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Vinitaly, cartoline dal fronte

6 aprile 2014

E’ un dato incontrovertibile, durante il Vinitaly le visite ai blog e ai siti specializzati che raccontano le vicende enoiche dei nostri mosti sacri calano vertiginosamente. I produttori di vino, sì proprio loro, sono i nostri primi lettori! E son (quasi) tutti lì al fronte.  Forza ragazzi! Tornate presto e sani e salvi, ma soprattutto raccontateci come vi è andata. 

L’ultimo post dell’anno

30 dicembre 2013

Anzitutto augurarsi il meglio per questo nuovo anno. Tocca farlo, certo che si. Augurarsi buona salute, un lavoro sicuro – che da soli fanno il 99% della serenità -, buone bevute. Per se e per tutti gli altri, soprattutto coloro i quali si vuole bene.

Siamo soddisfatti del lavoro svolto sin qui. On line gira sempre più tanta roba, sul vino intendo, per non parlare del cibo che ormai, dopo aver monopolizzato tutti i Social, impazza pure in tv: dalla mattina alla sera assistiamo a un magna magna infinito. Prima o poi (si spera) toccherà anche al vino. O no? Boh, forse.

Di buono c’è che anche il più scettico e restio dei migliori critici enoici ci mette del suo per avvalorare i contenuti in rete, tanti gli indirizzi sempre più qualificati e all’altezza della migliore carta stampata. Segnali di un cambiamento significativo, del resto la pubblicità da tempo ha spostato gli interessi.

Ciononostante l’insidia che chi, tra questi, prenda a scrivere dal piedistallo e lo faccia solo ed esclusivamente ad indirizzo accademico, come mero esercizio di stile per se e per compiacere i suoi simili, sta dietro l’angolo. Come petit fours un complimento tira l’altro, tra loro; storie uniche, le loro, come unici ed infallibili i loro palati, immortali, d’amianto, come i loro taccuini, appena ingialliti e dalla copertina in finta pelle, dove sono rimasti impressi gli appunti delle più grandi bevute dei più grandi vini al mondo con i più grandi degustatori di tutti i tempi in circolazione. E manco Una Tantum.

Se la suonano e se la cantano, insomma. Tra loro. Con un linguaggio spesso sonante, ricercato, ‘alto’. Troppo. Difficile essere alla loro altezza. Ma siamo proprio sicuri che ne valga la pena?

Ieri, alle 18.08, non appena consegnato questo post alla programmazione del blog, la terra qui in Campania ha preso a tremare, per ben 40 lunghissimi secondi. Tanta paura ma per fortuna niente di peggio. Poi alle 20.49 ancora un sussulto. Dio mio, non era questo il segnale che ti avevo chiesto…

Pochi post per tanto lavoro

29 aprile 2013

Aprile è un mese da sempre abbastanza tosto da far conciliare con gli impegni di questo blog con tutti voi lettori, che poi nonostante la poca ‘ciccia’ messa in rete in queste settimane non avete comunque mollato un attimo la presa. Che dire, grazie, grazie assai.

L’assenza di continuità di questi giorni è dovuta principalmente al tanto lavoro speso in cantina qui a Capri, a rimettere le cose in linea con i nostri standards e soprattutto con le aspettative di una stagione che si prefigura tra le più importanti degli ultimi anni. Un lavoro determinato che consentirà però di raccogliere buoni frutti sin da questa settimana; c’è infatti già tanta carne sul fuoco, nerboruta e succulenta, che fa poco fumo e tanto arrosto: c’è da raccontare di alcuni nuovi assaggi ma anche e soprattutto delle prime impressioni sulle nuove uscite degli ormai grandi classici, campani in primis. Stay tuned!

Buona Pasqua!

31 marzo 2013

Lilly Avallone, Angelo Di Costanzo - foto Letizia Di Costanzo

Intervallo. Ledichef at work…

12 novembre 2012

Chiacchiere distintive, di Angelo Gaja ed altre cose di questo mondo: la storia, il vino, il web

10 settembre 2012

E’ qui per fare vacanza, starsene tranquillo con l’amata Lucia e trascorrere le primissime ore del mattino a passeggiare alla Migliara ad Anacapri. Poi però cede alla tentazione lanciatagli iersera tra una chiacchiera e l’altra: “Le va di raccontare un po’ di storia della famiglia Gaja ai ragazzi dello staff, sarebbero onorati della sua presenza?”. “Manco a chiederlo Angelo, a che ora ci vediamo?”.

