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Brunello di Montalcino 2004 Pian dell’Orino

17 dicembre 2018

Ci sono storie, vini e persone che rimangono per sempre. Abbiamo a lungo raccontato di loro qui su queste pagine, Caroline e Jan Endrik ne hanno passate tante per strappare qui in Toscana quel minimo sindacale di credibilità che si deve a chi ha stravolto la propria vita pur di inseguire un sogno.

Forse anche per questo i loro vini, il loro Brunello anzitutto, sono diventati in pochi anni dei riferimenti assoluti di questo pezzo di storia del vino naturale italiano, vieppiú per chi va alla ricerca di piccole grandi storie dentro e fuori una bottiglia.

Pian dell’Orino è collocata in uno dei posti più suggestivi di Montalcino, praticamente con vista sulla Tenuta Greppo dei Biondi Santi¤ ma ciò che rende unica questa etichetta è quell’imprinting che Caroline e Jan hanno deciso di dare ai loro vini, definitivamente puri, vivi, inconfondibili. L’ideale li tiene strettamente confinati ai rigidi protocolli naturali, in vigna la cura biologica della piantagione è maniacale, assumendo un ruolo centrale, mentre in cantina, con una manualità essenziale e moderna al tempo stesso si riesce a garantire vini che oltre ad una loro spiccata autenticità riescono, tanto il Brunello quanto i loro vini cosiddetti minori come il Piandorino e il Rosso di Montalcino, ad esprimere una integrità di quelle che rimangono ben fisse nell’immaginario tanto da regalare bevute indimenticabili.

Solo per questo di tanto in tanto vale la pena tornarci su e lasciare traccia dei loro vini, un grande esercizio per chi ama queste terre e i rossi qui prodotti che consegnano sempre esperienze di grande valore emozionale. Per questo ci siamo privati dell’ultima bottiglia di Brunello di Montalcino 2004 in cantina ma senza alcun rimorso, questi vini continuano a tracciare un solco incredibile tra i pregiudizi sul biodinamico e la perfezione stilistica dipinta da molti come irraggiungibile per i cosiddetti vini naturali. Ad avercene per farne lezione.

Un Brunello questo duemilaquattro a dir poco straordinario, l’impronta è incredibilmente vivida ed espressiva, il colore rubino non ha alcun cedimento se non una limpida trasparenza appena aranciata sull’unghia del vino nel bicchiere. Il naso, a quasi tre lustri di distanza è rimasto profondamente varietale con note tostate appena accennate e terziari che vengono fuori solo alla distanza, tra l’altro senza incidere particolarmente, disegnandone così un quadro olfattivo chiaro e didascalico che gli rende fascino, suggestione, notevole complessità. Il frutto ha conservato tutta la sua polposità, il sorso impressiona per equilibrio e sapidità, lunghezza ed ampiezza, nel bicchiere ritroviamo insomma una bevuta di rara autenticità.

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© L’Arcante – riproduzione riservata

Intervallo. Montalcino, Tenuta Greppo

11 gennaio 2012

L’Arcante Wine Award® 2011, The very best of

19 dicembre 2011

and the winner is…

 

Asprinio d’Aversa Spumante Extra Brut s. a. Riserva Grotta del SoleCerti vini per conquistarti definitivamente debbono avere anche dell’altro. Questo mi son detto, decidendo ad occhi chiusi di premiare questo buonissimo metodo classico italiano. Ha tutte le carte in regola il vino: luminoso, brillante, vivace e complesso al naso come vibrante e lungo al palato. Certo, è puro campanilismo, e intelligenza suggerirebbe che non può ancora competere con certi mostri sacri italiani, però mi domando: chi altri può vantare la sua storia, quale metodo classico conserva una memoria, oltre che un gusto, così profondi da perdersi nella notte dei tempi? Suvvia care Guide, ogni tanto un po’ di coraggio.

