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Segnalazioni| Costa d’Amalfi Tramonti bianco 2019 Giuseppe Apicella

7 agosto 2020

Raccontiamo di una fresca interpretazione di Falanghina e Biancolella, il Tramonti bianco di Prisco Apicella, giovane e lanciatissimo enologo che dopo aver studiato a Torino è rientrato nell’azienda di famiglia fondata dal padre Giuseppe alla fine degli anni ’70.

L’estate ti porta inevitabilmente ad ”alleggerire” la portata delle bevute, così se in tavola arrivano generalmente meno piatti, se non portate uniche, o comunque più semplici, ecco che nel bicchiere si preferisce versare vini profumati e leggeri, anche con una discreta personalità e carattere, come questo Tramonti bianco duemiladiciannove ma che sappiano accompagnare il cibo senza affaticare il palato, senza appesantirne il pasto.

I primi passi dell’azienda risalgono a metà degli anni ’70 ma la svolta arriva nel 2000 quando Giuseppe Apicella comincia ad imbottigliare il vino (rosso) prodotto in zona che prima di allora veniva perlopiù venduto sfuso ai mediatori che ne facevano in larga parte Gragnano, tra i più diffusi e apprezzati vini campani non solo qui in Costiera e nel napoletano ma soprattutto dai numerosi ”compaesani” emigrati in giro per il mondo per le loro Pizzerie.

Poi c’è Tramonti, incastonato tra la montagna e il mare, immerso nei boschi, circondato dalla natura selvaggia a cui sottrarre pezzettini di terra per piantarvi Tintore, Sciascinoso e Piedirosso, se non Falanghina (qui detta Biancazita, ndr), Biancolella (sin. Biancatenera, ndr) Pepella e Ripoli. Chi c’è stato¤ non ha potuto far altro che constatare che luogo meraviglioso è questo per la vigna, quali emozioni straordinarie si provano nel camminare questi luoghi, queste terre, le vigne ultracentenarie immerse tra le montagne che sovrastano, imponenti, la Costiera Amalfitana.

Gli Apicella sono certamente in buona compagnia, qui ci sono ad esempio anche Gigino Reale e Alfonso Arpino¤, di cui trovate piena testimonianza dando uno sguardo alle storiche verticali del Borgo di Gete Qui e del Monte di Grazia rosso Qui, due tracce indelebili continuamente appetite dai “pasionari” del Tintore, ma c’è anche Tenuta San Francesco, quelli del Per Evaleggi Qui -, altra splendida realtà che produce uno dei vini bianchi più buoni prodotti qui a Tramonti.

Questo pezzo di Costa d’Amalfi rappresenta un territorio e una denominazione che vanno fermamente salvaguardati, oggi più che mai, per preservarne, con il successo commerciale, l’enorme valore culturale, sociale, identitario che qui rimane unico e irripetibile, grazie anche a vini bianchi come questi capaci di condensare in una manciata di sorsi tante suggestioni da godere con vero piacere, dei preziosi messaggi in bottiglia nel vero senso del termine.

Leggi anche Tramonti, Monte di Grazia rosso 2009 (e 2007) Qui.

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Leggi anche Tramonti, Costa d’Amalfi Per Eva 2009 Qui.

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Tramonti, Monte di Grazia rosso 2009 (e 2007)

7 febbraio 2012

Un breve refrain mi riporta agli appunti di più o meno un paio d’anni fa. Avevamo fatto un salto a Tramonti per avere contezza di quanto di buono si stesse facendo da quelle parti.

Di Monte di Grazia ne scrissi qui, e a più riprese pure in altre occasioni. Per quanto riguarda questo rosso, sul quale torno molto volentieri, ci eravamo lasciati con l’assaggio di un campione preso direttamente dalla vasca, suggestivo ma pur sempre prematuro; ci ritroviamo così intorno a un tavolo, riprovandolo, ancora en primeur, dopo un po’ di tempo in bottiglia. Alfonso Arpino, con Gerardo Vernazzaro che lo segue in questa avventura, stanno ancora pensandoci su per quando metterlo finalmente in circolo, ma frattanto che ci rimuginano, io ne approfitto per registrare ancora uno scatto in avanti di questo bel vino.

La franchezza è quella solita, il tintore si conferma vino di grande spessore e di estrema complessità, trasversale verrebbe da dire: il naso è un crocevia di piacevoli note olfattive, conserva ancora una certa vinosità ma soprattutto l’insistenza di sentori di piccoli frutti neri polposi, aromi di liquirizia, sensazioni appena accennate di sottobosco. Il sorso ne ha guadagnato parecchio, ricomponendosi in maniera efficace e sostenibile. La veemenza acido tannica va lentamente risolvendosi a favore di una tessitura nerboruta, fitta e di sostanza, imperniata però su una materia di primissimo pelo e molto succosa. Comincia ora a farsi bere.

E in attesa di un duemilaundici da leccarsi i baffi, ritorno invece volentieri anche sul 2007, annotando quanto in questo preciso momento mostri un profilo organolettico compiuto e affascinante. Conserva nerbo e fittezza ma il tempo gli ha dato modo di smussare per bene ogni spigolatura. La sontuosità del frutto rimane in primo piano e questi tanti mesi trascorsi dall’ultimo assaggio non fanno altro che confermare quanto ci abbiano visto lungo coloro i quali fanno di questa etichetta il “loro” tintore di Tramonti preferito: espressione talvolta molto schietta, a tratti sfuggente, austera, ma senza dubbio delle più autentiche in circolazione. Sarebbe ora di berlo, a trovarne ancora.

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Tramonti, Costa d’Amalfi bianco Per Eva 2009

26 agosto 2011

Ne abbiamo già raccontato qui¤; Tramonti è un luogo unico al mondo, suggestivo come pochi, da godere con occhi ben aperti e respirando a forza per portarsi via quanta più aria possibile. E’ vero, ti riempie il cuore!

Chi c’è stato¤ non ha potuto far altro che constatare che quanto dicevamo rappresentava solo in minima parte l’emozione, fortissima, che si prova nel camminare le vigne ultracentenarie immerse tra le montagne che sovrastano, imponenti, la costiera Amalfitana; quanto a noi, quello che abbiamo raccontato di Gigino Reale e Alfonso Arpino¤ per esempio, è già una testimonianza che ha fatto storia su questo blog: le verticali del Borgo di Gete¤ e del Monte di Grazia rosso¤ permangono due tracce indelebili continuamente appetite dai “pasionari” del tintore, mentre la recensione del primo Per Eva 2008¤ passatomi tra le mani, una delle più lette e assiduamente ricercate.