Inutile ricordare quanto sia bravo a tenere banco. Non è la prima volta che gli siedo davanti, ma oggi è più piacevole che mai. Il ricordo dei fondatori dell’azienda è un intercalare appassionato, poi si emoziona visibilmente quando parla di nonna Clotilde Rey*, della sua figura di donna severa e determinata, autoritaria ed esigente, di quanto sia stata fondamentale nella storia della famiglia. Cala il capo, prima di esplodere in un sorriso carico d’affetto, quando cita suo nonno Angelo che verso la fine dei suoi anni gli ricordava di sovente: “ad un uomo può anche capitare di sposare una donna più brava di lui, una in gamba, tosta. Ci pensi su ed arrivi alla conclusione che o la uccidi, o la segui. Io ho scelto di seguirla…”.

E’ una lunga storia, a tratti epica e ricca di sfumature. E’ orgoglioso quando rivendica le sue scelte, che ammette anche non essere state proprio tutte azzeccate ma ci tiene a riprenderle, una ad una, spiegandocele ognuna per bene.

Si va dalle prime occasioni mancate di comprar vigna in Barolo all’idea di andare in Toscana, sull’onda della grandeur dei Supertuscans; si passa poi dalla scelta, secondo lui obbligata – “per mille ragioni, ci dice” – di passare alla Langhe Nebbiolo coi suoi Grand Crus a quell’indimenticato “Darmagi!” esclamato da suo papà dopo aver piantato cabernet in terra di nebbiolo. Lo fa con orgoglio dicevo, sentimento che vira in felicità quando ci racconta dell’acquisto delle Cascine Marenca e Rivette a Serralunga d’Alba – dove si fa lo Sperss** -, avvenuta nell’88 e salutata quasi come una liberazione. Un omaggio al padre che proprio lì, in gioventù, aveva condotto le sue prime vendemmie; e di Ca’ Marcanda, che porta nel nome tutta la sua personale ostinazione che l’ha portato a sbarcare finalmente a Bolgheri dopo mesi di estenuanti tira e molla e trattative infinite con la vecchia proprietà.

E’ un fiume in piena Angelo Gaja, tantissimi gli argomenti toccati che non basterebbe una giornata per discutere di tutto e riportarne la cronaca; così, anche per questo, ci siamo dati appuntamento a fine ottobre lì a Barbaresco.

Ad alcune domande, tra le ultime, risponde con parole forti: lo fa su chi, dalle sue parti, continua a professarsi – autonomamente – conservatore della tradizione langarola quando “la storia nemmeno li ha sfiorati”. E non disdegna, più in generale, di condannare con fermezza la voracità della vetusta politica italiana, oltreché l’ostinazione di certi suoi esponenti intenti a guardare solo il proprio orticello più che l’interesse del paese. Un invito infine ai giovani, ad imparare sin da subito l’inglese e spostare, se necessario, le proprie ambizioni sin oltre i confini nazionali.

A pensarci bene è fatto proprio così, non si schermisce Angelo Gaja, non nasconde per esempio nemmeno di essere un vanitoso, e di essere inviso a diversi, eppure la percezione è che anche per coloro i quali il gradimento è ai minimi sopportabili rimanga un’istituzione per il mondo del vino italiano; e di certo lui non si fa mancare, di tanto in tanto, di ricordarlo in giro. Dice di farlo a modo suo, ne parla molto coi suoi clienti ma anche con i tanti (troppi!, cit.) “opinion leaders” di settore sparsi qua e là nel mondo eppure sempre proprio dietro l’angolo.