Collio Sauvignon de LaTour 2008 Villa Russiz, perché è indiscutibilmente uno dei più buoni sauvignon mai bevuti prima d’ora, più buono anche dello stesso del 2009 che a sentir molti autorevoli addetti ai lavori se la gioca e stravince alla grande pure con i più blasonati cugini blanc fumé della Loira.

Toscana Rosato del Greppo 2008 Biondi Santi Nel link qui appena segnalatovi trovate traccia del 2007; ma il 2008, bevuto praticamente in anteprima lo scorso febbraio proprio in compagnia di Franco Biondi Santi e riassaggiato più volte di recente, conferma quanto al Greppo certe cose o vanno come devono andare oppure non se ne fa proprio nulla; rosato sì, ma con tutta l’anima del più nobile dei sangiovese di questa storica tenuta nel cuore di Montalcino, ottenuto mediante salasso e senza macerazione alcuna sulle bucce: il risultato? Semplicemente eccezionale!

Amarone della Valpolicella 2007 Le Vigne di San Pietro. Ok, va bene, può risultare ripetitivo premiare per due anni consecutivi come miglior rosso passatoci per mano un vino della Valpolicella, però credetemi, dinanzi a questa bottiglia, non c’è da porsi riflessioni del genere bensì chiedersi dove correre a comprarne ancora una. Un vino questo che per voluttà, equilibrio e franchezza ma soprattutto, visti i tempi, dal prezzo onestissimo. Vi farà riconciliare con l’Amarone. Un grande vino davvero!

Campania rosso passito Fastignano 2008 Papa. Eh si, va detto: non so quanti hanno avuto la fortuna di berlo questo vino, prodotto com’è in appena un migliaio di unità; ma una cosa è certa, è stata una delle più gradevoli e sorprendenti novità di quest’anno passataci per mano. Un rosso dolce, da uve primitivo di Falciano del Massico, di inaudita profondità ed equilibrio gustativo.

Pauillac Grand Vin de Latour 2004 Chateau Latour. Sua maestà “il vino”, sua altezza “l’eleganza”, bontà sua. Cosa aggiungere? Null’altro che una preghierina: confido o mio signore sempre più benevolo nel buon samaritano di turno, per poterne godere ancora di certi vini, assolutamente, definitivamente impossibili da raggiungere altrimenti.

Diego Molinari/Cerbaiona, Montalcino. Una delle ragioni di tante scorribande in giro per l’Italia a camminar le vigne è anche questa: poter dire “si, io l’ho conosciuto, io c’ero”. Eravamo seduti intorno a un tavolo, tre amici, con lui sua moglie Nora. A casa loro. Almeno tre giorni per organizzare la cosa, incluso la più classica delle telefonate dell’ultim’ora con preventiva disdetta in caso di ritardo. Poi invece son bastati due secondi, appena due dita di vino, per sciogliere la tensione e portarci per mano nel bel mezzo degli ultimi trent’anni di storia del vino a Montalcino. Grazie Comandante!

Prof. Luigi Moio, Consulente/Az.Agr.Quintodecimo. Fermi tutti, sale in cattedra il professore Moio. Non ho scritto tanto di lui e dei suoi vini quest’anno, anzi, forse giusto un paio di annotazioni. Apposta. Il meraviglioso lavoro di Luigi (e Laura), soprattutto in quel di Mirabella Eclano a Quintodecimo, andava per un po’ ammirato con distacco. Era necessario farlo, era importante capire senza per forza insistere. Bene, chi ha il piacere di conoscerlo Luigi Moio, o ha avuto anche solo  il piacere di bere quest’anno almeno uno dei vini bianchi 2009 di Quintodecimo, se ne farà subito un’idea del perché di questo premio (l’Exultet 2009 per esempio, è stratosferico!), e ci darà senz’altro ragione. Agli altri, quelli che non lo capiscono, beh, non resta che continuare a rosicare.