Luciano Pignataro¤, in questo¤ suo interessante post, parla addirittura di “miracolo del vino a Tramonti”; il fatto è che siamo indiscutibilemente di fronte ad un vero e proprio fenomeno enologico, tra i pochi così eclatanti registrati in regione nell’ultimo ventennio; e qui bisogna guardare, con sempre maggiore attenzione per godere del pieno successo del vino made in Campania senza scannarsi con l’annosa, dilaniante questione dei numeri. Certo, il territorio, la denominazione, vanno fermamente salvaguardati, oggi più che mai, per preservarne, unitamente al successo commerciale, l’enorme valore culturale, sociale, identitario, economico, che, come detto, qui rimane più unico che irripetibile.

Ciò che fa dei bianchi di qui veri “pezzi d’artiglieria” per la tavola sono anzitutto le vigne, alcune delle quali piuttosto vecchie e quindi caratterizzate da bassa produttività; starseti centenari allignati per lo più su terreni calcarei, di origine anzitutto vulcanica; poi vi è l’ambiente pedoclimatico che le circonda, particolarmente caratterizzante. In primis le forti escursioni termiche dovute all’altitudine, che in alcuni punti raggiunge i 500 metri sul livello del mare, e il triventum, i tre venti che rinfrescano costantemente tutto l’areale di Tramonti.

Se ne giovano in particolar modo anche le vigne di Gaetano Bove, non a caso i suoi vini bianchi risultano tra i più interessanti del circondario, giocati di sovente, come questo Per Eva, sull’uvaggio di falanghina, il vitigno bianco a maggiore diffusione in regione, ginestra e pepella (vedi foto), autoctoni a diffusione perlopiù locale; combinazioni tra l’altro interpretate in maniera impeccabile da Carmine Valentino. 

Il Costa d’Amalfi bianco Per Eva 2009 splende di un colore giallo paglierino netto con accennati riflessi dorati, vivo e cristallino. Il naso non è così ampio come il precedente duemilaotto, ma è solo questione di tempo; l’annata ha consegnato vini lievemente più austeri ed ermetici, ma di cui non si può non avere ottime aspettative; qui si colgono anzitutto note erbacee, seguite da sentori di frutta a polpa gialla come la pesca nonché continui ritorni agrumati, lievi ma decisivi. In bocca è fulgido, asciutto, fresco, balsamico, ci ritorni volentieri su a berne un secondo, poi un terzo bicchiere, ancor più saporito, minerale. Una bottiglia compagna ideale di certe sere di fine estate, affacciati al balcone a pensare, a contare le stelle e aspettare qualcuno che “…Angelo, è ora di andare”. E l’indomani partire. Ancora una volta.

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Tramonti, Monte di Grazia bianco 2009

24 marzo 2011

E’ decisamente complicato scrivere serenamente di vino quando praticamente a due passi da casa tua imperversa la guerra; eppure, nonostante l’aria appaia così pesante, è indubbio pensarlo, più difficile forse è renderne l’idea, butto giù qualche riga per rasserenarmi.

L’occasione è rappresentata “da due dita di bianco” lasciate in frigo in bottiglia aperta, più o meno per una settimana; un assaggio folgorante, ne rimango rapito. Vado così ricercando tra le righe di qualche vecchio scritto passato su questo blog conferma di quanto i vini di Alfonso Arpino¤ riescano, come e più di altri, costantemente a lasciarmi un segno profondo ad ogni bevuta, continuando inesorabilmente a sorprendermi per l’incredibile personalità che esprimono; Tramonti poi, con i suoi scenari, e il nuovo che avanza, fa indubbiamente la sua parte.

Il caso, ma non tanto per caso aggiungo, ha voluto oltretutto rimettermi dinanzi ad un assunto lasciato quasi volontariamente decantare per circa un anno, nonché ad una riflessione; in Campania ci sono luoghi del vino ancora troppo poco esplorati, che hanno sì necessità di essere portati alla ribalta della cronaca enologica, ma con attenta parsimonia; da un lato un patrimonio da salvaguardare, spesso non solo vitivinicolo, che subisce quasi, quell’impellente necessità di essere sempre più riconosciuto, valorizzato, per sfuggire alla confusione di un mercato dove continua a regnare sovrano l’aspetto economico a discapito di quello emozionale, e faccenda quasi tutta nostra, il profilo identitario del varietale piuttosto che quello territoriale. Poi l’incomprensibile, per i forestieri in particolar modo, frammentazione produttiva campana; certamente un valore assoluto, una biodiversità incredibile, come si potrebbe non pensarlo, eppure profondamente misconosciuta; e quando trattata, considerata in maniera troppo superficiale.

Il Monte di Grazia bianco 2009, nasce da uve biancatenera, ginestra e pepella, varietà autoctone allevate perlopiù in tutto il circondario della costa d’Amalfi ma che trovano qui a Tramonti una caratterizzazione davvero particolare, un areale avvicinabile per certi versi forse solo a poche altre regioni vitivinicole del mondo, capace di esprimere vini che coniugano una forza caratteriale incredibile, tipica per esempio di certi Chablis, e l’eleganza, magistrale, pari solo ad alcuni finissimi riesling d’Alsazia.

Poco più di milleduecento bottiglie – sia chiaro, da tempo esaurite, ma il duemiladieci che verrà presentato tra poche settimane non è certo da meno – per un vino simbolo del suo territorio; in cantina tutto il lavoro di vinificazione avviene in acciaio così da preservare tutto il carattere esuberante di uve che sembrano conservare nel proprio dna un animo rupestre difficilmente confondibile, tant’è che proprio con l’annata duemilanove si è deciso di utilizzare in fermentazione solo lieviti indigeni per non dissiparne il prezioso valore. Il vino esprime un bellissimo colore paglierino, decisamente cristallino. Il primo naso è esuberante, l’imprinting è indubbiamente agrumato con evidenti variazioni sul tema, dalla foglia di limone alla scorza di mandarino, con continui richiami di macchia mediterranea e nuances balsamiche; poi ci si rende conto di quanto possa fare solo del bene lasciare aprire questo vino, un ventaglio olfattivo marcatamente minerale prende il sopravvento segnandone una eleganza a dir poco stupefacente, una verticalità da brividi per un vino che, tra l’altro, garantisce con i suoi 12 gradi alcolici (il 2010 sarà 11,20!) una bevibilità incredibilmente esaustiva! Avete ancora qualche dubbio su quale bianco puntare per l’estate prossima?