A tal proposito ci tengo a chiedergli ancora giusto un altro paio di cose sulla sua ultima uscita. Mi sorride, mi stringe forte al petto e prendendomi poi sotto braccio mi fa: “guarda che è tardi, facciamo tardi, tu hai da lavorare. Ci pensa due secondi su… “Vabbé dai, forza, sputa il rospo!”. E’ un grande!

Bene. In questi giorni è in giro sul web un suo pensiero sulla vendemmia 2012 e su come affrontare i cambiamenti climatici in atto. E’ lì la vera sfida del futuro per chi fa vino? Viviamo un tempo di grandi sfide, bisogna raccoglierle e fare del nostro meglio per affrontarle fino in fondo. Un tempo bastava consolidare la tradizione ereditata dalla famiglia, impegnandosi laddove possibile nel rilanciarla, affermarla, farla crescere. Oggi è diverso, non basta più solo quello, è necessario tirar fuori dalla storia nuovi orizzonti, scoperte, obiettivi.

E per far questo di cosa c’è bisogno secondo lei, tenendo conto del momento che converrà non essere proprio esaltante? Anzitutto la terra. Abbiamo in Italia ampie risorse per ricostruire un percorso di crescita economica virtuoso e proiettato nei lunghi termini. L’agricoltura ha bisogno di grande attenzione, innovazione, cura. E dare fiducia ai giovani, parlo soprattutto di noi vecchi che dobbiamo essere lì ad indicargli la via, non imporgliela, metterli sulla strada giusta e ricordargli la storia. Ma questi devono avere i mezzi per potersi mettere in gioco. In questo c’è bisogno di un grande slancio a livello istituzionale.

I cambiamenti climatici saranno quindi decisivi tanto da dover sviluppare una nuova agricoltura? Ma certo. L’Agricoltore, il vignaiolo per quanto ci riguarda, avranno un ruolo sempre più determinante. Solo chi vive la vigna sa di cosa ha bisogno in un determinato momento. Ma dovrà sapersi adeguare alle nuove occorrenze; certe malattie (della vite, ndr), ad esempio, a causa delle variazioni climatiche vanno scomparendo ma ne arrivano altre che bisogna saper affrontare.

Di concreto quindi c’è bisogno di tanta ricerca; possiamo anche immaginare l’abbandono di certe colture a favore di altre più adatte alle nuove “occorrenze”? Di certo c’è che con tutto il caldo di queste estati quelle che soffrono di più sono le varietà precoci. E’ necessario quindi imparare a “leggere” l’annata sin da subito, intervenire costantemente in vigna, con potature adeguate, defogliazione, ripensare l’irrigazione di soccorso, e avere naturalmente persone preparate per farlo al meglio.

Specializzazione insomma. Ma è lecito quindi pensare che la cantina, in senso stretto, acquisirà sempre maggiore importanza? Non si rischia così quell’omologazione di cui un po’ tutti fanno fatica anche solo a nominare? La cantina ha sempre avuto un ruolo importante, tuttavia ciò che la ricerca deve garantire sempre più è che il lavoro fatto in vigna venga interpretato al meglio senza stravolgerne l’essenza. Sicuramente chi può contare sulle giuste tecnologie ha una carta in più da giocare. Si può essere artigiani del vino senza essere necessariamente degli sfigati.

Per finire Sig. Gaja, ritornando ad internet e blog vari. Molti le imputano di usarli spesso come corrieri dei suoi pensieri, lei però si guarda bene da una vera interazione con i suoi frequentatori. Perché? Non è necessario, o non lo è quasi sempre. Poi, mettiamola così, io sono all’antica, c’ho 72 anni, ho bisogno di tempo per ragionarci su certi argomenti. Lì, nella rete o come diavolo la chiamate voi bloggers, tutto corre così velocemente che spesso tanti buoni argomenti, che andrebbero ragionati ed articolati, si perdono tra tante piccole fesserie.

* Alla nonna paterna Clotilde Rey (e alla prima figlia Gaia) è dedicato lo Chardonnay Gaia&Rey, un nome che volle essere un omaggio alla tradizione e al contempo uno slancio nel futuro.