 

Franco Biondi Santi.  La motivazione? Bene, ve ne do almeno un paio: “a quei tempi la colla per le etichette veniva fatta con la farina del grano. L’inconveniente era che seccava molto lentamente, per cui era necessario tenere le bottiglie tutte in piedi e, per ordine di mio padre, perfettamente allineate. Capitava talvolta che l’allineamento presentasse una curva, ce ne accorgevamo non appena Tancredi esclamava <<oggi è tirato vento…!>>.

“Sono nato al Greppo nel 1922, ho cominciato nel 1930 a lavorare in cantina e la mia prima vera vendemmia fu quella del 1940. Nessun agricoltore in tutta la Toscana ha come me sulle spalle sessantanove vendemmie, eppure sono in molti oggi a parlare di vino”.

I brani citati sono tratti da “Questa è la mia terra” di M. Boldrini, Bruno Brucchi, Andrea Cappelli, © 2009 Protagon Editori; trascritti qui praticamente a memoria. Conserverò questo libro con dedica autenticata come una delle più preziose esperienze di vita legata al mondo del vino della mia vita. E con questo riconoscimento, per quel che vale, Angelo Di Costanzo, con stima, ricambia.

Queste le nominations selezionate. Ora tocca a voi decidere da che parte stare!

Verticali e Orizzontali

20 luglio 2011

Una settimana all’insegna dell’enigmistica, quella disegnatami da amici poco amici – in preda a tautologia compulsiva -, da avvenimenti che val la pena buttare subito alle spalle nonché da algoritmi incomprensibili, quelli che regolano il mondo 2.0, per me ancora troppo lontani dall’essere colti. Mi rimane da fare quello che son capace di fare: bere e raccontare.

Ci sono occasioni nelle quali ci si domanda cosa portare in tavola: fa caldo, tremendamente caldo, eppure bisogna rimediare con qualcosa. E’ il caso di magiare leggero, talvolta piatti freddi senza fronzoli né ambizioni particolari; un pomodoro, forse due, una mozzarella – o perché no -, dei filetti di tonno di quelli seri, una manciata di rucola, un filino d’olio extravergine e via così. Beh, semmai ci scappasse un tentativo – di quelli seri però – di vitello tonnato saremmo, come si dice, a cavallo; ma chi s’accontenta, si sa, gode lo stesso.

Opportuno non trastullarsi troppo per la scelta del vino, ma chi ha un pizzico di malizia non può non tentare l’asso nella manica, un rosato di quelli per niente banali da trattare oltretutto con i guanti: una scelta arguta, una giocata d’astuzia; un rosato color buccia di cipolla, delicato, esile a prima vista, ma fino e verticale nei profumi quanto nella vivace e ficcante beva. Quando bello fresco. No, non è affatto magro come si può pensare, qui il sangiovese è di quelli di primissimo piano, minuto ma di grandissima levatura, tanto da avere bisogno di stare a lungo in bottiglia, dice Franco Biondi Santi. Per contro rimane per poco, molto poco, nel vostro bicchiere. Si pensa al Rosato di Toscana Tenuta Greppo 2007 di Biondi Santi.

Invece certe sere a cena ti toccano piatti solidi, compositi, verrebbe da definirli variegati oltre che variopinti; vengono in mente linee orizzontali attraverso le quali si distendono moltitudini di profumi e sapori importanti ma non decisivi gli uni sugli altri; uno spartito complesso ma non di difficile esecuzione. Piatti ruvidi, talvolta salsati, che offrono spigolature accentuate pur senza eccessi sofisticati.

Si ha bisogno quindi di un vino florido, grasso, magnifico nel suo ego ma non raccapricciante per personalità; un rosso ricco, abbondante, copioso di frutta macerata e spezie fini, ferace di sensazioni uniche e votato a conquistare la pienezza gustativa, non necessariamente la profondità. Un sorso quasi principesco, snob per qualcuno, maledettamente efficace per altri; un bere disincantato prosperoso, robusto, quasi ammiccante. Si parla di casavecchia e pallagrello nero, in parte surmaturi, del Terre del Volturno Vigna Piancastelli 2008 di Terre del Principe.

