Accade che sia proprio questo l’aglianico indispensabile in tavola su certi piatti. Quel rosso immediatamente godibile, senza spigolature accentuate o toni boisé eccessivi che nascondano la bella trama tutta tirata sul frutto e la gradevolissima bevibilità.
Invero non so di preciso cosa stia accadendo di nuovo o di importante da quelle parti, manco dal Vulture da almeno tre/quattro anni; echi più o meno frequenti però raccontano di una continua crescita per certe piccole etichette, ormai un riferimento, e della costanza qualitativa di tanti altri nomi storici della denominazione; eppure pare che molte cantine siano in sofferenza, sembra che il comparto soffra maledettamente proprio la distanza culturale che va dividendo la vecchia dalla nuova generazione di produttori vulturini. Una confusione che il mercato sembra digerire molto poco.
Feudi di San Gregorio¤ qui c’è già da un po’ di anni e il progetto di sviluppo sul territorio, dopo un po’ di raffreddamento sul concept Vigne di Mezzo e vari ripensamenti sulla destinazione della Locanda del Palazzo¤ a Barile, sembra invece essere ripartito alla grande; ben oltre l’acquisizione della piccola cantina Basilisco, sempre a Barile¤. Segnali incoraggianti arrivano da questa bella interpretazione dell’aglianico del Vulture, un “base” in giro da un paio d’anni con una etichetta sì vivace ma improntata sullo stile classico aziendale cui eravamo abituati da un po’: un 2009 ben riuscito, assai invitante, fresco e sapido. Molto sapido.
Un rosso decisamente convincente, che non stravolgerà certo le vostre prospettive sulla tipologia ma che, a poco più di 10 euro sugli scaffali, riserva un invito molto preciso a non abbandonare l’idea che da queste parti si conservi un potenziale qualitativo enorme, che ha solo bisogno di inquadrare bene cosa rappresentare sul mercato del vino mondiale: continuare ad essere serbatoio sottostimato o puntare alla finissima gioielleria? Come sempre la verità sembrerebbe trovare risposte allettanti giusto nel mezzo.