** Sperss un tempo era Barolo Docg, oggi come tutti in Grand Crus di Gaja è un Langhe Nebbiolo. Quel luogo, le Cascine Marenca e Rivette in Serralunga, erano un vecchio pallino, scelto seguendo le orme del papà che in gioventù, per tre anni, lì ci aveva fatto vendemmia.

Paccheri di Gragnano con genovese ed asparagi, con il Lambrusco di Modena di Podere il Saliceto

25 marzo 2011

Una occasione di confronto imperdibile, così ci siamo mossi nell’ideare e realizzare questo piatto omaggio a L’Albone di Gian Paolo Isabella. Molti di voi avranno già sentito parlare della “genovese” che con il ragù rappresenta un altro caposaldo della cultura gastronomica partenopea. Lilly, come sua naturale predilezione, l’ha alleggerita e resa alla portata del Lambrusco Salamino e Corbara di Podere il Saliceto. Gli asparagi segnano la stagionalità di un piatto che in realtà stagione non ha; Un ringraziamento a Gian Paolo per averci concesso questa opportunità, a Daniela e Andrea per l’imbeccata. Quindi, non resta che farci… un in bocca al lupo! (A.D.) 

Ingredienti per 4 persone:

  • 320gr di Paccheri di Gragnano – Pastificio dei Campi
  • 250gr di carne macinata – manzo
  • 4 cipolle bianche
  • 12 punte d’asparagi
  • olio extravergine di oliva q.b.
  • sale q. b.
  • Parmigiano Reggiano

Preparazione: versate dell’olio extravergine di oliva in una padella ed unitevi le cipolle tagliate e fettine, lasciatele appassire e quindi stufare per almeno tre quarti d’ora. Aggiungete poi la carne macinata, lasciate il tutto in cottura ancora per una mezzora aggiustando di sale.

Frattanto tagliate le punte degli asparagi e lavatele accuratamente, passatele in una pentolina e lasciatele sbollentare per circa 15 minuti, non oltre per non dissiparne il valore nutritivo e naturalmente per lasciargli conservare una certa croccantezza, funzionale all’abbinamento col vino.

A questo punto portate in ebollizione dell’acqua salata e buttateci la pasta; ricordatevi che la buona riuscita della preparazione prevede una cottura dei Paccheri di Gragnano al dente. Scolate ed aiutandovi con un coppapasta passate quindi alla composizione dei piatti; con un cucchiaino riempite la pasta con la genovese (sei per ogni piatto è la giusta composizione), tagliate quindi in due le punte d’asparagi e ponetele in circolo nel piatto (ne basteranno tre per ognuno). Completate la preparazione cospargendo un cucchiaio di salsa su ogni piatto ed appena prima di servire, con una grattugiata grossolana di Parmigiano Reggiano.

Il piatto – Paccheri di Gragnano con genovese ed asparagi, 2011: la ricetta punta alla creazione di un piatto che manifesti in fase di degustazione un certo carattere ma che non esprima spigolature eccessive che possano appesantire il palato; i tratti più incisivi della preparazione rivelano quindi almeno tre cardini su cui costruire con L’Albone di Podere il Saliceto un abbinamento degno di nota: la prominente succulenza della genovese, la tendenza dolce della stessa (la cipolla fa la sua parte da leone) e della pasta, naturalmente l’importante persistenza gustativa – oltre che olfattiva – garantita dalle punte d’asparagi appena sbollentate, che assumono, tra l’altro, un ruolo decisivo nel ripulire la bocca ad ogni boccone.

Il vino – Lambrusco di Modena L’Albone: il ricordo di certi lambruschini flaccidi e abboccati non depone quasi mai a favore di chi si prodiga per la valorizzazione di questo storico e valoroso vino emiliano; e se bastassero poche bottiglie di L’Albone per sfangarla ne saremmo certamente felici, ma ahimè so per certo che non è così, ma non disdegno di aspettarmi sempre delle buone nuove dalla splendida Emilia. Ho trovato in questo vino due o tre cosettine che mi sono piaciute parecchio, oltre al colore rubino vivace con sfumature porpora. Un naso delizioso, di quelli classici si direbbe, di mora, frutti rossi maturi, ma anche lievi nuances di erbe officinali. Il primo assaggio poi è sincero, l’approccio disincantato, ma infonde subito l’idea di un vino più arcigno di quanto ci si aspetti. In etichetta marca 12 gradi in alcol (io credo invece che ne abbia almeno un mezzo punto in più), si profitta della carbonica per danzare liberamente al palato, ma di stoffa ce n’è e te ne accorgi al secondo bicchiere: il frutto è croccante, turgido, se ne giova la beva che rimane fluida e succosa ma non certo disattenta, il tannino concede solo una labile e piacevole sensazione, ma la spalla acida c’è e non vuole certo defilarsi, sa che gli tocca un ruolo di primo piano; e noi glielo serviamo, sul piatto s’intende! Ben fatto Gian Paolo, ben fatto…