…e venerdì 24 Giugno a L’Olivo c’è Biondi Santi

16 giugno 2011

Nuovo appuntamento imperdibile a L’Olivo con la cucina d’autore e la storia del vino in Italia: protagonisti assoluti venerdì prossimo 24 giugno saranno due ospiti eccezionali, Luciano Zazzeri, chef e patron del ristorante La Pineta di Marina di Bibbona e Jacopo Biondi Santi, in rappresentanza della omonima storica azienda montalcinese che ha letteralmente inventato il Brunello di Montalcino (e non solo).

Il mare di Capri quindi, la strada dei fortini, pervasi e percorsi dalla brezza marina della costa toscana e dalla suggestione unica di terre nobili e radicate nella tradizione enoica come solo quella di Montalcino può vantare di avere; insomma, l’isola azzurra come vero e proprio crocevia sulla via enogastronomica d’autore.

A lui, allo chef-pescatore di Marina di Bibbona,  toccherà deliziare i palati con un Millefoglie di baccalà mantecato con vellutata di porro, un chiaro omaggio alla sua e alla nostra tradizione, quindi il piatto che forse più lo rappresenta, il mitico Caciucco della Pineta.

Andrea invece, con i piedi ben piantati in terra, si cimenterà con le Eliche con ragù di bufala, cipolla rossa e pecorino di fossa, un secondo di pura succulenza, lo Stinco di vitello con carciofi glassati e purea di patate al limone e, sul finale di serata, una delicata divagazione sul tema dessert con una sua personalissima Variazione di Provolone del Monaco. 

Con noi, a raccontare la sua terra, la storia ed i vini che hanno accompagnato l’epopea dei  Biondi Santi nel mondo, Jacopo Biondi Santi in persona. Si comincerà con il suo Morellino di Scansano 2008 di Castello di Montepò, in cantina, come benvenuto; poi, con tutta la suggestione delle parole di Franco che idealmente ci raggiungeranno durante la cena, verranno serviti il Rosato del Greppo 2007 – vino a lui carissimo e dedicato a sua moglie -, il Rosso di Montalcino 2007, il Sassoalloro 2008 e, a chiudere – non poteva essere altrimenti – il Brunello di Montalcino Tenuta Greppo 2005. L’evento è naturalmente sold out! già da tempo, ma era comunque doveroso segnalarvelo come tutti quelli passatifuturi di questa stagione! 

Per informazioni dettagliate e prenotazioni per i prossimi eventi in programma, non esitate comunque a contattarci.
Capri Palace Hotel & Spa
Ristorante L’OLivo
Via Capodimonte, 14
80071 Anacapri – Isola di Capri – ITALIA
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Brunello di Montalcino 2006 Pian dell’Orino, piccolo capolavoro in perfetto stile naturale!

10 febbraio 2011

Come innamorarsi ancora una volta di un vino o di un’azienda? Ve lo spiego io, avere la fortuna di incontrare e lasciarsi prendere letteralmente per mano da persone come Caroline Pobitzer e Jan Hendrik Erbach!

Pian dell’Orino conta circa 6 ettari di cui almeno tre intorno alla casa-cantina, a due passi dalla Tenuta Greppo di Biondi Santi con la quale sono confinanti; sono piantati con una densità di impianto di 4.500 piante/ha dalle quali si ottiene mediamente una resa massima che a seconda dell’annata si aggira fra i 30 e i 60 qli. La biodiversità qui è un valore assunto ineludibile, e per incrementarla nelle vigne, viene praticato costantemente un sostanzioso inerbimento con semi di leguminose, graminacee, cereali ed erbe officinali – queste ultime tra l’altro utilizzate per le tisane somministrate per rafforzare il loro sistema immunitario – cercando di creare così un ambiente favorevole allo sviluppo di popolazioni variegate di insetti, rettili, volatili e piccoli animali utili all’incremento della vitalità del terreno ed alla competizione biologica verso parassiti nocivi.

