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Ay, Celebris ’98 Gosset et sa fraicheur puissante!

12 settembre 2010

Quali sono le caratteristiche di uno champagne che ne fanno una Grande Cuvée? Ovvero, cosa ci affascina così tanto dal farcelo preferire tra le milionate di bottiglie di bollicine? 

Difficile un’unica risposta, ma tra le tante plausibili siamo certi di poter trovare quasi sempre quella che fa al caso nostro, da vestire per l’occasione: la storia, forse unica, per qualcuno invece il prestigio, o la costante qualità, la sua rarità; Come dimenticare la sottile eleganza di certe cuvée, o la loro eccezionalità, per il millesimo o per il blasone sfoderato da certi marchi, alcuni dei quali capaci di evocare epoche lontanissime nel tempo, ancora più semplicemente lo status symbol, il valore empirico di certe bevute, ma non di meno quello sostanziale, quasi pregnante di altre ancora.

Nel nostro piccolo, durante gli ultimi mesi abbiamo affrontato l’argomento champagne più volte, proponendo alcuni assaggi da non perdere, in qualche caso consigliando vini memorabili, esperienze uniche e piccole ma interessanti novità sul mercato italiano. Oggi invece è tempo di celebrazione, tra qualche ora infatti due nostri carissimi amici, Felice e Sabrina, convoleranno a giuste nozze: un momento, per me e Lilly che scriviamo queste pagine, di profonda commozione, perchè assieme a loro abbiamo camminato a lungo la stessa strada, e perchè per loro è il coronamento di un sogno, tutto meritato, che diventa finalmente realtà. A loro dedico questo bellissimo vino, bevuto tra l’altro più volte durante questo 2010 e finalmente proponibile per l’occasione giusta sulle pagine di questo blog.

Sturm und Drang, tempesta e impeto, è il motto, il vessillo, l’anima pulsante che ha alimentato il romaticismo, un periodo fondamentale per la nostra cultura occidentale, l’evoluzione del pensiero che lascia posto al sentimento, un momento epocale contraddistinto da un’esplosione di passionalità, di individualismo, di irrazionalità e di riaccostamento all’arte. Ecco in poche righe cos’è per me il Celebris Vintage Extra brut ’98, un vino che lascia alle spalle, quando insistono, tutti i preconcetti sullo champagne, che apre impetuosamente un varco significativo nella lettura gustolfattiva di questo straordinario figlio di una terra eccezionale, tanto unica e rara quanto imprevedibile e sfuggente, un vino che non esito definire a tratti, sovversivo!

Possiede un profilo organolettico affascinante questo Celebris Vintage Extra brut ’98, sin dal colore, sfoggiando una tinta a sfumature dorate brillanti, molto avvenenti; le bollicine, finissime, sembrano venire fuori dal fondo del calice impilate di giustezza. Il naso ha complessità da vendere e non tarda a manifestarlo: è subito ampio e fragrante, vira immediatamente dalle iniziali note agrumate alle più sgranate ma finissime nuances di mandorla tostata e paglia secca. In bocca è fresco, la vivacità dell’anidride carbonica pare defilata e composta, mai cuvée di Chardonnay e Pinot Nero fu animata da un simile equilibrio, sempre in grande evidenza: il gusto è assai avvolgente e lungamente persistente, il frutto sembra quasi masticarlo tanto ricco ed onesto appare. Insomma, il Celebris come il classico a cui fare appello quando si tratta di sottolineare l’eccezionalità di un avvenimento, le cosiddette occasioni speciali. Ops! M’è scappato un luogo comune!

L’Arcante, diario di una passione in crescita

29 luglio 2010

Pozzuoli 16 novembre 2009, nasce L’Arcantediario enogastronomico di un sommelier. Abbiamo esordito più o meno così, raccontandovi di Peppe Mancini e Manuela Piancastelli e della bella favola del Pallagrello. In verità già da qualche giorno lavoravamo su una nuova idea di comunicazione ed alcune belle esperienze ci esortavano a camminare, decisi, questa strada: per imparare, costruire, confrontarsi, crescere. 

