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Stanno tutti bene ma non tutto va bene

4 gennaio 2019

Nelle ultime settimane abbiamo passato in rassegna un bel po’ di assaggi delle ultime annate prodotte dalle nostre parti qui nei Campi Flegrei, dobbiamo dire in larga parte tutti i vini si sono rivelati davvero molto interessanti e proiettati nel futuro con l’approccio giusto per franchezza, freschezza e leggerezza  espressiva. Non mancano certo piccoli capolavori¤, ma questi solo il tempo li rivelerà del tutto. E’ proprio il caso di dire che stanno tutti bene.

Di alcuni ve ne abbiamo già dato conto¤, e non può che farci piacere notare come certi nomi¤ apparentemente sottovalutati negli ultimi anni, vadano rapidamente recuperando lustro e ritornino in mente anche alla critica più gettonata, ne siamo molto felici, ciò non può che fare bene al racconto di un territorio straordinario che ultimamente pare però un po’ avaro di nuovi protagonisti.

Nelle prossime settimane ne racconteremo delle belle, frattanto invece, tronfi di averci messo le mani tra i primi e certi di non aver mai smesso si sostenere, spronare, scrivere di tutti i produttori coinvolti ci viene quasi spontaneo far notare – lo sappiamo è un fatto di una banalità unica – come l’apprezzamento quasi unanime dei vini dei Campi Flegrei¤ non vada suscitando in nessun modo almeno un pizzico di orgoglio per le Amministrazioni e gli Enti Locali che poco o nulla fanno per la salvaguardia delle aree vocate e dei luoghi in prossimità di vigneti e cantine. Posti che dovrebbero richiamare enoturisti a frotte o quantomeno suscitare un certo rispetto ambientale ma che invece versano il più delle volte nel totale degrado ed abbandono, come dire Coscienza Ambientalista zero!

Condurre qui degli appassionati, un gruppo qualsiasi di enostrippati per alcuni è diventata una partita persa a tavolino, senza nominare tutte le difficoltà di chi deve accogliere clienti, importatori, giornalisti non senza disagio. Un territorio ampio e complesso quello flegreo, ne riconosciamo le difficoltà, il più delle volte definito odiosamente da molti “un conurbio suburbano”, cela però anche  bellezze e paesaggi suggestivi e struggenti, spesso misconosciute persino da chi ci vive figuriamoci cosa ne possa sapere chi lo visita e ne subisce superficialità e disinteresse pubblico. Peggio è, talvolta, intorno a quelle cosiddette ”vigne metropolitane” che dovrebbero rappresentare oasi di cultura e valori da preservare ad ogni costo, degli avamposti a salvaguardia di un patrimonio dal valore inestimabile ma che, ahinoi, rischiano di divenire spot di propaganda e niente di più. Questo non va per niente bene!

Senza andare troppo in là sognando modelli tipo “La Strada del Vino dell’Alto Adige¤” ci sentiamo in dovere di ricordare a questi signori Amministratori e rappresentanti di Enti Locali che ci sono voluti oltre vent’anni di grandi sacrifici in vigna e in cantina per portare in bottiglia vini degni di raccontare una storia credibile, dalle origini fortissime e uniche, i protagonisti di questa lunga maratona li conosciamo tutti, dalla famiglia Martusciello¤ ai vari Varchetta, Babbo, Farro, dai Palumbo ai Quaranta, Zasso o i Carputo sino agli ultimi Moccia¤, Di Meo¤, Schiano e Fortunato, ecco non lasciamoli soli, mai più soli. 

© L’Arcante – riproduzione riservata

Il Piedirosso dei Campi Flegrei, un passo avanti, due indietro (assaggi sparsi del 2010 e altro)

21 dicembre 2011

E’ inutile girarci intorno, con questo piedirosso è proprio dura, ancor più dura di quanto ci aspettassimo. Il vitigno in effetti pare non fare assolutamente concessioni, e assaggio dopo assaggio ci siamo resi conto, bicchiere alla mano, che non è solo un luogo comune il fatto che da molti vignaioli viene indicato come una vera “brutta bestia”, per non parlare degli enologi per i quali rimane “una bella gatta da pelare” in cantina; così ci siamo dovuti dar pace e accettare, per lo più unanime, un verdetto finale più pesante del previsto: calma è sangue freddo, la strada è di parecchio in salita.