In cantina, non vengono perseguite tecniche invasive durante la fermentazione che è assolutamente lenta e spontanea, con fermenti indigeni e quindi non inoculati utilizzando colture batteriche commerciali, le varie pratiche di decantazione avvengono per caduta naturale seguendo i diversi livelli su cui è costruita la cantina – essenziale, senza cioè nessun viaggio introspettivo architettonico, e tra l’altro perfettamente integrata nel paesaggio, ndr – mentre per i vini non v’è chiarifica se non la naturale precipitazione dei depositi; è praticamente inconsistente l’uso della solforosa, “affinché si riesca a garantire al vino piena salubrità ma anche che rimanga perfettamente digeribile”, dice Jan.

La produzione prevede essenzialmente tre vini, il Piandorino, un rosso giovane, da consumare velocemente e che esce come igt, un Rosso di Montalcino, di cui però ne parlerò specificatamente in un prossimo post, avendone portato via qualche bottiglia ad uso, per così dire personale, ed un Brunello di Montalcino propriamente detto, che nelle migliori annate, come proprio la 2006, bevuta praticamente in anteprima, rappresenta un vero e proprio piccolo gioiello di vino-frutto e ficcante mineralità; proprio con questo millesimo tra l’altro, il prossimo anno uscirà anche, per la prima volta, una Riserva, con le uve raccolte perlopiù a pian Bussolino e Cancello Rosso in località Castelnuovo dell’Abate, tra i più vocati del territorio. Il colore di questo sangiovese riappacifica con la tipologia, è bello, vivo, profondo. Il primo naso è un effluvio di piacevoli sensazioni varietali che lentamente lasciano la scena a sottili note tostate e terziarie che vengono fuori a rendere complessità ad un timbro olfattivo già di per se intenso e verticale. Il frutto, polposo, croccante è in primo piano anche in bocca, il percorso di invecchiamento, il legno per intenderci, incide poco o nulla sulle primarie sensazioni gustative, è assolutamente ben fuso, tutt’uno si direbbe, con la materia.

Un aspetto che impressiona di questo vino, che lo rende cioè pienamente godibile sin da ora, è la spiccata sapidità che chiude il finale di bocca dopo l’importante impronta acido-tannica che gradevolmente pervade il palato al primo sorso, poi giustamente ammantata da un altrettanto importante apporto glicerico. E l’eleganza, commista alla finezza dei tannini. In definitiva un vino sul quale si possono tranquillamente aprire le scommesse sulla sua durata nel tempo ma del quale, a me personalmente, interessa quanto, e più, riesce a garantirmi oggi, una volta stappata la bottiglia: da quel che ho bevuto, puro, significativo ludico piacere. Che l’annata in questione sia forse la migliore dell’ultimo lustro non v’è dubbio, ne abbiamo avuto oltretutto conferma bevendo altre signore etichette come per esempio il Cerbaiona di Diego Molinari e Il Paradiso di Manfredi; il vino di Jan e Caroline non è assolutamente da meno!  

Giro di vite a Montalcino, alla scoperta del mito Brunello da Biondi Santi a Casanova di Neri…

8 febbraio 2011

E’ notte fonda quando arriviamo a Montalcino, sulla strada, sin dalle prime curve che da Chiusi-Chianciano ci hanno condotto qui, la neve, copiosa, riveste i tetti e le mura di cinta delle piccole case in pietra che scorrono ai lati lungo la via. Troviamo riposo nella piccola area di sosta comunale, giusto ad un tiro di schioppo dalla Fortezza; l’aria lì fuori è gelida, il termometro sfiora lo zero, ma il camper è a dir poco confortevole ed il nostro entusiasmo arriva praticamente alle stelle, a guardar fuori, da qui luccicanti e splendenti come non mai.