Qui¤, qui¤ e qui¤ altre suggestioni su Monte di Grazia e Tramonti.

Luoghi, vigne e cantine nella memoria del tempo

4 dicembre 2010

Un omaggio, uno dei tanti, alla mia terra. Luoghi di memoria lunghissima fissati in immagini che non hanno tempo, un gioco, innocente, di mani poco esperte, tentano di offrirvele con un tocco di suggestione che non manca certo alla loro vergine naturalità. (A. D.)

Tramonti, località Madonna delle Grazie, una delle vigne centenarie di tintore di Tramonti di Alfonso Arpino. Forse il vigneto più suggestivo dell’areale da dove nascono vini di una autenticità a tratti imbarazzante. Conservare questa biodiversità vale da solo un encomio all’opera di uomo ormai totalmente assorbito dal suo sogno di vedere materializzati i suoi sentimenti per la sua terra.

Parco di Roccamonfina, località S. Carlo di Sessa Aurunca, Fontana Galardi. Luogo di dimora di uno dei rossi più preziosi partoriti dalla nostra terra, il Terra di Lavoro; Ambìto, ricercato, osannato, riposa in affinamento in questo locale ricavato nella storica cantina della bellissima tenuta di famiglia dei cugini Selvaggi-Catello. Arrivare qui è non volere più ripartire…

S. Castrese, Ager Falernus, vigne di aglianico. Sulla strada provinciale che discende dal vulcano spento di Roccamonfina si levano sino all’orizzonte impianti fitti e composti di nuovi insediamenti da vitigno autoctono. Il futuro è dietro l’angolo…

Altro luogo consacrato alla storia viticola della nostra amata Terra Felix, Falciano del Massico. Questa è una parte dei vari piccoli appezzamenti da cui nascono i vini di Antonio Papa, giovane e dinamico produttore in terra di Falerno di voluttuosi Primitivo dalla non poca capacità emozionale. Luoghi strappati all’incauta lenta memoria dell’uomo e consacrati alla storia!

Tramonti, verticale storica Monte di Grazia rosso

22 marzo 2010

Comunicare il vino, con tutto l’amore possibile! E’ una promessa che ho fatto a me stesso, che ho maturato negli anni, che ho consegnato, spero nella maniera più chiara possibile, attraverso i miei scritti: un approccio al vino, sano, condiviso, meticoloso, fruibile, che continuerò a sviluppare in tutti gli anni a venire.

Credo nelle belle persone che ho incontrato sulla mia strada, camminando vigne e girando cantine, stappando e assaggiando (tantissime) bottiglie, correndo (tanto di più) tra i tavoli dei ristoranti dove ho avuto la fortuna di lavorare rincorrendo clienti dei più diversi e, grazie a questi e ai loro buoni consigli, tante belle esperienze raccolte in giro, utili ad insegnarmi come stare al mondo, in questo mondo del vino che mi appassiona sempre più e che rispetto sempre di più.

Credo nei cronisti del vino, non nei guru, guardo con attenzione, talvolta con ammirazione e rispetto agli “industriali del vino”, quando per industriali s’intendono due, tre, a volte cinque/sei generazioni di viticoltori; e credo nei loro vini, sani, puliti, acquistabili e che sono stati, indiscutibilmente, da esempio e modello, anche di contrasto, per tanti produttori nati successivamente: ci pensate ad una Irpinia senza Mastroberardino o ai Campi Flegrei senza Grotta del Sole, alla Toscana senza gli Antinori o i Frescobaldi, la Sicilia senza i Planeta? Credo infine nella biodiversità, ma non quella che ci hanno voluto propinare, strumentalizzandone il senso, con tutte le sigle del mondo e le fisime del momento, biodinamico e controculturale compresi, bensì quella che rispetta l’originalità e ne preserva l’autenticità riconoscendo tutti i limiti ad essi legati, piccole produzioni comprese. Stiamo sempre parlando di vino, o no?

Il Monte di Grazia rosso di Alfonso Arpino è un esempio lampante di ciò che può essere, in maniera disarmante, il prodotto di un terroir specifico, di un uva, ai più misconosciuta, eppure non viene prodotto su Marte, o grazie alla luna, e nemmeno usando corni e bicorni, solo amore per la propria terra, intraprendenza tecnica indispensabile e tanta tanta passione.

Monte di Grazia rosso Campania igt 2003 L’inizio di tutto. Si potrebbe presentarlo come un gioco, un hobby da puro “garagiste”, o più semplicemente come un (in)cosciente tentativo di dare libero sfogo ad una propria idea di coniugazione dell’amor per la propria terra, fattostà che dalle vigne secolari di Madonna del Carmine parte con il raccolto 2003 l’avventura di Alfonso Arpino-vigneros: appena 3 dame da 54 litri, per allietare le domeniche del sempre austero inverno o come spesso è accaduto, da offrire agli amici più stretti. L’annata la si ricorda in generale per l’andamento piuttosto siccitoso nonchè per il tremendo caldo agostano, ma qui a Tramonti, per il tintore in particolare, è stata un’ottima annata: uve sane, ricche di frutto, giunte a piena maturazione senza particolari problemi. Il colore è affascinante, pare di un Taurasi della prima ora, decisamente virato su note granato-aranciate e limpido. Il vino possiede ancora una decisa consistenza, ne è testimone la poca trasparenza. Il naso appare inizialmente esile, e non ha, per tutta la sessione di degustazione, espresso particolare complessità, ma il varietale è pienamente riconoscibile, il timbro speziato è nitido, sottile ma continuo come i sentori di frutta secca e terra che si presentano man mano che il vino è rimasto nel bicchiere. In bocca è secco, l’ingresso è caldo e piuttosto compatto sino alla deglutizione, ha conservato un buon equilibrio gustativo e solo sul finale viene fuori una nota lievemente amarognola. Un vino sicuramente evocativo.

