Guardo negli occhi Lilly, le sfioro la mano, metto giù la tazza di caffè: “che ne pensi, un bel pranzo non trovi?” Sì certo, davvero tutto buono! Ho appena scostato più in là la mezza crostatina al cioccolato fondente meringata, sarebbe stato davvero troppo ma era doveroso provarla nonostante non ami particolarmente ne’ la meringa ne’ passare per un golosone: di solito al secondo dessert so dire stop, il terzo al massimo lo assaggio appena.

Finisce così il pranzo della domenica a Sud, il ristorante che la giovane chef Marianna Vitale ha aperto a Quarto poche settimane fa’ realizzando il sogno di una vita, far da mangiare cosa ama mangiare e fare accoglienza così come desidera essere accolta quando va’ fuori con il suo Pino. Iniziano qui le nostre chiacchiere, Marianna ci viene a salutare e ci dedica un po’ del suo tempo appena dopo aver impiattato le ultime portate, con Pino al suo fianco: “allora, tutto bene, vi sono piaciuti i piatti?” Sì Marianna, abbiamo molto apprezzato.
In verità spero non averti creato problemi nell’aver scelto “à la carte”, ma sai, eravamo curiosi di andare oltre il pur invitante menù degustazione (35 euro, 6 portate: a trovarne!). “Assolutamente no, la mia preoccupazione era più che altro se vi fossero intolleranze varie o qualche difficoltà su alcuni ingredienti. Pur essendo tutti molto tradizionali amo molto giocare con essi, accostarli e sovrapporli mi da’ possibilità di sperimentare, di esprimere la mia cucina, perciò ci tengo affinchè non vi siano sbavature.”
Piatti intelligenti, “puliti” nella loro esecuzione e sinceramente espressivi di un talento vero, di buona tecnica e soprattutto di cotture e condimenti delicati, da manuale. Adesso però dicci, come nasce il Sud di Marianna Vitale e perché? “Beh, più o meno si sa’ della mia passione sin da piccola, della nonna che mi ha messo sin da bambina le pentole in mano e permesso di seguirla ai fornelli di casa, ma il grande imput mi è nato soprattutto dalla voglia di esprimere in cucina (e a sua volta Pino in sala) ciò di cui ero sempre alla ricerca ogni volta che uscivo con amici e parenti: equilibrio e semplicità, e farlo soprattutto nei Campi Flegrei.”
Bene, ci sei riuscita, a quanto pare, benissimo. Mi fa’ piacere che ti stia a cuore la sorte di questa terra, sono curioso e mi domando: immagino che da quando è iniziato a circolare il vostro nome ci siano state visite più o meno velate anche di ristoratori della zona, dimmi che impressioni ne hai tratto? “Beh, devo essere sincera, siamo davvero molto felici per questo, ci arrivano anche tante altre persone, la rete è stata un viatico di grande visibilità (un grazie particolare a Luciano Pignataro, ndr) assolutamente fuori dalla nostra quotidianità e spesso chi viene qui a cena esagera anche con gli accostamenti ad altre realtà campane…”
Dicci però la verità, non trovi curioso che molti di questi ristoratori della zona vengano con piacere a “scoprirvi”, magari ritornando con una certa puntualità, pur rimanendo nel loro quotidiano piattume dei 10 antipasti a vagonate e dei menù turistici? Marianna sorride, le lascio il tempo di un gesto veloce, quasi imbarazzato, si tocca la punta del naso come a tirare via uno sbuffo di farina, che non c’è. Ci siamo capiti al volo, non insisto oltre sull’argomento e Pino mi dà la possibilità di parlar d’altro.
“Adesso dicci tu, come hai trovato la carta dei vini, ti piace? Ci tengo alla tua opinione”. Assolutamente in linea con la vostra proposta, inutile avere carte sterminate, meglio far girare la cantina e saper consigliare un buon vino adatto ad ogni momento. Se qualche stolto oserà avanzare riserve gli basti guardarsi intorno e capire che si trova in un locale con meno di 30 posti;
Piuttosto – ma questa è una mia pura e personale deformazione professionale che non manco mai di esprimere – non amo le carte per “varietale”, una moda abbastanza in voga ultimamente ma sempre poco realista e praticabile, soprattutto quando con l’intenzione di fare servigio al cliente ci si complica la vita e spesso con poco successo (la Falanghina di Telaro non è monovarietale, Il Flòres di Spada pure, l’Amarone men che meno ecc…), meglio essere razionali, chi vuole sa cosa scegliere e dove cercare, il padrone di casa fa il resto. Sorridono.

La cucina ha un’ampia vetrata, la brigata è tutta al femminile, movimenti ridotti all’essenziale e sincronizzati al millesimo; con Marianna, c’è la mamma stretta al suo fianco tra colapasta e fruste mentre lei è all’opera e gira intorno ai fornelli in cucina come a danzare, in sala, invece, con l’ottimo Pino, cordiale, propositivo, attento, c’è Stefania, davvero brava, puntuale e perfetta nello spiegare e motivare i piatti che escono dalla cucina; l’ho ascoltata parlare anche con gli altri clienti, non una parola di troppo con chi si è mostrato riservato, assolutamente disponibile e solare con la bambina capricciosa di turno, complimenti davvero per il savoir faire!
Siamo ai saluti finali, le chiacchiere quindi stanno a zero, Sud merita l’attenzione che si è guadagnata e potrei anche chiuderla qua: ma i piatti? Tutti buoni, punto. Andateli a scoprire in via Santi Pietro e Paolo a Quarto, in barba ai coglioni che non riescono ad immaginare un futuro diverso per chi ancora crede nei valori che questa terra, i Campi Flegrei ci lascia scorrere nelle vene.
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