L’indomani, il giorno uno, ci incamminiamo sulla strada per il Greppo, la storica dimora della famiglia Biondi Santi, 25 ettari di giardino sotto al cielo, a pensarci bene la casa del Brunello, nato tra l’altro proprio qui, tra queste vigne e queste mura verso metà ‘800, per opera di Clemente Santi, nonno di quel Ferruccio – frattanto divenuto già Biondi Santi – che proprio sul finire di quel secolo faceva muovere i primi, importanti passi in giro per il mondo a quel “vino brunello” consacrato poi alle grandi tavole dal figlio Tancredi, e che oggi continua a vivere per mano di suo figlio, Franco, classe 1922 e maniere da galantuomo da vendere: insomma, in definitiva un mito, non più classificabile semplicemente come un vino! Con me pochi amici, uno imperdibile, tal Nando Salemme e poi Dino e Alessandro, con i quali cammineremo nei prossimi giorni le vigne più suggestive di Montalcino alla ricerca di quel Santo Graal tanto prezioso ed ambìto – pur vituperato dall’ignobile scandalo di brunellopoli che è inutile nasconderlo, aleggia ancora nell’aria – quanto praticamente introvabile.

Arriviamo al Greppo a metà mattinata, sono passate da poco le dieci, il lungo viale di cipressi che dalla strada statale conduce alla tenuta pare accompagnarti nella storia, ed in verità lo fa; ai lati, s’intravedono giù per la collina le vigne spoglie, alcune già potate e rilegate, tutte tinte di un bianco candido come se stessimo in paradiso. Bussiamo ad una piccola porticina, ad aprirci lui, Franco Biondi Santi in persona: che emozione! Si può pensare ai successivi dieci/quindici minuti come un tuffo nella più comune delle situazioni del genere, dove l’imbarazzante atmosfera accademica rischia sempre di prendere il sopravvento, un classico dovuto insomma; saranno invece più di due ore di appassionante storia di vita vissuta, cominciate con una piacevolissima chiacchierata intorno al focolare di casa, vis à vis con almeno cento anni di storia sociale e culturale di Montalcino e non solo, e terminate, dopo una accurata e particolareggiata visita in cantina (che suggestiva!) – accompagnati stavolta da una brava e cordiale collaboratrice – con la degustazione di tutti i vini prodotti al Greppo: il Rosato, annata 2007, nato come omaggio all’amata moglie del dottor Franco, stufa – si dice – di veder macchiate di rosso le tovaglie di casa ed oggi vino particolarmente amato dai francesi; il Rosso 2008, austero e risoluto come pochi altri della denominazione, e per finire, il superbo Tenuta Greppo Annata 2006, un Brunello di Montalcino manifesto di un territorio, di questa vigna, e a guardarci in faccia, con molta probabilità la migliore delle porte che potevamo imbroccare per vivere poi con il giusto piglio le esperienze dei giorni a venire; non a caso, è questo, a detta di molti appassionati storici alla tipologia, quell’archetipo del Brunello da molti ricercato e (quasi) impossibile, a quanto pare, da replicare altrove!

Il sole inizia a farsi tiepido, è già primo pomeriggio, lasciamo il Greppo e riprendiamo la strada statale verso Montalcino, ci attende a pochi chilometri, sulla strada per Torrenieri, Giacomo Neri; il suo vino è da molti considerato l’altro Brunello, la sua azienda, Casanova di Neri, indubbiamente capace in poco più di un ventennio di stravolgere letteralmente gli equilibri locali, affermandosi in tutto il mondo come un nuovo riferimento assoluto, certamente di slancio moderno, diciamolo pure, con vini dai tratti caratteriali palesemente internazionali – l’uso della barrique, e qualche legno di poco più grande, qui hanno praticamente sostituito in toto le grandi botti – ma senza alcun dubbio ognuna delle bottiglie che viene fuori da questa cantina non si può certo additare per mancanza di carattere, tutt’altro, magari ci si potrebbe interrogare su quanto risultino marcate dal manico più che dal terroir, ma stilisticamente rimangono ineccepibili e, avendo avuto la fortuna di bere dei suoi Brunello, del Cerretalto in particolare, più di un millesimo, chiaramente riconducibili all’autore.