La nostra Lilly Avallone ha pensato e realizzato questa ricetta in virtù del  concorso indetto da Podere il Saliceto in collaborazione con due blogger d’eccezione, Andrea Petrini di Percorsi Di Vino e Daniela Delogu alias Senza Panna. (A.D.)

L’Arcante Wine Awards® 2010, le nominations

9 dicembre 2010

Come tutti i premi che contano (o che vorrebbero contare qualcosa, ndr) anche L’A.W.A.® ha le sue nominations, e per avvalorare la tesi che ci vuole profondamente impegnati nel recitare per bene la parte dei leoni in quest’ultimo scorcio di duemiladieci, eccovi riportate, categoria per categoria, tutte le nominations dei vini, delle aziende e delle persone ammesse alla finalissima del nostro award. Infine, una precisazione sui vini: tutti quelli presenti nella lista sono stati naturalmente assaggiati e qualcuno di questi anche più di una volta (ne trovate riprova nelle recensioni presenti su questo blog); Solo alcuni, per una serie di motivi, non hanno goduto di questa vetrina, ma ciò rappresenta solo un dettaglio marginale, che riteniamo comunque opportuno evidenziare, per evitare che si possa pensare di premiare un vino addirittura mai bevuto recensito!

LE NOMINATIONS

  • Miglior vino bianco 
  • Vermentino di Gallura Le Conche 2009 Pedra Majore – Sardegna
  • Fiano di Avellino Pietramara Etichetta Bianca 2009 I Favati – Campania
  • Trebbiano d’Abruzzo 2003 Edoardo Valentini – Abruzzo
  • Miglior vino rosato
  • Lacryma Christi del Vesuvio Vigna Lapillo 2008 Sorrentino – Campania
  • Campania Rosato Monte di Grazia 2009 Monte di Grazia – Campania
  • Montepulciano d’Abruzzo Cerasuolo Pietrosa 2009 Dora Sarchese – Abruzzo
  • Miglior vino rosso
  • Valpolicella Sup. Monte Lodoletta 2004 Romano Dal Forno – Veneto
  • Brunello di Montalcino Bramante 2005 Podere San Lorenzo – Toscana
  • Vallagarina Marzemino Poiema 2007 Eugenio Rosi – Trentino
  • Miglior vino dolce 
  • A. A. Gewurztraminer Terminum 2001 Cantina di Termeno – Alto Adige-SudTirol
  • Roccamonfina igt Eleusi 2006 Villa Matilde – Campania
  • Moscato di Saracena 2008 Cantine Viola – Calabria
  • Miglior vino spumante
  • Franciacorta Cuvée Prestige rosè s.a. Ca’ del Bosco – Lombardia
  • Trento Riserva del Fondatore Giulio Ferrari 2000 F.lli Lunelli – Trentino
  • Prosecco di Valdobbiadene Sup. Cartizze Vigna Rivetta Villa Sandi – Veneto
  • Miglior vino straniero
  • Condrieu Les Terrasses de l’Empire 2007 Dom. Georges Vernay – Rodano sett.le, Francia
  • Pomerol 2005 Chateau La Conseillante – Bordeaux, Francia
  • Gevrey Chambertin Vielle Vignes ’08 Dom. Philippe Charlopin-Parizot – Borgogna, Francia
  • L’azienda/Produttore dell’anno
  • Pian dell’Orino – Montalcino, Toscana
  • Cantine Lonardo – Taurasi, Campania
  • Gianfranco Fino – Manduria, Puglia
  • L’enologo dell’anno
  • Hans Terzer – San Michele Appiano, Alto Adige-SudTirol
  • Sebastiano Fortunato – Consulente, Campania
  • Jan Hendrik Erbach – Pian dell’Orino, Toscana

Qui il regolamento completo de L’Arcante Wine Award®.

