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Un piatto, il suo vino. Fatene il vostro gioco…

29 febbraio 2012

Da un lato un piatto, un bel piatto di pasta che concettualmente si potrebbe tranquillamente definire trasversale: povero ma ricco, appetibile e pieno di sostanza, profumato, fresco, alleggerito, saporito il giusto. L’intuizione è terragna, che più semplice non potrebbe essere, coi porri e la salsiccia “pezzente”; un connubio pensato bene, riuscito e mantecato meglio, ingentilito con giustezza da quel richiamo al mare, che sa di fasolari, ma non necessariamente. Buono a sapersi, tra i piatti cult in carta a Sud come probabilmente lo diventeranno anche questi nuovi appena segnalati sul suo sito da Luciano Pignataro, tra i quali consiglio vivamente di non mancare il cous cous di soffritto su crema di cipolla, yogurt e paprika.

Nel bicchiere invece il primo Nastro Rosa* doc per i Campi Flegrei. Il primo rosato 2011 bevuto, s’intende, provato giustappunto l’altra sera a cena da Pino e Marianna. Un piedirosso dal bel colore rosa tenue, luminoso e vivace, col “naso” evidentemente ancora imbrigliato dallo stress da vasca ma un sapore, asciutto, vivido, minerale, sapido, già determinato a conquistarsi tutti i palati più gentili, sbarazzini, assetati di territorio; “senza pensarci troppo su però – come ci tiene a sottolineare l’amico Gerardo Vernazzaro, enologo a Cantine Astroni -, le chiacchiere conserviamocele per altri vini, magari proprio per quelli di cui tra l’altro tanto più si parla e sempre meno se ne bevono”.

Allora, questi gli elementi, accontentiamoci e fatene pure il vostro prossimo gioco di abbinamento cibo-vino, senza esagerare naturalmente, tanto ci sarà sempre uno che ne saprà più di voi! 

* non avendo ancora scelto un nome definitivo – il vino tra l’altro uscirà solo a metà aprile prossimo -, mi sono permesso, con “Nastro Rosa”, di avanzare un mio piccolo suggerimento agli amici Gerardo ed Emanuela per il loro primo rosato doc Campi Flegrei firmato Cantine Astroni. 

Sauternes 1er cru 2004 Chateau d’Yquem

3 settembre 2010

Ci sono poche certezze nel mondo del vino, una di queste è sicuramente la grandeur che circonda Bordeaux ed il mito di Chateau d’Yquem, “il Sauternes” per antonomasia, il nettare divino, il piacere puro, in alcuni casi millesimi, a detta dei più, una vera e propria libidine palatale. Ma qual è il modo migliore per apprezzarne appieno il frutto, la piacevolezza, l’infinita profondità? Sappiamo come bere un Yquem? La prima risposta è certo che sì, che cavolo, siamo o no dei professionisti? Ma non è questa che conta, non in questo caso, in verità sarebbe più opportuno prendere tempo, perchè forse è no, e questa pare divenire, di assaggio in assaggio, più che una certezza: non vale una sega essere bravi sommelier, narcisi professionisti o travestiti tali per il fine settimana, ci saranno, prima o poi, due dita di di Premier Cru Superieur 2004 a sbattervi in faccia il vostro curriculum, il vostro superbo autoreferenzialismo del ca**o dicendovi: “riprova, sarai più fortunato!”

Ci hanno educato (o provato a farlo) a studiarne la storia, a riconoscerne il blasone, a carpirne i segreti e desiderare l’assaggio, a divulgarne poi il verbo come profeti di un comandamento preziosissimo e dalla sacralità unica. Ne abbiamo tratto, nel tempo, palese visibilio, sino alla frustrazione, costretti tra le altre cose ad adorarlo e al tempo stesso, a seconda dei casi, ad odiarne l’aura sacrale, alla continua ricerca di un degno compagno di merenda per un vino apparentemente inavvicinabile: un adone dai biondi capelli d’angelo, oro puro, cristallino come solo la luce che in esso si riflette. Il tempo rifugge il tempo, e nonostante i tanti tappi levati al cielo, con somma soddisfazione, mai piena consapevolezza dell’accostamento perfetto, mai abbinamento assoluto, mai. Nessun ingrediente all’altezza della soave fragranza di un ventaglio finissimo, verticale sino alle vertigini, del dolce insinuarsi tra le papille, della sfrontatezza che lo vuole, sul finale di bocca, l’unico protagonista della messinscena.

E Le ostriche? Si vabbè, a lume di candela e con la velina di turno; Ma come, e l’amatissimo fois gras? Ecco, allora mettiamoci pure l’Almas Beluga o magari il Roquefort ed abbiamo chiuso con i luoghi comuni!

Voglio allora pensare, ingenuamente, realista come sono, che abbiamo negli anni preferito rivolgere lo sguardo altrove pur di non darla vinta ai cugini francesi: i loro sono solo sentimentalismi puerili, non ci affascinano per niente, i vini invece certo che sì, ma rimangono vini, e come tali replicabili all’infinito e con molta probabilità ovunque, o quasi. Un luogo comune, anche questo, che ha fatto il suo tempo.

Ecco, ho finito le mie due dita di Premier Cru Superieur 2004 d’Yquem, indiscutibilmente il più autentico dei vini da meditazione in circolazione!