Erano quelli giorni pesanti, mistici direi, di profonda gioia con il cuore impavido per la novella notizia e di pressione debordante con la mente rarefatta da scelte improrogabili; noi abbiamo deciso di guardare avanti, svoltare l’angolo, alla ricerca di una via percorribile, e di queste pagine farne la cronaca, di nuove esperienze professionali ed umane capaci di segnare il tempo, il nostro tempo, che passiamo a lavorare e vivere alcune delle nostre passioni quotidiane: il vino, il cibo, gli amici, il confronto professionale.

Le ragioni di questo post potrebbero far passare l’argomento come il più banale delle autocelebrazioni ma i numeri meritano sempre una certa considerazione, su tutti le più o meno 200 visite al giorno e le oltre 4500 pagine lette ogni mese, una costante che ci riempie di grandi stimoli; chi ci ama ci segue, chi no pure, ma questo conta relativamente; ci piace parecchio invece che chi ci conosce continua ad esortarci, mentre chi scopre queste pagine per la prima volta ne fa lettura quasi quotidiana.

A tutti diciamo grazie, di vero cuore, perchè avere qualcosa da dire è importante, ma essere ascoltati letti è proprio una bella soddisfazione: le lunghe notti del dopo-lavoro dedicate a buttare giù parole più o meno comprensibili e tracce percorribili hanno per fortuna un senso compiuto.

Orbene, ovunque voi andiate alla ricerca del mare più cristallino e delle spiaggie più fini, che il sole possa accompagnare ogni vostro giorno di agognata vacanza. A Chi sceglierà la terrazza sulla valle più verde di montagna, auguriamo che l’aria tutt’intorno sia della più pura possibile mentre per chi invece rimane in città, che lo stress, almeno ad agosto, abbandoni la vostra quotidianità. A tutti Buone vacanze, e per tutti, buon vino! E che sia dei migliori della nostra amata Campania Felix!

Anacapri, Krug in Capri

18 luglio 2010

La grandeur di Krug e l’eleganza del Capri Palace Hotel&Spa: incontro perfetto per una notte di mezza estate. Venerdì 23 luglio la celebre maison di champagne sarà protagonista con le sue speciali cuvèe da sempre apprezzate e rinomate in tutto il mondo: si comincia alle 19.30 con un incontro “ravvicinato” nella cantina dell’albergo, La Dolce Vite, dove Romain Cans, Manager per Krug, racconterà la storia e lo stile inconfondibile della maison che coniuga armoniosamente opulenza e freschezza, potenza e finezza.

La serata continuerà poi al ristorante L’Olivo con un’inedita cena a quattro mani preparata in abbinamento alle preziose bollicine di Reims da Oliver Glowig, resident chef e 2 stelle Michelin e dallo chef ospite Tim Raue dell’omonimo Ristorante in Berlino, già fondatore al celeberrimo MA (sempre a Berlino) di una delle sole 4 Krug rooms al mondo.

In degustazione in cantina e successivamente alla cena di gala a L’Olivo, Krug Grande Cuvée, Krug Cuvée Vintage ’98, Krug Rosé raccontati dai neo Krug Ambassadors al Capri Palace Angelo Di Costanzo e Giovanni Guida, “professionisti del vino che si sono distinti particolarmente nel loro lavoro di comunicazione e promozione della qualità degli Champagne di casa Krug. 

Da segnalare infine tra i protagonisti della serata anche Francesca e Gaetano Verrigni, titolari dell’Antico Pastificio Rosetano, unico in Italia ad utilizzare per i formati della loro pasta l’esclusiva  trafilatura in oro.