Monte di Grazia rosso Campania igt 2004 Annata difficile, particolarmente fredda, disarmonica come poche prima e nessuna dopo, uve con acidità senza freni e poco e nulla da contraltare. Colore tendente al granato, trasparente, quasi nebbioleggiante. Naso subito terziario, etereo, note smaltate, resinose, alla lunga anche note di cuoio ed il sempre presente speziato di pepe nero. In bocca è particolarmente asciutto, secco e caldo, tannino e acidità quasi a rincorrersi e del frutto poca corrispondenza, solo sul finale di bocca si aggiunge una nota lievemente minerale . Il vino meno espressivo della batteria, che di qui alla fine mostrerà note davvero esaltanti di un uva, il tintore, e di un vino, il Monte di Grazia rosso dal futuro certamente, per così dire, roseo.

Monte di Grazia rosso Campania igt 2005 Di nuovo una annata con temperature al di sopra della media, non certo alla stessa stregua del 2003 ma comunque calda. Il vino ha conservato una espressività encomiabile, il colore è rubino, è limpido e consistente. Il naso si esprime subito su note floreali ma soprattutto di frutta matura, delizioso il sentore di ciliegia ed amarena sottospirito e di piccoli frutti neri che si lasciano il testimone continuamente. Poi l’imprinting aromatico-speziato, un rincorrersi di sentori di pepe e di sottili note di origano. In bocca è secco, caldo, senza dubbio di buona struttura, il sapore pare accompagnato da decisa freschezza, con il frutto sempre in primo piano, lungo e persistente. Si potrebbe dire, come accennato, che proprio questa sia l’annata di riferimento per godere pienamente dell’idea di vino di Alfonso Arpino, un millesimo utile per chiudere il breve ciclo di sperimentazione e per aprire quella che sarà la chiave di lettura di ognuna delle vendemmie future, il territorio e l’uva prima di tutto, con l’uomo a fare la sua parte, integrante, fondamentale, per preservare la biodiversità del primo e l’integrità della seconda.

Monte di Grazia rosso Campania igt 2006 Tappa fondamentale per prendere coscienza dell’esperienza vissuta sino ad oggi in azienda, ma più in generale per tutto l’areale. Si inizia a percepire con maggiore interesse quel che di buono arriva dalle vigne di Tramonti e del suo tintore, anzi del suo Aglianico tintore. Gaetano Bove di Tenuta San Francesco inizia a far parlare di se e dei suoi vini, lui ha personalità da vendere ed i suoi vini eleganza sorprendente, il suo Per Eva su tutti, gli Apicella poco più in là raccolgono i primi (veri) consensi con il loro A’Scippata, vino misconosciuto ai più ma già un must per i frequentatori dei locali top della costiera; Gigino Reale tira fuori il suo secondo millesimo ma a tutti gli effetti il suo primo vero tintore Borgo di Gete, Alfonso Arpino consegna ai pochi, fedelissimi amici-clienti questo bellissimo vino che inizia ad esprimere in tutto e per tutto il carattere proprio di un territorio e di un uva straordinari, confidando in uno scenario futuro sempre così preservato e garantito. Il colore è rosso rubino vivace, appena un unghia violacea, limpido e poco trasparente. Il primo naso è molto fragrante, davvero interessante: floreale e fruttato in primo piano, ma al contempo sentori di lieve evoluzione e terziarizzazione, puliti, franchi, non senza quindi finezza ed eleganza. Frutta a polpa rossa macerata, poi pepe, onnipresente, poi ancora note balsamiche, sentori di cuoio e resina. In bocca è secco, caldo, di eccelsa freschezza e piacevolezza di beva da vendere, sapido. Da ricordare e rivangare ogni qual volta si è in cerca di un confronto (qui una precedente degustazione).

Monte di Grazia rosso Campania igt 2007 Tanto lavoro per evitare surmaturazione delle uve, poco tempo per verificare i possibili rischi di un’annata ancora una volta piuttosto calda, ma alla fine si è comunque ottenuto un buon risultato di integrità di frutto e complessità del vino. Il colore è rosso rubino, vivace, abbastanza consistente. Il primo naso è subito ampio e complesso, floreale e fruttato innanzitutto, poi tenui strascichi vegetali: come detto nonostante l’annata calda avrebbe dovuto consegnarci un vino succoso e dolce, si è tirato fuori un nettare delizioso e particolarmente equilibrato in tutte le sue sfumature, ne è testimone il gusto, che ha conservato un nervo acido discreto, un tannino sottile e ficcante, capaci di garantirgli uno spessore per niente scontato, rivolto certamente alla morbidezza ma preservando una beva fluida, briosa, a tratti copiosa ma non stancante. Ecco la mano dell’enologo, non la supposizione della conoscenza ma il polso della situazione, l’istinto di chi non ama fermarsi di fronte alle difficoltà.

Monte di Grazia rosso Campania igt 2008 Il Tintore di Tramonti è una varietà certamente particolare, e senza dubbio, preservandone al meglio le peculiarità, senza cioè cadere in quel vortice vizioso di voler piacere, per forza, a tutti, non mancherà di ritagliarsi un ruolo di primo piano sul mercato dei vini rossi campani e del sud Italia in generale. Il tintore però si accompagna di tanto in tanto ad un’altra varietà rossa tradizionale indigena, localmente chiamata O’Muscio, un uva certamente meno nobile, anzi, a sentirne parlare, del tutto sconsiderata, ma che in effetti, ci dice Alfonso Arpino, può avere, soprattutto in certe annate piuttosto fredde, un ruolo importante nel gioco degli equilibri acidi del vino. Ha buccia sottile, frutto lieve ma finissimi profumi e difficilmente sviluppa gradazioni alcoliche importanti, materia viva insomma per stemperare le velleità, soprattutto gustative, del tintore. Il primo naso è vinoso, frutto macerato in primo piano, anche una sottile nota vegetale, foglia di pomodoro, poi però riprendendolo a debita distanza si apre su note certamente più complesse, inchiostro, sentori quasi ematici, ed animali, cuoio. In bocca è secco, il timbro gustativo è prorompente, caldo e profondo, scivola in bocca con una certa persistenza gustativa, freschissimo, minerale, molto piacevole. Da segnare in agenda!