Un anno di blog, la nostra prima candelina

14 novembre 2010

Ieri, appena un anno fa – era il 13 novembre 2009 – passava on line il primo post del diario enogastronomico di un sommelier. In verità le prove tecniche di messa in rete andavano avanti già da un paio di settimane, ma per chi come noi col computer vive più o meno lo stesso rapporto che si ricorda dell’uomo con la scoperta del fuoco, i tempi spesi riteniamo essere stati più che minimi.

Inutile ripercorrere ancora una volta la nostra storia, fare sfoggio delle migliori e più illuminanti motivazioni che ci hanno spinto a sdoganare il 2.0, è tutto scritto e sotto gli occhi di tutti su queste pagine, a portata di clic, come si direbbe. Una cosa però la vogliamo scrivere, sentiamo anzitutto l’esigenza di ringraziare tutti coloro che liberamente ispirati si iscrivono quotidianamente alla newsletter di questo blog, tanti, tantissimi per le nostre aspettative come tante sono le persone che ogni giorno fanno registrare almeno un passaggio su queste pagine. Ma più dei numeri siamo orgogliosi dei nomi, della qualità degli utenti che frequentano L’Arcante; molti sono colleghi sommeliers, spesso in cerca di un riscontro alle proprie esperienze più che di comunicati o uffici stampa tutti uguali, con i quali oltretutto, fuori dalle righe del blog, riusciamo anche a parlare di tanti altri argomenti che attraversano trasversalmente il mondo enogastronomico e che spesso possono risultare off topic da trattare in rete ma certamente utili come esperienza di vita. Altri sono cronisti del web, in cerca magari di cosa succede dalle nostre parti, qualche altri stimatissimi giornalisti che ringrazio per l’onorevole sostegno, tantissimi invece gli appassionati, a quanto pare gli utenti più attenti ed esigenti. A tutti quanti un grazie di cuore grosso così, veramente!

Detto questo, senza entrare troppo nel merito filosofico, e al netto di un linguaggio tanto sofisticato quanto fine e se stesso, a qualcuno sempre molto caro, è d’obbligo ribadire che questo è un semplice diario enogastronomico, cioè un contenitore di idee, progetti, esperienze, vissuti con passione ed emozione ed appartenenti a persone vere, in questo caso al sottoscritto e per quanto Letizia lo consenta, alla compagna di viaggio (e moglie) di sempre Lilly Avallone. Non si ambisce a fare giornalismo, non ci interessa, lo lasciamo fare ben volentieri ad altri certamente più capaci e soprattutto qualificati; non desideriamo nemmeno essere sul pezzo, come si suol dire, quasi per natura infatti alla sempre più frequente ostentazione della presenza opponiamo il sottile dispiacere di non poter esserci.

Una cosa però è certa, ci teniamo a dire la nostra, a raccontare le nostre esperienze, siano esse professionali che umane, a condividere quindi la nostra passione con chi il mondo del vino lo vive con amore e lo beve per piacere, anche per lavoro, ma giammai per mero interesse economico.

Angelo Di Costanzo & Lilly Avallone

Montemarano, Taurasi Cinque Querce 1988 Salvatore Molettieri: era a sua immagine…

19 settembre 2010

Stamattina ho ricevuto una mail, un messaggio che mi ha profondamente colpito (e gratificato), dove le parole che leggevo raccontavano sobriamente una reale emozione, quella di cui in effetti abbiamo spesso necessità di vivere per stare bene con noi stessi e con gli altri, e perchè no, ritrovare in un vino.