Perchè? Bene, riprendendo a grandi linee concetti già espressi sull’argomento su questo blog (leggi qui), per troppo tempo ci siamo abituati all’idea che certe puzzette o caratteri vegetali del piedirosso fossero tratti distintivi tipici del vitigno, quando non addirittura del territorio; ci sbagliavamo naturalmente, e lo abbiamo imparato in fretta. Bene ha fatto invece chi, dopo anni di penitenza e importanti investimenti in vigna e in cantina punta a ridare una certa dignità colturale, enologica, e quindi organolettica, a quello che personalmente ritengo invece essere il più interessante ed eclettico dei vitigni a bacca rossa campani.

Detto questo però, tale esempio appare disatteso da molti, che continuano – dannazione! -, ad accontentarsi di esserci anziché crescere e migliorare, in una parola: emergere. Non sta certo a me, a noi fans, indicare una via certa, però qui c’è da avviare subito una analisi ancor più profonda e tecnica sullo “stato delle arti” qui nei Campi Flegrei; mettere in campo, ognuno da più parti, le proprie conoscenze e competenze per il bene comune. Un lavoro sporco e duro, ma estremamente necessario, urgente direi, che richiami all’impegno, oltre che dei produttori, di tutti gli organi della filiera di produzione e tutela affinché si lavori di concerto – come è avvenuto per esempio, in maniera pregevole, per le recenti modifiche al disciplinare (leggi qui) – per il bene della denominazione e in particolar modo per il vino piedirosso dei Campi Flegrei. Tant’è che mi tocca essere sincero: l’impressione che si ha oggi nel mettere il naso in questi bicchieri, è che ognuno vada per la sua strada, e che alcuni, per quanto girino, lo facciano a tentoni.

E’ pur vero che il varietale occupa solo in minima parte il vigneto a denominazione, e impegna se vogliamo risorse ed energie talvolta antieconomiche per l’esigua produzione stessa, però salvaguardare il piedirosso, studiarne e approfondirne meglio le caratteristiche colturali, le attitudini enologiche, comprenderle, per vinificarlo meglio – vivaddio! -, rimane l’unica via per proporlo, imporre al mercato, un prodotto quasi esclusivamente flegreo e sempre più necessario con una domanda del vino sempre più indirizzata a scansare vini sovra strutturati e grassi in favore di quelli capaci di tessiture organolettiche snelle eppure serbevoli; vini insomma come solo il per ‘e palummo dei Campi Flegrei sa regalare in Campania. 

Un paio di precisazioni: abbiamo preso in esame esclusivamente i vini fregiati con la doc, anzitutto dell’annata 2010 e, chi ce l’ha concesso, dei loro cru  2009 o 2008. Infine, è bene ribadire che la sequenza così proposta non è in alcun modo da intendere come una classifica di merito.

Campi Flegrei Piedirosso Colle Rotondella 2010 Cantine Astroni – Napoli.  Bello il colore, rubino con ancora sfumature porpora sull’unghia del vino. Naso mascolino, vibrante ed elegante, di rosa passita, sorbe e muschio. Sorso asciutto e fresco, con buona intensità. Chiude con nerbo, ma discreto e gradevole.

Campi Flegrei Piedirosso Terracalda 2010 Cantine Babbo – Pozzuoli. Colore rubino granato; primo naso quasi infastidito da una leggera nota volatile; lentamente si affacciano accenni floreali di lavanda e rosa passita, poi ancora un sottile richiamo alla “terra bagnata”. Asciutto e gradevole al palato, caldo ma non troppo.

Campi Flegrei Piedirosso 2009 Cantine del Mare – Monte di Procida. Bello il colore di questo vino, rubino pienamente espressivo, cristallino e abbastanza trasparente. Naso tenue, pur giocato su un varietale dei più riconoscibili: geranio, rosa e violetta. In bocca è chiaro, asciutto e serbevole, marcatamente sapido, manca di un guizzo ma è indiscutibilmente gradevole.

Campi Flegrei Piedirosso 2010 Cantine Farro – Bacoli. Colore rubino con lieve tendenza al granato. Primo naso quasi idrocarburico, ma dura poco, così il tono olfattivo vira su fini sentori floreali passiti. Il sorso è maturo, pronunciato sul frutto, paga dazio in lunghezza ma rimane di estrema correttezza gustativa. Lineare.

Campi Flegrei Piedirosso 2010 Carputo Vini – Quarto. Colore rubino tendente al bruno, inaspettato aggiungo io. Naso a lungo in riduzione, quasi terroso. Al palato è discreto, offre un sorso abbastanza maturo che chiude asciutto e morbido. Da rimarcare, sul finale di bocca, un piacevole ritorno balsamico.