L’azienda, nata a fine anni settanta, vanta oggi poco più di 36 ettari di vigneto suddivisi in quattro appezzamenti collocati nel circondario ilcinese in posizioni diverse e ben distinte: Le Cetine a Sant’Angelo in Colle, il Cerretalto ed il Fiesole nei pressi dell’omonimo casolare di fronte a Montalcino (sede della cantina) ed il Pietradonice, a Castelnuovo dell’Abate, destinato però alla piantagione delle varietà internazionali lavorate secondo la d.o.c. Sant’Antimo. La cantina è di quelle belle grosse, delle più moderne, l’acciaio, tanto, reso fondamentale nelle fasi di vinificazioni; camminando i locali, distribuiti su più livelli sottoterra, sono certamente differenti le sensazioni provate alla Tenuta Greppo, piccola e suggestiva com’è, ma come si è detto, qui siamo ad un approccio più moderno, figlio senz’altro di quell’espansione sui mercati esteri tanto discussa, e discutibile per certi versi, ma assolutamente indispensabile per dare continuità e vigore ad un territorio, diciamolo pure fuori dai denti, ritrovatosi nel dopoguerra praticamente abbandonato a se stesso ed in poco più di vent’anni, siamo negli anni settanta, pietra miliare ricercata da tutti nel mondo.  E Giacomo Neri di questo ne ha saputo fare tesoro, e di quanto sia stato bravo nel vestire i suoi vini di carattere e personalità te ne accorgi non appena metti il naso nei calici colmi dei suoi vini; dalla coscritta ruvidezza del suo Rosso di Montalcino, all’immediata espressività del suo BrunelloEtichetta Bianca”, rimasto, ci dice, “tal quale a come lo amava papà Giovanni”. I fuoriclasse però rimangono il Cerretalto, prodotto solo nelle annate eccezionali, con quella sua spiccata mineralità e quell’inconfondibile timbro ferroso ed il Tenuta Nuova: di quest’ultimo, il 2006 è a dir poco spettacolare, di una compostezza fuori dal tempo, succoso e potente ma di rara, rarissima eleganza.

Ci concediamo da Giacomo e la splendida cordiale moglie Enrichetta, ci mettiamo alle spalle questa prima giornata a Montalcino; il mito, Franco Biondi Santi, ci ha donato con le sue parole, la sua esperienza, l’essenza di questa terra; Giacomo Neri, come noi figlio del nostro tempo, ci ha mostrato, forse, il futuro. Noi crediamo di aver colto un sacco di cose in più, un mare di sensazioni, palpabili, che ci lasciano pensare che a volerlo solo immaginare quanto sia esaltante un tour per le terre montalcinesi, solo una prima tappa del genere può riuscire ad azzerare tutto quello che credi di aver imparato, che sei convinto di sapere, su questi luoghi, su queste persone, questo vino, per poi capire e comprendere, sino in fondo, tutto quello che verrà nei prossimi giorni.

Qui il passaggio a Podere Sanlorenzo di Luciano Ciolfi;

Qui la passeggiata tra le vigne de Il Paradiso di Manfredi;

Qui la spassosa ed indimenticabile visita a Diego e Nora Molinari a Cerbaiona;

Qui la visita a Case Basse di Gianfranco Soldera;

Qui la piacevole scoperta di Pian dell’Orino di Caroline Pobitzer e Jan Hendrik Erbach;