Il Menu

Gambero rosso, infusione di rosolio, shiso-zenzero-litchi e baiser di lamponi e pepe Pondicherry – Tim Raue con Krug Rosé

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Fusilloro Verrigni al nero di seppia con ostriche, pomodorini del Vesuvio e oro – Oliver Glowig con Krug Grande Cuvée

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Scorfano cotto in olio di zenzero, crema di cinque spezie, fondo di piedi d’anatra e nocciole e uva marinate – Tim Raue con Krug Cuvée Vintage ’98

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Spuma di caprino con fragoline di bosco – Oliver Glowig con Krug Grande Cuvée 

Per informazioni e prenotazioni:
Ristorante L’Olivo
Capri Palace Hotel & Spa
Via Capodimonte, 14 Anacapri. 
Tel. 081 978 0225
olivo@capripalace.com
www.capripalace.com
Ufficio Stampa
dipunto studio
www.dipuntostudio.it

Krug in Capri, Oliver Glowig presenta il Fusilloro Verrigni al nero di seppia con ostriche e oro

16 luglio 2010

 

In attesa dell’evento dell’anno “Krug in Capri“, praticamente già sold out, presentiamo in anteprima una delle ricette, a firma di Oliver Glowig,che sarà protagonista alla cena di gala, cogliendo l’occasione per presentarvi anche uno storico artigiano della pasta italiana, l’Antico Pastificio Rosetano Verrigni ed il suo innovativo ed esclusivo Fusilloro, la pasta prodotta con trafila in oro al 100%. 

Tutto ha inizio nel 1898, quando Luigi Verrigni divenne fornitore delle nobili famiglie di Rosburgo, l’attuale Roseto degli Abruzzi, che molto apprezzavano una pasta di qualità superiore, ottenuta dalla macinatura dei grani con macine a pietra, impastata con l’acqua del Gran Sasso ed essiccata all’aria, appesa alle canne di bambù. Gaetano Verrigni, figlio di Luigi, convinto di poter migliorare ulteriormente la qualità raggiunta, si spinse a sperimentare diversi metodi di essiccazione tra cui l’utilizzo di speciali “camerini”, dotati di ventilatori a corrente e di fonti di calore necessarie a creare una temperatura costante.

Oggi è un altro Gaetano Verrigni a proseguire un’attività che ha alla base la selezione dei migliori grani duri, parte dei quali coltivati e raccolti in Abruzzo nell’azienda agricola di proprietà della moglie Francesca. Dopo aver preso forma attraverso le trafile in bronzo ed oro a seconda dei formati, la pasta viene fatta essiccare all’interno di camerini mobili, lentamente e a bassa temperatura tra 45 e 50° C, con una durata che può arrivare sino a tre giorni a seconda dei formati secondo l’antica tecnica del “preincarto” così da non alterare le caratteristiche della materia prima, da rispettare i naturali processi di fermentazione e da donare alla pasta Verrigni il suo inconfondibile sapore.

Ingredienti: per 4 persone

  • 240 gr Fusilloro Verrigni
  • 400 gr di fumetto di pesce
  • 60 gr di nero di seppie
  • Olio extra vergine d’oliva
  • 8 Ostriche “Gillardeau”
  • 4 filetti di pomodori secchi sott’olio
  • Oro alimentare

Preparazione: in una pentola bassa sciogliere il nero di seppia nel fumetto di pesce, lasciando lentamente uniformare la salsa; A parte cuocete in acqua bollente e precedentemente salata i Fusilloro: 9 minuti vi garantiranno una cottura ideale prima di terminarla per ulteriori 2 minuti nella salsa al nero di seppia. Mantecare infine con olio extra vergine d’oliva.

Per il servizio: Utile un bel piatto bianco che lascerà esaltare le colorazioni della preparazione: adagiare la pasta al centro del piatto, tagliare ogni ostrica a tre pezzi e riporle sulla pasta, aggiungere quindi i pomodori secchi tagliati a dadi, terminare la decorazione con brillanti foglie d’oro alimentare.

Ricetta e piatto di Oliver Glowig del Ristorante L’Olivo del Capri Palace Hotel&Spa, per l’occasione abbinato a Krug Vintage 1998.

Champagne, la bella stagione delle bollicine

31 Maggio 2010

Il vino più affascinante? Certamente lo Champagne! L’area viticola più famosa tra le più famose al mondo? E’ indubbio che si tratta della Champagne!