“[..] ho seguito a lungo il tuo scrivere su diverse pagine in internet, sono per esempio un fan di Luciano Pignataro, e una sera, trovandomi in vacanza a Capri sono tra l’altro venuto a trovarti al Palace; non è stato necessario presentarci, hai immediatamente, con la tua disponibilità, conquistato il tavolo tutto: ci hai fatto bere quello che volevi, anche il misconosciuto Grecomuscio che ho imparato solo in seguito a comprendere meglio ed apprezzare. Per caso ieri sera, cercando tue nuove recensioni sul web, mi sono imbattuto in questa bella, suggestiva recensione che mi ero perso, di un vino, il Taurasi ’88 di Molettieri, che tu stesso definisci “una sottile delusione” . […] saresti capace, come forse nessuno, di vendere sabbia nel deserto, sei un grande!

Questa la recensione in oggetto che riprendo integralmente dal sito dell’amicoLuciano Pignataro per cui la scrissi circa un anno fa.

E’ domenica mattina, finalmente sono a casa, mi giro e mi rigiro nel lettone e tra un’esitazione e l’altra mi accorgo che il tempo è scivolato via tanto velocemente che è già mezzogiorno, rischio di rimanere senza pane fresco per il pranzo. Faccio un salto in centro, a Quarto, sulla strada mi fermo ed entro nel primo negozio a portata di mano, da Gabriellina Bulangerì”: infissi in alluminio verde, scaffali disorientati, generi alimentari e casse d’acqua messi un po’ alla meglio, poco più in la il detersivo, ancora merceria sparsa alla rinfusa e tutto intorno un profumo delizioso ma incipiente di ragù!

Dal fondo della stanza si apre una porta a vetri, uno sbuffo di vapore accompagna la sagoma di un’anziana signora che mi viene incontro, mi saluta e mi da il benvenuto. Le sorrido, stranito, la cucina che intravedo di là della porta è in fermento, due giovani si danno il cambio ad impanare qualcosa che mi pare pollo, una signora con un fazzoletto annodato tra i capelli è intenta a girare qualcosa faticosamente in un pentolone; adesso viene fuori anche l’odore acre di fritto, di melenzane e di friarielli. La situazione è davvero surreale, d’altri tempi come il conto scritto a penna sul foglio di carta del pane a sancire che il mondo ovunque andrà si sarà sempre perso qualcosa o qualcuno per strada: sorrido, stavolta di gran piacere, ringrazio e prendo la via dell’uscita. Ho pensato a lungo a questa scena, ritornatami alla mente appena aperte queste due bottiglie tirate fuori dal caveau del Capri Palace qualche giorno fa per gli amici rimasti a cena a L’Olivo dopo la degustazione I vini delle isole minori.

Perchè? Perchè ho pensato a cosa potesse essere Montemarano 21 anni fa, in una irpinia ancora lontana dal riprendersi dallo choc del terremoto dell’80, a cosa potesse somigliare allora la cantina di Salvatore Molettieri, alle sue giornate su e giù per le contrade Iampenne e Musanni nel vano tentativo di addomesticare le vecchie viti del vigneto Cinque Querce piuttosto che reimpiantarle per compiacere gli imbottigliatori a cui vendeva le uve. Ho pensato a tutto questo, immaginando un Taurasi d’altri tempi che il tempo ha sopraffatto, ad un profilo Molettieri che a questo punto non so se non abbiamo più ritrovato o se forse mai veramente conosciuto. Questo Taurasi ha un colore decisamente aranciato, abbastanza limpido per la presenza di alcune microparticelle di sedimenti in sospensione ma trasparente: la materia colorante ha avuto lungo corso ma ha raggiunto il suo capolinea. Il primo naso è essenzialmente terziario, non invitante ai primi passaggi olfattivi anche a causa di una prima nota di riduzione evidentemente pressante. Lasciato respirare a lungo manifesta spunti organolettici piuttosto particolari, lontani certamente dal “vino-frutto” con il quale la piccola azienda di Montemarano ci ha sconvolto con il 2001, il 2001 Riserva ed il 2003, nitidi i sentori di foglie secche si castagno, terra, polvere, non ultimo ruggine. In bocca è secco, abbastanza caldo, l’acidità ed il tannino appaiono dissolti pur rimanendo le uniche note gustative su cui fare leva in mancanza di una decisa profondità e di un frutto a questo punto magro, rimanendo gradevolmente lineare, certamente stanco, ma ancora bevibile concedendoci il tempo per costruire un utile critica storica. Particolare l’etichetta, francesizzante, con la denominazione Taurasi in rosso su carta bianca utilizzando diversi caratteri di scrittura che, come dicono oltralpe, esaltano l’immediata riconoscibilità del vino.