Monte di Grazia rosso Campania igt 2009 – campione da vasca – Lo scenario che si apre agli occhi dal porticato del casale di Monte di Grazia è di una suggestione incredibile, da qui si riesce a vedere, a 360° tutta la conca di Tramonti e nelle giornate normali, senza cioè la nebbia fitta che ci ha accompagnati per tutto il giorno, il mare blu della Costa d’Amalfi. Questa è la seconda casa di Alfonso Arpino, dalla fine della vendemmia, ogni anno, ci trascorre tutto il tempo libero dalla sua opera di medico condotto del paese, tra fermentini, pompe e le poche botti che si è riusciti ad incastrare nei piccoli locali ricavati nel vecchio cellaio al pian terreno. Come dire, non v’è “vin de garage” senza un vero e proprio garage! Il colore è nero-viola, puro inchiostro, praticamente impenetrabile. E’ curioso sapere, e ciò la dice lunga sulle peculiarità del tintore, che nonostante le raccomandazioni profuse dall’enologo Gerardo Vernazzaro, Alfonso (giura di essersene dimenticato) non ha inoculato il mosto con i ceppi di lievito per lui selezionati, pertanto, il vino così come lo peschiamo dalle vasche, ci arriva, si potrebbe dire, direttamente dalla vigna franco da ogni condizionamento “esterno”. Il naso è un effluvio di frutta macerata, poi sempre pepe nero, ma composto, integro, molto affascinante e suggestivo. In bocca si fa fatica a tenerlo a bada, è preponderante nella sua veemenza acido-tannica ma non potrebbe essere altrimenti in questa fase, buonissima materia prima e a detta anche dei convenuti, gran bella prospettiva!

© L’Arcante – riproduzione riservata

Gete di Tramonti, il Tintore di Gigino Reale

12 marzo 2010

“Mitico volto di un’essenza divina, nobile pianta, tutore della memoria, con i suoi lunghi tralci e gli alti festoni ricama le arcaiche trame del tempo”.

Basterebbero queste poche parole per descrivere la particolare suggestione che si prova una volta giunti in questo pezzo di terra strappato letteralmente alla montagna, intriso di vigne centenarie che rincorrono se stesse in un vortice a raggiera senza soluzione di continuità; Ho provato, con l’amico Gerardo Vernazzaro a seguirne qualcuno di questi tralci, ai primi quattro-cinque metri ci siamo fermati, e guardandoci negli occhi, con la pioggia battente sul viso, avremmo potuto pure piangere di sano stupore, nessuno dei convenuti se ne sarebbe accorto, ed invece abbiamo riso, come dei bambini irrequieti, di fronte ad una scoperta eccezionale, un museo antropologico della viticoltura, vivo, con in seno tutto ed il contrario di tutte le regole imposte dalla moderna vitienologia: qui termini come sesti d’impianto, densità dei ceppi e varie forme di allevamento sono del tutto fuori dall’ordinario!

Così affacciato dal muretto della statale per Gete sono rimasto rapito dal paesaggio: alla mia sinistra, poco sotto la sottile nebbiolina all’orizzonte, il mare di Amalfi, e qui di fronte, lungo tutto il costone che gira intorno sino ai boschi del valico di Chiunzi i pochi ettari di vigna abbarbicati sui pendii scoscesi assoggettati solo all’imponenza della montagna ed al corso del tempo: che spettacolo, da mozzare il fiato!

Il borgo di Gete è una piccola frazione di Tramonti, qui la famiglia Reale è storicamente conosciuta per l’Osteria omonima e per il forte legame che da diverse generazioni li lega alla terra ed alla viticoltura in particolare. Nasce così dopo anni di sperimentazione, che in verità possiamo sintetizzare nella storica mescita in Osteria, la formale valorizzazione della propria produzione, in particolare del Tintore, una varietà tipicamente locale, che possiede tratti caratteriali davvero unici: i grappoli sono generalmente conici e spargoli, propongono quindi pochi acini ma godono di una buona maturazione, favoriti certamente all’ottimo microclima capace di farli resistere per lungo tempo sulle piante senza nemmeno il pericolo di essere attaccati da muffe o che altro, addirittura sino ai primi di novembre, quando avviene generalmente la vendemmia.

Il vino che ne viene fuori è senza ombra di dubbio un esempio di biodiversità estremamente interessante e la cosa più sorprendente è che nonostante i pochi ettari dell’areale e solo quattro interpreti al momento (Apicella, Reale, Monte di Grazia e Tenuta San Francesco) quest’uva è già capace di esprimere vini con livelli di complessità ed unicità sorprendenti, conservandone, quasi gelosamente, in ognuna di queste interpretazioni, una spina dorsale di tal pregio comune a pochissimi altri vini rossi in Campania.

Questa la piacevole verticale storica organizzata per noi da Gigino Reale e suo fratello nella calda ed accogliente sala dell’Osteria Reale. Il Tintore Borgo di Gete nasce dalle vigne “Cardamone” e “Diana” piantate proprio a ridosso della borgata di Gete di Tramonti; Sono ceppi risalenti agli inizi del secolo scorso, piantati quindi tra il 1920 e il 1929, su piede franco e con esposizione ovest, nord-ovest. La vendemmia è generalmente svolta ai primi di novembre, il vino dopo una macerazione più o meno di quindici giorni in acciaio trascorre circa 18 mesi in botti di rovere ed almeno un anno in bottiglia prima della commercializzazione. Tutte le bottiglie sono state aperte a tempo debito, il 2008 invece è un campione prelevato dalla botte, il 2009 dalla vasca.

Colli di Salerno rosso Borgo di Gete  2005 Il colore è rubino con sfumature violacee, senza dubbio poco trasparente, indice di una buona materia estrattiva. Il naso è subito terziario, quindi caratterizzato da sentori che si sono sviluppati in bottiglia nel tempo limando i tratti caratteriali del varietale, pur non snaturandone l’imprinting. E’ intenso e complesso, subito speziato, tostato, etereo, vengono fuori uno dietro l’altro pepe nero macinato, caffè, corteccia. In bocca è secco, l’impatto gustativo rimane importante anche se di frutto, in senso stretto, ne rimane ben poco: è secco, con una acidità un tantino eccessiva e spinta anche da un tannino un po’ sovrastante, ne soffre la sapidità e l’equilibrio di bocca. Su piatti molto grassi o con notevoli succulenze.