Per qualcuno icona del “bien vivre”, per qualcun altro sinonimo di ricchezza, per altri mera ostentazione di finezza ed eleganza mai appartenuta. Comunque vada non v’è nulla nel mondo del vino che abbia tanto valore simbolico come una bottiglia di Champagne, quella precisa etichetta o più semplicemente una flûte. Questo da sempre, e pare si perpetuerà per molti anni ancora nonostante in numeri diano in calo un consumo arrivato ormai a cifre esorbitanti che solo la fortissima crisi economica su certi mercati (soprattutto oltre oceano) ha accennato a frenare.

Appena qualche accenno su quella che è un area viticola di splendore unico, situata a circa 150 chilometri a nord-est di Parigi. Attualmente operano nella Champagne più o meno 15.000 viticoltori che coltivano e forniscono le uve a circa 110 maison che si occupano poi della loro lavorazione ed “elevazione” sino a dare vita al nettare tanto ambito dai ricchi e potenti quando amato dale persone più comuni.

Gli attuali “confini” regionali della Champagne sono ancora oggi delimitati dalla classificazione voluta dall’INAO nel 1927. Questa classificazione in senso generale avvenne innanzitutto per dare un proficuo valore commerciale alle migliori aree interessate e negli anni a seguire si è lavorato alacremente per far sì che proprio in queste aree, naturalmente particolarmente vocate, si concentrassero le migliori parcelle di vigne che oggi danno vita a vini di straordinaria opulenza e soprattutto eccezionale longevità. Questi vigneti corrispondono sempre ai comuni o parte di essi e sono oggi classificati in tre categorie, Grand Cru, Premier Cru e Cru. Ad oggi sono solo 17 i comuni che si possono fregiare della definizione Grand Cru, 41 i Premier Cru e i restanti 255 del distretto come Cru. Tra i 17 Grand Cru della Champagne vi sono nomi spesso ricorrenti nelle degustazioni che vengono fuori in giro per il mondo, non si può non ricordare Bouzy, Ambonnay, Verzy, Verzenay, Montagne de Reims; Aÿ, Chouilly, Cramant, Avize, Oger e senza ombra di dubbio Mesnil-sur-Oger, probabilmente il più ambito, avete presente Krug¤ o Salon?

Ecco quindi di seguito le prime note sparse di assaggi “rubati” in questa prima parte di stagione, una passione smodata, nutrita senza freni!

Taittinger Cuvée Prestige Rosé, il più buono degli Champagne rosé sino ad oggi bevuti, è il vino del cuore, dallo straordinario rapporto prezzo-qualità, lo Champagne da non far mai mancare nella propria cantina. Da uve Chardonnay e Pinot Nero, ha un colore che ricorda i petali di rosa, splendenti, bollicine sottili e finissime, un naso avvincente, floreale e fruttato di lamponi, in bocca è secco e lungamente minerale, da inebriarsi infinitamente.

Mandois Blanc de Blancs 2004. Una piccola etichetta, uno di quei vini che ha ancora bisogno di tempo per raggiungere una propria espressione autentica, piacerà sicuramente a chi cerca nelle bollicine acidità spinte, rustiche ed è alla spasmodica ricerca abbinamenti soprattutto per stemperare le note iodate dei crudi di mare. Possiede un discreto ventaglio olfattivo, non lunghissimo ma offre senz’altro un’ottima piacevolezza al palato, da riassaggiare tra qualche mese.

Bollinger Special Cuvée, un classico di sempre. Blend di Chardonnay, Pinot Noir e Pinot Meunier rappresenta una continuità ineffabile, ottimo vino da sbicchierare come aperitivo ma anche ideale per poter pasteggiare. Non offre spunti olfattivi particolarmente complessi, soprattutto a chi ama di Bollinger la Grande Année, ma state certi che se avete bisogno di uno Champagne per non sbagliare di questa etichetta vi potete fidare! Bel colore paglierino carico, tendente al dorato, bollicine piuttosto intense seppur non proprio finissime. Palato gradevolissimo.