Avevo aperto qualche tempo fa un’altra bottiglia di questo ‘88, di cui conserviamo in cantina ancora una dozzina, e l’uniforme dissoluzione del frutto venuta fuori dalle degustazioni mi lascia pensare che non vi è null’altro da aspettarsi da questo vino se non la continua conferma che l’aglianico di Taurasi rimane un vitigno ed un vino, pur grande, dalle mille e una sfaccettature e sicuramente ancora lontano dall’essere pienamente longevo nonostante la straordinaria esperienza del ‘68 di Mastroberardino mi aveva aperto ad altre e più entusiasmanti considerazioni. Non so, a questo punto e sinceramente, se la sottile delusione sia maggiore del piacere di aver bevuto, tra i primi, un raro Taurasi di 21 anni di Salvatore Molettieri.

Un grazie di cuore a chi, quotidianamente ci legge e a chi, come Livio, che ringrazio pubblicamente, conoscendoci da tempo, apprezza tra le varie cose che cita nella mail, soprattutto la passione che ci mettiamo. Io mi permetto di aggiungere lo sforzo che sosteniamo per rendere questo blog quantomeno aggiornato e soprattutto fruibile a tutti… Grazie ancora! (A.D.).

L’Arcante, diario di una passione in crescita

29 luglio 2010

Pozzuoli 16 novembre 2009, nasce L’Arcantediario enogastronomico di un sommelier. Abbiamo esordito più o meno così, raccontandovi di Peppe Mancini e Manuela Piancastelli e della bella favola del Pallagrello. In verità già da qualche giorno lavoravamo su una nuova idea di comunicazione ed alcune belle esperienze ci esortavano a camminare, decisi, questa strada: per imparare, costruire, confrontarsi, crescere. 

Erano quelli giorni pesanti, mistici direi, di profonda gioia con il cuore impavido per la novella notizia e di pressione debordante con la mente rarefatta da scelte improrogabili; noi abbiamo deciso di guardare avanti, svoltare l’angolo, alla ricerca di una via percorribile, e di queste pagine farne la cronaca, di nuove esperienze professionali ed umane capaci di segnare il tempo, il nostro tempo, che passiamo a lavorare e vivere alcune delle nostre passioni quotidiane: il vino, il cibo, gli amici, il confronto professionale.

Le ragioni di questo post potrebbero far passare l’argomento come il più banale delle autocelebrazioni ma i numeri meritano sempre una certa considerazione, su tutti le più o meno 200 visite al giorno e le oltre 4500 pagine lette ogni mese, una costante che ci riempie di grandi stimoli; chi ci ama ci segue, chi no pure, ma questo conta relativamente; ci piace parecchio invece che chi ci conosce continua ad esortarci, mentre chi scopre queste pagine per la prima volta ne fa lettura quasi quotidiana.

A tutti diciamo grazie, di vero cuore, perchè avere qualcosa da dire è importante, ma essere ascoltati letti è proprio una bella soddisfazione: le lunghe notti del dopo-lavoro dedicate a buttare giù parole più o meno comprensibili e tracce percorribili hanno per fortuna un senso compiuto.

Orbene, ovunque voi andiate alla ricerca del mare più cristallino e delle spiaggie più fini, che il sole possa accompagnare ogni vostro giorno di agognata vacanza. A Chi sceglierà la terrazza sulla valle più verde di montagna, auguriamo che l’aria tutt’intorno sia della più pura possibile mentre per chi invece rimane in città, che lo stress, almeno ad agosto, abbandoni la vostra quotidianità. A tutti Buone vacanze, e per tutti, buon vino! E che sia dei migliori della nostra amata Campania Felix!


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