Colli di Salerno rosso Borgo di Gete 2006 Il colore è senza soluzione di continuità, rubino netto, bello vivo, il vino è concentrato e scorre nel bicchiere con una precisa densità. Il naso è estremamente pulito, in prima battuta non si offre particolarmente complesso, ma la bellezza del tintore, carpita dagli assaggi comparati di oggi, sembra essere proprio quella di celare il proprio ventaglio olfattivo a chi non lo sa aspettare. Dapprima fruttato, polposo, sentori di piccoli frutti rossi e neri, mora, susina, poi di nuovo l’elegante speziato, più fine del precedente, sottile e persistente, che lascia di volta in volta il primo piano anche a frutta secca e sentori balsamici. In bocca è intenso, un vino deciso, strutturato, maturo, estremamente godibile; Il tannino pare risoluto, il nerbo acido è alla mercè della carica glicerica e se ne giova la beva, un vino ossuto ma voluttuoso, una vera goduria di vista, olfatto, gusto. Sul piccione, trovandone a proprio piacimento la variazione sul tema!

Colli di Salerno rosso Borgo di Gete 2007 Dal colore rosso rubino, qui molto concentrato, come l’inchiostro, praticamente intransigente alla trasparenza. Il naso è spiazzante, probabilmente ad effetto dell’annata decisamente più calda delle precedenti: è subito dolce, maturo, iodato. Appena dopo un soffio di ciliegia, vengono fuori in prima battuta note salmastre di cappero salato, poi sfumature balsamiche, liquerizia e ancora caramello, non senza la nota pepata, onnipresente. In bocca è secco, l’impatto gustativo è importante, del tintore tutto si può dire tranne che generi vini esili e beverini, e nel vino dei Reale la consistenza sembra essere una costante imperdibile. Anche qui il tannino è ben integrato ad un frutto polposo costantemente in primo piano per tutta la degustazione, la beva è sostenibilissima, accattivante e lascia il palato costantemente rinfrancato.

Colli di Salerno rosso Borgo di Gete 2008 Il colore viola è da manuale ma possiede una franchezza stupefacente, appare scontata come battuta, ma vi si potrebbe davvero dipingere una tela intingendovi il pennello nel bicchiere. Il naso è intensissimo e complesso, giocato tutto su sentori floreali e di piccoli frutti neri e rossi appena premuti: appena dopo una nitida sensazione di vinosità vengono fuori rosa rossa e viola, poi ribes, mirtillo, mora e senza farsi attendere oltre, il pepe in grani: note fittissime e deliziose. In bocca è secco, piuttosto caldo, decisamente lungo, intrattiene il palato con una trama gustativa appetibile e sostenibile. Buona la freschezza, l’acidità pare non potersi esprimere oltremodo che giustamente fusa al tannino e all’alcol. Qui riconosco la mano di Fortunato Sebastiano, e forse posso anche tranquillamente ammettere che è il vino che più mi ha impressionato in questa batteria, per la prontezza di beva ma anche per il carattere decisamente superiore ai millesimi precedenti, nonostante il 2006 non mi sia certo indifferente.

Colli di Salerno rosso Borgo di Gete 2009 Difficile trarre un profilo degustativo di un vino del genere in questa fase, ancora in vasca e con tanta strada ancora da fare verso la sua stabilizzazione. Il colore è il timbro del varietale, particolarmente consistente, il naso è freschissimo di polpa, propone ancora tracce di frutta macerata, quasi spiritoso. In bocca è tangibile una certa integrità di frutto e di consistenza acido-tannica, sicuramente una buona materia prima, un punto di partenza inossidabile per un vino senza ombra di dubbio da tenere nella più alta considerazione tra quelli della nostra meravigliosa Campania.

© L’Arcante – riproduzione riservata

Tramonti, Monte di Grazia Rosato 2009

11 marzo 2010

Diciamoci la verità, non abbiamo scelto la giornata perfetta per venire a scoprire Tramonti! La suggestione però era tanta, la voglia di venire a camminare queste vigne ultracentenarie incommensurabile; Le continue telefonate con Gerardo Vernazzaro per tastare il polso della situazione potevano far tranquillamente presagire un appuntamento mancato, ed invece no, ne è venuta fuori una giornata memorabile, e non solo per le “quintalate” di vento, freddo e pioggia che ci siamo beccati, ma per lo scenario fantastico in cui ci siamo immersi, per le persone che abbiamo incrociato, per i luoghi che abbiamo camminato e non di meno per i vini, alcuni superlativi, che abbiamo assaggiato.

Monte di Grazia è il piccolo eremo di Alfonso Arpino, medico condotto di Tramonti che ha trovato in questo piccolo casale la chiave di volta della sua vita futura, la profusione dell’amore per la sua terra ripagata dai frutti che essa genera e gli offre di anno in anno, con le stesse viti centenarie che ha avuto il coraggio di preservare invece che estirpare, come i primi enotecnici a cui chiese consulenza nel 2000, gli consigliarono. E’ persona dotta, nei suoi occhi la semplicità disarmante di chi sa ascoltare, nelle sue parole il linguaggio breve di chi ha conoscenza e la sa confrontare, Alfonso Arpino sa aspettare. E’ stato così che ha incontrato Gerardo Vernazzaro e l’ha convinto a seguirlo a Tramonti. Gerardo, per chi lo conosce, non ha freni, è un giovane metropolitano, dinamico, è tecnico preparato e curioso, quando non è assorbito totalmente dal lavoro tra vigne e vasche in Cantina Astroni – suo il grande merito per la crescita qualitativa dei vini negli ultimi anni, assolutamente indiscutibile, anche dai soloni dal curriculum lungo dalla testa ai piedi – è in viaggio tra le pergole in Trentino o immerso nei filari a Guyot del Collio (“i migliori bianchi d’Italia si fanno qui, ed io aggia capì”, mi ripete continuamente).