Bruno Paillard Réserve Privée Blanc de Blancs. Champagne d’autore, di prim’ordine. Fragrante, avvenente, impulsivo e sinuoso nella beva. Chardonnay in purezza delle migliori parcelle confluito in quello che è nato come un gioco di piacere personale ed oggi condiviso dai migliori palati dei clienti più esigenti. Un grande Champagne per dare un valore aggiunto ad un appuntamento importante o più semplicemente per dare lustro al proprio piacere: “ma sì, ce le siamo meritate!”

Gosset Grand Réserve Rosé. Arriverà il Celbris ’98¤, conservo la recensione nel “cassetto” delle bozze del blog, aspetto però un riassaggio per avere conferme della non comune intensità e complessità olfattiva riscontrata in questo vino. Per il momento accontentiamoci di questo rosè dal bellissimo colore rosa tenue, profumato di caramella al lampone e saporito ed arcigno solo come il Pinot Noir sa esprimere. Buono a tutto pasto, specialmente su carni bianche e formaggi! 

Pommery Noir. Il marchio soffre di una distribuzione poco felice, quindi viene percepito – secondo me – in malo modo. Poi, sarò sincero, non posso nasconderlo, di recente nemmeno l’Apanage, uno dei loro must, mi ha fatto impazzire quando l’ho bevuto; però gli concedo volentieri comunque un passaggio tra queste mie note di degustazione. Mettiamola così, uno Champagne alla stessa stregua di una media bollicina franciacortina, sia chiaro, il prezzo (sui 33-35 euro in enoteca) non si discosta poi tanto da quest’ultima, però non è certamente quello che ci si aspetta da un vino elaborato con uve provenienti da aree delle più vocate della regione. Rimandato ad un nuovo assaggio.

Mumm de Cramant. Davvero ottimo questo Chardonnay in purezza proveniente dalle vecchie vigne di Cramant, uno dei Gran Cru della Champagne. Colore integro, paglierino tenue, bollicine finissime seppur non intensissime. In bocca è secco, piuttosto fresco ed abbastanza lungo, chiude su di un finale nocciolato e burroso davvero gradevole. Costa più o meno quanto uno dei più commerciali Champagne che si possano trovare in enoteca, da segnare in agenda!

Taittinger Grand Crus Prelude. E’ la maison che vanta il vigneto “in corpo unico” più esteso della Champagne e questo già la dice lunga sulla vocazione e la tradizione di casa Taittinger. E’ tra le pochissime, se non l’unica tra le grandi griffe ad aver conservato una propria autonomia rispetto ai grandi gruppi finanziari che di tanto in tanto razzolano marchi e proprietà sulla regione champenois, ed anche questo è un particolare che non va trascurato visto che si traduce costantemente in una conservazione di un rapporto prezzo-qualità di indiscusso surplus rispetto ai diretti concorrenti. E’ prodotto con le migliori uve provenienti dai Grand Cru di proprieà, Pinot Nero e Chardonnay di spessore per un vino invitante, dal naso orientaleggiante e dal sapore tanto austero quanto piacevolmente bilanciato. Da non dimenticare!

Mesnil-sur-Oger, Il Clos ’98 di Krug

17 marzo 2010

Il marchio Krug è sinonimo di prestigio, rara eleganza, inarrivabile succulente piacere della gola; può più una flute di champagne Clos du Mesnil che mille letture di esperti, masters of wine o millantati tali per comprendere l’essenza del messaggio che un vino del genere vuol lanciare, insidiare, lasciar comprendere, anche dal più comune dei mortali in cerca di brividi di gola: è la leggerezza.

Leggerezza necessaria per godere al meglio e sino in fondo di un vino, per coglierne il piacere di beva più alto, per rimanere conquistati da tutti gli aspetti di una analisi gusto-olfattiva ed analitico-descrittiva. Ci sono Champagne che brillano per colore e perlage, per la finezza, persistenza delle bollicine, altri per complessità di profumi, verticalità, e per consistenza di palato, ci sono taluni a volte che esaltano una grassezza di gusto imponente, quasi spiazzante. Ebbene, il Clos ne riassume, concentrando, esaltando, imponendo, ognuna di tutte queste caratteristiche traducendole però, consegnandole all’avventore anche meno educato, con uno stile inconfondibile, leggiadro, ficcante, deliziosamente sorprendente. Insomma, un grandissimo vino!

