vero senso della parola) solo ai burocrati e molto poco a loro e a i consumatori. “Avete idea di quanto costi in termini di tempo e denaro stare appresso a sti coglioni?” (cit. anonima)

4- Il giornalista enogastronomico visita tutte le aziende e/o i ristoranti di cui scrive, anonimamente, pagando i conti regolarmente (dietro ricevuta fiscale rimborsata) e ne riporta recensioni del tutto obiettive. Quindi se ti senti un mago ma non ti filano, non è colpa tua, solo questione di tempo!

5- A tal proposito, scrivere di vino non fa guadagnare, e quando lo fa, solo al farmacista di turno!

6– Inutile ribadirlo, ma per scrivere di vino, di quel vino, devi quantomeno averlo prima assaggiato.

7- Fondamentale: per poter scrivere di vino (e godere di un checchè di credibilità) devi aver letto almeno un paio di volte Mario Soldati ed aver mancato d’un soffio – per un tot così – di conoscere Gino* Veronelli, e possibilmente mettere qua e là nelle tue recensioni uno o due passaggi tanto cari ai maestri. Se no rischi di essere un tuo contemporaneo, sfigato! (*) Chiamarlo Gino – e non Luigi – è segno di gran devozione oltre che di pane quotidiano!

8- Nel Taurasi, come dimostrato per la “faccenda Brunello”, non v’è merlot o cabernet che tenga, basta non fare troppe domande in giro e pretendere pure delle risposte. Per tutto il resto, c’è il piedirosso!

9- Capri è l’isola azzurra, Ischia l’isola verde, l’isola ecologica però non sta nel golfo di Napoli.

10- Infine, questo blog non gode di sponsors, quindi niente benefattori, ma non l’ho mai scritto perchè se qualcuno volesse fare della pubblicità sul nostro blog… non saprei, dovrei vedere, valutare, mi si aprirebbe una questione etica prima che morale: vabbuò può essere che accettiamo! 😉

Loreto Aprutino, Montepulciano d’Abruzzo 1995

29 Maggio 2010

Il vino ci salva tutti! Il prelibato nettare gelosamente conservato in ognuna delle ambite bottiglie concede a tutti una chance, ai cultori e agli ignoranti, agli appassionati di lungo corso e ai neofiti, professionisti, millantatori, cronisti, giornalisti o presunti tali, tutti trovano nel vino, nel grande vino in particolare, tutte le risposte alle proprie domande, alle proprie manie, alla propria presunzione; vignerons per la vita o più convenientemente produttori di occasioni, costruttori di falsi miti o egocentrici fanatici – gli “enorchici” li chiamo io -, cioè un po’ enofili, un po’ anarchici, un po’ orchi, a volte un po’ coglioni: il vino, il grande vino, li salva tutti! 

Folco Portinari affermava che né Mario Soldati Giuan Brera, (icone per molti cantori del vino di oggi) si intendevano di vini, o meglio “avevano l’assidua abitudine di sovrapporre al piacere di parlare di vini e di cibi il parlare di se stessi, per cui più che la mera capacità di discernere gli argomenti era il loro irreprensibile istrionismo fabulatorio, la loro irruenza verbale, lo stile a tratti baroccheggiante ed umorale a divenire protagonisti delle loro decantazioni enologiche”. Può non sorprendere quindi che lo stesso Mario Soldati, pur avendo vissuto lungamente l’Abruzzo non abbia mai riportato nemmeno il solo nome di Valentini nei suoi racconti, che pur hanno segnato un passo fondamentale della cronaca enologica del nostro paese. Erano certamente altri tempi e nulla potrà mai dissacrare la potenza comunicativa ci certi mostri sacri, ma nulla di più banale sarebbe continuare a crearne nuovi presunti tali delegando loro, soprattutto agli “enorchici”, il racconto dell’Italia del vino; la leggenda del grande Edoardo Valentini allora, e quella della sua azienda oggi sono legate anche alla loro costante lontananza da certi meccanismi mediatici, quindi non è poi così necessario apparire, soprattutto quando si ha dalla propria l’indiscussa capacità di essere.

E’ un grande vino questo Montepulciano d’Abruzzo ’95, forse non il più grande tra quelli venuti al mondo dalle vigne abruzzesi del compianto Edoardo, ma certamente tra i più anacronistici e forse per questo sorpendenti. Il colore ha conservato una veste rosso rubino con riflessi appena granata, poco trasparente, quasi materico nel bicchiere, ricco di sostanza estrattiva. Il primo naso è lampante di prime note di riduzione, lontano certamente dalle aspettative di neofiti e di chi non conosce la materia che ha tra le mani, ma anche a questi ultimi basterà appena una decina di minuti per rendersi conto di non aver mai bevuto qualcosa di simile e di ripetibile, di aprirsi quindi, come il vino non smetterà mai di fare di qui ad un paio d’ore, a sensazioni olfattive e gustative autentiche, vere, uniche.

I profumi vengono fuori gradualmente, invitanti, coinvolgenti, avvolgenti, costantemente giocati su di un contrasto tanto incomprensibile quanto affascinante, dalla frutta matura a note di tabacco, dalla confettura di amarene e ribes a nuances speziate, da sensazioni animali, terragne e sottili e finissime note minerali. Una marcia lenta verso un ventaglio olfattivo di una complessità entusiasmante. In bocca poi sfodera un carattere di gran classe, entra con estrema morbidezza, il tannino scivola sulle papille gustative completamente risoluto, il nerbo acido è sottile ma presente, il frutto ha di gran lunga la meglio, è prepotente ed intenso, è dolcemente persistente fino a cocludere la sua corsa emozionale in un finale lungo, quasi masticabile, di frutta candita, di cioccolato, di note iodate. Un vino oggi probabilmente nel suo momento migliore, estremamente godibile, vero purosangue italiano, fuori da ogni schema, disegno, trama che non sia strettamente riconducibile alla terra di origine ed al suo più grande interprete.

© L’Arcante – riproduzione riservata


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