Così un giorno Alfonso si presenta da lui in cantina, gli porta un paio di bottiglie di tintore e gli chiede un giudizio. Dopo qualche settimana si risentono, l’enologo è rimasto incuriosito dai vini bevuti ma ammette di non essere preparato sul varietale per potergli indicare la retta via; Il dottore non fa una grinza, lo ringrazia, ma lo invita, prima di rinunciare del tutto, ad andarlo a trovare a Tramonti, a camminare con lui la vigna di Madonna del Carmine: “Non esistono parole per descrivere quel momento, è come se avessero offerto ad un bambino la possibilità di giocare all’infinito con il suo giocattolo preferito, mi lacrimavano gli occhi dalla gioia di ciò che vedevo”. Così pare quadrare il cerchio, la musicalità melodica, soave, solo a tratti ondeggiante, del progetto del dottore Arpino si arricchisce di quel carattere necessario, di quel jingle fondamentale per raggiungere una orecchiabilità maggiore, che tradotto in vino è vivacità espressiva, in costante crescita, che soprattutto nel Monte di Grazia rosso (di cui racconterò a breve) è quasi danzante negli ultimi millesimi, 2008 e 2009 in particolare.

Il Rosato 2009 invece è l’arma dolcemente letale per rimanere poi rapiti dalla profonda mineralità del bianco e dalla croccantezza del rosso di cui sopra. Nasce da uve tintore e solo in piccola parte con aggiunta di piedirosso e o’muscio; Quest’ultima è una varietà tipica locale a bacca rossa, di profilo molto tenue, dalla buccia praticamente inconsistente e capace di gradazioni alcoliche molto limitate, viene utilizzata, storicamente, soprattutto per stemperare la veemenza acido-tannica del tintore, e nel caso di questo rosato, ci riesce davvero alla grande. Il primo naso è fragrante di fiori e piccoli frutti, quando si racconta dei sentori di rosa canina e lampone si potrebbe pensare, in futuro, a questo vino per insegnarne gli archetipi. Non lascia scampo anche in questa versione molto light la sottile nota pepata caratterizzante l’uva rossa di Tramonti, viene fuori però in maniera molto elegante, a latere di un bouquet affascinantissimo, solo dopo un’attenta ossigenazione; I bocca è secco, piacevolmente caldo, i 13 gradi (e venti) sono perfettamente in equilibrio con la trama acida, palato finemente minerale, corroborante e rinfrancante, per tutta la beva, sulla fine della quale ritorna una nota di frutto estremamente gradevole e persistente.

Ecco cosa cerco quando, lo ammetto, solo di rado, ho voglia di bere un rosato, ecco però cosa consiglierei di non far mancare mai in cantina per conquistare l’avventore di turno voglioso di semplicità ma con fascino, per colpirlo magari nell’immaginario raccontandogli di una terra, un uva e persone straordinarie proponendogli un vino delizioso del quale, statene certi, non potrà che conservare un ottimo ricordo. Provate ad immaginarlo anche sul più semplice dei piatti di Alfonso Caputo della Taverna del Capitano seduti in veranda sul mare di Marina del Cantone, siamo forse troppo campanilisti?

Questo vino è il nostro vino rosato dell’anno.

Tramonti, suggestioni invernali… a primavera!

10 marzo 2010

Nonna Lucia, madre di Luigi (co-fondatore con Gaetano Bove di Tenuta San Francesco) intenta con la raccolta della Pepella, una delle tante donne della vigna a cui si deve forse la conservazione della viticoltura qui a Tramonti. Sino a pochissimi anni fa da qui si partiva per emigrare per mete più fortunate, spesso oltreoceano, e difficilmente si ritornava. Ecco che la vigna come gli allevamenti di bovini divenivano lavoro per le donne e gli anziani in particolare, molto restii a lasciare la loro terra di origine. (foto di Gaetano Bove)

Arriviamo con la nebbiolina e con una incessante pioggia, sarà così per tutta la giornata. Un tempaccio però che nulla toglie alla suggestione di un territorio straordinario come quello di Tramonti, ed alla bontà delle persone che poi abbiamo incontrato.

Località Madonna del Carmine, uno dei tralci ultracentenari di tintore nella vigna di Alfonso Arpino, Monte di Grazia. E’ incredibile la sostanza di un ceppo che in qualsiasi altro posto del mondo avrebbero estirpato da tempo, non qui, non dove sono patrimonio storico inestimabile.

Gete. Veduta dai filari della famiglia Reale, anche qui abbiamo incontrato persone di grande disponibilità, e bevuto il rosso Borgo di Gete di Gigino Reale, un grande vino, dal valore simbolico e dal grande fascino gustolfattivo. L’impegno comune è quello di ritornare a primavera inoltrata per pranzare all’Osteria, che ci dicono avere una cucina di grande qualità.

A Tramonti sotto l’acqua e col vento…in faccia!

10 marzo 2010

Metti un giorno a Tramonti, alcuni Amici di Bevute a camminar le vigne, a caccia di tintore. Non pensate però di ritrovarvi col solleone e con la sottile brezza della vicina Costiera Amalfitana a rinfrescarvi dal caldo: abbiamo preso tanta di quell’acqua e di quel freddo che nemmeno il capitano Findus se li può sognare!

Valichiamo il passo di Chiunzi in perfetto orario, sono circa le dieci e mezzo quando ci incontriamo a Tramonti; Lungo il viaggio, in macchina, con l’enologo Gerardo Vernazzaro abbiamo cercato di fare il punto della situazione, un preambolo necessario a prepararci all’incontro con un luogo e con dei vini necessariamente da vivere e bere qui per rendersi conto pienamente del valore e del significato che portano dentro di loro. Arriviamo a Tenuta San Francesco verso le undici, ci accoglie Gaetano Bove, inizia a piovere a dirotto, si alza un vento freddo, gelido e ficcante, ci spostiamo nella piccola cantina dove il mentore del Per Eva ci racconta la sua storia, la sua vocazione fortemente motivata da origini indelebili e del progetto dell’azienda che senza dubbio sarà in futuro il passpartout per far arrivare Tramonti ed i suoi vini in tutto il mondo. Riusciamo, dato i tempi strettissimi, a “sentire” solo due vini curati dall’enologo Carmine Valentino, che nel frattempo ci ha raggiunti nella piccola bottaia. E’ Iss 2007, tintore in purezza che uscirà però sul mercato solo dopo l’estate ed il 4 spine 2007. Non possiamo, ahinoi, accettare l’invito di Gaetano a rimanere a pranzo, ci aspetta di lì a pochi minuti, Gigino Reale a Gete.