Clos du Mesnil nasce da una meticolosa selezione di chardonnay 100% di appena 2 ettari di proprietà nella Cote des Blancs tutti intorno al comune di Mesnil sur Oger, negli anni divenuto il Grand Cru più ricercato e prezioso di tutta la Champagne, e grande merito di questa affermazione è certamente legato indissolubilmente alla maison Krug. L’areale è suddiviso in 15 parcelle che vengono seguite passo passo sino alla vendemmia distintamente in maniera da rappresentare ognuna di esse una espressione propria dell’eterogeneità dei vari microclimi presenti sul territorio.

Lo stile è quello fortemente imposto dal terroir, le circa 250 degustazioni che supera questo vino prima dell’assemblaggio finale non sono altro che l’espressione della sua grandezza, della sua grande capacità di evoluzione nel tempo, il Clos du Mesnil infatti, sin dalla sua acquisizione era destinato a “fortificare” le cuvèe degli altri champagne di casa Krug, la Grande Cuvèe in particolare, ma già dai primi approcci Henry e Remy Krug con il loro papà si resero conto di una straordinaria materia prima tale da stravolgere gli equilibri prestabiliti. Nasce così uno dei vini più ricercati e desiderati di sempre, per molti il mito fatto bollicine!

Il ’98 è stata una annata piuttosto calda in Champagne tale da lasciar pensare di non assemblare il Clos ma di destinarlo alle altre cuvèe; Krug è forse la maison meno avvezza a millesimare i suoi vini a meno che non si paventino risultati di eccellenza straordinari, solo quattro infatti le vendemmie da cui sono nati vini millesimati negli anni novanta, il ’90, il ’95, il ’96 ed appunto il ’98. Il colore è scintillante, paglierino compatto con bollicine tutte in fila finemente, persistenti. Il primo naso è dolcissimo, di quelli da rimanerci le narici natural durante, sottili sentori di crema pasticcera, burro di cacao, cioccolato bianco cremosissimo, vaniglia, intensissimo e finissimo. In bocca è secco, piacevolissimo, l’acidità è palpabile ma ben distribuita, a tratti masticabile, la godibilità di questo champagne è da manuale, una bevibilità straordinaria nonostante una spina dorsale importante.

Un vino di cui innamorarsi, purtroppo non sempre alla portata, anzi tutt’altro, ma certamente indelebile nella memoria degustativa tale da sconvolgere i precedenti, creandone dei nuovi! Da bere fresco, non freddo, in calici da vino tradizionali, su tutto quello che merita la vostra attenzione!

© L’Arcante – riproduzione riservata

Quando le bollicine fanno (fare) ohh… è Krug!

12 marzo 2010

Calma, calma, lo ammetto subito, ho sbagliato abbigliamento, ma volendo cadere, per così dire, in piedi, mettiamola così: la voglia di essere immortalato con Olivier Krug, con in mano un bicchiere di Collection Millesime brut 1982 e inneggiare al “campione!” pur essendo rimasto senza parola è cosa da pochi, ed era oltretutto, il minimo che potessi fare per sua maestà Krug! Che dite, ne esco..?

L’evento è stato, mediaticamente parlando, uno di quelli passati un po’ sommessamente; la maison ha invitato alcuni clienti da tutto il sud Italia per condividere con loro le più preziose delle bollicine di casa Krug e con l’occasione presentare la nuova distribuzione, che dopo l’uscita di scena di Antinori è passata completamente nelle mani della proprietà LMVH, per intenderci stesso canale Moet Hennessy; Per l’occasione ha scelto come location la Città del Gusto di Napoli e la cucina del giovane, e aggiungo bravo, chef Nicola Miele affidando poi la cabina di regia ad alcuni “pezzi da novanta” del gruppo servizi dell’Ais Napoli, che devo dire, hanno dato dimostrazione di come la professionalità del sommelier è fondamentale per esaltare al meglio certi appuntamenti di degustazioni.