Campi Flegrei Piedirosso 2008 Contrada Salandra – Pozzuoli. Colore rubino granato, abbastanza gradevole per la maturità del millesimo; naso inizialmente concentrico su note animali, pelo e cuoio, con una lieve nota volatile a infastidirne l’approccio. Molto lentamente tira fuori anche dell’altro, su note comunque mature, definitive, evolute. Palato asciutto, di buono spessore e profondità gustativa. Risoluto.

Campi Flegrei Piedirosso 2010 Grotta del Sole – Quarto. Colore rubino porpora intenso e poco trasparente. Primo naso denso e voluminoso, i sentori viaggiano su riconoscimenti di viola passita, susina e spezie dolci. Al palato è asciutto e intenso, sorso appena caldo con un tannino ben risoluto. Chiusura balsamica e sapida.

Campi Flegrei Piedirosso Riserva Montegauro 2008 Grotta del Sole – Quarto. Inevitabilmente forse, il più riconosciuto della batteria, quel vino una spanna sopra tutti che per intensità, ampiezza e fittezza, di naso e bocca, ti fa fermare e riflettere. Pensare. Il colore è fitto e impenetrabile, il quadro olfattivo è avvincente, frutta sopra tutto; il sorso è denso e piuttosto lungo, sostenuto da puntuta acidità e fini tannini. Lo aspettiamo alla soglia del tempo, ancora una volta, per avere maggiore contezza della buona qualità varietale esaltata però, indubbiamente, dalla palese interpretazione, appannaggio di una ferrata memoria e senza dubbio di una cantina all’altezza.

Campi Flegrei Piedirosso 2010 Le Cantine dell’Averno – Pozzuoli. Colore rubino vivace, il timbro olfattivo è vinoso e varietale, offre poca intensità ma i sentori risultano puliti e molto gradevoli. Sorso asciutto e di pregevole finezza, manca di profondità, di spina dorsale come si suole dire, ma lascia cogliere buona materia.

Campi Flegrei Piedirosso Gruccione 2010 Az. Agr. Montespina/Antonio Iovino – Pozzuoli.  Interessante il colore rubino tenue, abbastanza trasparente ma assai elegante; L’incipit olfattivo è di viola e geranio, un classico. Al palato è asciutto e lineare, appena vivace sul finale di bocca.

Campi Flegrei Piedirosso 2010 La Sibilla – Bacoli. Colore rubino granato, un tantino cupo. Naso inizialmente scomposto, il bel frutto è coperto per un po’ da una poco piacevole nota volatile. Lentamente si apre e finalmente ci lascia apprezzare l’immediatezza dell’approccio: olfatto sottile, fugace ma invitante. Sorso più interessante, giocato in leggerezza ma sempre vivace. Sul finale di bocca una lieve nota amarognola.

Campi Flegrei Piedirosso 2010 Tenute Matilde Zasso – Pozzuoli. Colore rubino porpora con buona intensità. L’aspettiamo per un po’, appare chiuso su sentori vegetali, terrosi e animali. Poi un leggero richiamo a frutti neri. Il sorso è asciutto e piacevolmente fresco, con un finale appena caldo, breve ma comunque appagante.

Campi Flegrei Piedirosso Agnanum 2010 Viticoltore Moccia/Agnanum – Napoli. In grande spolvero il colore, bel rubino con nuances porpora, intenso e vivace con un primo naso invitante e altrettanto vibrante. Frutto in primissimo piano, croccante e polposo, poi note di macchia mediterranea e spezie, origano fresco. Il sorso è succoso e nerboruto, fresco e parecchio lungo.

Campi Flegrei Piedirosso Vigna delle Volpi 2008 Viticoltore Moccia/Agnanum – Napoli. Colore rubino granato, primo naso di forte impatto emozionale, assai varietale e puntuto. Arrivano note di frutta polposa intrise di sfumature balsamiche e speziate; il legno è perfettamente digerito, tutt’uno con la materia. Molto elegante. Al palato è austero, regala un sorso discretamente asciutto, di buon spessore ma non prorompente, anzi. Rimane a lungo in bocca, gustoso e gradevolissimo. Da manuale.

Nota a margine: tutti i vini sono stati aperti due ore prima di essere serviti, alla corretta temperatura di servizio e alla cieca, in batterie da 6 assaggi alla fine di ognuna delle quali si è avuto un ampio confronto prima di svelarli. Con il sottoscritto, hanno partecipato al panel Giulia Cannada Bartoli, giornalista free-lance e sommelier, Michela Guadagno, sommelier, Tommaso Luongo, delegato Ais Napoli, Nando Salemme, ristoratore e sommelier professionista.

© 2011 L’Arcante, esce anche sul sito www.lucianopignataro.it.


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