Arriviamo così all’Osteria Reale, Luigi detto Gigino ci aspetta con il fratello nell’accogliente sala del ristorante di famiglia preparata per l’occasione per intrattenerci (finalmente al caldo) per la verticale del suo tintore, fuori continua a piovere, a tratti a neve, ed il freddo è ancora più incisivo data l’altitudine. Il senso dell’ospitalità che amano profondere certe persone è impagabile, come il senso di un vino, il Borgo di Gete che è un patrimonio affettivo prima che storico di uno dei luoghi più suggestivi della Costa d’Amalfi.

Così lo abbiamo inteso condividendolo con due persone eccezionali, e Gigino in particolare ci è apparso una di quelle persone che non smetteresti mai di invitare a casa tua, tale è la sua spontaneità, tale la sua capacità di interazione che da Tramonti e dal tintore ci siamo ritrovati all’improvviso persi tra Silvia Imparato, i giornalisti e finti tali e le poche regole che non debbono mai mancare nei rapporti umani, tra cui il rispetto delle persone innanzitutto. Così tra l’ottima mineralità dell’Aliseo e l’occhietto ammiccante del Cardamone ci siamo deliziati con tutte le annate dal 2005 al 2009 del Borgo di Gete, tracciando una prima linea caratteriale, a dir poco sorprendente, di questo intrigante vitigno autoctono di Tramonti tutto da scoprire.

Abbiamo certamente sforato con i tempi, ma poco importa, ci lasciamo Gete alle nostre spalle e ritorniamo giù per andare a dare una occhiata alla cantina Monte di Grazia di Alfonso Arpino, lungo la strada una sosta, doverosa, al vigneto “Madonna del Carmine” dove è letteralmente “da lacrime” ammirare le decine di viti ultracentenarie di tintore che s’intrecciano a raggiera a disegnare un paesaggio fantastico, certamente fuori da ogni regola vitivinicola sostenibile e fuori da ogni esperienza-ricordo vissuti sino ad oggi. Continua a piovere a dirotto, continua a fare un freddo tagliente, sembra quasi che il tempo ci metta alla prova. Risalire però quest’altro lembo di costone ci lascia ammirare una cartolina di una suggestione unica, adesso la vista sull’areale è praticamente assoluta, l’acqua ha reso incredibilmente splendente il verde delle colture di sovescio che riluccicano ai piedi dei grossi tralci di vite che disegnano traiettorie apparentemente senza mete ma che invece consegnano un colpo d’occhio, geometrico, folgorante, inimmaginabile.

Vorrei poter conferire con il sindaco di Tramonti per lasciargli capire, se ce ne fosse mai bisogno, dell’inestimabile patrimonio che si ritrova tra le mani la sua comunità e sensibilizzarlo invece, urgentemente, anche costringendolo in qualche modo, a rimuovere l’ammasso di ferraglie (materiale di risulta, auto dismesse, baracche) che fanno da sfondo, ahimè, a tutto questo bel vedere. In cantina Gerardo Vernazzaro, con cui abbiamo messo su questo appuntamento, ci lascia assaggiare l’ultima vendemmia dei vini di Alfonso, dapprima il freschissimo Monte di Grazia bianco, poi il delizioso rosato ed infine il tintore, davvero impressionante in questa fase il colore inchiostro, il naso variegato e l’imprinting gustativo semplicemente superbo.

Ci spostiamo poi a casa degli Arpino, nel centro storico di Tramonti dove ci attende la signora Anna, col focolare acceso ed alcune prelibatezze che però mangeremo solo dopo la storica verticale di Monte di Grazia rosso, dalla primissima annata 2003 sino all’ultima già in bottiglia, il 2008, che avrà però ancora un paio di anni da maturare prima di vedere la via del mercato. Tutto questo però è un’altra storia, che riprenderò a breve.

Un ringraziamento agli Amici di Bevute che ci hanno seguito, con Gerardo Vernazzaro, in questa bella avventura piovosa, fredda ma forse proprio per questo particolarmente suggestiva, unica nel suo genere (speriamo!). Un ringraziamento infinito a Gaetano Bove e alla sua famiglia, al grande Gigino Reale (!) e al dott. Alfonso Arpino, la moglie Anna e la figlia Olivia: certe volte riusciamo ad essere molto rumorosi, ma solo con le persone che stimiamo particolarmente!

Tramonti, Amici di Bevute a caccia di Tintore

6 marzo 2010

Amici di Bevute

professional

Martedì 9 Marzo, ore 9,30

una giornata a Tramonti a caccia di Tintore

Con gli amici Gerardo Vernazzaro e François Di Domenico abbiamo pensato ed organizzato questa giornata evento dedicata gli amici sommeliers di alcuni tra i più prestigiosi ristoranti della Campania, a caccia di Tintore (e dei vini bianchi) di alcune delle più piccole realtà vitivinicole della Costa d’Amalfi più alta, da promuovere e comunicare con maggiore cognizione di causa anche (soprattutto) in quei luoghi, spesso vetrine internazionali, dove questi vini alcune volte possono soffrire di poca visibilità anche per le sole questioni legate alla loro pronta reperibilità. 

E per questo che abbiamo chiesto a Gaetano Bove dell’azienda agricola San Francesco, Alfonso Arpino dell’azienda agricola Monte di Grazia  e Luigi Reale dell’azienda omonima situata nel fascinoso Borgo di Gete, di aprirci le porte delle loro cantine e farci assaggiare i nettari prelibati di questo piccolo lembo di terra letteralmente strappato alla montagna dove si coltiva una viticoltura a dir poco eroica.

L’evento è completamente gratuito, per chi ancora volesse accreditarsi (solo sommelier professionisti) può farlo inviandoci una mail a larcante@libero.it con nome, cognome e luogo dove si presta la propria professione. Muoveremo con mezzi propri, seguirà nel primo pomeriggio, per chi lo volesse, pranzo informale all’Osteria Reale di Tramonti. 

Comucare il vino, con tutto l’amore possibile! Conoscendo, si può.

Angelo Di Costanzo

Costa d’Amalfi, a Tramonti con Furore

30 novembre 2009

Vecchie vigne lungo i pendii di Tramonti, sistema a raggiera, ottimizzazione degli spazi 

In cantina nella piccola bottaia dell’azienda Agricola San Francesco a Tramonti

                         Aglianico-Tintore in piena maturazione in Costa d’Amalfi, di là solo il mare…

La Cantina di Marisa Cuomo ed Andrea ferraioli a Furore, altro cru amalfitano


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