Tutto ha inizio nel lontano 1843 grazie al fondatore Johann-Joseph Krug ma sembra, dalla leggerezza e dalla pervicacia delle parole di Olivier, che sia passato pochissimo tempo e che si stia ancora cercando quel mito, per molti già affermato, fine ultimo della costante ricerca della complessità e del valore aggiunto di ognuna delle bottiglie di questo straordinario champagne. “Ognuna di queste bottiglie non vuole essere fine a se stessa e non vuole ricalcare ogni anno il millesimo o la cuvèe dell’anno precedente, non ci siamo mai preoccupati di ripeterci, solo di dare la più alta valorizzazione al millesimo raccolto ed alla materia prima che ci ha consegnato”.  Ogni anno, ci racconta, si ritrovano col papà Henry e con lo zio Remy, assieme ad alcuni degli chefs de cave della maison, ad assaggiare mediamente 1600-1800 vini base per far fronte costantemente alle evoluzioni dei vini base raccolti o in affinamento-invecchiamento in cantina. Solo le microvinificazioni d’annata sono almeno 250 per vendemmia, vigna per vigna, parcella per parcella, in alcuni casi, come Clos du Mesnil, di filare in filare, poi si passa alle riserve custodite nelle caves, e tutto questo almeno due-tre volte durante tutto un anno: un lavoro maniacale, mastodontico, ma necessario per portare in bottiglia l’essenza dell’eccellenza che solo la terra di Champagne sa offrire, ormai da almeno 6 generazioni.

La tavola è preparata per bene, essenziale ma curata, il maitre con i suoi commis puntuali e disponibili, il pranzo è un susseguirsi di portate eccelse, ottimo l’amuse bouche di baccalà, particolarmente buono la scacchiera di Tofu con la cappasanta, delizioso il tortello di seppia; Avrei, sinceramente, solo evitato la commistione maialino-fois gras-astice del secondo, davvero azzardato, poco grato ad ognuno dei sapori. Il servizio dei vini, come detto, senza una grinza, anzi le temperature dei vini sono state millimetriche, fondamentali per cogliere ognuna delle sfaccettature carpite nei vini. Ma i vini? Beh, passabili, Overture con Clos du Mesnil ’98, poi in sequenza Krug Vintage ’98, Krug Grande Cuvèe e a chiudere, credevamo, Krug Rosè. Ai saluti finali il colpo a sorpresa, Krug Collection brut 1982, ma di questi profumi e sapori ne leggerete solo tra qualche giorno, rimanete sintonizzati!!

A Natale e Capodanno, bollicine buone buone

18 dicembre 2009

E’ indubbio che uno dei piaceri sublimi delle tavole di questi giorni è legato alle bollicine, di cui, proprio nei prossimi giorni se ne stapperanno a milioni e che vedrà come da tradizione il suo apice nella notte di capodanno quando per salutare il vecchio ed accogliere, ricolmi di speranza e buoni auspici il nuovo anno, si faranno fuori milioni di bottiglie di vini spumanti, champagne e tutto ciò che possiede un tantino di anidride carbonica tanto da far saltare un tappo. Più che una lezioncina su quale migliore bollicina scegliere, mi è parso interessante farvi vedere quale il risultato visivo di una o più specifiche modalità di lavorazione grazie alle quali queste o quelle bollicine arrivano poi nel bicchiere.

Bollicine abbastanza intense, ma grossolane, che non hanno cioè una certa continuità ed uniformità. Questo è il risultato di speciali vini frizzanti, ma potrebbe esserlo anche di vini spumanti prodotti con metodo Charmat breve o con tecniche poco oculate ed uve non particolarmente vocate. Il vino, il più delle volte, risulterà appena fragrante al naso, con note erbacee ed una piacevole freschezza gustativa oltre che una beva decisamente leggera quando non appena acida. Questa caratteristica, fatte naturalmente le dovute eccezioni, è  riscontrabile in alcuni vini bianchi secchi prototipo come il pignoletto frizzante emiliano, il muller thurgau o lo chardonnay della Valdadige. Vini piacevoli, in certe stagioni dell’anno, vedi l’estate quando appaiono ideali, ma non certo caratterizzati da bollicine di particolare pregio e finezza.

Bollicine fini ma poco persistenti, è una delle caratteristiche più comuni di vini spumanti prodotti con Metodo Martinotti (o Charmat lungo) o Metodo Marone-Cinzano, con uve particolarmente vocate e vinificate con la giusta attenzione e spumantizzazione. Il primo vino che vi deve venire in mente è il Prosecco spumante, quello di Conegliano Valdobbiadene ma anche quello meno conosciuto della d.o.c. Montello e Colli Asolani. E’ un timbro visivo gradevole, il colore cristallino si riflette solitamente nelle bollicine che sono sì fini ma risultano poco persistenti e formano una corona di spuma nel bicchiere mediamente consistente. E’, come detto, una peculiare caratteristica del prosecco spumantizzato come di altri che hanno fatto la storia delle bollicine made in Italy, pensate per esempio anche agli Asti Moscato d’Asti vivaci o spumanti che siano – quando si preferisce il dolce al brut o all’extra dry, ai vini prodotti nell’Oltrepò Pavese prima dell’avvento, anche qui, della ricerca e del successo sui metodo classico. Ma non sono da trascurare le interessanti e tradizionionalissime bollicine dello storico Asprinio d’Aversa campano e tutta quella serie di vini spumanti venuti fuori negli ultimi anni sulla scia del sempre più crescente appeal che le bollicine hanno sui palati italiani; penso alla Falanghina e al Greco di Tufo, per prendere ad esempio strade assolutamente (o quasi) sconosciute sino a pochissimo tempo fa, dove alcune interessanti etichette non mancano certo di stupire anche il palato più fine ed attento, ma anche a quelle “nicchie” di sempre come la ribolla gialla friulana o la vernaccia di serrapetrona (rosso) . 

Bollicine fini e persistenti, è questo il marchio di fabbrica dei grandi spumanti italiani e dei migliori Champagne delle più prestigiose maisons, quando per spumanti italiani s’intendono quelli che hanno una storia, una tradizione, una cultura propria e tipica di denominazioni, per esempio, come Trentodoc o Franciacorta, tradotte spesso, più semplicisticamente, come metodo classico e basta. Difficile pensare allo Champagne come termine generico di bollicine francesi piuttosto che icona di una specifica area viticola storicamente vocata e legata a produzioni di grande slancio e prestigio internazionale.  In Italia, negli anni, soprattutto negli ultimi 20, vi sono piccole aree che hanno trovato, nel tempo, una propria identità espressiva in materia spumantistica, ma quelle maggiormente rappresentative continuano a rimanere quelle definite dalle due denominazioni sopracitate, che nulla tolgono a microproduzioni di qualità venute fuori nelle langhe piemontesi piuttosto che nelle vigne di San Severo in Puglia, ma che indubbiamente riescono meglio a dare voce, quantomeno in senso numerico, alla solida tradizione spumantistica italiana che non si può non tener ben in mente quando si sceglie una bella bottiglia da stappare.

Sono quindi generalmente bollicine fini e persistenti quelle che si sprigionano numerose esaltando la brillantezza di un giallo paglierino intenso anche con venature dorate, sinonimo spesso di lunga permanenza del vino base sui lieviti e di grande qualità e compattezza delle uve vinificate. Sono questi vini di alto profilo organolettico, che regalano profumi deliziosi e sapori intensi, che hanno percorso già tanta strada in evoluzione in bottiglia e che aspettano solo di essere aperte. E’ vero, sono questi vini che possono durare una vita, ma la loro grandezza sta anche nella capacità di condensare il meglio di sè già nel momento in cui il Maitre Caviste da il via libera alla sua commercializzazione. 

Scegliete quale bollicina avete piacere di incontrare nel vostro bicchiere, sarà piacere visivo e biglietto da visita da conservare bene nella memoria. Il futuro merita sempre, quantomeno, un brindisi di auguri!


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